«Non voglio la vostra quota.» ripeté lei con aria confusa.
Kotaro guardò Yohji, «Andiamo.»
Entrarono mentre la donna scuoteva la testa confusa, poi guardò l’orologio e decise che era ora di andare a mangiare qualcosa.
La porta principale si chiuse dietro di loro mentre si guardavano attorno. L’ingresso era a forma di esagono, con piccoli tavoli rotondi disposti in ogni angolo. Al centro c’era una tavola rotonda più grande con fiori appassiti e una ciotola di frutta marcia finta, il tutto ricoperto di segatura e ragnatele finte.
Si destarono quando notarono il cartello con la parola “Entrata” scarabocchiata in lettere contorte, accanto a una porta coperta da una tenda e senza nessuna guida. La musica raccapricciante di un organo a canne risuonava dagli altoparlanti, dando alla stanza quella che doveva essere una certa atmosfera, ma era solo cattivo gusto.
«Sembra un’agenzia di pompe funebri.» mormorò Yohji, «C’è persino una bara.»
Si avvicinò e, in preda alla curiosità, sollevò il coperchio. Una decisione di cui si pentì all’istante per il cattivo odore.
«Kotaro... dimmi che è tutto finto e sarò tuo amico per sempre.» lo implorò mentre si raggomitolava.
Kotaro era già diretto verso la porta coperta. Indietreggiò per guardare dentro la bara e si allontanò di colpo. Un umano dilaniato giaceva sul raso insanguinato, grottescamente contorto in modo che le due metà del suo corpo fossero rivolte in due direzioni diverse, anzi, tre se si contava l’inclinazione della testa.
Era un innocente che probabilmente si era offerto volontario per una notte di divertimento, fingendo di alzarsi dalla bara per spaventare gli avventurosi che entravano nella stanza. Ma ora non si sarebbe più rialzato... o almeno così sperava Kotaro.
Chiuse la bara, non c’era più niente che potessero fare per lui.
«Immagino che questo risponda alla domanda sul perché non ci sia una guida.» disse Yohji mentre si allontanava dalla bara, guardando con nostalgia la porta da cui erano entrati.
«Fa parte del tuo lavoro, Yohji.» dichiarò Kotaro «Lo sapevi quando Kyou te l’ha offerto. L’unica cosa che possiamo fare è assicurarci che non vengano uccisi altri innocenti come questo povero ragazzo.»
Si portò una mano all’auricolare, sapendo che gli altri erano in ascolto: «Abbiamo già una vittima.»
«Così inizia la notte dei demoni.» disse Kamui.
Kotaro abbassò la testa, sperando che l’aldilà fosse clemente con quel ragazzo, ma qualcosa sul pavimento accanto alla bara attirò la sua attenzione... impronte insanguinate.
«Ehi, Yohji.» disse piano, allontanandosi lentamente, «Guarda qua.» aggiunse, indicando il tappeto.
Yohji fissò quelle che sembravano impronte insanguinate, che attraversavano il tappeto e scomparivano dietro la porta coperta... non erano umane. Da quello che vedeva, avevano le dita più lunghe del normale e delle unghie ancora più lunghe.
Kotaro gli fece cenno di stare in silenzio e Yohji annuì, estraendo la sua PPK dalla fondina, poi lo seguì nella stanza oltre il sipario.
Percorsero diverse stanze tra luci stroboscopiche e grida fasulle, e iniziarono a rilassarsi pensando che il resto della casa fosse vuoto. Entrarono nella stanza successiva e si bloccarono quando videro un piccolo gruppo di visitatori che saltellavano e strillavano, alcuni ridendo.
Oltre la corda di velluto rosso era in atto la scena della motosega di un film famoso... uno dei preferiti di Kotaro. L’unico problema era che il tipo che stava torturando il corpo sul tavolo non era umano. Mentre la persona distesa era più che reale... ed era ancora viva. La donna era legata e urlava chiedendo aiuto, ma i visitatori credevano che facesse parte dello spettacolo.
Kotaro avvertì un senso di nausea e lanciò un’occhiataccia al mostro che indossava la maschera di pelle umana. Un altro povero essere che era caduto vittima del “gul”.
