Tre mesi dopo essere stata persuasa a scendere dal letto da Melissa, Kate era in grado di vedere quell’ultimo stadio della sua vita per quello che era. Sarebbe stata una vita di calma casalinga e nuovo apprendimento di ciò che significa essere madre. Sarebbe stato imparare ad amare e a fidarsi di un uomo non solo in merito alla sua vita, ma anche a quella del loro figlio.
Alla fine, le stava bene. Cavoli, era sicura che ci fossero nonne che avrebbero fatto di tutto per provare la sensazione di essere di nuovo madre. Ed eccola qui, lei, con quella possibilità.
Anche ad Allen sembrava stare bene. Non avevano ancora parlato di come sarebbe stato il resto della loro vita in termini di matrimonio e co-genitorialità. La amava ancora e sembrava assolutamente pazzo del piccolo Michael, ma molte volte pareva timoroso. Era come se corresse al di sotto di una scogliera, in attesa di essere colpito alla testa da una roccia da un momento all’altro.
Kate non sapeva bene cosa lo infastidisse finché un mercoledì pomeriggio non le squillò il telefono. Era sul divano con Michael. Allen sollevò il telefono dal banco della cucina e glielo portò. Non stava sbirciando la schermata; era solo una cosa che adesso facevano, un livello di intimità che a lei stava benissimo.
Però, quando le porse il telefono, aveva in volto un’espressione amara. Lei prese il telefono, lui prese Michael, e lei guardò la schermata rispondendo.
Era Duran.
Kate e Allen si guardarono negli occhi un momento e lei comprese la sua fatica.
Col cuore a mille, rispose.
Allen andò in cucina; l’ombra della roccia in caduta ingrandiva sempre di più, coprendolo completamente.
CAPITOLO DUE
Sandra Peterson si svegliò quindici minuti prima del trillo. Per alzarsi usava la stessa sveglia, impostata sulle sei e trenta, ogni mattina da un paio d’anni. Aveva sempre dormito bene, e riusciva a dormire dalle sette alle nove ore ogni notte senza mai svegliarsi in anticipo. Ma quella mattina era in preda all’entusiasmo. Kayla era tornata dal college e avrebbero trascorso tutta la giornata insieme.
Era la prima volta che avevano più di mezza giornata tutta per loro da quando Kayla, l’anno precedente, aveva cominciato il college. Era a casa perché un’amica d’infanzia si sposava. Kayla era cresciuta ad Harper Hills, Carolina del Nord, una cittadina di campagna a una ventina di miglia da Charlotte, e aveva scelto di iscriversi al college di un altro stato il prima possibile. L’università statale della Florida faceva sì che i loro momenti insieme fossero rari. L’ultima volta si erano viste a Natale, quasi un anno prima e per appena dieci ore prima che Kayla partisse per far visita a suo padre nel Tennessee.
Kayla aveva sempre gestito bene il divorzio. Sandra e il marito si erano lasciati quando aveva undici anni, e non era mai parsa soffrirne. Sandra immaginava che quella fosse una delle ragioni per cui Kayla non aveva mai preso le parti di nessuno. Quando andava a trovare un genitore, insisteva per andare anche dall’altro. E dato il viaggio tortuoso – da Tallahassee, ad Harper Hills, a Nashville – Kayla non veniva molto spesso.
Sandra si trascinò fuori dalla camera in pigiama e pantofole. Percorse il corridoio verso la cucina, superando la stanza di Kayla. Non si aspettava che la figlia si svegliasse prima delle otto, e le stava bene. Sandra pensò di mettere su il caffè e preparare una bella colazione per il suo risveglio.
E così fece, strapazzando uova, friggendo pancetta e preparando una dozzina di mini pancake. Per le sette in cucina c’era un bel profumino, e Sandra si sorprese che questo non avesse ancora svegliato Kayla. Quando Kayla era a casa funzionava, soprattutto alle superiori. Ma adesso i profumi della sua cucina apparentemente non avevano lo stesso effetto.
Comunque Kayla era uscita con delle amiche la sera precedente – amiche che non vedeva dal diploma. A Sandra non sembrava giusto attenersi al vecchio coprifuoco adesso che era al college, quindi l’aveva semplicemente messa così: Torna a casa tutta intera e preferibilmente sobria.
