La Vicina Perfetta - Блейк Пирс 4 стр.


Si infilò sotto la doccia e aprì l’acqua completamente fredda. Si assicurò di strofinare ogni centimetro della sua pelle, rifiutandosi di fare frettolosamente e di rabbrividire. Quando ebbe finito, si asciugò e indossò il suo completo preferito. Questa era una giornata importante e lui voleva apparire al meglio.

Aveva mantenuto un basso profilo da quando era uscito di prigione, pianificando le basi per i suoi imminenti programmi senza attirare troppo l’attenzione su di sé. Ma tutto questo sarebbe cambiato oggi. Questo era l’inizio del suo re-inserimento pubblico, del suo re-inventarsi. Era cruciale per il piano generale e doveva andare bene. Sentì una strana sensazione allo stomaco e alla fine la identificò come nervosismo.

Il programma della giornata era piuttosto fitto. Anche se il giudice aveva chiuso il suo caso, Kyle doveva comunque incontrare un ufficiale di sorveglianza due volte alla settimana. Non era un problema. La presenza a queste sessioni avrebbe portato i suoi vantaggi quando il suo personaggio sarebbe stato inevitabilmente interrogato in futuro.

Dopo quell’appuntamento, aveva un incontro con la fondazione che aveva recentemente fondato, la WCP, che stava per ‘Wrongly Convicted Project”: progetto per detenuti incarcerati per errore. Devolveva fondi alle associazioni che fornivano supporto legale ai prigionieri che lottavano contro false accuse. Questo permetteva a Kyle anche si eseguire delle furbe magie contabili, che alla fine avrebbe utilizzato per aiutare gli amici che si era fatto dietro alle sbarre.

Dopodiché, aveva un’intervista con un notiziario locale riguardo alla fondazione. A seguire avrebbe incontrato un esperto di relazioni con i media che gli stava insegnando come concentrarsi sulla fondazione senza trovarsi incastrato in spiacevoli conversazioni sul motivo per cui era stato condannato lui stesso e tutto quel casino con Jessie. Quello sarebbe stato il suo primo tentativo di navigare quelle acque tumultuose.

Una volta terminata l’intervista con il notiziario, aveva un altro colloquio di diverso genere. Doveva incontrare una ditta di gestione finanziaria con base alle porte di Rancho Cucamonga, poco distante dalla sua residenza di Claremont. Si era trasferito nell’affascinante cittadina universitaria, una cinquantina di chilometri da Los Angeles, in modo che nessuno potesse credibilmente accusarlo che stesse tentando di intimidire la sua ex moglie. E se il colloquio fosse andato bene (i suoi amici di Monterrey gli avevano assicurato di sì), avrebbe ottenuto un’approvazione di legittimità che sarebbe stata cruciale per il lavoro che aveva programmato per le settimane e i mesi a venire.

Aveva bisogno della credibilità che derivava da una posizione stabile in una ditta di tutto rispetto. E anche se non gli piaceva ammetterlo, gli servivano pure i soldi. Si era costruito un bell’impero prima di quella cosa dell’omicidio. Ma il divorzio da Jessie e la sua difesa legale avevano prosciugato buona parte delle sue risorse. Aveva ancora accesso a dei fondi che aveva saggiamente tenuto nascosti durante il matrimonio. Ma non bastavano per portare avanti la fondazione, supportare lo stile di vita che voleva e finanziare la totale distruzione del mondo della sua ex moglie. Aveva semplicemente bisogno di un maggiore reddito.

Stava finendo di fare colazione quando suonarono alla porta. Controllò la videocamera di sicurezza usando il telefono e vide che era l’agente addetto alla sorveglianza, cosa che non era poi un totale shock. Lo avevano avvisato che le visite fuori programma a casa non erano rare e di tenersi pronto.

“Salve, signor Salazar,” disse, aprendo la porta. “Pensavo che dovessimo trovarci in ufficio da lei alle nove. Non vedeva l’ora, eh?”

“È al corrente del fatto che le visite domiciliari non programmate sono permesse, signor Voss?” chiese Salazar con tono secco.

