“Penso tu ce l'abbia fatta,” si complimentò Marie con Boo. “Penso che se ne siano andati.”
E sentiva che era davvero così. Allo stesso tempo, però, una parte di lei era ancora inquieta. La sua mente cercava furiosamente di dare un senso a ciò a cui aveva appena assistito. Non si trattava soltanto di convincere la propria mente che ciò che aveva visto era davvero accaduto; ciò che era successo lì dentro avrebbe potuto rimettere radicalmente in discussione la sua visione del mondo. Esistevano forse cose fuori dall'ordine della natura, che l'essere umano non poteva vedere né controllare?
Due vibrazioni dentro la tasca la colsero di sorpresa. Si lasciò sfuggire un piccolo urlo, poi afferrò il telefono e vide che Brendan le aveva scritto due volte mentre il cellulare era spento. Il primo messaggio era arrivato alle 22:30, il secondo alle 0:12. Entrambi erano semplici e andavano dritti al punto: controllare come stesse Marie.
Ehi, ancora viva? diceva il primo.
Nel secondo c'era scritto invece: Sinceramente inizio a essere un po' preoccupato per te. Spero davvero che il tuo cane ti stia proteggendo.
Decise di non rispondere, dal momento che erano quasi le 3:30 di notte. Fissò invece il suo telefono, che adesso funzionava di nuovo come se prima non fosse accaduto nulla, poi piano si guardò intorno.
Aveva assistito al piccolo show di Boo. E, pochi secondi dopo, il suo telefono aveva ripreso a funzionare.
La casa sembrava diversa, meno opprimente, più luminosa, per così dire. Marie lasciò che quella sensazione le scivolasse addosso, poi guardò Boo avanzare verso il soggiorno, raggomitolarsi sul divano e sprofondare in un meritatissimo sonno.
CAPITOLO QUATTRO
Quando il mattino seguente, poco dopo le nove, Marie rientrò a June Manor, gli ospiti che aveva lasciato alle cure di Posey stavano scendendo le scale, pronti a fare il check-out. Fu molto lieta di notare che avevano l'aspetto contento e ben rilassato. Le ci volle un momento per riadattarsi al suo ruolo di proprietaria di bed-and-breakfast, dopo una notte perlopiù insonne trascorsa a osservare il proprio cane scacciare due fantasmi da una casa, ma fece comunque del suo meglio.
Quanto a Boo, trovò immediatamente il suo punto preferito sul pavimento del soggiorno e si sdraiò in tutta tranquillità. Sembrava molto stanco e contento di essere tornato a casa.
Posey stava già per accomodarsi dietro al banco della reception per provvedere alle operazioni di check-out dei clienti. Si trattava di una vecchia coppia di sposi che, volendo passare un po' di tempo lontano dalla città, aveva trascorso in spiaggia la maggior parte della giornata precedente.
“Com'è andata?” chiese Marie recuperando la loro chiave.
“Oh, è un posto adorabile,” disse la moglie. “E la vista sulla spiaggia al tramonto dalla veranda sul retro era straordinaria, proprio da cartolina.”
“E mi piace che questo posto non insegua la modernità a tutti i costi, che non tenti di copiare gli interni di tutte le riviste di design,” aggiunse il marito. “Mi sembra proprio il tipo di posto in cui a ogni angolo potrebbe trovarsi un passaggio segreto. Entrando in soggiorno, per un momento, mi è sembrato di essere a Hogwarts o qualcosa del genere.”
Era esattamente ciò che aveva bisogno di sentire. Non sapeva se fosse appropriato trovare così piacevoli complimenti di questo genere, ma pensò che in fondo andava bene così, visto anche quanto stava faticando June Manor a restare a galla.
“Mi fa così piacere sentirlo,” disse Marie. “Non esitate a raccomandarci ai vostri amici e familiari!”
“Lo faremo di certo,” rispose il marito, mentre insieme alla moglie si dirigeva verso l'uscita. “E lasceremo anche una bellissima recensione online.”
L'incoraggiamento datole dai clienti quasi riuscì a farle temporaneamente dimenticare la bizzarra scena di cui era stata testimone la notte prima. Era anche di buon augurio per il futuro. Una manciata di clienti soddisfatti in giro per lo stato oppure online potevano davvero fare una grande differenza.
