— Quando ha scoperto il corpo del signor Wayland?
— Appena prima di chiamare lei. Ero venuta a controllarlo.
— E lo ha trovato come è adesso?
— Sì. Non ho toccato né lui né niente che fosse nella stanza.
La rete del dermalizzatore si ritrasse. Jackson infilò una sonda polmonare nella narice sinistra di Wayland. Non appena toccò la membrana mucosa, la sonda si attivò e scomparve lungo i bronchi per raggiungere i polmoni.
— Ultima espansione polmonare alle 6:42 ora della Costa Est — disse Jackson. — Nessuna traccia di annegamento. Campioni di tessuto prelevati. Adesso, signorina Lester, mi racconti, per la documentazione, tutto quello che riesce a ricordare sul comportamento del defunto durante gli ultimi giorni.
— Nulla di insolito — rispose lei seccamente.
— Non lasciava spesso la sua stanza, eccetto che per essere portato nella stanza di alimentazione. Lei può accedere ai dati del roboinfermiere, può portarselo via, addirittura. Io cercavo di venirlo a trovare ogni tanto. Quando sono entrata questa sera lui era morto e il robot si trovava in pausa.
— Senza avere inviato segnali di malfunzionamento al sistema di casa? È insolito.
— Ha segnalato. Lei può accedere a tutti i dati della casa e verificare per conto suo. Io però non ero in casa e il collegamento alla linea di comunicazione funzionava male. È ancora in quelle condizioni. Io non l’ho toccato, quindi può controllare.
Jackson obiettò: — Ma allora come ha fatto a chiamarmi?
— Dalla mia linea mobile. Ho anche chiamato la ditta di riparazione. Lei può accedere…
— Non voglio nessuno dei suoi dati — rispose Jackson. Si accorse del proprio tono di disprezzo e cercò di modificarlo. Il collegamento ufficiale era ancora aperto. — Ma la polizia potrebbe volerli. Io non faccio altro che certificare la morte, signorina Lester. Non effettuo indagini.
— Ma… significa forse che informerà le autorità? Non capisco. Il mio bisnonno è chiaramente morto di vecchiaia! Aveva "novantaquattro anni"!
— Adesso ci sono molte persone di novantaquattro anni. — Jackson distolse lo sguardo dagli occhi di lei. Un bruno carico, modificato geneticamente, ma piatto e lucido come quello di un uccello. — Signorina Lester, che cosa intendeva quando ha detto che il signor Wayland lasciava la propria camera soltanto quando il roboinfermiere lo portava nell’area di alimentazione?
I suoi occhi scintillanti si spalancarono e lei lanciò un’occhiata di chiaro trionfo all’apparecchio di comunicazione. — Che diamine, dottor Aranow, non ha consultato i dati del suo paziente durante il tragitto fin qui? Le avevo detto che avrei autorizzato il suo accesso.
— La corsa in robotaxi è stata breve. Abito a soli tre isolati di distanza.
— Ma ha avuto quattro minuti di tempo libero mentre aspettava il robotaxi! — Lo fissò dalla sedia con espressione trionfante, inarcando le sopracciglia. Lui avrebbe scommesso qualsiasi cosa che il suo QI non era stato modificato geneticamente.
Le rispose tranquillo: — Non sono entrato nella documentazione medica del signor Wayland. Ma perché il roboinfermiere doveva condurlo nell’area di alimentazione?
— Perché aveva l’Alzheimer, dottor Aranow. L’aveva da quindici anni, ben prima del Cambiamento. Perché il vostro preziosissimo Depuratore Cellulare non può riparare le cellule del cervello danneggiate, vero, dottore? Può soltanto distruggere quelle anormali. Il che gliene lasciava sempre di meno col passare degli anni. Perché lui non era in grado di "trovare" l’area di alimentazione, tanto meno poi di togliersi gli abiti e di nutrirsi. Perché la sua mente era andata e lui era un guscio bavoso, vacuo e vuoto il cui cervello danneggiato alla fine ha ceduto semplicemente, uccidendo il suo corpo, anche se era stato così scioccamente cambiato!
La ragazza ansimava. Jackson sapeva che lo stava pungolando, sfidandolo a dire: "lei lo ha ucciso". A quel punto, probabilmente, gli avrebbe fatto causa.
Non si lasciò provocare. Dopo il matrimonio con Cazie Sanders, e il divorzio, Ellie Lester era soltanto una stupida dilettante. Le disse formalmente: — La causa della morte, ovviamente, verrà stabilita dal medico legale di New York City, dopo l’autopsia. Questo rapporto preliminare si ritiene concluso. Disattivare il collegamento.
