Era possibile che la sua riluttanza avesse più a che fare con il fatto che l’uomo non era umano. Era un mannaro. Una specie di gatto, non lupo, ma come Barrett Miller e Mark Jared, trasformato, non nato.
Doveva essere difficile vivere all’interno dei confini cittadini di Austin. I texani potevano scambiare il profilo indistinto di un lupo per un cane, ma in nessun modo avrebbero scambiato un grosso gatto selvatico per un randagio.
Cane, gatto, lupo, a Rafe non importava. Lui provava un odio scatenato per tutti i mostri. Almeno, così sembrava.
Strano, riflettendoci.
Rafe, come me, non era del tutto umano. I mostri erano definiti da più della loro mancanza di umanità. I mostri davano la caccia agli umani, e le persone come Rafe, le mie sorelle e me proteggevano l’umanità. Detto ciò, noi non eravamo umani ma nemmeno mostri, bensì una via di mezzo.
Pur non essendo interamente umano, lui mostrava un’interessante propensione per i casi che coinvolgevano crimini commessi contro gli umani. Personalmente, a me non piaceva alcun tipo di creatura, bestia o essere che uccideva, indipendentemente dal tipo di vittima.
Quali che fossero i problemi di Rafe, lui aveva ceduto il fascicolo del mannaro felide scomparso. Non ero sicura che sarebbe stato d’aiuto, purtroppo. Pur considerando la potenziale quarta vittima, non vedevo il collegamento.
Era il momento di chiamare Barrett Miller e di conoscere i retroscena di cui lui era stato così avaro. Fottuto dilettante. Stava soltanto ritardando l’indagine con le sue cocciute stronzate.
Già, la mia pressione sanguigna stava già salendo solo al pensiero di dover avere a che fare con lui.
Avrei affrontato Miller dopo pranzo.
Non volevo avere a che fare con quell’arrogante stronzo a stomaco vuoto. Portava la mia fame a un livello completamente nuovo.
Motivo per cui, quindici minuti dopo, avevo finito col camminare lungo South Congress. Il piccolo spazio, uso ufficio, che avevo affittato era grande abbastanza solo per Eric e me, in tutto una trentina di metri quadri, e decisamente non era abbastanza grande per ospitare una cucina. Il nostro mini-frigo a malapena aveva spazio per le bevande. Inoltre, io non ero esattamente il tipo di persona che si porta la borsa col cibo, che ci sia spazio nel frigo oppure no.
A metà strada tra l’ufficio e la mia panineria preferita, l’avevo sentito; un formicolio alla nuca.
Sebbene l’avessi riconosciuta, non era una sensazione che sperimentavo con una certa frequenza. Io ero la predatrice, non la preda. Come cacciatrice di mostri, il mio lavoro era dare la caccia ai mostri e ucciderli.
Il terrore della notte aveva paura di me.
Quale creatura aveva le palle per darmi la caccia in pieno giorno?
Mi ero rifugiata in un autosilo. Se qualche stupida creatura voleva darmi la caccia, chi ero io per negarle la oh-così-breve gioia di pensare di avermi messa all’angolo?
Mentre sgattaiolavo tra le auto e stavo accovacciata in attesa, riflettevo sul mio attuale carico di lavoro.
Avevo sette casi aperti, tutti di Classe C, riguardanti creature inferiori che non avrebbero osato gironzolare per le strade alla luce del giorno. Di sicuro, niente che potesse vedermi come una vulnerabile, potenziale vittima.
L’unica eccezione, il mio caso di più alto livello, era Mark Jared.
“Non per interrompere la tua meditazione quotidiana, ma hai un momento?” aveva chiesto Miller, dietro di me.
Barrett Miller si era avvicinato di soppiatto a me.
Ma. Che. Cazzo.
Mi aveva colto di sorpresa.
Mi ero fatta cogliere di sorpresa.
Ed ero ancora accovacciata tra due auto in un autosilo. Avevo teso la mano, aspettando che lui mi tirasse su in piedi.
“Ti sembro completamente insensato?” era stata la sua risposta alla mia mano protesa.
