“Gli psicologi ci hanno riferito la presenza di tracce di una forte rabbia sulla scena del crimine. Quel genere di rabbia che, beh, solitamente deriva dal conoscere qualcuno personalmente. Le viene in mente nessuno? Qualcuno che potesse avercela con suo marito, abbastanza da fargli del male?”
La donna tirò fuori un fazzoletto ricamato per asciugare i suoi occhi, la mano con l’anello si alzò per spostare una ciocca dei suoi capelli castano chiaro. “Non mi viene in mente nessuno. Insomma, Ralph era … era Ralph. Non ha mai fatto del male a una mosca. Andava d’accordo con i suoi colleghi, era benvoluto dagli studenti. Abbiamo alcuni amici nel vicinato che vengono a cena da noi, di tanto in tanto. Non ha mai discusso molto con gli estranei. Non c’era nulla di strano in lui. Tutti lo amavano!”
“Va bene, quindi apparentemente non aveva nemici,” disse Shelley, annuendo in modo incoraggiante sebbene si sentisse frustrata da quella risposta. Era sempre meglio avere una pista da seguire. “In tutta la sua carriera, crede? Non ha mai avuto alcun problema?”
La signora tirò su con il naso, scrollando le spalle. “Beh, c’era sempre qualcosa di poco conto,” disse, sebbene il suo tono indicasse un’assoluta mancanza di rilevanza, secondo la propria opinione. “Era un professore. C’erano studenti che non erano contenti dei voti. O studenti che venivano bocciati perché non seguivano le lezioni o non consegnavano i lavori in tempo. Pensano tutti di meritare un trattamento di favore. Ma è normale, fa parte del lavoro. Nessuno ucciderebbe per qualcosa come un voto, no?”
Shelley si rese conto che la signora Henderson stava davvero ponendo quella domanda, cercando di essere rassicurata. Purtroppo, Shelley sapeva di non poterla tranquillizzare. Le persone uccidevano per ogni tipo di ragione. Non sempre c’era razionalità, dietro. A volte era semplicemente l’ultima goccia a farli scattare.
Forse era un’idea che valeva la pena approfondire. Un ragazzo ricco, che si ritiene un privilegiato e che ha ricevuto tutto dalla vita, all’improvviso inizia a fallire, per la prima volta nella sua vita. Dà di matto, spinto dall’orgoglio. Oppure uno studente sul lastrico, senza più nessuna ragione di vita: una persona alla quale sono recentemente morti i genitori, con una relazione appena terminata e, per finire, un brutto voto. Sì, era decisamente qualcosa da prendere in considerazione.
“Speriamo di no,” disse, rivolgendole un leggero sorriso pensato per trasmettere la sua solidarietà. “Le viene in mente qualsiasi cosa insolita che possa essere successa negli ultimi giorni o settimane, o persino mesi?”
La signora Henderson scosse il capo, asciugandosi nuovamente gli occhi. “Ci ho pensato continuamente. Era tutto così … normale. Per questo è stato un tale shock. Del tutto inaspettato. Non riesco affatto a capire per quale motivo qualcuno abbia voluto far del male al mio Ralph.”
La donna stava diventando sempre più angosciata. Forse sarebbe stato meglio concludere la conversazione e lasciarla in pace. “Non c’è nient’altro che possa dirci? Proprio niente? Potrebbe anche non sembrarle qualcosa di rilevante, ma ogni piccola informazione è un altro pezzo del puzzle.”
La signora Henderson scosse la testa con un’espressione impotente.
“Va bene, un’ultima domanda. Ricorda se suo marito ha mai parlato di uno studente di nome Cole Davidson?”
“Non fino a quando il suo nome non è apparso sui giornali,” rispose la signora Henderson. “Povero ragazzo. Credete … credete che siano collegati? Devono esserlo, no? Due omicidi in un arco di tempo così breve?”
“Per noi non è utile fare speculazioni in questa fase.” Shelley bevve un ultimo sorso di caffè, rammaricandosi di dover lasciare ben metà di quella che era stata una tazza molto saporita. “Ma la contatteremo, nel caso dovessimo avere altro da dirle.”