Mentre la mattinata arrancava verso le otto senza che Kayla uscisse, Sandra cominciò a preoccuparsi. Invece di bussare e rischiare di svegliarla, però, guardò fuori dalla finestra del soggiorno. Vide l’auto della figlia nel vialetto, parcheggiata appena dietro alla sua.
Sollevata, riprese a preparare la colazione. Fu tutto pronto alle otto meno cinque. Odiava svegliare la figlia (era sicura che la cosa sarebbe stata vista come maleducata e scorretta), ma non poté proprio farne a meno. Forse dopo colazione Kayla avrebbe fatto un sonnellino e avrebbe riposato un po’ prima di dare il via alla giornata di shopping seguito da un pranzetto a due a Charlotte. E poi… le uova si sarebbero freddate e Kayla diceva sempre che le uova fredde facevano schifo.
Sandra percorse il corridoio e raggiunse la camera di Kayla. Una cosa surreale e disagevole allo stesso tempo. Quante volte aveva bussato a quella porta nella sua vita adulta? Migliaia, sicuramente. Rifarlo le scaldò il cuore.
Bussò, aspettò un attimo e poi aggiunse, con voce dolce: «Kayla, tesoro? La colazione è pronta.»
Dall’interno non ci fu risposta. Si accigliò. Non era tanto ingenua da pensare che Kayla e le amiche la sera precedente non avessero bevuto. Non aveva mai visto la figlia ubriaca né con i postumi di una sbronza, e non voleva vedercela se poteva evitarlo. Si chiese se Kayla non avesse proprio i postumi; magari non si sentiva pronta ad affrontare la madre.
«C’è il caffè» aggiunse Sandra, sperando di aiutarla.
Ancora nessuna risposta. Bussò un’altra volta, stavolta più forte, e aprì la porta.
Il letto era fatto alla perfezione. Nessuna traccia di Kayla.
Ma non ha senso, pensò Sandra. La macchina è qua fuori.
Poi ricordò un momento particolarmente infelice dei suoi anni adolescenziali in cui aveva guidato fino a casa ubriachissima. Ce l’aveva fatta, ma era svenuta in macchina, nel vialetto. Trovò difficile immaginare Kayla comportarsi così, ma non c’erano tante altre possibilità da considerare.
Chiuse la porta della camera di Kayla e tornò in cucina con un nodo allo stomaco. Forse Kayla le nascondeva problemi con l’alcol e le droghe. Forse avrebbero trascorso la giornata parlando di questo invece che divertendosi come da programma.
Sandra raccolse il coraggio per affrontare una conversazione del genere aprendo il portone principale. Non appena uscì sul portico, raggelò. La gamba sinistra le si bloccò letteralmente in aria, rifiutandosi di scendere.
Perché, posando il piede, avrebbe varcato la soglia di un mondo nuovo – un mondo in cui ciò che vedeva avrebbe dovuto essere affrontato e accettato.
Kayla giaceva sul portico. Era supina e guardava in alto con gli occhi fissi. Aveva delle abrasioni rosse attorno alla gola. Era immobile.
Sandra posò finalmente il piede. Quando lo fece, il resto del corpo lo seguì. Cadde raggomitolata presso la figlia, completamente dimentica della colazione e dello shopping.
CAPITOLO TRE
Non era mai divenuto semplice partecipare a una riunione con il direttore Duran. Lui era sempre stato corretto con Kate, e lei lo considerava addirittura un buon amico. Ma la natura della telefonata e il verso imboccato dalla sua vita negli ultimi mesi facevano pensare che sarebbe stata una riunione tesa – che forse avrebbe messo fine alla sua carriera brevemente ripresa di agente dell’FBI.
Quando mise piede in ufficio, lui la salutò con il sorriso pragmatico che Kate aveva imparato a conoscere e apprezzare da quando era stato assunto come direttore supervisore della prima metà della sua carriera. Lei e Duran avevano più o meno la stessa età (non si era mai curata di chiedergli quanti anni avesse per educazione) e si apprezzavano reciprocamente.
«Ehi, Kate, accomodati.»
La allarmò immediatamente che la chiamasse col nome proprio. Un atteggiamento molto informale, che assumeva solo fuori orario o quando la conversazione si accendeva.