Certo, quella speranza la faceva sentire molto meglio, ma non era facile dover accettare che la sua natura scettica stesse iniziando a vacillare a causa di tutto ciò che aveva visto. Per di più, ora doveva anche accettare il fatto che il suo cane era una specie di acchiappa-fantasmi a quattro zampe. Una parte di lei non poteva fare a meno di chiedersi se il suo cosiddetto talento non fosse, dopo tutto, miracoloso. Non aveva forse letto da qualche parte che gli animali, e i cani in particolare, possedevano un sesto senso per certe cose? C'erano cani e lupi che potevano percepire l'arrivo imminente di terremoti. C'erano gatti terapeutici che non solo riuscivano a capire quando qualcuno era malato, ma persino quando era prossimo a esalare l'ultimo respiro.
Dopo essere rientrata in casa per cercare di capire meglio quali fossero i programmi della giornata, Marie trovò Posey in piedi in soggiorno, che la aspettava. “E come è andata la tua notte?” le chiese.
“È stata… strana. Ma non è tanto quella la parola esatta. Non so nemmeno come spiegarlo. E davvero non ho voglia di parlarne. Onestamente, ho solo voglia di mangiare qualcosa per colazione. E magari di fare un pisolino, se riesco. Non si può certo dire che abbia dormito bene.”
“Beh, per la colazione, posso occuparmene io,” disse Posey. “Anzi, se mi segui in sala da pranzo…”
Anziché terminare la frase, si avviò in direzione della cucina, per poi proseguire verso la sala da pranzo. Marie la seguì, guardandosi intorno. Quella precedente era stata la prima notte, da quando si era trasferita, che non aveva dormito in casa. Sentì di aver bisogno di controllare ogni angolo, ogni anfratto, per assicurarsi che tutto fosse andato bene.
“Grazie mille per esserti occupata tu di tutto mentre ero via,” disse Marie.
“Di niente. Non ti sei persa nulla. Benjamin sistemerà la grondaia oggi, la pietra per le aiuole arriverà tra un paio di giorni e la casa è ancora in piedi.” Quando arrivarono nella sala da pranzo, Posey spalancò le braccia teatralmente. “Ecco qua! È tempo di mettere qualcosa sotto i denti, mia cara.”
In un primo momento, Marie rimase confusa. Sul tavolo c'era una dozzina di diverse leccornie da colazione, e una bella porzione di un dolce che aveva tutto l'aspetto e il profumo di una torta alla banana.
“Che cos'è tutto questo?” domandò Marie.
“Volevo provare qualche nuova specialità per la colazione. Immaginavo che non saresti stata d'accordo a farmi usare gli ospiti come cavie, quindi l'onore è tutto tuo. Vuoi accompagnare l'assaggio con del caffè?”
Marie sapeva che non avrebbe dovuto, perché avrebbe rovinato ogni possibilità di fare un pisolino. Ma poteva sentirne l'aroma provenire dalla cucina, e non poté rifiutarlo. “Sì, grazie.”
Si sedette, studiando la vasta gamma di dolci che Posey aveva preparato per lei. C'era quella che sembrava una brioche danese al formaggio, e una frittella con una salsa di colore rosso. Altri erano più difficili da identificare.
Posey arrivò con il caffè e si sedette di fronte a Marie. Immediatamente fece scivolare uno dei vassoi davanti all'amica. “Questo è uno dei miei scone mandorle e vaniglia,” disse tutta fiera. “Di tutto ciò che stai per assaggiare, forse è il mio preferito.”
Marie prese lo scone e lo addentò. Il suo sapore la fece letteralmente sciogliere. Si domandò però se tutto quel bendidio preparato da Posey non fosse sprecato. In fondo non c'erano ospiti in programma nei giorni successivi, e Marie non sapeva nemmeno se Posey avrebbe avuto in futuro l'occasione di cucinare di nuovo del cibo così delizioso per June Manor.
“Posey, ma è squisito!”