Avevo dovuto ricacciare indietro il sorriso che mi tirava le labbra. Non mi sarei lasciata divertire dall’uomo sexy che vedeva attraverso di me. Perché avevo immaginato quello scenario assolutamente con lui a terra e io in piedi.
“Sei qui per darmi i retroscena su Mark?” avevo detto mentre mi alzavo fluidamente in piedi senza aiuto. Come se avessi avuto bisogno di aiuto per rimettermi in piedi.
“Sono qui per portarti a pranzo.”
Lo avevo fissato. Adesso aveva ripreso a farmi incazzare.
“E per darti i retroscena su Mark. Hai qualcosa contro il sederci per mangiare?”
Condividere un pasto con questo tizio sarebbe un errore. Non socializzavo con i mostri, nemmeno con quelli che non avevano ancora superato il limite.
“Possiamo camminare e parlare. C’è una panineria dietro l’angolo.” Mentre lui si spostava per camminare al mio fianco, avevo aggiunto, “Ti spezzerò le dita se mi tocchi.”
“Non mi aspetterei niente di meno.” Le parole erano giuste, ma il tono era del tutto sbagliato.
Non c’era paura. Nessun rispetto.
Lo avevo guardato sospettosamente, ma lui non aveva cercato di toccarmi. Molto bene. Rafe detestava quando i donatori avevano dita rotte… e altre cose rotte.
“Mark era in un gruppo di supporto.”
“Cosa?” Ero davvero deconcentrata.
Questo fottuto licantropo stronzo mi aveva scombussolato il corpo e il cervello. Non stavo affatto seguendo la conversazione.
“Dopo che Mark è stato trasformato in un licantropo, l’ho inserito in un gruppo di supporto. Siamo stati entrambi trasformati dal medesimo licantropo, ma a qualche mese di distanza. Usavo questo gruppo di supporto per mettere la testa a posto, così ne ho parlato a Mark.”
Mi ero fermata e mi ero voltata per guardarlo. “Per mettere la testa a posto.”
“Per controllare la bestia,” aveva risposto senza esitazione, come se fosse una semplice constatazione dei fatti.
Come se fosse possibile controllare la bestia. Nessun mannaro controllava completamente la bestia, ecco perché il mostro-in-attesa.
D’accordo, quella era una bugia, e non c’era niente di peggio di un bugiardo. Non tolleravo che gli altri fossero meno che sinceri con me, per cui dovevo attenermi a quel medesimo standard.
Alcuni licantropi controllavano la bestia.
Ma non molti.
E… “Con un gruppo di supporto?”
Lui mi aveva restituito lo sguardo, un’espressione soave sul viso. Era la prima volta che permettevo a me stessa di vedere veramente i suoi occhi. Nocciola. Chi conosceva mostri-in-attesa con gli occhi nocciola? Prima d’allora non mi ero mai preoccupata di notare il colore degli occhi di un mostro.
“Hai problemi con i gruppi di supporto?” Di nuovo quell’espressione soave.
Come se i mostri partecipassero abitualmente ad attività affettive come i gruppi di supporto.
A parte il fatto che lui non era un mostro. Non ancora.
“Mi stai infinocchiando.”
“No.” Si era girato di nuovo verso il marciapiede e aveva continuato a camminare.
Avevo alzato gli occhi al cielo – perché un gruppo di supporto? – e lo avevo seguito. “D’accordo, sei entrato in questo… gruppo per mettere la testa a posto, lo hai consigliato a Mark e poi?”
“E poi lui li ha uccisi tutti. Tutti tranne uno.”
Cos’era quella strana sensazione? Indigestione?
No, perché non avevamo ancora mangiato.
Merda, sapevo cos’era.
Figlio di una fottuta puttana. Questo tizio mi aveva decisamente destabilizzata, perché quella sensazione? Era compassione.
Stavo provando della fottuta compassione.
Avevo mandato giù i miei sentimenti – porca merda, ero così scombussolata – e fatto il mio lavoro. “Perché cazzo avrebbe dovuto farlo?”
Barrett Miller si era fermato e mi aveva guardata. “Penso che, probabilmente, non volesse mettere la testa a posto.”
Barrett fottuto Miller mi aveva piantata.
