Natale Nell'Abbraccio Del Duca - Amanda Mariel 2 стр.


Esausta, si asciugò la faccia con il dorso delle mani. Piangere non le avrebbe certo fatto bene. Doveva farsi coraggio e affrontare la sua nuova realtà. Sfruttare al meglio le circostanze e tenere d’occhio il futuro. Solo questo le avrebbe permesso di non soccombere..

Riprendendo il controllo, Marina andò verso il suo guardaroba. Scelse alcuni abiti e una camicia da notte, insieme a una vestaglia, poi li mise nella sua valigia. La sua determinazione aumentava ad ogni oggetto che infilava nella borsa da viaggio, e quando alla fine ebbe terminato decise di affrontare il suo destino a testa alta.

Al diavolo il padre!

Poteva rinnegarla. Poteva mandarla via. Poteva bandirla dalla sua casa e dalla società – ma non poteva distruggerla. Non poteva prendersi suo figlio e il suo futuro. In qualche modo avrebbe trovato un modo per salvarli entrambi. Un sorriso le increspò le labbra quando si rese conto che avrebbe potuto magari crescere il suo bambino, e ancor più, ottenere quello che desiderava.

Marina appoggiò la mano sulla sua pancia gonfia e guardò in basso dove il suo bambino le riempiva l’ addome. “Andrà tutto bene, piccolino.”

La porta cigolò e Marina si mise sulla difensiva mentre la madre entrava nella stanza. La mamma abbracciò Marina con calore. “Sono terribilmente addolorata.”

“Non avete nulla di cui rimproverarvi,” disse Marina, poi sprofondò nel calore della madre, nutrendosi dell’affetto che lei le offriva. L’unico vero amore che avesse mai provato proveniva dalla mamma, e di questo le sarebbe sempre stata grata.

“Mi dispiace per il dolore che vi ho causato.” Marina si irrigidì leggermente, aspirando il profumo di lavanda della madre mentre l’abbracciava. Come desiderava poter consolare sua madre, alleviare il dolore che le aveva causato. Purtroppo, un abbraccio non avrebbe mai potuto cancellare la ferita che Marina aveva causato, e non solo a sua madre,

Marina si staccò dalla madre e la guardò, sperando che la mamma potesse intuire l’amore e la gratitudine che irradiavano dalla sua anima. “Devo andare,” la voce di Marina si incrinò tradendo le sue forti emozioni

Una lacrima scivolò dagli occhi della madre mentre con il dorso della mano accarezzava la guancia di Marina. “Cambierà idea, tesoro. Dategli un po’ di tempo e lo farà. Lui non vi caccerà davvero. Non per sempre.”

Marina non osava dare credito alle parole della madre perché sapeva che il padre non le avrebbe mai permesso di tornare. Ma si impose di non sconvolgere ancora di più la madre esponendo il suo pensiero. Invece, si sforzò di sorridere. “Fino ad allora…” La gola le si chiuse definitivamente e le parole echeggiarono mute “Sì, finché non tornate, cara.” La mamma la baciò sulla fronte. “Per amor vostro sicuramente lo farà.”

Marina si allontanò e sollevò la valigia dal letto. Liberando un respiro che non si era resa conto di aver trattenuto, alzò il mento e uscì dalla stanza.

Una silenziosa speranza si fece luce nel suo cuore mentre si dirigeva verso la carrozza in attesa. Una speranza per il futuro, quello che avrebbe condiviso con suo figlio.

CAPITOLO 1

Chishire Inghilterra, 1812

La carrozza rimbalzò e ondeggiò lungo una stradina innevata nell’Inghilterra settentrionale. “Ahi!” Marina premette una mano sulla sua piccola schiena dolorante mentre il cocchiere fece ancora un altro tuffo nella strada. Aveva viaggiato per giorni con solo un po’ di pausa. Il viaggio avrebbe lasciato indolenzito chiunque, ma immaginò che fosse ancora più difficile per una signora nelle sue condizioni.

IL padre aveva dato ordine al cocchiere – un uomo che Marina non aveva mai incontrato prima – di fermarsi solo se strettamente necessario e questi aveva preso la cosa alla lettera. L’unica volta in cui le era stata concesso di scendere dalla carrozza fu quando si dovette cambiare i cavalli. Aveva dormito, mangiato e si era persino alzata in piedi nel suo piccolo spazio. La mente le si ribellò, la nausea aumentò al pensiero di arrivare da sua zia.

