I cinque del salotto - Грейс Фиона 4 стр.


“Mi sa che dovrò dare una rispolverata alla mia competenza di storia locale,” disse Lacey, sentendosi vergognosamente ignorante.

“Oh, sono solo una nerd della storia, tutto qua,” concluse Suzy. “Adoro pensare al modo in cui vivevano le persone qualche generazione fa. Cioè, non è passato poi tanto tempo che la gente andava a caccia per procurarsi il cibo! Mi affascinano in particolare i Vittoriani.”

“I Vittoriani,” ripeté Lacey… “La caccia.” Schioccò le dita. “Ho un’idea!”

Qualcosa negli occhi sgranati e pieni di entusiasmo di Suzy aveva messo in moto gli ingranaggi impolverati nella parte abbandonata della mente di Lacey che si era occupata di interior design in passato. Portò Suzy nella sala d’aste e lungo il corridoio in direzione dell’ufficio.

Suzy guardava con curiosità mentre Lacey apriva la cassaforte e tirava fuori la cassa di legno contenente il fucile a pietra focaia. Fece scattare i fermi, sollevò il coperchio e rimosse delicatamente l’antica arma.

Suzy ebbe un piccolo sussulto.

“Ispirazione per il tuo B&B,” disse Lacey. “Padiglione di caccia vittoriano.”

“Io…” balbettò Suzy. “È…”

Lacey non riusciva a capire se Suzy fosse scioccata o meravigliata dall’idea.

“Mi piace un sacco,” disse la giovane. “È un’idea brillante! Già me lo vedo. Tartan blu. Velluto. Velluto a coste. Un caminetto aperto. Pannelli in legno.” I suoi occhi si erano fatti tondi per la meraviglia.

“Ecco, questa si chiama ispirazione,” le disse Lacey.

“Quanto viene?” chiese Suzy allegramente.

Lacey esitò. Non era sua intenzione vendere il regalo di Xavier. Lo aveva mostrato solo perché diventasse un trampolino di lancio creativo.

“Non è in vendita,” spiegò.

Il labbro inferiore di Suzy si bloccò, leggermente abbassato, per la delusione.

Poi Lacey ricordò le accuse di Gina riguardo a Xavier. Gina pensava che il fucile fosse troppo, e allora cos’avrebbe pensato Tom quando l’avesse visto? Forse la cosa migliore da fare era davvero di venderlo a Suzy.

“… Però…” aggiunse, decidendo all’istante. “Sto aspettando dei documenti.”

Il volto di Suzy si illuminò. “Quindi posso prenotarlo?”

“Certo che sì,” disse Lacey, ritornandole il sorriso.

“E tu?” chiese Suzy con un risolino. “Posso prenotare anche te? Come designer d’interni? Per favore!”

Lacey era titubante. Non si occupava più di design d’interni. Aveva abbandonato quella parte di sé a New York con Saskia. La sua concentrazione era sul comprare e vendere antiquariato, imparare come gestire le aste e costruirsi una sua attività. Non aveva tempo di lavorare per Suzy e allo stesso tempo portare avanti il suo negozio. Certo, poteva affidarlo a Gina, ma con l’aumento dei turisti, lasciarla a gestire il negozio da sola le sembrava una cosa poco saggia.

“Non ne sono sicura,” rispose. “Ho un sacco di cose da fare qui.”

Suzy le posò una mano sul braccio in segno di scusa. “Certo. Capisco. Che ne dici di passare solo di là e dare un’occhiata al posto domani? Vedere se magari ti va di seguire il progetto, dopo aver visto meglio di cosa si tratta?” Lacey si trovò ad annuire. Dopo tutto quello che era successo con Brooke, aveva pensato che sarebbe stata più sospettosa nell’avvicinarsi ad altre persone. Ma forse dopotutto era riuscita finalmente a guarire da tutta quell’odissea. Suzy aveva una di quelle personalità contagiose che con facilità ti risucchiavano con loro. Sarebbe diventata una donna d’affari eccellente.

Forse Carol faceva bene a preoccuparsi.

“Immagino non ci sia niente di male nel dare un’occhiata, giusto?” disse Lacey.

A quest’ora la settimana dopo, Lacey avrebbe ripensato a questo momento in retrospettiva, definendolo con un classico idioma: le ultime parole famose.