Mi aveva detto che l’ultimo membro del gruppo di supporto era nascosto da qualche parte, e pensava che il prossimo bersaglio probabilmente sarebbe stato lui.
Poi aveva detto non importa riguardo al pranzo, e poi si era tolto dalle palle per andare chissà dove.
Beh, in realtà non chissà dove. Era andato a casa. Aveva detto che non era preoccupato di essere aggredito durante il giorno, perché la bestia era più forte di notte. Quella era la notte in cui il suo buon amico Mark sarebbe stato più sensibile agli impulsi bestiali.
Avevo il suo indirizzo, e si presumeva che mi facessi vedere a casa sua prima che fosse buio.
A me quello sembrava un mucchio di stronzate.
Dovevo scavare un po’ in questo gruppo di supporto, ma non appena avessi finito con quello, avevo pianificato di andare a casa di Barrett Miller per assicurarmi che non si facesse uccidere.
Oppure Barrett Miller diceva cazzate e non aveva messo affatto la testa a posto. Se era così, il killer poteva essere lui.
Oppure poteva essere pericoloso quanto Mark Jared se i due avessero regolato i conti, soccombendo alla sua bestia e uccidendo chiunque lo avesse fatto incazzare – o avesse anche solo incrociato il suo cammino – mentre lui era in preda al desiderio di sangue.
Dopo aver preso il mio panino – perché, fanculo Barrett Miller, ero ancora affamata – lo avevo mangiato mentre rientravo in ufficio.
E non avevo pensato al fatto che Barrett non stava causando un ritardo non necessario nella mia indagine, perché sapeva chi sarebbe stata la prossima vittima (lui stesso) e aveva già preparato una trappola.
E non avevo pensato al fatto che se fosse successo che aveva messo la testa a posto, quello significava che lui non era uno dei mostri.
E sicuramente non avevo pensato al fatto che all’improvviso potesse fare parte di una categoria del tutto nuova: l’imminentemente scopabile.
Una volta tornata in ufficio, Eric e io ci eravamo messi al lavoro.
Avevamo scoperto che le tre persone morte non erano affatto umane. Rafe si sarebbe incazzato quando lo avesse saputo. Primo, l’amministrazione gli avrebbe fatto una lavata di testa per aver fatto un lavoro di merda con i fascicoli, e secondo, Rafe avrebbe odiato a vita il fatto che eravamo stati coinvolti in un crimine mostro-contro-mostro.
Rafe poteva andare a farsi fottere. Le persone che erano state uccise avevano fatto tutto il possibile per restare aggrappate alla loro umanità. Per contenere e controllare la bestia che avevano dentro.
E da quello che potevo vedere, avevano fatto un lavoro fottutamente decente.
Un succubo aveva aperto un centro di meditazione. Lei si nutriva, a piccole dosi, dai clienti in meditazione. E in realtà non potevo biasimarla, perché aveva bisogno di energia per vivere e da qualche parte doveva pur prenderla. Le sue azioni non erano così diverse da quelle dei vampiri, che sorseggiavano e non uccidevano mai, e ormai avevano ottenuto un lasciapassare sociale da decenni.
Una sirena e un kappa si erano auto-isolati, limitando quindi il loro accesso alle vittime.
E il gatto mannaro scomparso. Non c’erano stati attacchi da parte di grossi gatti nel raggio di quattro ore d’auto nel corso degli ultimi sei mesi, quindi o lui era andato più lontano oppure si teneva sotto controllo.
Avevo sospirato.
“Già, è abbastanza pazzesco che fossero tutti insieme in un gruppo di supporto, eh?”
Avevo annuito.
“Ma sembrava che, forse, funzionasse, giusto?” Eric sembrava sconcertato da quel pensiero, come lo ero io.
“Già.”
Le implicazioni erano… interessanti. Promettenti. Ma quali che fossero le ramificazioni a lungo termine – e il potenziale cambiamento verso la mia visione del mondo – le prove supportavano la conclusione che Barrett, probabilmente, stava dicendo la verità.
Un’altra vittoria per il mio rilevatore di bugie interno. Perché per quanto non gli credessi, non pensavo nemmeno che stesse mentendo.
C’erano voluti alcuni secondi prima che la mia accettazione si facesse strada tra alcuni anelli logici.