“Certamente,” disse Kyle come se si fosse aspettato quella domanda. “Immaginavo proprio che dopo tanti viaggi nel suo ufficio, a un certo punto avrebbe ricambiato il favore. Stavo giusto finendo di fare colazione. Le posso offrire qualcosa? Caffè? Faccio delle uova strapazzate con formaggio che sono micidiali.”

“No, grazie. Non ci vorrà molto. Volevo solo vedere quali fossero i suoi programmi per la settimana per assicurarmi che tutto sia conforme agli obblighi predisposti dalla corte.”

“Certamente,” disse Kyle calorosamente, voltandosi e ritornando in casa. “Il mio calendario è in cucina.”

Salazar lo seguì con cautela. Kyle continuò a comportarsi come se fossero vecchi amici che facevano due chiacchiere, versando all’uomo una tazza di caffè e posandola sul tavolo davanti a lui. Salazar, nonostante l’iniziale rifiuto, ne prese un sorso.

Kyle spiegò dettagliatamente all’uomo l’itinerario che aveva ripassato mentalmente solo pochi istanti prima, senza accennare a qualche dettaglio, ovviamente. Nel giro di pochi minuti capì che Salazar era soddisfatto, ma continuò comunque, esponendo ogni singolo appuntamento della settimana. Lo scopo era di presentarsi così disponibile al punto che Salazar non sentisse la necessità di un’altra visita domiciliare a stretto raggio di tempo.

Funzionò. Meno di dieci minuti dopo, l’agente se ne stava andando, portandosi dietro una tazza di caffè da asporto e un contenitore di plastica con le uova al formaggio su cui aveva cambiato idea.

“Ci vediamo venerdì,” ricordò a Kyle. “Nove in punto nel mio ufficio.”

“Non vedo l’ora.”

Cinque minuti dopo era fuori dalla porta anche lui. Montò in auto e salutò gli agenti dell’FBI parcheggiati dall’altra parte della strada, dove si piazzavano di tanto in tanto da quando si era trasferito lì. Ripassò mentalmente il programma. Sapeva che tra tutti gli incontri e le interviste, sarebbe stato difficile organizzare la distruzione metaforica e fisica di Jessie Hunt. Ma era fiducioso di riuscirci. Dopotutto aveva già gestito quello che poteva rivelarsi un crollo quasi totale della sua carriera da dietro le sbarre.

Con la formidabile assistenza del cartello della droga Monzon con base a Monterrey, aveva coordinato ogni genere di incubo per Jessie. Era partito dalle piccole cose, chiedendo ai soldati del cartello di tagliarle i copertoni dell’auto. Poi era passato al nascondere le pillole, a fare chiamate anonime ai servizi sociali suggerendo che abusasse di sua sorella e, meglio di tutto, hackerare le sue pagine social e postare commenti razzisti. Quel colpo stava mostrando i suoi strascichi ancora adesso e la persona della sua ex moglie non era vista di buon occhio da tanti a Los Angeles, anche dopo che era stata tecnicamente esonerata.

Il cartello lo stava aiutando ad assicurare che ci fossero ancora delle proteste fuori dalla centrale dove lei lavorava. C’era in programma che la sua macchina venisse presto marchiata con dei graffiti. E poi sarebbe iniziato il meglio.

Prima ci sarebbe stata l’eliminazione di quelli che le stavano più vicini. E poi, quando si fosse trovata nella condizione più emotivamente vulnerabile, sarebbe andato da lei e avrebbe fatto quello che sognava da anni. All’inizio aveva pensato di squartarla e guardare il suo volto riempirsi di orrore mentre le tirava fuori gli organi e li bruciava davanti a lei. Ma ora aveva in mente qualcosa di effettivamente peggiore. La vendetta sarebbe stata stronza, per quella stronza.

CAPITOLO CINQUE

Jessie mangiucchiava nervosamente il suo muffin.

Mentre sedeva al Nicker Diner sulla South Main Street e aspettava l’arrivo di Garland Moses, aveva la strana sensazione che qualcuno stesse tradendo l’altro. Di solito lei e Ryan lavoravano insieme. Ma Ryan aveva indagato su un caso la sera precedente insieme a Garland a Manhattan Beach. La loro coalizione era una sorta di violazione personale? Lo era questo incontro per la colazione mattutina? Sapeva che logicamente era un pensiero ridicolo. Eppure la sensazione era persistente.