Shelley si alzò, quindi aspettò che Zoe si unisse a lei. “Signora Henderson, c’è qualcuno che può farle compagnia oggi?”
La donna annuì lentamente, alzandosi per accompagnarle alla porta. “Mia figlia sta tornando a casa. Dovrebbe essere qui in serata.”
Questo tranquillizzò Shelley. Lasciare una donna sola con il suo dolore non le sembrava mai una cosa giusta, indipendentemente da quante famiglie avesse interrogato. “Allora ci terremo in contatto, signora Henderson. Nel frattempo, cerchi di riposare un po’.”
Tornarono in auto, e Zoe tirò immediatamente fuori il suo taccuino per ricominciare a scrivere. Shelley si chiese se avesse ascoltato una sola parola della conversazione, o se l’avesse subito liquidata come inutile e avesse passato tutto il tempo a pensare ai numeri.
In ogni caso, Shelley non riusciva ad arrabbiarsi. Al momento, le equazioni erano l’unico vero indizio che avevano. Mentre tornavano alla base, Shelley non riuscì a fare a meno di preoccuparsi del fatto che non avrebbero trovato niente di utile in grado di dare una svolta al caso. Con Zoe così fissata sui numeri, sarebbe stato compito di Shelley trovare qualcos’altro che avrebbe potuto fare la differenza.
Il punto era capire in che direzione cercare.
CAPITOLO SEI
Zoe odiò ogni istante di tempo sprecato a percorrere l’edificio, dal parcheggio alla stanza che avevano occupato per le indagini. Quasi cinquecento passi di distanza che avrebbero potuto essere impiegati per lavorare. Per quanto fosse bello occuparsi di qualcosa che era avvenuto, come diceva Shelley, a casa loro, Zoe si stava già innervosendo. Le equazioni rifiutavano di svelarle i loro segreti, restando ottuse e opache.
Non appena raggiunse il tavolo, Zoe si sedette e riprese i suoi appunti, cercando di risolvere ogni elemento dell’equazione del professore, un pezzo alla volta. In fin dei conti, la sua era l’unica che avevano visto di persona, l’unica di cui potevano essere sicure che fosse completa.
“Darò un’occhiata al suo account e-mail universitario,” disse Shelley, gettando la sua borsa su una sedia e tirando fuori il cellulare.
“È necessario?” domandò Zoe, arricciando il naso. Non c’era motivo di correre dietro un indizio del genere. La risposta era nelle equazioni, non nella vita privata del professore. Doveva essere così. Non c’erano collegamenti tra Cole Davidson e questo professore d’Inglese, a parte le equazioni.
“Non sono brava in matematica, quindi non posso aiutarti a risolvere le equazioni,” precisò Shelley. “E poi, qualcosa che ha detto la signora Henderson mi ha dato da pensare. Potrebbe avere a che fare con uno studente. Qualcuno che si è sentito offeso, in qualche modo. È plausibile che molte persone nel campus conoscessero sia Cole che il professor Henderson.”
Zoe esitò, le obiezioni erano ferme sulla punta della sua lingua, in attesa di uscire. Sentiva che sarebbe stata una perdita di tempo, ficcare il naso nelle e-mail di un uomo morto. Ma che importanza aveva? Shelley aveva ragione, non poteva aiutarla con le equazioni. E forse era arrivato il momento che Zoe iniziasse a fidarsi della sua partner, a lasciarla indagare per conto suo.
Inoltre, forse sarebbe stato meglio per Zoe se questo caso si fosse risolto attraverso una e-mail di disappunto piuttosto che con i numeri. Da quando Shelley aveva riferito ai loro superiori che Zoe ci sapeva fare con la matematica, la donna non era proprio ansiosa di dimostrarlo. Infatti, sarebbe stato meglio far passare quelle esternazioni come un’eccessiva fiducia da parte della sua partner.
A meno che non avesse ostacolato il caso, naturalmente. Fermare l’assassino restava sempre la cosa più importante.