«Kate, eh?» Era oltre il nervosismo quando c’era lui. Fece il commento celiando, come se fondamentalmente stesse dipingendo la situazione per quella che era mettendo tutte le carte in tavola.
«Be’, per quanto mi riguarda, sei ancora in maternità prolungata» disse lui. «Mi pareva sciocco chiamarti agente. Comunque, come avrai immaginato, è per questo che volevo parlarti.» Lì emise un profondo sospiro e la guardò dritta negli occhi. «Come stai, Kate?»
«Bene. Confusa, direi.»
«Ti senti la Madre Miracolosa?»
«Immagino di cavarmela come celebrità, no?» scherzò. «Devo muovermi, tra l’altro. Subito dopo la riunione ho in programma un pranzo con Ryan Seacrest.»
«Non so chi sia.»
Kate fece spallucce. Lo humor non aveva mai fatto parte del loro rapporto.
«Non mentirò» disse Duran. «Qui è andato tutto bene. La gente smania di dire che ti ha conosciuta. È tutta una condivisione di link e articoli sulla Madre Miracolosa.»
«Sai, ho fatto solo due interviste. Come siano diventate più di quaranta articoli, non lo saprò mai.»
«Benvenuta nel mondo dei social. È stata una follia. Comunque… dimmi, Kate. La nuova fama ti ha fatto ripensare all’idea di tornare al bureau?»
Non poté che ridere. «No. Se qualcosa mi impedirà di tornare, non sarà certo l’essere incappata nella fama.»
«Ma qualcosa potrebbe non farti tornare?»
«Forse. Mio figlio, per dirne una. L’età, per dirne un’altra.»
«Ormai sei fuori da tre mesi» disse Duran. «Poco di più, in realtà. Immagino di non dover sottolineare che non stai certo ringiovanendo. Però… il tuo lavoro post-pensionistico è notevolissimo.»
«Perdonami la brutalità» disse Kate. «Ma cos’è che vuoi? Che torni?»
«In un mondo perfetto, sì. Ma ci sono state delle riunioni. Tutti quegli articoli non hanno solo evidenziato che hai partorito a cinquantasette anni, ma anche che sei un’agente ancora attiva dell’FBI. Se torni là fuori, non so in cosa si tradurrà la situazione in termini di attenzione mediatica.»
Kate si posò allo schienale della sedia. Non ci aveva pensato.
«Cerchiamo di essere un attimo realistici» proseguì Duran. «Sì, voglio che torni. Ma sarebbe egoistico. Sei una grande risorsa e, se devo essere proprio sincero, la cosa farebbe meraviglie per il bureau. I media al momento ti adorano. Sei una specie di celebrità di serie C, insieme a quei ragazzetti che reagiscono alla musica nuova su YouTube. Ma non cercherò di influenzarti. Se vuoi uscirne, puoi andare e penso che tutti capiranno.»
«Però mi manca» disse Kate. Non si era pienamente accorta della cosa finché non le uscì di bocca.
«Lo immaginavo. Allora, quello che posso fare io – per i prossimi mesi, almeno – è affidarti dei casi a basso rischio. Delle cosette per tenerti occupata e attiva. Cioè, se senti di aver abbastanza tempo per riposare e se sei pronta a tornare.»
«Lo sono» disse Kate. L’idea di piazzare Michael al nido le faceva male al cuore, ma sapeva che per lui sarebbe stato un bene… così come per lei e Allen. Però, se doveva essere sincera, non sapeva se era ancora pronta. Prima di farsi trascinare dai pensieri, proseguì con la conversazione. «Come se la cava DeMarco? Ci ho parlato solo tre volte da quando ho smesso di lavorare e ogni volta che le ho chiesto del lavoro, si è affrettata a cambiare argomento.»
«Forse perché è molto occupata. Ho il permesso di dirtelo perché tecnicamente è ancora tua partner… ma si è occupata di due casi di alto profilo. Tre settimane fa ha arrestato due uomini che spacciavano eroina per le strade. E una settimana prima ha beccato da sola uno che aveva ucciso tre persone nella Virginia Occidentale e fuggiva per il Maryland.»
«Occupatissima davvero.»