Garland finalmente entrò nel locale alle 8.30, una mezz’ora precisa di ritardo sull’orario che avevano concordato per il loro incontro. I suoi capelli bianchi sembravano ancora più arruffati e scombinati del solito. Gli occhiali bifocali parevano essere pericolosamente in bilico sul suo naso, pronti a cadere da un momento all’altro. Non alzò neppure lo sguardo mentre si dirigeva al tavolino che Jessie sapeva essere il suo preferito.

Jessie incrociò lo sguardo del cameriere e gli fece cenno di portare del caffè per il nuovo avventore, che sembrava averne bisogno. Dopo essere stata alzata fino a tardi, anche lei avrebbe avuto quella faccia, e aveva trent’anni, non settantuno.

“Nottata intensa?” gli chiese mentre lui si sedeva.

Garland le sorrise mestamente.

“Sono stato su ben oltre il mio solito orario per coricarmi,” ammise. “Come sono sicuro possa attestare anche il tuo ragazzo. Avrei davvero bisogno di un buon caff…”

Smise di parlare quando in quel momento una tazza piena venne posata sul tavolino davanti a lui.

“Mi ha letto nel pensiero,” disse al cameriere, che a sua volta indicò Jessie.

“A dire il vero è stata lei.”

“Questa è profilazione di qualità,” disse, prendendo un sorso dalla tazza.

“Questa non è profilazione, Garland. Sapere che vuoi un caffè quando entri qua dentro è come sapere che il sole sorge a est.”

“Grazie lo stesso,” le disse.

“Com’è andata ieri notte?” gli chiese.

“Hernandez non ti ha raccontato?”

“Stava uscendo quando mi sono alzata. Non ha voluto svegliarmi, continua a dirmi di riposare e roba del genere.”

“Magari dovresti dargli ascolto,” suggerì Garland provocatorio. “Ti stai riprendendo da ustioni multiple, una concussione e ossa ammaccate.”

“Stai cercando di fare il simpatico, Garland?” gli chiese. “Perché se la risposta è sì, ti dico che faresti bene a concentrarti sul tuo lavoro quotidiano, che a quanto pare ora è diventato anche lavoro notturno.”

“Non cercare di cambiare argomento,” ribatté Garland. “So che stai tentando di tornare al lavoro prima di quanto vogliano i medici, e non dovresti farlo. Aspetta che il tuo corpo sia pronto.”

“Come fai a sapere che sto tentando di tornare al lavoro prima?” gli chiese.

“Facile,” le rispose con un sorriso malizioso. “Ogni volta che ti pieghi o ti giri, ti irrigidisci un poco, cosa che mi fa capire che stai prendendo una dose più bassa di antidolorifici, rispetto a quella prescritta. E poi continui a spingerti in avanti come una scolaretta preoccupata che la suora di turno le sbacchetti le mani per essere stata a ciondolare sul banco.”

“Cosa c’entra tutto questo?”

“Hai paura di appoggiarti con la schiena alla sedia, perché è ancora dolorante. Quindi hai adottato la postura più composta che abbia mai visto al di fuori di un romanzo di E.M. Forster.”

Jessie scosse la testa, tanto frustrata quanto stupita.

“È quasi come se lo facessi per lavoro.”

“I complimenti li trovi dappertutto,” le disse sorseggiando ancora il caffè. “Ma dico sul serio. Dovresti andarci piano finché puoi. E poi stare alla larga dalla scena pubblica potrebbe contribuire alla scomparsa degli ultimi sprazzi derivanti da quei post razzisti.”

“I post che non ho scritto io?” gli ricordò Jessie.

“Non è questo il punto,” le disse con tono rassegnato. “Per quante prove tu possa offrire che il tuo account ha subito l’attacco di un hacker, alcune persone sono ancora intenzionate a pensare il peggio di te.”

“Quindi pensi che dovrei starmene nascosta fino a che la gente si dimenticherà di pensare che sono razzista?” gli chiese scettica.

