Fuggi, Angelo Mio - T. Virginie 2 стр.


Non sono la sola ad ignorare quello che voglio. Come previsto, Lilas e Léon si sono lasciati dopo qualche mese. Attenzione, lei sta facendo progressi: di solito, dura qualche settimana. E' un peccato, perché Léon mi piace molto. Ci siamo visti molte volte per delle uscite a quattro e devo ammettere che è nata una vera amicizia tra noi. Ancora oggi, anche se non sta più con Lilas, continuiamo a vederlo. D'altra parte, lui è l'unico amico con il quale mi posso veramente confidare, senza che mi giudichi. E' diventato un po' il mio confidente e non  potrò mai ringraziarlo abbastanza per esserci sempre per me, in ogni circostanza. Dopo l'ennesimo litigio con Brandon, mi ha annunciato con un tono scherzoso che dovrei lasciarlo, per mettermi con lui. Adoro Léon, ma non riesco a considerarlo in questo modo. Nonostante i nostri litigi, sono innamorata persa di Brandon ed ogni volta le nostre dispute sono come dei pugnali che mi trafiggono il cuore. Anche oggi, ho paura di varcare la soglia per annunciargli che mi sono fatta licenziare dal mio posto di baby-sitter. Mi ero detta che questo lavoro sarebbe stato un buon allenamento per diventare genitore, ma i genitori in questione, per i quali lavoravo, non amavano la mia presenza a casa loro. Cioè, soprattutto la donna, che sospettava suo marito di nutrire delle fantasie su di me. Tutta colpa della gelosia! Intanto mi ha licenziata da un giorno all'altro, dopo aver sopreso suo marito che mi fissava le chiappe, quando mi sono chinata per raccogliere un giocattolo ed ora lo devo annunciare al mio fidanzato, che se ne frega altamente dei motivi dei miei licenziamenti. Tutto quello che riesce a vedere, è che sono senza lavoro, punto a capo. Il mio telefono suona, dandomi un pretesto per ritardare il litigio che si preannuncia, e riesco a sorridere quando vedo il nome che appare sullo schermo.

«Ciao.»

«Ciao, bella Mal. Cosa mi racconti?»

Mi lascio sfuggire dalle labbra un sospiro profondo, mentre le mie spalle di abbassano.

«Mallory?»

«Mi sono fatta licenziare.»

Una prima lacrima mi scende dalla guancia a tutta velocità. La prima di una lunga serie che cerco di trattenere da quando sono uscita dalla casa dei miei ex- datori di lavoro.

«Dai, Mal, non piangere, mia bella. Sai che non lo sopporto. Raccontami cosa è successo.»

«Il marito mi ha guardata una volta di troppo senza essere discreto e ciò non è piaciuto molto a sua moglie!»

«Ok, Ok, calmati. Non è colpa tua, bella mia. Non potevi farci niente, se quel tipo era incapace di controllare la sua libido di fronte alla tua bellezza. I loro rapporti matrimoniali non ti devono interessare. Sono loro che hanno una faccenda da sistemare. Dai, smettila di piangere.»

Singhiozzo senza riuscire a smettere e mi chiedo come riesca Léon a capire quello che gli racconto.

«Cosa dirà Brandon? Litigheremo di nuovo e…»

«Smettila, Mal. Brandon ti ama e se non è capace di accettarti come sei, allora non ti merita. Sei una ragazza stupenda e qualsiasi uomo sarebbe felice di stare con te, d'accordo?»

Ho sempre il morale a terra, ma Léon ha la capacità di risollevare il mio ego. Respiro varie volte profondamente per riprendermi.

«Grazie. Mi ha fatto bene allentare la pressione.»

«A tua disposizione. Te l'ho già detto: ci sarò sempre, per te. Puoi chiamarmi notte e giorno.»

Non so come rispondere a tanta gentilezza. Qualche volta, penso che si aspetti qualcosa di più di quello che posso dargli, ma molto egoisticamente non voglio che si allontani da me.

«Grazie ancora. Ora devo andare.»

«Chiamami più tardi per dirmi come è andata. Arrivo nel giro di un minuto, se hai bisogno di me.»

Non gli rispondo. Non sono sicura che sarò in grado di chiamarlo,  dopo la conversazione che mi aspetta.

«Promettimelo, Mal.»

«Ci proverò.»