Per quanto fossero orribili le sue condizioni, sicuramente sarebbe stato molto peggio una volta arrivata a casa di zia Teresa. Non aveva mai incontrato una donna più compassata, severa e fredda. Una volta, quando Marina aveva solo dieci anni, era stata sorpresa a rubare un pezzo di una crostata dolce mentre era in visita da sua zia. La donna l’ aveva punita con la cinghia . Dopo averla picchiata, aveva costretto la bambina a trascrivere versetti della Bibbia sul il peccato di rubare e a pregare per il perdono.

Marina sospirò mentre si massaggiava dei piccoli cerchi sulla schiena palpitante. Poteva a malapena immaginare come sua zia l’avrebbe messa in riga per la trasgressione di cui si era macchiata. Di sicuro sua zia la vedeva come un’ atea, incinta e non sposata, una specie di eretica!. E se zia Teresa l’avesse picchiata di nuovo? Un freddo terrore invase Marina. Avrebbe potuto perdere il bambino.

No. Non avrebbe permesso una cosa del genere! Marina disprezzava Lord Banfeld per il ruolo che aveva rivestito nella sua disgrazia, ma amava il suo bambino, voleva essere la madre di quel bambino! Tolse la mano dalla schiena e la appoggiò sul ventre rotondo. In qualche modo, avrebbe trovato un sistema per difendere entrambi.

Improvvisamente, delle urla riempirono l’aria seguite dai nitriti spaventati dei cavalli e dalle maledizioni rabbiose del cocchiere. Il cuore le si fermò in gola mentre si teneva salda al sedile. La carrozza si spostò brutalmente da una parte all’altra. Un gridò le sfuggì dalla gola mentre il cocchiere frenava i cavalli. Con lo stomaco in gola, allungò una mano tremante per aprire la tenda. Guardò il paesaggio innevato, e fermò lo sguardo su un gruppo di tangheri “Che il cielo mi aiuti! “

Gli uomini indossavano abiti strappati e sporchi, e il loro comportamento caotico le permisero solo di fare delle supposizioni. Impotente non potè fare altro che fissarli, mentre continuava a studiare il paesaggio. Un uomo afferrò forte le briglie del cavallo mentre l’altro brandì una pistola contro il cocchiere.

“Sta per sparare, devo fare qualcosa “ . Marina lasciò ricadere la tenda sulla piccola finestra. Non poteva rimanersene seduta e aspettare di essere derubata, o peggio. Cominciò a muoversi verso la porta della carrozza, poi si bloccò. Un improvviso violento rumore di sparo che veniva da fuori la fece sobbalzare.

“ Sparano! “. IL sangue le si congelò nelle vene a questo pensiero.

Prima che potesse reagire, la portiera della carrozza si spalancò e uno dei banditi salì verso di lei.. Con il cuore che le batteva, si appiattì nell’ angolo interno della carrozza, premendo la schiena contro la parete.

L’uomo sudicio sorrise, mostrando denti gialli e storti. “Ho proprio voglia di divertirmi con te.”

Marina scosse la testa mentre si appiattiva ulteriormente contro la parete..

“Non fare la timida, tesoro. Ti prometto che ti piacerà quello che ho in serbo per te.” L’uomo entrò nella carrozza.

“No, aspetta.” Il panico riempì la voce di Marina, le sue viscere tremavano per l’intenzione che lesse sul ghigno dell’uomo e ,sì, stava per violentarla! “Per favore non toccarmi. Ti darò tutto quello che ho, solo non mi fare del male! “Fu solo dopo che ebbe pronunciato queste parole che si rese conto di non avere alcunchè per frenare gli istinti malvagi di quegli uomini.

Avrebbe dovuto combattere. Trovare un modo per fuggire da loro. Ma come?

“Voglio quello che si trova sotto quelle belle gonne.” L’uomo afferrò il suo copri abito, tirando la gonna verso l’alto. “Fai la brava ragazza e vedrò di non farti troppo male.”

Marina si ricacciò la gonna sulle gambe, il cuore le batteva così forte da minacciare di esploderle nel petto. “Per favore fermati. Sono incinta.”

