Poi, con una scusa, gli chiese di scendere nel pozzetto a prendergli la carta nautica. Aleksej rimase per un attimo perplesso, insospettito da quellinsolito comportamento amichevole, ma decise comunque di attenersi alle sue istruzioni.
Scese nel pozzetto, aprì il bigliettino e ne lesse il contenuto con un misto di curiosità ed eccitazione.
«TUO NONNO TI ASPETTA QUESTA SERA ALLE 20. CATTEDRALE DELLARCANGELO MICHELE. MI OCCUPERO» IO DI IRINA. GETTA IL BIGLIETTO IN MARE».
Aleksej era raggiante. Finalmente nonno Andrej era riuscito a mettersi in contatto con lui.
La prima volta che aveva conosciuto Skubak non gli aveva fatto una buona impressione e nella settimana in cui avevano frequentato insieme il «Covo» il loro rapporto era andato progressivamente peggiorando, fin quasi a detestarsi a vicenda. Adesso, inaspettatamente, riceveva il suo aiuto.
Durante la gita in barca Aleksej si comportò nervosamente. Si chiedeva qual era il vero ruolo di Skubak in tutta quella faccenda.
Doveva considerarlo un amico o un nemico? Faceva il doppio gioco e voleva farlo cadere in trappola oppure era sinceramente intenzionato a dargli una mano?
Ma nonostante le incertezze e i troppi dubbi era comunque deciso ad andare fino in fondo; doveva recarsi allappuntamento con il nonno e capire se poteva aiutarlo.
Dopo circa due ore Skubak invertì la rotta e fecero ritorno al porto di Sochi.
«Ragazzi, spero che il giro in barca vi sia piaciuto. Sabato ci sarà la regata velica e mi auguro che entrambi sarete al porto a fare il tifo per me e la mia Maria».
Certamente Kostja, non vedo come potremmo mancare, disse Irina con tono conciliante, soddisfatta per essere riuscita finalmente ad abbronzarsi un poco.
«Aleksej prima di andare che ne diresti se questa sera passiamo insieme qualche ora nel locale qui in centro. Irina ti dispiace se te lo rubo per un po. Mi occuperò personalmente del nostro amico».
Aleksej fece un cenno di assenso con la testa e gli disse: «Certo Kostja, molto volentieri, così potrai raccontarmi comè nata la tua passione per le barche a vela».
«Va bene», ribatté indispettita Irina, «ma ricordatevi che abbiamo ancora una missione da concludere e non restate in piedi fino allalba ad ubriacarvi. Domani abbiamo molte cose da fare. Aleksej sei ancora indietro con i meccanismi di apertura di quella fottuta cassaforte. In ogni caso farò rapporto a Petrov».
«Bella e dannata», sentenziò Skubak strizzandole locchiolino e per nulla intimidito dalla sua velata minaccia.
«Maggiore, ti aspetto alle 19.30 nella hall dellalbergo», disse ad Aleksej prima di scomparire allinterno del pozzetto della barca.
Irina, furiosa, si avviò da sola verso luscita di Marport, seguita da tergo da Aleksej. Salì in sella della Harley-Davidson intenzionata, questa volta, a guidarla e a non fare da passeggera. Non indossò il casco perché desiderava godere del piacere del vento tra i capelli. Aleksej si accomodò dietro, la strinse forte e dopo averle appoggiato le labbra sul collo cominciò a stuzzicarla con teneri e piccoli baci.
14
Allora prefissata Aleksej scese nella hall. Si era vestito in modo impeccabile, tipico per una serata mondana da trascorrere con un amico.
Trovò Skubak già lì ad aspettarlo seduto su di un divanetto mentre sorseggiava un the. Si era presentato con largo anticipo e la tensione tra i due era palpabile. Salirono su unAudi A4 SW di colore argento e si diressero con andatura moderata verso il centro città. Irina, nel frattempo, aveva assistito a tutta la scena dal balcone e quando perse la visuale dellauto rientrò in camera e cercò di mettersi in contatto con Mosca.
Desiderava comunicare con Petrov per avere nuove istruzioni.
Il suo istinto le consigliava di non fidarsi di Skubak. Il collega stava deliberatamente contravvenendo ad un esplicito ordine di Petrov: Aleksej doveva essere controllato a vista solo da Irina, quella era la sua missione. Era stato affidato a lei, a lei soltanto, e se fosse capitato qualcosa ad Aleksej ne avrebbe pagato di persona le conseguenze. A Sochi Skubak aveva solo un ruolo marginale, nulla di più.