Infilò il trasmettitore nella borsa. Ellie Lester si alzò: era più alta di Jackson di quasi tre centimetri. Lui immaginò che l’autopsia avrebbe rivelato uno degli inibitori cinesi o sudamericani che fanno dimenticare al cervello quello che deve fare, inviare segnali al cuore di battere o ai polmoni di respirare. Forse, invece, l’autopsia non avrebbe mostrato nulla, se la droga fosse stata più sofisticata della tecnologia diagnostica. Come gliel’aveva somministrata?
Lei disse: — Forse i nostri sentieri si incroceranno di nuovo, dottore.
Lui ebbe il buon senso di non rispondere. Dall’unità mobile inoltrò una chiamata ai poliziotti, poi lanciò un’ultima occhiata ad Harold Winthrop Wayland. Lo schermo sul muro si accese. Il sistema di casa doveva essere stato programmato in anticipo.
— …risultati elettorali definitivi! Il Presidente Stephen Stanley Garrison è stata rieletto con uno scarto minimo. L’aspetto più inquietante dei risultati, tuttavia, è il numero di americani che ha votato. Su novanta milioni di potenziali elettori, soltanto l’otto per cento ha votato. Questo rappresenta un crollo…
Ellie Lester scoppiò in una secca risata. — "Inquietante". Dio, che deficiente. Ma perché mai qualcuno dovrebbe preoccuparsi "ancora" di votare?
— Forse come atto di parodia di buon gusto — commentò Jackson e si rese conto che, così dicendo, aveva vinto lei dopo tutto. Non lo confortava sapere che la ragazza era troppo stupida per accorgersene.
Non lo accompagnò alla porta. Forse "Design" aveva stabilito che anche le buone maniere erano irrilevanti. Mentre lasciava la stanza del morto, tuttavia, Jackson guardò con attenzione per la prima volta le piccole foto incorniciate appese sulla parete. Tutte meno l’ultima erano copie predigitali, sbiadite e irregolari nel colore. Edward Jenner. Ignaz Semmelweiss. Jonas Salk. Stephen Clarck Andrews. E Miranda Sharifi.
— Sì, era un medico anche lui — disse con malizia Ellie Lester. — Ai tempi in cui la gente come voi era ancora necessaria. E questi sono i suoi eroi: quattro Vivi e una Insonne. Non lo sapeva? — Scoppiò a ridere.
Jackson uscì. L’ologramma del negro era stato sostituito da quello di uno schiavo romano nudo, fortemente muscoloso, bello, ma chiaramente non modificato geneticamente. Un Vivo. Lo schiavo si inchinò mentre Jackson passava, abbassò gli occhi e aprì la bocca. Catene traslucide di oro olografico lo tenevano incatenato al pomolo della porta di Ellie Lester.
— Lei rappresenta l’estremità di una curva a campana, lo so — disse Jackson a sua sorella Theresa. — Quindi la cosa non dovrebbe preoccuparmi. In effetti, non mi preoccupa.
— Sì che ti preoccupa — commentò Theresa con la sua voce gentile. — Ed è giusto che sia così.
Erano seduti nell’atrio del loro appartamento e bevevano qualcosa prima di cena, che sarebbe stata composta di cibo per bocca, vecchio stile. La parete dell’atrio che dava sul parco era costituita da uno schermo trasparente a energia-Y. Quattro piani più giù, il Central Park turbinava di colori autunnali sotto l’invisibile cupola a energia. Le enclavi di Manhattan avevano votato recentemente perché venissero restaurate le stagioni differenziate, anche se il risultato della votazione era stato incerto. Sopra lo scudo, il cielo di novembre pareva color cenere.
Theresa indossava un abito ampio a fiori che le ricadeva in pieghe graziose fino alle caviglie: Jackson aveva la vaga impressione che fosse fuori moda. Il volto di lei, senza trucco, era un pallido ovale sotto i capelli biondo argentato. Aveva dodici anni meno del trentenne Jackson.
Theresa era fragile. Non tanto nel corpo modificato geneticamente per essere slanciato, quanto nella mente. Jackson credeva in cuor suo che durante il procedimento di ingegneria embrionale qualcosa fosse andato storto, come succedeva a volte. La modificazione genetica era un processo complicato e, una volta che lo zigote si trasformava in blastomeri, non era più possibile alcun ulteriore intervento permanente. Non da parte di alcuno sulla Terra, quanto meno.
