La rivincita dei mendicanti - Кресс Нэнси (Ненси) 10 стр.


Una parte della mente di Theresa sussurrò: "perché hanno rimodellato i corpi umani a loro immagine. Adesso i Super vogliono possedere le menti degli umani". No. Il cervello di Theresa era suo, la parte che aveva così paura delle nuove esperienze e delle novità, la parte che non voleva mai lasciare l’appartamento. Xenofobia. Inibizione. Agorafobia. Ansia per le novità. Jackson le aveva insegnato quelle parole, era lei che aveva sbagliato, che non riconosceva il sentiero verso la luce quando lo vedeva…

No. Non era lei. Ciò che facevano quelle persone era "sbagliato".

Sentì mancare il respiro, il cuore prese a batterle freneticamente. Sentì arrivare l’attacco, nausea, vertigini, il terrore di non riuscire a respirare, e agitò una mano, come se potesse allontanarlo fisicamente.

Patty equivocò il gesto. — Non mi credi, eh? Allora vieni a vedere l’olovideo!

— No, io… ti prego "non"… — Patty la afferrò per un braccio e la trascinò attorno all’edificio e poi la fece entrare.

Dentro i Vivi, in gruppi di tre, le si affollarono intorno, le respirarono in faccia. Era scuro, si sentì sopraffare e…

— Il momento di Madre Miranda!

L’olopalco si animò. Ci fu un gradevole turbinio di colori privi di significato e poi apparve Miranda Sharifi, soltanto spalle e testa, lo sfondo una semplice e scura cabina di registrazione studiata per risultare anonima. Miranda indossava un abito bianco senza maniche e un nastro rosso le tratteneva i capelli neri e crespi.

— Sono Miranda Sharifi e vi parlo da Selene. Vorrete sapere cos’è questa nuova siringa. È un meraviglioso nuovo dono, studiato apposta per voi. Un dono migliore delle siringhe del Cambiamento. Quelle vi hanno liberato a livello biologico, ma vi hanno anche condotto a un forte isolamento quando non avete più avuto bisogno degli altri per il cibo e per la sopravvivenza. Per l’uomo non è bene essere solo. Questa siringa, questo magnifico dono…

Dietro l’olopalco, in un angolo del deposito, Theresa scorse un bambino non-Cambiato.

Aveva circa due anni e stava seduto in un angolo, con le gambe gracili stese in avanti. Un lato della testa era privo di capelli, la pelle consumata in chiazze circolari da cui spurgava del pus. Dagli occhi velati gli scendeva muco.

La gola di Theresa si serrò del tutto.

— Voi, le persone che ho scelto, le prime che conosceranno la vita e la giusta via…

Il bambino piagnucolò. Una ragazza non più vecchia di Theresa balzò avanti e lo prese in braccio. Una forte, sana ragazza Viva, libera da fame e malattie che poteva camminare con le proprie gambe e vedere da occhi limpidi… Il bambino non-Cambiato forse pativa del "vero dolore"?

— … dono spirituale, la vita e la giusta via…

Non riusciva a respirare. Per quanto si sforzasse, non riusciva a respirare…

— … partendo dal lavoro svolto dalla siringa del Cambiamento che vi ho dato anni fa quando…

…non riusciva a "respirare" e stava per morire, quella volta sarebbe morta davvero…

— Cosa succede alla ragazza Mulo?

— Cosa c’è che non va?

— Fatele spazio!

— Sta morendo!

— Le persone non muoiono, scemo! L’olovideo è finito! Iniettala!

— Non c’è nessuno qui per farci un gruppo…

— Sì! Le due persone nuove! Cathy ed Earl!

— Iniettateli tutti e tre! Iniettateli!

La stanza prese a vorticare e si oscurò in un’ondata profonda che la inghiottì, come se qualcuno avesse divelto la parete opposta e l’onda le stesse precipitando addosso. "Metti la testa fra le ginocchia" le disse la voce di Jackson nella mente. "Respira profondamente. Prendi un neurofarmaco." Si piegò in due. Due persone la tirarono su, una per lato, il suo nuovo gruppo di legame. Nella sala che vorticava apparve una siringa rossa, nella mano di qualcuno.

— No! — gridò Theresa. — No, non fatelo…

— È tutto a posto, Mulo — le disse una voce di donna, cercando di calmarla. Le tolsero la giacca. — Non fa male. È soltanto come un’altra siringa del Cambiamento, non la sentirai nemmeno, tu. Madre Miranda dice che non fa altro che aggiungersi al primo Cambiamento.