Chiudo la conversazione prima che insista ancora. Lo sto già coinvolgendo troppo nei miei problemi di coppia. Ormai è tempo che io mi comporti da adulta e che mi assuma la responsabilità delle mie azioni.

Nonostante le buone intenzioni, entro in casa a malincuore. Brandon è già lì, sul divano, con le braccia incrociate sul petto e lo sguardo fisso su di me. E' evidente che mi sta aspettando.

«Ciao!»

«Sei rimasta di nuovo senza lavoro?»

Provo un brivido involontario, mentre mi tolgo le scarpe. Cerco di guadagnare tempo, ma lui non è dell'uomre giusto per lasciarmi respirare.

«Inutile tergiversare. Sei rimasta mezz'ora in macchina. Cercavi un modo per darmi di nuovo questa notizia?»

«Non è colpa mia, Brandon…»

Non mi lascia nemmeno finire la frase, si raddrizza bruscamente ed alza le braccia al cielo.

«Non è  mai colpa tua, Mallory. Tu non c'entri mai niente, ma il risultato è lo stesso: sei di nuovo senza lavoro e tocca di nuovo a me occuparmi di tutto, dalle bollette alla spesa, senza contare la benzina della mia macchina che tu usi sempre per andare a degli appuntamenti che, ancora una volta, non porteranno a niente.»

E' la prima volta che mi accusa di essere una mantenuta ed io la prendo molto male, è il minimo che si possa dire.

«Mi dispiace molto essere un peso per te. Pensavo che, vivendo insieme, le coppie facessero fronte comune, ma è chiaro che mi sono sbagliata.»

Lui alza la voce, diventando sempre più irritato ed andando avanti e indietro davanti a me.

«Fare fronte comune non significa che io debba pagare tutto, mentre tu te la spassi.»

Anche io inizio ad irritarmi per queste reazioni esagerate.

«Perché secondo te, io non farei niente? Passo il tempo a cercare lavoro!»

«Esattamente, Mallory. Non fai altro che cercare. Tuttavia, ne trovi sempre meno e le poche volte che riesci a farti assumere, tieni il posto per al massimo una settimana prima di andartene e ricominciare. Non la finisci mai ed io ne ho abbastanza!»

Non so più se sia meglio ridere o piangere. Non ne posso più di vedere la nostra relazione vacillare per così poco. Perché per me, sono assurdità. La cosa più importante è amarsi e la nostra coppia dovrebbe diventare più forte attraverso le prove che affrontiamo. Al contrario, il nostro rapporto si infrange davanti ad ogni ostacolo ed ho paura che ben presto non ne resterà un granché, nonostante tutto il nostro amore. Allora tiro fuori la prima idea che mi passa per la mente.

«Dovremmo fare un bambino. Senza aspettare.»

Quelle parole hanno il merito di frenare il suo slancio, poi posa di nuovo lo sguardo su di me. Cerco di spiegarmi prima che la collera lo assalga di nuovo e che smetta di ascoltarmi.

«Perché aspettare? L'hai detto tu stesso. Io sono pronta. Avrei tutto il tempo  per occuparmene. Quello che conta, è che ci amiamo e che questo bambino ne sia la prova.»

Brandon scoppia in una risata fragorosa che risuona nel nostro soggiorno scarsamente arredato.

«Mi stai proponendo di fare un bambino e di occupartene mentre io mi affanno come un pazzo per mantenere te e la tua prole?»

La mia prole? Mi va di traverso la saliva e mi lascio cadere subito su una sedia, prima di cadere a terra.

«Perché non penserai veramente che io abbia  ancora intenzione di fare un figlio con te, vero? Dopo tutti questi litigi, pensi veramente che io abbia voglia di impegnarmi seriamente con te?»

I suoi occhi sono gelidi mentre mi scruta, aspettando la mia risposta. Tuttavia, cosa potrei rispondergli? Mi rendo conto di non avere capito l'ampiezza del fossato che si è  creato tra di noi. Ho pensato che fosse qualcosa di passeggero, che saremmo riusciti a superare tutto. Invece, ero ben lontana dalla verità. Non posso fare altro che mormorare, con la voce che mi si blocca in gola.

«No, suppongo di no.»

Brandon è stanco. Si lascia cadere di peso sul divano, facendolo scricchiolare, mentre riprende a parlare con un tono triste.

«Onestamente, Mallory, non sono nemmeno più sicuro di voler andare avanti.»