CAPITOLO TRE

Lacey guidava sul lungomare nella sua Volvo color champagne, i finestrini abbassati, riscaldata da un delicato sole di mezzogiorno. Era diretta verso la ex casa di riposo che presto sarebbe diventata un B&B nuovo di zecca, e portava sul sedile del passeggero una sorpresa per Suzy. Non Chester: il fido compagno stava pisolando soddisfatto, anche lui baciato dal sole, e poi Lacey era piuttosto certa che Suzy avesse paura dei cani. No, le stava portando il fucile a pietra focaia.

Lacey non era sicura di fare la cosa giusta separandosi da quell’oggetto. Quando lo aveva tenuto in mano, le era sembrato che le appartenesse, come se l’universo le stesse dicendo che se ne doveva prendere cura. Ma Gina le aveva piantato questa pulce nell’orecchio su Xavier e le sue intenzioni e lei non riusciva a vedere con chiarezza attraverso le nubi.

“Mi sa che ora è troppo tardi,” disse Lacey con un sorriso. Aveva già promesso di venderlo a Suzy, e sarebbe sembrato molto poco professionale da parte sua rimangiarsi la parola sulla vendita ora, e per di più con la mera giustificazione di una strana sensazione!

In quel momento Lacey passò davanti alla vecchia caffetteria di Brooke. Era tutto sprangato. La ristrutturazione che aveva fatto, trasformando il vecchio capanno per canoe in un locale chic, era andata del tutto in malora.

Il pensiero di Brooke innervosì Lacey, ed era assolutamente l’ultima cosa che aveva bisogno di aggiungere all’inquietudine che già provava al pensiero di separarsi dal fucile.

Premette più a fondo il pedale dell’acceleratore, sfilando via più velocemente, nella speranza di lasciarsi alle spalle quelle orribili sensazioni.

Presto raggiunse la parte orientale della città, l’area meno popolata e priva dei negozi e locali che si diramavano da nord a sud nella zona occidentale e nel centro. Questa era l’area che – secondo Carol – il sindaco Fletcher avrebbe modificato in peggio.

Lacey si accorse della svolta che portava alla ex Casa di Riposo Sunrise, e girò quindi a sinistra. La strada sconnessa piegava leggermente in salita ed era fiancheggiata da faggi così alti da formare una galleria che schermava il sole.

“Per niente minaccioso…” disse Lacey con sarcasmo. “Neanche un po’.”

Per fortuna gli alberi presto si diradarono e la luce del giorno rifece capolino.

Lacey scorse per la prima volta l’edificio arroccato sul versante della collina. La sua mente da designer d’interni si accese subito mettendosi a valutare l’aspetto esterno. Era una struttura piuttosto moderna, a tre piani, in mattoni rossi. Ipotizzò potesse risalire agli anni Trenta e che fosse stata rimodernata negli anni. Il vialetto di accesso e la zona del parcheggio erano in cemento grigio, funzionale ma inguardabile. Le finestre avevano spesse cornici in plastica bianca, buone per tenere a bada i ladri, ma un terribile pugno in un occhio dal punto di vista estetico. Ci sarebbero voluti dei decisi colpi di mano strategici per far assomigliare la facciata a un padiglione di caccia vittoriano.

Bene: questo era il problema che Lacey avrebbe dovuto risolvere. Non aveva ancora preso nessuna decisione riguardo all’offerta di Suzy. Voleva parlarne con Tom per chiedergli consiglio, ma aveva lavorato fino a tardi per completare un ordine dell’ultimo minuto di cupcake con glassa arcobaleno per lo spettacolo estivo annuale del gruppo giovani locale.

Aveva anche mandato un messaggio nel gruppo che condivideva con sua madre e la sua sorella più giovane, e aveva ricevuto in risposta un Non lavorare troppo dalla prima, e un Se ti paga bene, vai dall’altra.

Lacey parcheggiò l’auto, quindi si diresse verso i gradini che fiancheggiavano l’antiestetica rampa per le sedie a rotelle. L’accesso disabili – e probabilmente anche le misure interne – sarebbero stati un grosso vantaggio da sfruttare. Né il B&B di Carol né la Coach House Inn erano adatti per ospiti con disabilità e non erano dotati di accesso esterno dalla strada in ciottoli. Per di più disponevano di scale interne strette e non erano dotati di ascensore.