La siringa rossa le si avvicinò al braccio. La stanza vorticò e l’onda nera le si rovesciò sopra. Presa dalle vertigini stava per vomitare. All’ultimo momento riuscì in qualche modo a tirar fuori dalla bocca le parole.

— Io… non sono… Cambiata!

L’oscurità la avvolse.

Esterno. Era stesa a terra all’esterno ed era freddo. Non indossava la giacca. Aprì gli occhi, e la luce del sole li colpì, facendoglieli dolere. La gente le stava attorno a gruppi, i volti orribili la fissavano. In un gruppo Cathy, Earl e Theresa. Era legata.

— Sta tornando in sé.

— Fatele spazio, maledizione!

— Non abbiamo dato niente a quella cagna, noi.

— Theresa, non sei legata, tu. Non lo abbiamo fatto. — Josh le stava inginocchiato accanto, senza toccarla. Theresa si concentrò sulla respirazione. A volte gli attacchi le venivano in coppia o perfino tre alla volta. Il solo pensiero le fece aumentare il battito cardiaco e le mozzò il respiro.

— Ti ho detto che non ti abbiamo legata, noi.

Il volto di Josh era gentile. Com’era possibile, ricevere gentilezze da un Vivo? Non poteva capire quello che le era successo, non lo capiva nemmeno Jackson. Theresa cercò di respirare profondamente.

Patty intervenne: — Deve essere vero. Quello che abbiamo sentito. Che nemmeno le enclavi hanno più siringhe del Cambiamento. — Il suo tono di voce era vagamente compiaciuto.

Theresa si sedette. Casa. Doveva tornare a casa. Le avrebbero permesso di tornare a casa? Che cosa le avrebbero fatto? Le si riempirono gli occhi di lacrime.

— Oddio, sta piangendo, lei — disse Patty. — Lasciamo andare questa strega.

— No, aspetta — si intromise Mike. — Ha un’unità mobile. Conosce codici di ingresso che ci potrebbero servire.

— Ma non sa niente, quella. Guardala! Non è nemmeno Cambiata!

— E allora? Ha parecchia roba stipata nel cervello, è un Mulo.

Josh le si avvicinò. Theresa si contrasse. Lui aveva un respiro dolce e caldo ma, in qualche modo, estraneo. Le disse, a voce molto bassa: — Alzati, intanto che stanno discutendo. Entra nell’aeromobile e parti.

Lei lo guardò sconcertata. Lui le fece un cenno di assenso col capo, l’aiutò ad alzarsi e le sussurrò qualcosa all’orecchio. Mike e Patty avevano cominciato a prendersi a spinte, i volti sconvolti, le parole che uscivano come sputi dagli angoli della bocca. Theresa corse verso l’aeromobile.

— Fermatela! — gridò Mike. — Fermati!

Theresa inciampò e cadde. Aveva il fiatone, il terreno sembrò vacillare e bloccarla: "non di nuovo". Non un altro attacco. Si costrinse ad alzarsi in piedi e si guardò alle spalle.

Patty e Mike cercavano di inseguirla, ma ogni volta che si allontanavano di qualche metro da Josh si fermavano, tornavano indietro e tentavano di trascinarlo con loro. Josh si faceva pesante e floscio come un sacco di stracci. Mike e Patty non potevano inseguire Theresa senza di lui.

Lei arrancò nell’aeromobile e crollò all’interno. — Chiusura portiere. Decollo automatico… Coordinate di casa. — L’aeromobile decollò.

Sotto, vide Patty che trascinava Josh.

Theresa si accasciò sul sedile, cercò di controllare la respirazione, di impedire al mondo di vorticare in un’altra nauseante ondata nera. Casa. Doveva tornare a casa. Non sarebbe dovuta uscire, non sarebbe dovuta partire dall’enclave, non avrebbe dovuto pensare di essere forte o valorosa e di riuscire a scoprire qualcosa sulla luce. Era soltanto un Mulo difettato e privilegiato. No, quelle persone avevano "torto", quella non era la giusta via, corteggiare la morte per costringersi a fare parte di una comunità, no, no, no. Così no. La risposta non era quella.

Chiuse gli occhi. Escluse il mondo che vorticava ma non riuscì a escludere la cosa che più la terrorizzava. La cosa più terribile di un pomeriggio di terrore: il volto di Josh che le sussurrava un’ultima frase. Gentili, cariche di rammarico, orribili, le sue parole.

— "Non sei pronta, tu. Almeno non ancora."

