Lo Scettro di Fuoco - Морган Райс 2 стр.


Oliver deglutì e cercò di calmarsi. Lasciò andare la mano di Esther e di Ralph e si lanciò nel buio.

CAPITOLO UNO

Nel nero vuoto del niente, Christopher Blue avvertì una specie di sferzata, come delle calamite che vengono attratte tra loro. Era una sensazione orribile, una sensazione alla quale si era dolorosamente abituato: la sensazione dei suoi atomi che si ricomponevano tra loro tornando a unirsi. Sapeva cosa sarebbe successo poi, una volta riprese le proprie sembianze umane: quel sentirsi tirare, dividere, schiacciare, fare a pezzi, atomo per atomo. Quante volte ormai aveva vissuto quest’esperienza? Cento? Un milione? Erano giorni o anni che si trovava, qui incastrato in questo cerchio misero e infinito? Non c’era modo di saperlo. Tutto quello che sapeva riconoscere era il continuo spingere e tirare del vuoto, la sensazione di un odio che lo consumava, e il nome Oliver.

Oliver. Suo fratello. L’oggetto del suo intenso odio. Il motivo per cui era finito qui.

Non c’era nient’altro nel vuoto. Nessun rumore. Nessuna luce. Solo quella terribile sensazione di atomi incastrati in un continuo essere fatto a pezzi per venire poi rimesso insieme. Ma Chris aveva ancora i suoi ricordi, ed essi si ripetevano con la stessa frequenza della lacerazione degli atomi. Ricordava Oliver. Il suo momento di codardia nell’Italia antica, quando si era reso conto di non poterlo uccidere. E ricordava i portali che si chiudevano su di lui, facendolo a pezzi arto per arto e spedendolo in questo posto in mezzo al tempo. Si soffermava sui suoi ricordi mentre passava un doloroso ciclo dopo l’altro.

Poi, all’improvvisò, qualcosa cambiò. Ci fu la luce.

Luce? pensò Chris.

Si era quasi scordato dell’esistenza di una cosa del genere.

E invece eccolo qui. Un chiarore. Un bagliore. Una sorta di luce accecante che gli faceva male agli occhi. Da quanto non vedeva la luce? Venti secondi? Vent’anni? Entrambe le risposte sembravano a Chris del tutto plausibili.

La luce sembrava farsi ancora più chiara, fino a che Chris capì che si trovava ovunque. L’oscurità che era stata la sua realtà era ora sostituita da un’improvvisa luce. E poi, con una specie di ventata che sembrava venire da tutte le direzioni, Chris si trovò improvvisamente da qualche parte. Non più in nessun luogo, ma da qualche parte. In un qualche posto con un pavimento ricoperto da lastre di pietra – fredde a contatto con la sua pancia – e un odore nell’aria che faceva pensare a un vecchio e umido castello. L’odore, come la luce, era una cosa che Chris aveva del tutto dimenticato. Anche il tatto. Eppure adesso tutte quelle sensazioni erano lì.

Il pavimento contro il suo stomaco era duro a confronto con la carnosità del suo corpo. L’aria era fresca e Chris poteva sentire una leggera brezza accarezzargli la pelle.

Corpo! pensò. Pelle!

Ridendo si abbracciò il busto, muovendo le mani ovunque, sentendo le costole e le clavicole, e tutta la sua morbida carne. Rise ancora mentre capiva con certezza che non si trovava più nel vuoto del nulla, fluttuando qua e là scomposto nei suoi minimi componenti. Si ritrovava invece tutto intero, un unico pezzo solido. E quell’unico pezzo solido era tornato nella realtà.

Ora doveva solo capire che realtà fosse.

Si tirò su mettendosi a sedere e si guardò attorno. La stanza gli era familiare. Pareti rosse come sangue fresco. Un grande trono in legno. Un tavolo da conferenze fatto in legno di quercia. Un alto soffitto a volta. Un armadietto di vetro pieno di fiale di pozioni e armi. Una finestra da cui filtrava luce grigia.

Si alzò in piedi su gambe barcollanti e andò alla finestra. Si affacciava su un grande prato erboso che si dispiegava fino alla linea di alberi di una foresta, sagome nere all’orizzonte.

Erba! pensò Chris deliziato. Alberi!