Seconda pugnalata al cuore. Non voglio che chiarisca quello che pensa e, nello stesso tempo, ne ho bisogno per capire l'ampiezza dei miei errori.

«Continuare cosa?»

«Noi.»

Devo essere proprio masochista. Voglio che chiarisca.

«Cosa intendi?»

«Non sono sicuro di volere ancora vivere con te. Penso che dovremmo prenderci una pausa, per un po' di tempo.»

Una pausa. Tutti sanno cosa significa «fare una pausa» per una coppia. E' un  modo gentile, se ne esiste uno, per rompere senza annunciarlo chiaramente. Se non fossi seduta, probabilmente sarei caduta a terra dal dolore. Sto perdendo terreno ed ho bisogno più che mai di Beth. Ho bisogno che la mia migliore amica curi le mie ferite. Tuttavia, sono troppo orgogliosa per chiederle aiuto.

«Ti lascio il tempo di organizzarti, ma vorrei che facessi i bagagli il prima possibile.»

Già, perché mi caccia anche di casa? Resto lì a bocca aperta e con le braccia a penzoloni, mentre la mia vita è messa sottosopra.

«E' inutile che mi guardi in questo modo. Non hai i soldi per pagare l'affitto e le spese. Tutte le bollette sono già a mio nome e sono io che ho pagato tutti i mobili.»

In un solo giorno, ho perso tutto: il lavoro, i miei sogni di una vita ideale ed il mio fidanzato. Ex- fidanzato. Meglio farci subito l'abitudine. Mi alzo con un  movimento brusco.

«Perché aspettare? Vado subito a fare i bagagli.»

«Mallory…»

Sospira prima di continuare.

«Non prenderla in questo modo. Lo faccio per noi.»

Rischio di strozzarmi dalla rabbia.

«Per noi? Buttarmi fuori di casa, è per aiutare la nostra coppia?»

Almeno ha la decenza di abbassare gli occhi.

«Lo fai solo per te stesso. E ora, se permetti, vado a sbrigarmi ad imballare tutte le mie cose, per non disturbarti più con la mia presenza.»

Per fortuna, Brandon non mi segue in camera. Non avrei avuto il coraggio di continuare il nostro scontro verbale. Questa giornata sembra non finire mai ed ho il cuore a pezzi, mentre infilo i miei vestiti in una borsa da viaggio. Prendo solo l'essenziale, non avendo altro posto ed il rumore della chiusura lampo quando chiudo la sacca mi fa realizzare la portata degli ultimi avvenimenti: dovrò ricominciare da zero, ricostruirmi, e dovrò farlo da sola. Tornare dai miei genitori? Inutile anche solo pensarci. Ormai non ho più l'età per abitare con mamma e papà e dover rendere conto di quello che faccio.

Lascio l'appartamento senza dire una parola e senza guardarmi indietro. Brandon mi ha amabilmente proposto di prendere la sua macchina. Mi sono dovuta mordere la lingua per non dirgli che poteva mettersi le chiavi proprio lì dove stato pensando. Lo faceva solo per poi rimproverarmi di essermi servita della SUA macchina! Preferisco avere i piedi in fiamme a forza di camminare, piuttosto che sopportare un'ulteriore umiliazione.

Capitolo 3

Mallory

Ignoro da quanto tempo sto camminando lungo la strada, ma la cinghia della mia borsa da viaggio mi sta incidendo la spalla e le mie gambe fanno fatica a sopportare il mio peso, che si aggiunge a quello del mio grosso bagaglio. Mi trascino senza una meta, non sapendo dove andare, quando una macchina rallenta alla mia altezza. Giro la testa dall'altro lato, non avendo alcuna voglia di spiegare ad uno sconosciuto cosa sto facendo sul ciglio della strada con le mie cose sulla schiena. Tuttavia, l'importuno decide diversamente. Sento il finestrino sul lato del passeggero che si apre e la musica che esce dalla macchina mi perfora i timpani. L'hard rock è trasportato dal vento ad un volume assordante. Poi, all'improvviso, il suono diminuisce ed una voce che non mi aspettavo si rivolge a me.

«Mal? Cosa ci fai qui?»

Mi giro di scatto per assicurarmi di non essere vittima di un'allucinazione, ma non c'è dubbio: è proprio il mio amico al volante dell'automobile. Potrei piangere di gioia, se non avessi esaurito le lacrime. Non faccio altro che fissarlo, senza riuscire a muovermi o a rispondergli, quindi lui decide di posteggiare su un lato della strada, gira intorno alla macchina e mi raggiunge.