«Perché non abbiamo sentito le urla finora?» sussurrò Yohji terrorizzato.
Kotaro si mosse quando la motosega si avvicinò alla gamba insanguinata della donna. Proprio mentre le luci tremolanti si spegnevano per un istante, saltò oltre la corda e squarciò il soffitto, facendo scoppiare un tubo che inondò di acqua fredda i visitatori.
«Assicurati che escano tutti dalla porta principale.» sibilò verso Yohji mentre estraeva la sua Berretta. «Qui ci penso io.»
Yohji annuì e scortò il gruppo fuori dalla stanza fino al salotto. Chiuse la porta e sistemò il catenaccio in modo che nessuno potesse entrare. Aveva l’impressione che un sacco di gente avrebbe chiesto il rimborso del biglietto, ma meglio essere delusi che morti.
Sospirando, si voltò e rimase immobile per la paura quando il corpo all’interno della bara si alzò all’improvviso. Si muoveva rigidamente... e un liquido non meglio identificato trasudava fuori dalla bara, fino al pavimento. Lo shock rallentò il suo tempo di reazione mentre la creatura si alzava in piedi e si lanciava contro di lui, affondandogli i denti in una spalla.
Yohji fu sopraffatto dall’impatto e andò nel panico quando il dolore gli pervase il collo. Gli era caduta la pistola, quindi usò i pugni per colpire quell’essere prima di riuscire a liberarsi.
Prese l’arma da terra e fece una smorfia quando vide che il filo del suo auricolare era stato tagliato, in modo che non potesse chiedere aiuto a Kotaro... cosa che non avrebbe potuto fare comunque perché il suo partner era già impegnato.
La creatura si avvicinò di nuovo e, stavolta, Yohji fece l’unica cosa che gli venne in mente... urlò e si mise a correre.
Il demone, sorpreso dall’interruzione, agitò la motosega verso Kotaro. Lui si abbassò per schivarlo e lasciò perdere la pistola, preferendo un’arma molto più efficace. L’unico problema era evitare la motosega. Quando il gul riprese l’equilibrio, ci andò di mezzo quella povera donna. La motosega affondò nel suo torace e si fermò, schizzando sangue dappertutto.
Guardandosi indietro per assicurarsi che Yohji non fosse lì, Kotaro alzò una mano e scagliò una luce blu dritto verso il gul. Confuso, il demone sollevò la motosega e la girò verso se stesso. L’arnese gli si posò sulla spalla, iniziando a tagliargli il petto in diagonale. Mentre la testa e un braccio del demone cadevano a terra, Kotaro cliccò l’auricolare.
«Yohji, ho finito.» gli disse rimanendo in attesa, poi si accigliò. «Yohji?»
Il silenzio era assordante finché non sentì un grido di terrore che gli ricordò il cartone animato di Johnny Bravo quando gridava più forte di un gruppo di ragazze messe insieme.
All’improvviso, Kotaro vide Yohji correre nella stanza, superarlo e uscire dall’altra porta così velocemente da provocare uno spostamento d’aria. Poi sentì i passi nauseabondi che solo un cadavere posseduto poteva fare. Muovendosi per pararglisi davanti, aspettò in silenzio il suo arrivo.
L’essere entrò barcollando e, trovandosi faccia a faccia con il bel detective, si fermò. Gli occhi di Kotaro brillavano di gioia sadica mentre sbatteva il palmo sulla faccia del ghoul.
«A cuccia!» ringhiò Kotaro alla creatura, che ora aveva un buco in faccia abbastanza grande da infilarci il pugno. Voltandosi, uscì dalla porta da cui il suo amico era appena fuggito.
Yohji non aveva nemmeno rallentato quando lo aveva visto, convinto che quell’essere lo stesse inseguendo a distanza ravvicinata. L’ultima cosa che voleva fare era correre per tutta la casa infestata, così, quando aveva individuato una porta parzialmente nascosta, aveva ringraziato qualunque dio fosse in ascolto per aver trovato un’uscita. Ma il suo slancio fu troppo veloce e non riuscì a fermarsi in tempo mentre spalancava la porta.
C’erano una serie di gradini che portavano giù... e lui passò oltre. Urlò di nuovo quando iniziò a precipitare nell’oscurità.