Aveva dimenticato tutto di questi dettagli. E vederli adesso gli faceva scorrere nel corpo scariche di piacere. La sua risata si trasformò in qualcosa di isterico.

“Christopher Blue,” disse una fredda voce femminile.

Con un sussulto Chris ruotò su se stesso. C’era una donna nella stanza. Una donna accigliata con indosso un lungo mantello nero che toccava il pavimento. Aveva le braccia incrociate sul petto.

Il suo nome tornò alla mente di Chris con improvvisa ferocia: Madama Ossidiana.

Si sentì pervadere da una scossa di terrore. Barcollò all’indietro andando a sbattere contro la parete di pietra, dopodiché non ebbe altro spazio dove potersi ritrarre.

“Lei…” balbettò. “È lei che mi ha torturato!”

Ora gli stava tornando tutto alla mente.

“Quella era la tua punizione,” disse Madama Ossidiana senza neanche il minimo cenno di rimorso. “Per aver deluso le mie aspettative. Per essere andato contro i miei espliciti comandi. Posso rifartelo di nuovo. Tutte le volte che voglio.”

Chris scosse la testa. Si sentiva sull’orlo della pazzia. Solo sapere di poter essere rispedito in quel posto di tormento e infinita agonia era sufficiente a farlo andare fuori di testa.

“No, la prego,” la implorò cadendo in ginocchio. “La prego, non mi rimandi lì.”

“Alzati, lagnoso miserabile,” disse Madama Ossidiana. “Implorare non ti salverà.”

“E allora cosa devo fare?” chiese lui con disperazione, tirandosi nuovamente in piedi. “Cosa posso fare per essere sicuro di non tornare più in quel posto?”

“Segui le mie istruzioni,” rispose la donna. “E uccidi Oliver Blue.”

Oliver…

Quel nome era stato tutto ciò che aveva fatto compagnia a Chris durante il tempo che aveva trascorso nel vuoto. Oliver, il suo fratello minore. L’aveva odiato per anni. Non aveva desiderato altro che fargli del male e farlo soffrire. E poi, per motivi che non capiva, si era tirato indietro all’ultimo istante. Proprio quando aveva avuto Oliver in pugno, aveva cambiato idea e l’aveva lasciato andare.

Ma ora Chris si rese conto che non avrebbe cambiato idea un’altra volta. Non era rimasta in lui la minima traccia di compassione. Di certo non per Oliver. Per nessuno. Il tempo passato nel vuoto sembrava aver cancellato ogni sentimento positivo ci fosse mai stato nel suo animo, lasciando lì solo rabbia, paura e odio.

“Non la deluderò un’altra volta,” disse Chris a Madama Ossidiana. “Ucciderò Oliver Blue.”

CAPITOLO DUE

Lo stomaco di Oliver sembrava stringersi e attorcigliarsi. Odiava la sensazione che gli dava il portale temporale. Non importava quante volte ormai ci fosse passato: era sempre spiacevole.

I lampi di luce viola lo accecavano. Le ondate di rumore assordante gli facevano male alle orecchie. E per tutto il tempo non faceva che guardarsi ansioso alle spalle per vedere che i suoi amici fossero lì, desiderando disperatamente una prova che anche loro avessero saltato, che lo avessero seguito nel portale e fossero scappati dalla Scuola degli Indovini prima che crollasse.

Proprio in quel momento scorse di sfuggita i capelli color caramello di Hazel e provò un improvviso sollievo. Si stava dimenando nel vortice, spinta qua e là come un pezzo di detrito galleggiante nella corrente. Poi apparse anche Ralph, i capelli neri che volavano ovunque, le sue lunghe gambe e braccia che si muovevano come se lui stesse tentano di nuotare alla meno peggio, tentando disperatamente di stare sopra alla superficie.

Oliver vide Ralph che riusciva a raggiungere Hazel, e poi i due si prendevano per mano. Gli fecero venire in mente due paracadutisti sincronizzati. Senza paracadute ovviamente, alla mercé degli elementi esterni, sbattuti qua e là come piume risucchiate in un tornado.

Per quanto Oliver fosse sollevato di vedere Hazel e Ralph, ancora non c’era segno di Walter, Simon o Esther. Oliver pregò che avessero fatto in tempo ad attraversare il portale. Soprattutto Esther. Sarebbe stato un colpo troppo crudele da parte dell’Universo se gliel’avesse portata via adesso, dopo tutto quello che avevano appena passato per salvarle la vita.