«Mal? Stai bene?»

Scuoto la testa, incapace di parlare.

«Lascia che ti aiuti.»

Mi prende il borsone dalle mani e lo butta nel portabagagli, prima di aprire la portiera dal lato del passeggero.

«Sali. Ti porto a casa mia. Parleremo e mi racconterai cosa sta succedendo.»

Entro nell'abitacolo come un automa, sempre in silenzio, ed il mio amico mi allaccia la cintura, visto che non ho avuto neppure il riflesso di farlo. All'improvviso mi sento meno sola e spero che svuotare il sacco mi permetta di vederci più chiaro e di fare dei progetti per il futuro, perché non posso vagare senza una meta per sempre.

Mi rendo conto di non essere mai andata a casa sua, neppure una volta. La sua casa è piccola, lontana dalla strada e da qualsiasi vicino. La stradina che conduce al suo portico è sassosa ed io sobbalzo sul sedile. Tutto ciò mi fa contorcere pericolosamente lo stomaco, che si rivolta contro questi movimenti caotici.

«Mi dispiace. Non ho ancora avuto il tempo di sistemare l'esterno della casa.»

Gli rivolgo un debole sorriso, tenendo la bocca ermeticamente chiusa per non vomitare sulla leva del cambio. Per fortuna, non dura più di un minuto, poi parcheggiamo davanti ad una casa in mattoni a vista assolutamente incantevole.

«E' molto carina.»

Mi sorride ed una fossetta compare sulla sua guancia sinistra.

«Grazie. L'ho ereditata da mia nonna qualche anno fa e da allora sto cercando di rimetterla in sesto.»

Fa il giro della macchina per aprirmi la portiera, come un vero gentleman.

«Vieni. Ti preparo un buon tè e potremo parlare.»

Mi afferra la mano ed io mi ritraggo istintivamente. Da molto tempo non tengo la mano di un uomo che non sia Brandon e questa mano estranea, più grande e forte, mi lascia una sensazione spiacevole. Il padrone di casa non si accorge del mio imbarazzo e mi fa entrare da una porta rossa tutta di legno, che scatta al mio passaggio. Ho appena il tempo di ammirare il suo ingresso, decorato con uno specchio, poi mi conduce in una cucina all'ultima moda, perfettamente attrezzata, con un piano cottura immenso ed una grande isola circondata da sgabelli alti e comodi.

«Siediti lì. Ti preparo qualcosa da bere.»

Ne approfitto per voltarmi ed osservare la sua casa con uno sguardo curioso. Nel complesso è moderna, ha un aspetto conviviale, eppure sento una specie di malessere. Non ci sono foto, né soprammobili, nessuna traccia di vita. E' tutto stupendo, ma asettico, come una casa da mostrare, ma senza un'anima. E' difficile immaginare che un uomo single abiti in un posto del genere. Dov'è il disordine? La biancheria sporca sparsa dappertutto? Insomma, dei segni di vita!

«Due zollette, vero?»

Riporto l'attenzione sul mio amico.

«Sì, grazie.»

Posa la tazza davanti a me ed io approfitto del calore sulle mie mani per riprendermi. Potermi riposare mi fa molto bene, tuttavia devo pensare al futuro.

«Sei pronta a raccontarmi cosa è successo dopo che abbiamo chiuso la telefonata?»

E' vero che quando ci siamo parlati stavo piangendo, chiusa nella mia macchina. La mia ex-macchina. Tutto è diventato ex dopo quella telefonata.

«Ti avevo detto di chiamarmi, se ne avessi avuto bisogno.»

«Non ti volevo disturbare.»

Infatti è vero, almeno in parte. Avevo già l'impressione di essere un fardello per il mio ex-fidanzato e non volevo diventarlo anche per Léon, l'amico che mi ha sostenuta in questi ultimi mesi, contro tutto e tutti.

«Non mi disturbi mai, Mal, te l'ho già detto.»

Gioca con le mie dita sul tavolo, mentre un brivido risale lungo la mia colonna vertebrale. Tiro indietro la mano e mi stringo le braccia intorno alle spalle per scaldarmi, anche se dubito che il freddo sia il responsabile della mia pelle d'oca.

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