Kotaro lo raggiunse proprio mentre spalancava la porta e volava giù... letteralmente.
Usando i propri poteri, si mosse più veloce del vento e afferrò Yohji prima che colpisse il pavimento del seminterrato. Lo tenne stretto quando notò che era svenuto per lo spavento... ma non era quello il problema. Il problema era l’enorme morso che il ghoul gli aveva dato su una spalla.
«Maledizione.» esclamò Kotaro attivando l’auricolare. «Kamui, abbiamo un problema. Yohji è a terra. Ripeto, Yohji è...»
Non riuscì a finire la frase quando un gruppo di demoni iniziò a sciamare da un grosso buco nel muro. Kotaro usò la sua vista acuta per vedere oltre nel tunnel sotterraneo, doveva essere quello che, secondo Kamui, collegava la casa al cimitero.
«Kotaro?» disse Kamui, poi borbottò una serie di improperi che avrebbero reso orgoglioso qualsiasi marinaio. «Suki!» gridò.
«Ci penso io!» esclamò lei, iniziando a sfrecciare lungo le strade secondarie che portavano alla casa infestata. «Con cosa abbiamo a che fare?»
«Ghoul.» la voce inquietante di Yuuhi echeggiò nell’interfono.
«Fuoco! Si possono uccidere con il fuoco!» aggiunse subito Kamui.
Suki sorrise mentre svoltava l’angolo e frenò bruscamente. Parcheggiò l’Hummer, scese e aprì il bagagliaio. Con un sorriso stampato sul volto, prese il lanciafiamme dall’arsenale e si mise il serbatoio del carburante a tracolla.
Imbracciando l’arma pesante, corse verso la parte anteriore della casa stregata.
Indossava una tuta militare verde infilata in un paio di anfibi. Teneva due cinture di proiettili incrociate sul petto e un’altra attorno alla vita, con una fondina per pugnale e coltello su un fianco. Al collo portava un paio di mostrine con il suo nome e un numero di identificazione.
Il look era completato da una bandana rosso sangue annodata attorno alla fronte, con i capelli sciolti che svolazzavano dappertutto. Sembrava appena uscita da un campo di battaglia, cosa che portava più di un uomo a fissarla.
I proiettili, il coltello e il lanciafiamme sembravano falsi per Halloween, ma nessuno sapeva che erano veri al cento per cento.
«Accidenti, Suki.» sussurrò Kamui, «Non potresti avere un aspetto migliore.»
Lei sorrise verso la telecamera montata sul semaforo all’angolo. «Ti piace?»
«Ci puoi giurare!» esclamò Kamui, «Ma a Shinbe piacerebbe di più.»
«In che senso?». La voce di Shinbe risuonò attraverso il trasmettitore ma Suki lo ignorò, si avvicinò alla porta d’ingresso e la calciò forte, facendola volare indietro con un botto.
«Oh, niente.» disse Kamui con tono innocente, «A meno che non ti piaccia l’idea di Suki in veste da cattiva, che impugna un lanciafiamme e mostra una scollatura da far impallidire una modella.»
Suki ignorò anche lui mentre si addentrava nella casa infestata. Gliel’avrebbe fatta pagare più tardi. Scostando la tenda, superò il demone morto disteso sul pavimento e arricciò il naso quando vide l’altro tagliato a metà.
«Giuro che quei due poliziotti fanno più casini di un bambino di tre anni all’ora di cena.» borbottò. Serrò le labbra quando vide la donna sul tavolo. Attraversando la stanza, notò una porta aperta e un trambusto tremendo che proveniva dall’oscurità sottostante. Imbracciò il lanciafiamme e iniziò a scendere le scale.
«Qui non c’è niente.» disse nell’auricolare.
Kotaro appoggiò Yohji al gradino più basso e si voltò per affrontare la folla demoniaca di fronte a lui. Volendo tenerli lontani dal suo partner, si fece avanti. Era come camminare nella melma, con un odore peggiore.
Sentì un forte dolore alla guancia destra quando uno dei ghoul lo morse, facendogli digrignare i denti. Lo sollevò e lo lanciò addosso agli altri nel tunnel, facendone cadere altri che stavano cercando di entrare nel seminterrato.