Zoe tornò a prestare attenzione alle equazioni mentre Shelley chiamava l’università per ottenere i permessi necessari. Il punto era che, in entrambi i casi, aveva fatto tutto il possibile. Era vero che c’era sempre la possibilità che qualcosa mancasse sul cadavere dello studente, ma loro due avevano controllato personalmente il professore.
Quindi cosa le stava sfuggendo?
C’era un’altra possibilità, ovviamente: che lei non fosse abbastanza esperta da venirne a capo. C’era una differenza tra essere in grado di vedere i numeri, in termini di distanze, dimensioni, angoli, ed essere capaci di risolvere problemi di matematica quantistica. Entravano in ballo ulteriori abilità, abilità che altre persone avevano dedicato una vita intera a sviluppare. Zoe poteva anche avere un dono, ma l’aveva consacrato alla caccia agli assassini, non allo studio della matematica.
Il che le fece venire in mente un’altra idea.
Si alzò, lasciando Shelley ancora intenta a parlare con una segretaria al telefono, e prese un fascicolo di foto, incamminandosi lungo il corridoio e dirigendosi verso l’ascensore. Salì due piani e percorse un corridoio identico a quello precedente, tranne per la quantità di potere che trasudava da queste stanze .
Zoe fece un respiro profondo prima di bussare alla porta del suo superiore. Quante volte era stata convocata qui, per essere strigliata per aver perso un altro partner o usato la sua arma da fuoco?
Ma stavolta non era come allora, e lei entrò non appena fu invitata a farlo, cercando di calmarsi.
Con la sua figura imponente e la muscolatura più grande del normale, era facile capire per quale motivo l’Agente Speciale al Commando Maitland apparisse intimidatorio sul campo. Ai criminali sarebbe bastato dargli un’occhiata per scappare.
Zoe si stava sforzando molto per non provare la stessa sensazione.
“Signore,” disse, esitando sulla soglia.
Maitland alzò lo sguardo dalle sue scartoffie, quindi continuò a scrivere la propria firma in calce a una domanda. “Entri pure, Agente Speciale Prime. Non rimanga tutto il giorno nel corridoio.”
Zoe fece un passo avanti, chiudendo la porta dietro di sé con un po’ di riluttanza. Tuttavia, raddrizzò le spalle e si rivolse a lui con la schiena dritta, un portamento che si sentiva sempre ispirata a mantenere in sua presenza. “Signore, riguarda il caso al quale l’Agente Speciale Rose e io stiamo lavorando. Il ragazzo del college e il professore, trovati con delle equazioni scritte sui loro cadaveri.”
Nonostante l’enorme mole di lavoro che doveva necessariamente essere passata attraverso la sede di Washington, Maitland non lo aveva dimenticato. “Lo so. Di cosa ha bisogno?”
“Le equazioni sono di livello estremamente elevato,” disse Zoe, sentendosi un po’ un fallimento per aver ammesso che fossero troppo difficili per lei. Ma andava fatto. Fissando gli angoli di novanta gradi precisi di qualsiasi cosa si trovasse sulla scrivania di Maitland, piuttosto che guardare l’espressione dell’uomo, si costrinse a proseguire. “Ritengo che sarebbe meglio coinvolgere un esperto in materia. Qualcuno che possa lavorare sulle equazioni da una prospettiva matematica professionale.”
Maitland annuì, quindi smise di scrivere non appena si rese conto che lei aveva finito. “Ha già in mente qualcuno? L’Agente Speciale Rose ci ha ricordato che una volta lei studiava matematica.”
“È così, signore.”
“Bene.” L’attenzione di Maitland tornò alle sue scartoffie, in pratica congedandola. “Permesso accordato. Avrà i documenti il prima possibile.”
“Sì, signore.” Zoe si girò e quasi scappò dalla porta, felice di aver ottenuto un risultato così positivo. Non sarebbe rimasta qui in attesa che lui cambiasse idea, assolutamente.
C’era del lavoro da fare, e qualcuno che era molto importante tirare dentro nel caso.