In cima ai gradini, Lacey raggiunse un’ampia veranda in vetro in stile serra. Era così anni Novanta che le fece venire in mente a un centro ricreativo.

Le porte si aprirono e lei entrò. Qui i suoi occhi vennero assaliti da un’enorme distesa di linoleum, severe file di luci sul soffitto e delle pacchiane tendine da sala d’aspetto alle finestre. Nell’angolo si trovava un distributore di acqua fresca che emetteva un costante glu glu glu, accanto a una schiera di distributori automatici.

Quindi Suzy sapeva quanto lavoro ci fosse da fare.

“Lacey! Ciao!” le disse la ragazza con voce cinguettante.

Lacey si guardò attorno e la vide saltare fuori da dietro un bancone: un enorme mostruosità in finto legno che sembrava essere stata creata con lo stesso materiale dell’edificio.

“Stavo controllando la situazione delle prese qui,” spiegò Suzy. “Greg, l’organizzatore di eventi, deve sapere quanti punti disponibili ci siano per l’elettricità. È un vero drago, sul serio. Se avessi più tempo, assumerei qualcun altro. Ma chi mendica non può scegliere. Quindi vada per lo scorbutico Greg.” Sorrise.

“Per cosa ti serve un organizzatore di eventi?” le chiese Lacey.

“Per la festa di inaugurazione, ovviamente,” le rispose Suzy.

Prima che Lacey avesse la possibilità di chiederle altro, la ragazza le si avvicinò e l’abbracciò. Il gesto la colse di sorpresa, ma nonostante il fatto che si conoscevano a malapena, Lacey lo trovò tutto sommato piuttosto naturale. Era come se la giovane fosse un’amica di lunga data, anche se si erano conosciute neanche ventiquattr’ore prima.

“Posso offrirti una tazza di tè?” le chiese Suzy. Poi arrossì. “Scusa, tu sei americana. Preferisci del caffè, forse?”

Lacey ridacchiò. “Da quando mi sono trasferita qui ho acquisito un certo gusto per il tè, a dire il vero. Ma sono a posto, grazie.” Fu attenta a non lasciare che il suo sguardo andasse ai distributori automatici e al tè acquoso e presumibilmente di bassa qualità che ne veniva fuori. “Facciamo un giro?”

“Nessuna perdita di tempo. Mi piace,” disse Suzy. “Ok. Bene, questa ovviamente è l’area della reception.” Allargò le braccia e sorrise con entusiasmo. “Come puoi probabilmente notare, è fondamentalmente una veranda che hanno aggiunto negli anni Novanta. Oltre alla possibilità di buttare giù tutto, non ho idea di come far sembrare questo posto un padiglione di caccia vittoriano, ma immagino che in questo campo sia tu l’esperta. Cioè, se deciderai di lavorare per me.” Rise e le fece cenno di seguirla verso una doppia porta interna. “Da questa parte.”

Entrarono in un lungo corridoio scarsamente illuminato. Una serie di lucidi cartelli in plastica erano fissati al muro fornendo direzioni verso ‘sala TV’, ‘sala da pranzo’, ‘giardino’ e ‘infermeria’. C’era un odore molto caratteristico nell’aria, come di borotalco.

Lacey arricciò il naso. La consapevolezza dell’enormità di quel compito si stava facendo sempre più evidente e lei provava una crescente sensazione che sarebbe stato un impegno troppo grande da assumersi.

Seguì Suzy nella sala TV. Era uno spazio gigantesco, scarsamente arredato e con lo stesso rivestimento di linoleum con effetto finto legno sul pavimento. Le pareti erano rivestite di carta da parati.

“Stavo pensando di trasformare questa stanza in salotto,” iniziò a spiegare Suzy, gironzolando per la sala mentre la sua gonna zingaresca le fluttuava attorno. “Voglio un caminetto aperto. Mi pare ce ne sia uno di murato dietro a questa nicchia. E possiamo mettere della bella roba rustica in quest’angolo.” Fece un gesto vago con il braccio. “O in quello. Come preferisci tu.”