“Hazel!” gridò Oliver a gran voce, al di sopra del rumore del vento. “Ralph! Da questa parte!”

In qualche modo, nonostante le folate fortissime, la voce di Oliver fu in grado di arrivare fino ai suoi amici. Entrambi guardarono verso di lui e il sollievo baluginò per un momento nei loro occhi altrimenti colmi di paura.

“Oliver!” gridò Hazel con voce pregna di sollievo.

Oliver era sorpreso di poterla sentire così forte e chiaro. Aveva immaginato che la sua voce sarebbe stata inghiottita dal vento, come generalmente accadeva durante i viaggi attraverso il portale temporale. Si chiese come mai non stesse accadendo lo stesso qui. Magari si trattava di un portale di tipo diverso rispetto a quelli che aveva usato altre volte per viaggiare. Dopotutto il professor Ametisto lo aveva creato in condizioni difficili.

Usando le braccia, Oliver cercò di nuotare verso i suoi amici. Si aggrappò a loro, e tutti e tre si tennero stretti l’uno con l’altro.

“Dove sono gli altri?” gridò Ralph guardandosi furtivamente attorno.

Oliver scosse la testa, mentre il vento gli faceva svolazzare i capelli biondo scuro negli occhi. “Non lo so. Non li vedo.”

Allungò il collo cercando tra i vortici di luce nera e viola per vedere se ci fosse qualche segno di Walter, Simon o Esther. Nulla. Non li vedeva per niente e la cosa lo riempiva di paura. Erano almeno saltati nel portale? Potevano essere rimasti incastrati nella scuola che andava in pezzi? Non poteva sopportare il pensiero di aver salvato la vita di Esther con l’Elisir e di averla persa solo qualche attimo dopo nel crollo della scuola. Perché non le aveva tenuto la mano quando aveva saltato?

“Oliver, puoi sentirmi?” La voce del professor Ametisto giunse all’improvviso dal nulla.

Oliver fu colpito dallo shock. Sgranò gli occhi per la sorpresa. Si guardò attorno dappertutto, ma non riuscì a vedere il preside. Era come se il professor Ametisto gli stesse parlando da un’altra dimensione.

Preoccupato di avere le traveggole, si voltò verso gli altri. “Avete sentito anche voi?” chiese, mentre il vento gli sferzava contro.

“Sì,” annaspò Hazel. “È il professor Ametisto. Ma come fa a parlarci?”

“Non ne ho idea,” balbettò Oliver come risposta.

“Ascolta,” continuò la voce del preside che sembrava venire simultaneamente da ogni punto. “È molto importante.” Parlava frettolosamente, con tono urgente e insistente. “La Scuola degli Indovini sta crollando e c’è solo un modo per salvarla. Devi trovare lo Scettro di Fuoco.”

Lo Scettro di Fuoco? pensò Oliver, scervellandosi per cercare nella propria mente qualche informazione al riguardo. Ma non trovò nessun indizio. Non aveva mai sentito parlare dello Scettro di Fuoco.

“Cos’è?” chiese parlando da dentro il vortice. Non sapeva da che parte proiettare la voce, perché non aveva idea di dove si trovasse effettivamente il professor Ametisto. “Dove lo troviamo?”

Questa volta, quando il professor Ametisto parlò, la sua voce apparve distorta. Era come se parlasse attraverso un telefono cellulare con scarsa connessione. Le parole andavano e venivano gracchiando. “Perso nel tempo…”

“Scusi, cos’ha detto?” chiese Oliver, gridando disperato.

Ci fu silenzio.

“Professore?” tentò ancora Oliver. “Non sento quello che dice!”

Ma improvvisamente l’attenzione di Oliver fu distolta da Ralph. L’amico gli stava tirando furiosamente il braccio.

“Oliver, guarda,” gli disse.

Oliver girò la testa dietro la spalla. E quello che vide riempì di sollievo tutto il suo corpo. Erano Esther, Walter e Simon. Finalmente!