Lui si avvicinò, appoggiando la coscia contro quella di lei e allungandosi verso il suo seno. “Allora mi aspetto che tu mi tratti come una donna esperta.”

Gli strappò via la mano dal seno. Come aveva potuto pensare che quell’ animale si sarebbe preoccupato delle sue condizioni? Girò lo sguardo per tutta la alla carrozza alla ricerca di qualsiasi cosa potesse impugnare come arma.

“Vieni amore. Non farmi chiamare Chester qui per tenerti ferma.” Afferrò di nuovo il suo copri abito e strappò il corpetto ,mettendo a nudo il seno.

Chiudendo gli occhi, Marina strinse i pugni e cominciò a pregare. “Posa il tuo sguardo su di me. Dammi la forza e il coraggio per salvare me e il mio bambino “

. Aprì gli occhi e poi agitò i pugni pazzamente, scagliandosi sulla faccia, la testa e il petto dell’uomo.

Quello rise, afferrandole le mani e alzandole sopra la sua testa. “Una donnina pepata, sì.”

Una lacrima scivolò lungo la guancia di Marina mentre l’uomo premeva la coscia tra le sue gambe. Mentre lui tentava di aprirle le gambe un’idea si formò nella sua mente. Si sforzò di rilassarsi, di concedergli un po’ di terreno, poi sollevò il ginocchio e l scagliò contro l’ inguine di lui..

“Puttana.” L’uomo si stese sul pavimento della carrozza e rotolò in posizione fetale.

Con una disperazione che le scoppiava da dentro Marina incespicò verso la porta e si lanciò. Quando i suoi piedi scivolosi colpirono il terreno ghiacciato, cominciò a correre. I suoi piedi incespicavano nella neve mentre fuggiva verso i boschi.

“Non la passerai liscia. Ti congelerai là fuori.”

Il suono dei passi che la seguivano continuò, ma non osò guardarsi indietro per paura di perdere l’equilibrio ed essere riacciuffata.

“Da brava fatti prendere. Ti scalderò io.”

Si infilò in una fitta vegetazione e in cespugli spinosi. Con la mano cercò di farsi strada per impedire agli arbusti di schiaffeggiarla e graffiarla, e ciò fece bruciare e pungere la sua pelle. Eppure , correva con tutta la forza che aveva. Scorgendo una caverna semi nascosta in una piccola collina, si diresse verso di essa. “Prega, che non ci sia un animale famelico nascosto all’interno.” Con quel pensiero, cadde in ginocchio e strisciò dentro.

Marina cercò di calmare i suoi respiri affannosi mentre si rannicchiava nello spazio buio. Se l’avessero trovata adesso, sarebbe stata definitivamente in trappola. La caverna offriva lo spazio sufficiente per serrare la schiena contro la parete di terra tutta ghiacciata e piegare le ginocchia contro il suo ventre gonfio. Se quei furfanti l’avessero trovata, sarebbe stata completamente in loro balìa, una eventualità che non voleva assolutamente considerare.

Serrò la mano sul cuore che batteva all’ impazzata e tese l’ orecchio verso i suoi inseguitori. Il battito del cuore fu coperto da un altro suono, e poi il rumore degli stivali le giunse alle orecchie. Accidenti! Non aveva considerato le orme lasciate dai suoi passi. L’avrebbero sicuramente scoperta.

“L’ ho trovata.” La voce dell’uomo le fece salire un brivido lungo la spina dorsale.

Marina fuggì dal suo nascondiglio, mentre il suo sguardo andava alla ricerca di un’arma. Avrebbe dovuto atterrare l’ uomo perché non c’era davvero nessun posto in cui nascondersi : non per molto, almeno. Un robusto bastone si trovava sul terreno alla sua destra. Marina lo sollevò con le sue mani e poi lo fece ruotare in aria, testandone il peso.

Premette la schiena contro un albero vicino mentre il suono dei passi dell’uomo si fece più forte. Inspirò affannosamente, poi uscì allo scoperto gridando: “Sono qui.”

Il cuore le pulsava selvaggiamente mentre lo ascoltava avvicinarsi. Ogni scricchiolio dei suoi stivali ne aumentò la minaccia, finché non la raggiunse. Marina girò il bastone formando un arco perfetto portandolo a filo contro la mascella del bandito.