“È quello che pensavo anch'io,” affermò la cuoca, avvicinando un bicchiere d'acqua a Marie. “Adesso togliti il sapore di bocca e assaggia quest'altro,” la invitò, passandole un pasticcino cilindrico che sembrava farcito di ciliegie.
Marie lo addentò e, ancora una volta, le sembrò di sciogliersi sulla sedia. “Posey,” disse con la bocca piena di pane, crema e ciliegie. “È incredibile…”
Ed era solo l'inizio. Subito dopo arrivò la frittella con la salsa di lamponi, poi un muffin ripieno di crema al caffè. Marie avrebbe potuto sbafarsi ogni singolo vassoio che Posey aveva preparato, incurante delle flebili proteste del suo stomaco, ormai quasi al massimo della sua capacità.
Tuttavia, non ne ebbe la possibilità. Proprio mentre Posey le stava passando una grossa fetta di torta di banane e noci, il campanello della porta d'ingresso suonò e qualcuno entrò in casa. Nelle ultime settimane, quel suono riusciva a trasmetterle la stessa eccitazione che provava quando riceveva sul telefono il trillo di notifica di una nuova prenotazione ricevuta online. In genere si trattava soltanto di Posey o Benjamin, ma lei sperava sempre che potesse trattarsi di un altro potenziale cliente in cerca di una stanza dove pernottare.
“Torno subito,” disse Marie alzandosi dalla sedia, alquanto triste di dover lasciare tutta quell'abbondanza.
Attraversò il soggiorno e scorse un uomo in piedi accanto alla reception che aspettava paziente e si guardava intorno con attenzione. Fu lieta di vedere che l'uomo sorrideva. Avvicinandosi a lui, lo esaminò rapidamente. Era un uomo di mezza età, abbigliato in modo piuttosto elegante, con una camicia e un paio di pantaloni classici. Non sembrava però serioso, piuttosto il tipo d'uomo che si vestiva sempre così ed era a suo agio in quegli abiti.
“C'è sempre un odore così invitante qui?” chiese l'uomo.
“A volte,” rispose Marie. “La mia cuoca mi stava facendo assaggiare alcune sue nuove creazioni, è questo l'odore che sente.”
“Lei è fortunata.” Sfoderò un gran sorriso, poi fece un ampio cenno verso l'atrio. “Davvero un bellissimo posto.”
“Grazie. E stiamo lavorando per migliorarlo.”
“Ah, ottimo, buono a sapersi. Rende la mia visita ancora più pertinente.” Scosse la testa, come se si vergognasse di sé stesso, poi sospirò. “Mi scusi. Che fine hanno fatto le mie buone maniere? Signorina Fortune, il mio nome è Avery Decker.” Allungò la mano per una stretta e aggiunse: “E sono qui per chiederle un favore incredibile.”
“E di che favore si tratta?” domandò Marie, stringendogli la mano.
“Sono qui per acquistare la sua proprietà.”
CAPITOLO CINQUE
Marie ritrasse immediatamente la mano. Era piuttosto sicura che sarebbe sembrato sgarbato come gesto, ma non gliene importava. Aveva già avuto a che fare con un agente immobiliare insistente prima ancora di avere il tempo di sistemarsi come si deve in casa: una spocchiosa e presuntuosa signora che rispondeva al nome di Stacy Hamlett. Ed eccone un altro, che probabilmente voleva approfittare della situazione disastrosa che si era venuta a creare da quando Marie aveva accettato che June Manor venisse considerato come un luogo potenzialmente infestato.
“Non è un gran favore,” commentò Marie. “Non sono affatto interessata a vendere. Questa casa apparteneva alla mia prozia e l'ho ricevuta in eredità. E, come vede, sto cercando di portare avanti un'attività.”
“Sì, e ne ho sentito parlare. Il bed-and-breakfast sul mare che è infestato dagli spettri, o almeno così si dice, ma forse non davvero,” ironizzò Avery Decker.
“Beh, questo non è proprio corretto da dire, no?”
Decker scrollò le spalle ma era chiaro che non era affatto dispiaciuto di aver detto ciò che aveva detto. Da quel gesto Marie percepì che Decker era molto probabilmente il tipo abituato a parlare alla gente come gli pareva, e che in genere otteneva ciò che voleva.