***
Zoe attese speranzosa, guardando la sua mentore esaminare le immagini.
“Queste foto sono … scioccanti.” La dottoressa Applewhite scosse il capo, tenendo il labbro inferiore tra i denti per tre secondi mentre faceva scivolare la fotografia sul fondo della pila che teneva in mano ed esaminava quella successiva. “A volte dimentico che devi guardare questo genere di cose giorno dopo giorno. Deve metterti a dura prova.”
Zoe scrollò le spalle. “I cadaveri sono cadaveri. È la mancanza di soluzioni a infastidirmi.”
“E questo è un caso che non sei ancora stata in grado di risolvere.” Non era una domanda. Zoe l’aveva già preparata al fatto che avesse bisogno d’aiuto. La dottoressa Applewhite sapeva che era un caso aperto, in corso, e che bisognava richiedere un permesso persino per avere questa conversazione. Capiva anche che il tempo era prezioso. Ad ogni ora che passava, le probabilità di trovare la persona che aveva commesso quegli atti diminuivano sempre di più.
Nel caso degli omicidi, la verità era che le prime ventiquattro ore avevano un’importanza cruciale. Lo sapevano tutti. Quarantotto ore senza un arresto, e avrebbero iniziato a camminare su una strada pericolosa. Erano casi che sarebbero diventati episodi di show televisivi notturni.
Lo studente universitario era morto da ben più di quarantotto ore.
“Devo capirne il significato,” spiegò Zoe. “Al momento, questo è l’unico indizio che abbiamo. Non sembrano esserci connessioni tra il professore e lo studente, al di là del luogo. Nessun testimone, nessuna copertura da parte di telecamere di sorveglianza. Dobbiamo capire che tipo di messaggio sta cercando di inviare l’assassino, se vogliamo fermarlo.”
La dottoressa Applewhite aveva lo sguardo aggrottato sulle immagini, e le mise accanto agli appunti di Zoe per eseguire i calcoli che lei aveva già svolto.
“Il tuo lavoro mi sembra sensato” disse dopo un po’. “Non riesco a fare nient’altro rispetto a ciò che hai già fatto tu. Questa è roba estremamente avanzata, oltre il livello al quale lavoro.”
A Zoe caddero le braccia. Era stata convinta, così convinta, che la dottoressa Applewhite avrebbe avuto le risposte. Ora queste speranze sembravano svanite.
Stava già vagliando le alternative, cercando di pensare a cosa avrebbe detto a Shelley, quando la dottoressa Applewhite ricominciò a parlare.
“Conosco qualcuno che potrebbe aiutarci,” disse. “Professori. Un paio di matematici che lavorano in altri settori. Se potessi mostrar loro tutto questo, potremmo andare un po’ avanti. È il tipo di sfida che piacerà a tutti, e quantomeno saremo sicure di avere delle menti esperte al lavoro.”
Zoe approvò. “Sarebbe utile.”
La dottoressa Applewhite sistemò i capelli ingrigiti dietro un orecchio e alzò lo sguardo, fissando Zoe con occhi curiosi, adesso. “Come la stai affrontando? Non capita spesso che un enigma matematico ti metta in difficoltà.”
Zoe considerò per un attimo di mentire, ma poi abbassò le spalle. “È un po’ un fallimento. Questa è la mia specialità. Dovrei essere in grado di risolvere queste equazioni. Se non posso farlo io, chi potrà farlo nell’FBI?”
Queste parole, dette da chiunque altro, sarebbero sembrate arroganti. Nel caso di Zoe, si trattava un puro fatto. Analisti e simili potevano anche trascorrere tutto il giorno a lavorare con i numeri, ma non ne avevano la percezione istintiva propria di Zoe. Non potevano guardare un’equazione sulla pagina e vederne la soluzione come se fosse scritta accanto. Almeno era quello che le accadeva di solito.
Ma stavolta era diverso.
“Non puoi pretendere di risolvere tutto. Nessun agente dell’FBI, nella storia del Bureau, ha mai avuto un tasso di casi risolti del cento per cento.”