Cadde come un sacco sul terreno ghiacciato, gli occhi fuori dalle orbite. Misericordia, l’aveva ucciso? Si chinò per controllare, ma recuperò la ragione prima di farlo. Non aveva tempo da perdere con un uomo che voleva farle del male.

Con il bastone in una mano e i lembi dei suoi vestiti nell’altra, si avviò frettolosamente verso il ciglio della strada . Se l’altro uomo era rimasto accanto alla la carrozza, avrebbe potuto dover usare nuovamente il bastone. Gli stivali scivolarono in una zona ghiacciata e lei ce la mise tutta per rimanere in piedi. Le sfuggì un piccolo urlo di sorpresa.

Marina si guardò alle spalle, temendo che l’uomo potesse essersi ripreso e udito il suo grido. Una foresta innevata la salutò. Chiuse gli occhi ed emise un lento respiro.

“Prendi quella puttana.” Urlò la voce arrabbiata di un uomo.

Il cuore sembrò saltarle nel petto mentre gli occhi si spalancarono. Troppo tardi, perché l’uomo che aveva colpito dalla carrozza stava di fronte a lei brandendo la sua pistola.

Lui afferrò la donna per un braccio e strattonò. “Vieni. Hai causato abbastanza guai.”

Affondò i talloni nella terra, e la sua mente si stava agitando.

L’uomo la ignorò mentre continuava a trascinarla via. Quasi subito il suo compagno li raggiunse e la prese per l’altro braccio. La sollevarono da terra e la portarono verso la strada.

Marina scalciò e urlò mentre quelli continuarono il loro assalto. Più forte lei combatteva più forte loro le stringevano le braccia. Disperata, girò la testa e sputò sulla faccia di uno dei due uomini. Questi imprecando fece cenno di fermarsi accanto alla carrozza. Asciugandosi lo sputo dai propri occhi, rivolse uno sguardo freddo e minaccioso verso di lei. “Ne ho abbastanza di te.”

Una volta riappoggiati i piedi a terra, Marina ne sollevò uno e schiacciò forte il tallone sullo stivale dell’ uomo. Avrebbero potuto forzarla mentre la trasportavano. Avrebbero potuto aggredirla. Avrebbero maledettamente potuto fare qualsiasi cosa, ma non le avrebbero fatto del male senza combattere.

“Ahi!” Lui sussultò e la mascella scricchiolò. “Che ne dici se la lasciamo qui a congelare? Non c’è niente di lei che valga la pena.”

Un barlume di speranza si fece strada nel cuore di Marina. Se l’avessero abbandonata avrebbe potuto trovare un riparo. Di sicuro un viaggiatore di passaggio si sarebbe fermato per aiutarla. Lei guardò in su e in giù lungo la strada. Male che vada avrebbe potuto camminare fino a raggiungere una casa dove chiedere aiuto. In ogni caso, tutto sarebbe andato bene se avesse potuto liberarsi dai banditi.

“Sì.” L’uomo le rivolse una specie di ghigno, poi la strattonò contro di sé. Il suo alito le bruciò le narici mentre le sbuffava in faccia, i suoi occhi bruciarono in quelli di lei. “Non sopravvivrai neanche un’ora, ragazzina.” La spinse via, allentando la presa sul suo braccio.

Quando lei incespicò all’indietro il suo pugno le si schiantò contro i denti e il mondo divenne improvvisamente tutto nero.

CAPITOLO 2

Evan Lockheart, il Duca di Rowley, cavalcava tenendosi ben saldo, lungo tutta la sua proprietà. La pungente aria invernale si stagliava contro la sua faccia scoperta lasciandogli nuda la pelle, ma lui non prestava attenzione a una cosa del genere – infatti, sopportò il freddo. Era una tortura autoimposta allo scopo di scacciare i fantasmi che lo perseguitavano.

Erano passati tre anni dalla morte di sua sorella, due da quella di sua moglie, eppure non riusciva ad allontanare i ricordi. Quel periodo dell’anno, quando l’autunno lasciava il posto all’inverno per avvicinarsi alle feste natalizie, era particolarmente difficile per lui. Inizialmente aveva provato a cancellare i ricordi , ma fu uno sforzo che non dette alcun frutto.. Ora si era isolato nella sua tenuta di campagna, dove poteva almeno evitare gli sguardi e la commiserazione dei suoi pari.

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