Barrett Miller non era il killer.
L’idiota si era preparato a fare da esca.
Peggio, Jared avrebbe trovato uno scoglio particolare nell’uccidere Miller se si fosse reso conto che il suo amico lo braccava e aveva tolto la sua prossima vittima dalla strada del pericolo.
Uno scoglio probabilmente abbastanza difficile da spingerlo a rompere il suo schema e attaccare durante il giorno.
“Merda. Devo andare a casa di Barrett.”
“Già. È una buona idea. Quel tipo è un bersaglio facile.”
Avevo guidato velocemente, perché Barrett fottuto Miller mi preoccupava.
Era solo metà pomeriggio quand’ero arrivata.
Molto prima delle altre aggressioni, eppure ancora…
Barrett viveva in un vecchio quartiere con strade dove c’erano parcheggi sul davanti e non molti parcheggi sul retro.
Avevo appena chiuso l’auto e mi stavo dirigendo alla porta principale quando l’avevo percepito. Un formicolio alla nuca. Simile a quello che avevo percepito quando prima Barrett mi aveva seguita fuori dal mio edificio… ma diverso.
Malevolo.
Huh. Suppongo che prima mi fosse sfuggita con Barrett. La mancanza di intento malevolo. Quel tizio mi aveva davvero mandato fuori fase.
Ma ora avevo percepito il distinto formicolio del presentimento del pericolo.
Ero pronta per Mark Jared.
Piuttosto pronta.
Ero pronta nel senso che ero sempre pronta per un po’ di corpo a corpo, per quattro salti.
Ma… non mi aspettavo esattamente che questo coglione mi attaccasse in pieno giorno, sul prato anteriore di Barrett, in totale modalità mostro.
I mostri sapevano che, per sopravvivere, dovevano nascondersi.
A Mark Jared mancava quel particolare promemoria per mostri.
Aveva assunto la sua forma bestiale per attaccare, e quello voleva dire artigli e zanne. Ma aveva anche un coltello, quindi per me sarebbe stato un fottuto divertimento.
Con un attacco a tre punte – zanne, artigli e coltello – avevo bisogno di distanza e di una pistola.
Fortunatamente per me – fottuta fortuna, più che pianificazione – avevo una pistola con me. Non così fortunatamente; sebbene un licantropo in forma bestiale avesse riflessi più lenti dei miei, poteva coprire una distanza maggiore.
Avevo estratto la mia arma mentre indietreggiavo, poi avevo fatto fuoco, ma ero riuscita soltanto a sparare tre colpi prima che lui fosse su di me e mi strappasse via l’arma, allontanandola.
Tre colpi non letali. Avevo bisogno di un’arma da fuoco fottutamente più grossa.
Avevo intrappolato vicino al suo corpo la mano con il coltello, ma potevo soltanto evitare per un po’ l’altra mano con l’artiglio e le zanne. Aveva un vantaggio su di me, di stazza e di forza.
Stavamo facendo una danza, lui usando i denti, gli artigli e il coltello, mentre io evitavo tutti e tre e puntavo alle sue ferite, quando avevo sentito la voce di Barrett che aveva gridato, “Mark!”
Con la bestia distratta per una frazione di secondo, ero riuscita a dargli un robusto colpo su una ferita gocciolante sul torso.
Poi se n’era andato.
Più interessato a fare a pezzi l’uomo che aveva cercato di aiutarlo che preoccupato di una come me.
Con un occhio al confronto in corso soltanto a pochi metri da me, ero scattata verso l’auto per prendere l’arma di riserva.
Ero riuscita a malapena a sbloccare la portiera quando lo avevo sentito. Il caratteristico suono scricchiolante di un collo spezzato.
La vista e l’udito non erano d’accordo. Le prove fornite dai miei occhi e dalle mie orecchie erano in diretto conflitto l’una con l’altra.
I miei occhi avevano visto il corpo umano intero di Barrett ancora in piedi. I suoi vestiti erano ancora intatti, e lui non sembrava ferito.
E i miei occhi avevano visto il corpo floscio di Jared cadere a terra. Poiché era ritornato in forma umana, sapevo che era morto.