“Ecco cosa le propongo,” attaccò Decker. “Sono l'ex proprietario di un'impresa edile che vent'anni fa ha fatto buoni affari qui in zona. Negli ultimi cinque anni, sono diventato una specie di promotore immobiliare e ho adocchiato questa casa da parecchio tempo. Neanche la proprietaria precedente era esattamente entusiasta all'idea di vendermela.”
Marie sorrise pensando alla zia June che diceva esplicitamente a quest'uomo di togliersi dai piedi. “Quindi mi sta dicendo che lei compra case, le rivolta come un calzino, poi le vende.”
“È una descrizione rozza e semplicistica, ma sì… il nocciolo è questo. E, inutile dirlo, sono disposto a pagare profumatamente.”
“Non sono interessata.”
“No?” disse Decker, con un largo sorriso, come se fosse pronto a giocare a quel gioco per tutto il giorno. “Ne è sicura? Non cerchi di vendermi un quadro più roseo di quanto non lo sia davvero. Non mi pare affatto che la sua attività se la passi granché bene. Posso alleggerirla di questo fardello.”
“Non è un fardello,” protestò Marie, facendo del suo meglio per non perdere la calma.
“La prego… mi faccia lei un prezzo,” continuò Decker, imperterrito. “Capisco il lato sentimentale, certo, ma conosco anche gli affari e il valore del denaro. Quindi, non faccia complimenti. Mi proponga lei un prezzo.”
Marie appoggiò i gomiti sul banco della reception e lo guardò fisso negli occhi. Voleva fargli capire che lei, a differenza degli altri, non si sarebbe lasciata intimorire. “Dieci milioni di dollari,” sparò.
Decker scoppiò a ridere e si batté una mano sulla gamba. “Signorina Fortune, sa benissimo che è una cifra assolutamente ridicola.”
“Non più ridicola di un perfetto sconosciuto che si presenta in casa mia, nella mia attività, pensando di farmi un favore a comprare la mia proprietà quando non ho assolutamente intenzione di vendere.”
“Suvvia, signorina Fortune, possiamo farci un bel gruzzolo sia io che lei se…”
“Non sono interessata.”
“Guardi, conosco già quattro potenziali acquirenti con le tasche piene di s…”
“Non. Sono. Interessata.” Fece un respiro profondo, cercando di dissipare la rabbia. “Detto questo, ho altre cose a cui badare. Quindi, se vuole scusarmi…”
Decker aveva toccato un punto dolente, ma Marie rifiutava di arrendersi così facilmente. Quando allungò la mano per indicare la porta, finalmente l'uomo schiodò, scuotendo la testa ma senza perdere il suo ampio sorriso dalle labbra. Mentre avanzava verso la porta, di spalle volle aggiungere un'ultima cosa. “Si ricordi il mio nome tra sei mesi, quando starà annegando nei debiti e l'attività starà per andare a gambe all'aria. Forse allora mi potrà convincere a comprarla.”
Poi subito chiuse la porta, per assicurarsi di aver avuto l'ultima parola. Rimasta sola, Marie imprecò sommessamente, portandosi una mano davanti alla bocca. Non era mai stata così rude con nessuno in vita sua. Certo, Avery Decker se lo era meritato, ma era un sentimento che non le era per niente familiare.
Rimase lì impalata per qualche secondo, fissando la porta d'ingresso e cercando di calmarsi. Proprio mentre si allontanava dal banco della reception per tornare nella sala da pranzo e concentrarsi nuovamente sull’assaggio dei dolci di Posey, sentì un rumore di passi, rapidi e pesanti, provenire dal piano di sopra.
Pensò immediatamente ai fantasmi, ma questi passi erano molto più presenti. Più reali. Sentì che si avvicinavano alle scale, per poi iniziare a scenderle. Marie scacciò infine ogni ipotesi paranormale: era soltanto Benjamin. Solo che sembrava un po' spaventato e confuso.
“Dov'è il tuo ospite?” domandò.
“L'ho cacciato via. Tutto bene, Benjamin?”
“Sì. Ma… Credo che di sopra ci sia qualcosa che devi vedere.”