I tre si tenevano stretti tra loro, proprio come stavano facendo Oliver, Ralph e Hazel. Oliver si sentì travolto dal sollievo nel vedere che erano usciti dalla scuola e che ora sarebbero nuovamente stati tutti quanti insieme. Qualsiasi cosa fosse questa impresa…

Oliver stava proprio per chiedere ad Hazel e Ralph se potevano tentare di ‘nuotare’ verso gli altri, quando la voce del preside risuonò ancora.

“Oliver?” chiese il professor Ametisto. “Puoi sentirmi?”

“Sì!” gridò Oliver. “La sento! Mi dica dello Scettro di Fuoco!”

“È andato perduto,” disse il preside. “Non so dove. Non so quando.”

Oliver sentì crescere la tensione. Se il professore non sapeva dove né quando si trovasse lo Scettro di Fuoco, allora dove e quando li stava portando questo portale? Forse era per questo che non si stava comportando come un portale temporale normale. Perché ancora non aveva una destinazione finale!

Il pensiero era preoccupante. Ma proprio come faceva generalmente quando le cose sembravano pericolose, Oliver ricordò a se stesso che il professor Ametisto era immensamente saggio. Oliver si fidava ciecamente del suo mentore. Sapeva che il preside non lo avrebbe mai messo in una situazione di inutile pericolo.

“Come facciamo a trovarlo?” chiese Oliver al professor Ametisto, che ora ipotizzò trovarsi ancora all’interno della Scuola degli Indovini, intento a proiettare la propria voce nel vortice che li teneva attualmente intrappolati tra tempo e spazio, piuttosto che trasportarli oltre.

“Sono sceso a due possibilità,” gridò il professore. “La prima…”

La sua voce venne interrotta.

Oliver si sentiva ansioso. Doveva sapere dove stava andando! Doveva sapere il perché! Aveva bisogno della guida del suo mentore se voleva avere anche una minima possibilità di trovare lo Scettro di Fuoco e salvare la Scuola degli Indovini!

“Professore!” gridò nel vorticante vuoto. “Professore? Professore!”

Ma ancora una volta le sue richieste trovarono risposta nel silenzio.

Sollevò lo sguardo verso Hazel e Ralph, che ancora stavano aggrappati alle sue braccia. Avevano entrambi un’espressione preoccupata.

Oliver iniziò a sentir crescere nello stomaco un senso di inutilità. Come avrebbe mai potuto trovare lo Scettro di Fuoco se non sapeva neanche dove stava andando e dove avrebbe dovuto dirigersi?

Ma poi lo colpì un pensiero improvviso. La bussola di bronzo che il professor Nightingale gli aveva dato all’Università di Harvard era ancora nella grande tasca della sua tuta da lavoro. Era un antico pezzo di tecnologia indovina, una delle tantissime invenzioni create dagli indovini per avere aiuto nel loro compito di proteggere l’universo dai Malvagi che viaggiavano nel tempo. Magari quella gli avrebbe dato qualche indizio, aiutandolo a guidarlo in questa impresa.

Oliver infilò la mano nella grande tasca centrale e sentì le dita che venivano a contatto con il freddo metallo della bussola. Quindi tirò fuori lo strumento che era grande come il palmo della sua mano. Sebbene fosse tremendamente scosso dalla forza del vento, Oliver vide che la grossa lancetta principale puntava verso il simbolo di una fiamma.

“Oh no!” gridò improvvisamente Hazel.

Oliver sollevò gli occhi dalla bussola e vide che i gradi occhi grigi dell’amica erano sgranati e pieni di ansia. Guardò quindi davanti a sé e vide la cosa più strana che mai gli fosse capitata. Il portale si stava dividendo in due gallerie diverse!

Oliver sussultò. Non aveva mai visto una cosa del genere prima d’ora. I portali per i viaggi nel tempo erano già di per sé un’esperienza complicata per la mente, e vedere addirittura il tunnel che si divideva a metà non poteva che creare ulteriore confusione. Si stava destabilizzando? Andando a pezzi proprio davanti a loro occhi?

Ma no. Oliver mise insieme i tasselli nella sua mente. Il professor Ametisto aveva detto che c’erano due luoghi dove forse era possibile trovare lo Scettro di Fuoco. Ora, lui, Ralph e Hazel erano lanciati verso uno dei due tunnel, mentre Esther, Simon e Walter erano diretti verso l’altro.

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