Allungando una mano, Kotaro estrasse un coltello a lama lunga dal fodero che teneva nascosto dietro i pantaloni. Alzò il braccio ad arco mentre lo brandiva, perforando la carne dei demoni e facendo schizzare sangue nero ovunque.
Gridò quando un altro gli morse il braccio sinistro, e affondò la lama nella testa del ghoul. Un ringhio feroce gli esplose in gola quando sentì altri tre morsi alle gambe. Estraendo la lama, Kotaro la brandì di nuovo, questa volta decapitando il ghoul più vicino.
Uno scatto e un forte sibilo portarono i mostri a guardare verso la cima della scala, e lui sogghignò.
«Hai portato la salsa barbecue?» chiese alla donna che ora aveva l’attenzione di tutti.
*****
Darious stava nel cortile sul retro della casa infestata con gli occhi chiusi, assisteva alla battaglia e la ascoltava. Lo aveva sfiorato l’idea di attraversare la casa per raggiungere i tunnel sotterranei ma, sapendo che ciò lo avrebbe rallentato, era rimasto fedele al piano originale.
I Guardiani potevano cavarsela da soli... proprio come lo avevano costretto a fare tanto tempo prima.
Allontanando il proprio potere visivo dal seminterrato, mise da parte i sentimenti di odio e le emozioni inutili. Inspirò profondamente, annusando il profumo dei signori dei demoni dietro il caos... l’aveva già sentito prima. Le streghe... gli umani le chiamavano così ma lui sapeva che cos’erano, e quella sera ce n’erano tre in città. Non era una sorpresa, visto che di solito viaggiavano in gruppi di tre.
Avrebbe dovuto ucciderle prima che i ghoul tornassero da dov’erano venuti.
Darious iniziò a camminare quasi con indifferenza attraverso i vicoli secondari della città. Una volta allontanatosi dal centro, i suoni della notte lo circondarono all’istante. Negli angoli bui c’erano demoni nascosti che sputavano e sibilavano il suo nome mentre passava. Lui li ignorò, sapendo di avere un pesce più grande “da friggere” per la vigilia di Ognissanti.
Mentre si avvicinava al cimitero, percepì una presenza fin troppo familiare e ringhiò. Lo infastidiva che si fossero svegliati solo i demoni più deboli, mentre la vera minaccia dormiva da qualche parte sottoterra.
Ciò che lo irritava di più era che non sarebbe mai voluto tornare lì dopo aver letto le pergamene per la seconda volta. Dopo che il monastero era stato distrutto, i monaci erano tornati per ricostruirlo... per poi lasciarlo cadere in rovina dopo essersi resi conto che il terreno era contaminato dal male. Avevano abbandonato quella terra sapendo che era inutile.
E ora, gli umani noncuranti avevano costruito una fiorente metropoli sul cuore del male dormiente.
*****
Kyou era al centro del cimitero e scrutava l’area con attenzione. Aveva sentito gli altri nell’auricolare e, anche se si era divertito un po’, sapeva che il problema non era la casa infestata. Era il cimitero il vero centro dell’attività demoniaca. Non era nella natura di un ghoul abbandonare il proprio rifugio senza che un padrone glielo ordinasse.
Chiudendo gli occhi, Kyou lasciò che i propri sensi si estendessero tutt’intorno e anche sottoterra... cercando il potere che doveva essere lì.
Sentì i morti che diventavano irrequieti nelle loro tombe e capì che quel cimitero era in subbuglio da un po’ di tempo. I morti erano stati disturbati... qualcosa che per i guardiani era un tabù... era inammissibile.
Serrò le labbra, sapendo che la maggior parte delle tombe sotto i suoi piedi erano vuote. Il problema era capire se i corpi erano stati divorati, o se si sarebbero alzati per andarsene in giro. Aprì gli occhi e girò la testa verso l’enorme mausoleo alla sua destra.
Facendosi avanti, Kyou aprì la massiccia porta della cripta, ignorando lo scricchiolio dei cardini. Si rese conto dei danni arrecati e capì perché era stata scelta quella particolare cripta. La famiglia all’interno doveva essere secolare e, non essendoci parenti in vita che se ne prendessero cura, la tomba era stata abbandonata, diventando il luogo ideale per i demoni.