Theresa rabbrividì. Non sarebbe mai stata pronta per una cosa simile. Legata per sempre a tre metri da due Vivi, condannata a morire se li avesse lasciati. No. Era sbagliato. Un vicolo cieco.

Ma che cosa stava "facendo" Miranda Sharifi?

E che cosa avrebbe fatto Theresa?

Era nuovamente sola con la sua vita vuota.

Interludio

DATA TRASMISSIONE: 1 Dicembre 2120

A: Base Selene, Luna

VIA: Stazione Terrestre San Diego, Satellite CEO C-988 (U.S.), Holsat IV (Egitto)

TIPO MESSAGGIO: Non codificato

CLASSE MESSAGGIO: Classe B, Trasmissione Privata a Pagamento

GRUPPO DI ORIGINE: Coalizione Genitori di San Diego

MESSAGGIO:

Dottoressa Miranda Sharifi e Associati,

sapendo, come sappiamo, che lei incarna con fermezza il principio che le persone non sono mai se stesse più di quando compiono scelte per altri, le sottoponiamo una richiesta. Il suo dono delle siringhe del cambiamento ha trasformato le nostre vite. Grazie ai suoi sforzi, i nostri figli sono più sani e forti. Tuttavia la scorta di siringhe del Cambiamento nella nostra enclave, come nelle altre, si sta riducendo. Ben presto sparirà. I bambini nati in seguito saranno vulnerabili alle malattie, all’avvelenamento accidentale, ai pericoli.

Dottoressa Sharifi, la preghiamo, non permetta che ciò accada. I nostri figli ci sono preziosi. Sono tutto il nostro futuro. Lei è stata così compassionevole e benevola con noi esseri umani che noi, i genitori dell’Enclave di San Diego, le chiediamo di esserlo di nuovo. Le chiediamo altre siringhe del Cambiamento per i nostri figli non ancora nati. Faccia che questa rappresenti, partendo dalla sua profonda conoscenza dell’umanità, la sua prima meta scientifica. Non lo chiediamo per noi ma per i bambini.

CONFERMA RICEZIONE: Nessuna

5

Volavano sull’Africa da meno di mezz’ora, quando l’aereo cominciò a scendere. Jennifer Sharifi guardò fuori dal finestrino. Nell’alba rosata i profili di una città risultavano indistinti, come se gli edifici potessero anche non essere effettivamente lì. "Principio di indeterminazione di Heisenberg" pensò lei, e non sorrise.

— Atar — annunciò Will Sandaleros e si stirò come poteva nei limiti angusti del Mitsu-Boeing quattro posti. Due giorni addietro lui e Jennifer erano scesi dal Rifugio, la prima volta in quattro mesi da quando erano tornati dalla Terra alla stazione orbitale degli Insonni. Ogni traccia di Miranda e degli altri Super era eliminata dal Rifugio. Anche gli amici imprigionati con Jennifer erano tornati alla stazione orbitale, le loro condanne più brevi scontate ormai da tempo: Caroline Renleigh, Paul Aleone, Cassie Blumenthal e gli altri. Erano tornati per portare a termine la lotta per la libertà.

Soltanto Jennifer e Will, tuttavia, avevano intrapreso quel viaggio fino allo spazioporto di Madeira. Si erano trasferiti direttamente all’Hotel Machado, costruito e posseduto dal Rifugio attraverso una serie complessa di holding cieche, un lussuoso albergo commerciale che garantiva una sicurezza totale agli emissari esecutivi delle stazioni orbitali e terrestri. Per due giorni erano rimasti nella loro camera dallo scudo a energia-Y mentre il personale dell’albergo, costituito per metà da Insonni e per metà da Normali ben pagati, aveva scoperto l’identità di tutti gli agenti, i reporter, i terroristi e i pazzi che seguivano inevitabilmente a scia Jennifer Sharifi. La notte precedente, Jennifer e Will avevano lasciato il Machado, servendosi di un tunnel sotterraneo costruito con l’albergo e così ben schermato che soltanto dieci persone al mondo ne conoscevano l’esistenza. Un’auto li aveva portati sulla costa e al Mitsu-Boeing. Will, abituato all’esercizio fisico, era irrequieto dopo tre giorni passati all’interno di veicoli e di camere blindate.

Jennifer non era mai irrequieta. Aveva imparato a restare seduta completamente immobile e a ritirarsi nei propri pensieri per ore, per giorni. Per mesi. Anche Will avrebbe dovuto imparare. Era una disciplina necessaria per racchiudere tutto quello che si aveva dentro e ridurlo a un singolo punto, come la luce del sole focalizzata da un’immobile lente di ingrandimento. Un punto incandescente.