«E, adesso che la nomini, DeMarco è stata appena aggiornata su un caso della Carolina del Nord. Pare un chiaro caso da stalker. Due giovani donne morte, età del college. DeMarco è in un buon momento e sono sicuro che adorerebbe riaverti con lei. Se questo caso è semplice quanto sembra sulla carta, potrebbe essere adattissimo a tutte e due, nelle vostre rispettive situazioni.»
«E qual è la mia situazione?»
«Lo sai cosa volevo dire, Kate. Se vuoi provare a tornare nel giro, questo potrebbe essere il caso giusto. Ovviamente la decisione sta al cento per cento a te.»
«Pare bello, ma non voglio starle tra i piedi se già da sola sta facendo bene.»
«Sono sicuro che adorerebbe averti con lei. E, per rimanere onesti, se non sappiamo per quanto ancora lavorerai, penso che sia sensato metterti in coppia con una persona che conosci bene.»
«È sensato.»
Duran rifletté un attimo prima di mettersi in piedi. «Deve partire domattina. Tu e il tuo compagno avrete abbastanza tempo per organizzarvi? Scusa se te lo chiedo, ma ne avete almeno parlato?»
«Sì» disse Kate. «Forse non a parole, ma ci abbiamo pensato. Penso che sappia che non ho finito, però…»
«Però?»
«Però che manca poco. Che il tempo da me dedicato al bureau sta finendo.»
Duran aveva in mente un’altra domanda. Lo vedeva chiedersi se porla o meno. Ma sapeva di cosa si trattava, ed era grata che rimanesse zitto.
Questo è il tuo ultimo caso?
Era contenta che non le desse voce, perché non aveva idea di come rispondere.
***
Fu l’unico argomento di conversazione della cena. Allen la prese bene, forse perché se l’aspettava. Quando Duran aveva chiamato, aveva capito. La conversazione era andata sorprendentemente bene, anche se sussisteva una soggiacente tensione alla tavola da pranzo.
«Le cose stanno così» disse Allen scostando il piatto ora vuoto. Aveva preparato pollo teriyaki per cena, ed era stato buonissimo. Ecco un’altra delle sue piccole gentilezze. «C’è una grossissima parte di me entusiasta del fatto che ricominci. Nell’ultimo mese è stato quasi doloroso guardarti ciondolare di qua e di là, con l’aria di chi ha perso le chiavi e non sa dove cercarle. Lo so che ti manca e, per quanto riguarda questo caso, sono felice di dare il mio consenso. Ma la cosa solleva delle domande.»
«Parecchie domande» concordò Kate. «Affrontiamole.»
«Ottimo. Pur essendo ormai praticamente in pensione, dovrò comunque rispondere a telefonate e partecipare a riunioni qua e là nel prossimo anno per concludere accordi dell’ultimo minuto. Quindi ti chiedo che il tuo lavoro non prevalga automaticamente sul mio. Detto ciò, dobbiamo andare avanti e scegliere un nido per Michael.»
«Sono d’accordo. Ora, per questo caso, sei libero nella prossima settimana?»
«Sì. Non ho niente in programma per altre tre settimane, in realtà.»
«E ti spiacerebbe fare il padre single per qualche giorno se accetto il caso?»
«Certo che no. Un po’ di tempo tra ragazzi sarà divertente.»
«Quali altre domande hai?»
«Sto pensando al fattore sicurezza. Lo so che tu sai cavartela e questa è una delle ragioni per cui ti amo. Però non può certo piacermi l’idea che la mia mogliettina di cinquantasette anni parta all’inseguimento di uomini che hanno la metà dei suoi anni e che non si fanno problemi a ucciderla. Non sei mica un’agente da scrivania o che se ne sta parcheggiata in auto.»
«Io e Duran ne abbiamo parlato. Questo caso in particolare dovrebbe essere piuttosto semplice. È anche consapevole del fattore età, anche se lui l’ha messa giù in maniera un pochino meno sgradevole.»
«Un’altra cosa.» Allen si posò allo schienale della sedia e bevve un sorso di vino. Guardò la sdraietta in cui sonnecchiava Michael mentre loro mangiavano e sorrise. «Per quanto andrai avanti? Sinceramente? Per quanto ancora puoi insistere? Non riesco a immaginare che sottoporre il tuo corpo allo stress di una gravidanza e di un parto ti abbia facilitato molto le cose.»