Garland sospirò ma non abboccò all’amo.

“Magari fai quello che sta facendo la tua amica Kat,” le suggerì.

L’amica di Jessie, la detective privata Katherine ‘Kat’ Gentry, stava attualmente seguendo una completa riabilitazione neurologica alla Clinica Mayo di Phoenix. Era stata insieme a Jessie durante il salvataggio della donna rapita nella casa in fiamme. Entrambe avevano subito delle concussioni per l’esplosione di una bomba sulla scena.

Per Kat, che aveva prestato servizio come ranger dell’esercito in Afghanistan e si gloriava di ignorare le proprie cicatrici, sia esterne che interne, era stata almeno la sesta esplosione della sua carriera. Alla fine aveva accettato di farsi dare una controllata quando i mal di testa e i fischi alle orecchie non si erano placati ancora dopo due settimane piene. Sarebbe stata in Arizona per cinque giorni per tornare proprio quel fine settimana.

“Kat è una veterana dell’esercito che deve gestire disturbi post-traumatici da stress, ferite da esplosivo e probabilmente encefalopatia traumatica cronica,” gli spiegò Jessie. “Io sono solo una tipa che si è beccata un paio di scottature.”

Garland sorrise con fare paterno.

“Bella zuppa di terminologia medica, Jessie. E sebbene sia vero che la tua amica sta gestendo delle problematiche potenzialmente gravi, lo stai facendo anche tu. Hai subito numerose concussioni, nel tempo. E hai più cicatrici – fisiche ed emotive – di molti soldati. Quanti di loro sono stati torturati dal loro stesso padre dopo averlo guardato assassinare loro madre?”

“Probabilmente qualcuno,” rispose bruscamente Jessie con tono sarcastico.

“E quanti di loro si sono trovati coinvolti in una lotta per la vita e la morte con lo stesso padre? E hanno poi ucciso il suo seguace serial killer? E hanno avuto uno scontro con l’ex marito assassino sociopatico? E…”

“Ho capito, Garland,” lo interruppe Jessie.

Rimasero seduti un momento in silenzio.

“Sto solo dicendo che devi prenderti cura di te. Se non lo vuoi fare per il tuo benessere personale, pensa alla tua sorellina e a quell’affascinante detective che ami. Quelle relazioni soffriranno inevitabilmente se tieni il piede schiacciato sull’acceleratore tutto il tempo. Prenderti cura di te ti aiuta a prenderti cura di loro.”

Jessie annuì, prendendo un altro morso del muffin a cui non era più interessata.

“Ho notato che anche tu hai cambiato argomento,” gli disse.

“Cosa?”

“Il caso? L’avete risolto?”

“A momenti,” le disse sarcasticamente.

“Pensate di dirmi qualcosa riguardo a questo caso o no?” chiese irritata.

“Donna morta trovata nella casa di un vicino,” le disse senza mezzi termini. “Abbiamo eliminato il marito, cosa che mi ha deluso perché è davvero una persona sgradevole. Mi sarebbe piaciuto un sacco inchiodarlo come colpevole. Ma almeno significa che non dovrò più interagire con lui. Era come un’ulcera che parla e cammina.”

“Che altro?” chiese Jessie.

Lui la guardò con espressione strana, come se volesse chiederle qualcosa ma non sapesse come affrontare l’argomento.

“Ti consideri un’esperta di moda?” le domandò alla fine.

Jessie non si era aspettata questa domanda.

“So vestirmi,” disse. “Ma se intendi sapere se ho un abbonamento a Vogue, no. Perché?”

Garland fece per parlare, ma poi si interruppe, e prese invece un sorso di caffè.

“Tutto qua?” gli chiese Jessie. “Non hai intenzione di spiegarmi?”

“Non penso,” le disse. “Ho già detto più di quanto avrei dovuto. Ho paura che qualsiasi altra cosa ti dica sarebbe come miele per le api e poi ne vorresti sempre di più. Devi rimetterti in sesto e non voglio mettere a repentaglio la tua ripresa. Se vuoi davvero i particolari, vai ad assillare Hernandez.”

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