— Ci staranno aspettando? — chiese lei al di sopra dello schienale del sedile al pilota. Lui annuì. I suoi capelli scuri, gli occhi grigi e i lineamenti imperturbabili potevano venire da cinque diversi continenti. Non parlava mai. Al suo fianco la guardia del corpo Insonne, Gunnar Gralnick, controllò le proprie armi.

L’aereo si posò su un campo di atterraggio polveroso e non segnalato nel deserto, Atar visibile a mala pena sull’orizzonte orientale. L’unico edificio, un rettangolo di cemespugna senza finestre, stranamente immacolato e privo di polvere sotto lo scudo a energia-Y, si sarebbe potuto trovare in qualsiasi parte del mondo. L’aria era più fredda di quanto Jennifer non ricordasse, così vicino all’equatore. Il sole però non era ancora alto. In seguito, l’aria sarebbe diventata incandescente.

C’erano tre uomini ad aspettarli, vestiti con abiti leggeri stile arabo. Materiali sintetici non consumabili, notò Jennifer. Erano tutti Cambiati. In Africa, non lo si poteva mai sapere per certo. Gli uomini avevano la pelle scura e bruciata dal sole ma gli occhi chiari: due verdi e uno azzurri. Quello con gli occhi azzurri aveva anche i capelli rossi, nessuna delle due caratteristiche era modificata geneticamente per questioni di moda. Berberi.

— Benvenuti in Mauritania — disse a Will il più anziano degli uomini con un inglese quasi privo di accento. Non lanciò nemmeno un’occhiata a Jennifer. Lei se lo era aspettato. Non disse nulla. — Sono Karim. Questi sono Ali e Beshir. Avete fatto un buon volo?

— Sì, grazie — rispose Will.

— Niente complicazioni?

— Non siamo stati seguiti.

— Noi non abbiamo notato nulla, da qui — confermò Karim. — Ma è meglio non indugiare. Vi prego, seguitemi.

Il pilota rimase sull’aereo. Gli altri sei salirono su una grossa aeromobile, Will e Jennifer sul sedile posteriore con Gunnar fra di loro. Volarono basso, inoltrandosi ulteriormente nel Sahara, che si faceva sempre più illuminato dal sole col passare dei minuti. Rocce, vegetazione sparuta, un’oasi occasionale il cui verde si interrompeva repentinamente insieme con il sistema di irrigazione, come se fosse tagliato con le forbici. Quindi nessuna vegetazione: soltanto roccia e sabbia. Atterrarono accanto a un piccolo edificio in cemespugna il cui scudo a cupola era parzialmente sepolto sotto la sabbia mossa dal vento.

Gli arabi atterrarono con l’aeromobile all’interno della cupola, su terreno compatto, libero dalla sabbia. L’edificio si aprì tramite scansione della retina, notò Jennifer. Una compagnia clandestina tedesca aveva sviluppato di recente un software in grado di duplicare la codificazione della retina. I berberi avrebbero dovuto aggiornare il loro sistema di sicurezza.

L’ascensore parlò brevemente in arabo. Will non dette segno di comprendere la lingua. Jennifer capiva l’arabo anche se, pure lei, non lo mostrò. I berberi sapevano quali lingue lei parlasse o capisse. Sapevano tutto su tutti e tre i visitatori Insonni, tutto quello che compariva su ogni banca dati. E quelle non erano mai informazioni cruciali. I Dormienti non lo capivano.

Jennifer rimase accanto a loro, per disciplina, e indirizzò il proprio odio, con calma, in un fuoco controllato. Per disciplina. L’ascensore, "Che la pace di Allah sia con voi", poteva essere parte di una programmazione satirica. Se di satira si trattava, era una debolezza: la satira indicava la capacità di porsi al di fuori delle proprie tradizioni e di sbeffeggiarle. Se non era satira, invece, indicava la forza della tradizione.

La Mauritania aveva moltissime tradizioni. Orgogliosi nomadi berberi. Islamismo. Oppressione coloniale. Crollo, siccità, pestilenze, guerre e brutalità come in tutto il resto dell’Africa, ma anche di più. La Mauritania era stata l’ultimo paese in Africa a dichiarare fuorilegge la schiavitù, meno di duecento anni prima. La schiavitù era rimasta, tuttavia, unitamente ad altre pratiche illegali e a nuovi schiavi genetici e tecnologici. Alla Mauritania non era rimasto un governo di cui valesse la pena di parlare: quello che esisteva si poteva acquistare facilmente.

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