Lacey si sentiva sempre più incerta. Il lavoro che Suzy voleva da lei era più che un semplice incarico da interior designer! Non aveva neanche davanti la pianta della disposizione. Ma la ragazza sembrava una sognatrice, e lei non poteva che ammirare quell’aspetto. Lanciarsi in un compito senza nessuna esperienza pregressa era dopotutto quello che Lacey stessa stava facendo, e quel rischio l’aveva ripagata. Ma l’altro lato della medaglia era che Lacey non aveva avuto accanto nessuno che fosse per lei la voce della ragione. Oltre a sua mamma e Naomi – che erano ad anni luce di distanza l’una dall’altra – nessun altro le aveva detto che stava facendo una follia. Ma essere ora effettivamente quella persona e avere davanti qualcuno che si stava buttando a capofitto in un compito impossibile… Lacey non era proprio sicura sul da farsi. Non aveva il cuore di spezzare i sogni di Suzy, ma non era neanche tipo da tirarsi indietro e starsene ferma a guardare mentre la nave affondava.

“Alla sala da pranzo si può accedere da qui,” stava dicendo Suzy nella sua maniera spensierata. Condusse rapidamente Lacey nella stanza attigua. “Terremo questa come sala da pranzo, perché ha un accesso alla cucina da qui.” Indicò la porta a vento alla sua destra. “E da qui c’è la migliore visuale sul mare, e sui prati.”

Lacey non poté fare a meno di notare che Suzy stava già parlando come se lei avesse accettato il lavoro. Si morse il labbro con trepidazione e passò attraverso la porta a vetri scorrevole che occupava l’intera parete opposta. Il giardino, anche se piuttosto ampio, era costituito solo da erba e da sporadiche panchine rivolte verso l’oceano che si scorgeva in lontananza.

“A Gina piacerebbe un sacco questo posto,” disse Lacey, cercando un aspetto positivo.

“Gina?” chiese Suzy.

“La signora che lavora al negozio con me. Capelli spettinati. Occhiali rossi. Stivali di gomma. È strepitosa nel giardinaggio. Questa sarebbe come una tela bianca per lei.” Si voltò a guardare Suzy. “Ha cercato di insegnarmi qualche trucchetto di giardinaggio, ma penso di essere ancora troppo newyorkese per potermi dedicare alle piante.”

Suzy rise. “Beh, quando si tratterà di fare il giardino, farò una chiamata a Gina.”

Suzy continuò nel loro veloce tour, attraverso la cucina, in corridoio, attraverso l’ascensore e su fino a una delle camere.

“Sono tutte molto ampie,” le spiegò mentre le faceva vedere.

“Direi,” rispose Lacey, calcolando quanta mobilia sarebbe servita per arredarle in maniera adeguata.

Ci sarebbe stato bisogno di più del solito letto, armadio e comodino che avevano la maggior parte delle camere in un B&B. Erano tanto grandi da poter ospitare un’area separata con poltrona e divanetto con tavolino, e un angolo per la cabina armadio con tanto di specchiera. Lacey se la poteva immaginare, ma ci sarebbe voluta un sacco di coordinazione per realizzare tutto entro lo spettacolo aereo di sabato.

“E quante stanze hai detto che ci sono?” le chiese, guardando nervosamente verso la porta e il corridoio buio, che era fiancheggiato di porte da entrambi i lati. Non voleva far capire a Suzy con troppa brutalità quanto lavoro sarebbe servito per rimettere in sesto quel posto, quindi quando la ragazza rientrò nella stanza, Lacey cambiò fulmineamente espressione, mostrandosi il più ricettiva possibile.

“In totale ci sono quattrocento metri dedicati all’alloggio,” spiegò Suzy. “Sei camere da letto e una suite matrimoniale. Penso che due o tre possano bastare per cominciare.”

Sembrava così rilassata per tutta la faccenda, nonostante non conoscesse esattamente quante camere volesse realmente arredare!

“E hai bisogno di fare tutto entro lo spettacolo aereo di sabato?” chiese Lacey, come se un chiarimento in più potesse in qualche modo dare maggiore senso alla cosa.

“Venerdì, a dire il vero,” la corresse. “È lì che farò la festa di inaugurazione.”

Lacey ricordò che Suzy aveva parlato dello scorbutico Greg, l’organizzatore di eventi, e della festa di inaugurazione. Poi la sua domanda sul giorno in cui si sarebbe tenuta si era persa nel momento in cui Suzy l’aveva sorpresa con quell’abbraccio.

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