Da bambina, Theresa aveva odiato andare a scuola, aggrappandosi alla madre sconcertata e piangendo disperata. Non le piaceva giocare con gli altri bambini. Per giorni interi rimaneva chiusa nella sua stanza, disegnando o ascoltando musica. A volte diceva che avrebbe voluto avvolgersi nella musica e sciogliervisi finché non fosse esistita più alcuna Theresa. I test medici avevano mostrato una forte reattività nel suo sistema di risposta agli ormoni dello stress: alti livelli di cortisolo, ghiandole adrenaliniche ingrossate, battito cardiaco, motilità intestinale e morte di cellule nervose associati a depressione presuicida. La sua soglia di risposta limbico ipotalamica era bassissima: trovava intensamente minaccioso tutto ciò che era nuovo.
In un’epoca di ammine biogene tecnologicamente adattate, nessuno doveva essere fragile. Per tutta l’infanzia, Theresa era stata costretta a sottoporsi a trattamenti di neurofarmaci per riequilibrare la sua chimica cerebrale. Il Depuratore Cellulare avrebbe reso problematiche le cure, visto che distruggeva tutto quello che riteneva non appartenere direttamente al corpo, non adeguarsi agli schemi del DNA o alla serie approvata di molecole immagazzinate nei suoi minuscoli, inimmaginabili computer a base proteica piazzati nelle e fra le cellule umane. Quando però il Cambiamento aveva portato il Depuratore Cellulare, non aveva avuto più alcuna importanza. A tredici anni Theresa dichiarò… no, quello era un termine troppo forte per Theresa, lei non "dichiarava" mai nulla… disse che aveva chiuso con i neurofarmaci "per sempre".
A quel punto, i suoi genitori erano morti in un incidente aereo e Jackson era divenuto il tutore di sua sorella. Jackson aveva discusso con lei, aveva cercato di ragionare, l’aveva implorata. Non era servito a nulla. Theresa non voleva essere aiutata. Non ribatté alle discussioni: il dibattito intellettuale la confondeva. Si rifiutò semplicemente di accettare una soluzione medica per i suoi problemi medici.
Quanto meno, comunque, non tentò il suicidio, la più grande paura di Jackson. Si fece sempre più appartata e più elusiva, una di quelle dolci e pallide donne di un secolo completamente diverso. Theresa ricamava. Studiava musica. Stava compilando, impresa del tutto irrilevante, una biografia della martire Insonne, Leisha Camden, altra donna interamente eclissata da una diversa generazione femminile priva di scrupoli.
Quando era avvenuto il Cambiamento, Theresa era stata l’unica persona che Jackson conoscesse ad aver rifiutato l’iniezione. Non poteva nutrirsi del terreno. Si infettava per virus e batteri. Poteva restare avvelenata dalle tossine. Poteva venirle il cancro.
A volte, quando era di cattivo umore, lui pensava che l’elusiva fragilità neurologica di sua sorella, così staccata dalla sua intelligente dolcezza, fosse il motivo per cui lui era diventato medico. Solo negli ultimi tempi si era reso conto che le fragilità di Theresa erano anche il motivo per cui aveva sposato una persona come Cazie.
Osservando sua sorella che si versava dell’altro succo di frutta, non beveva mai allucinogeni, alcolici o bevande a base di endorfine sintetiche come l’Endorbacio, Jackson pensò che fosse sbagliato lasciarsi condizionare la vita in quel modo da una sorella minore dolcemente, cocciutamente e scioccamente pazza. Pensò di essere un debole per aver permesso che ciò accadesse. E che sentirsi forte vicino a Theresa, probabilmente in confronto, era a sua volta un modo da debole di considerare la situazione.
— Le persone come Ellie Lester — disse Theresa — non sono complete.
— Che intendi dire? — Non voleva saperlo realmente, avrebbe potuto portare a un’altra arrancante e tortuosa discussione di Theresa sulla spiritualità, ma l’allucinogeno nel suo drink stava avendo su di lui un effetto gradevole. Le ossa si stavano rilassando, i muscoli si scioglievano, gli alberi sottostanti ronzavano formando uno sfondo armonioso senza pretese. Non voleva parlare. Certo non delle informazioni su Ellie Lester controllate appena tornato a casa, che includevano la scoperta che lei avrebbe ereditato l’immensa fortuna del bisnonno. Che chiacchierasse Tessie. Lui sarebbe rimasto seduto nel ronzante imbrunire senza ascoltare.
Però tutto quello che disse Theresa fu: — Non so cosa voglio dire. So soltanto che non sono completi. Tutti quanti. Tutti noi.
— Ummmmm.
— Qualcosa non va in noi. Io ci credo Jackson. Ci credo davvero.
Non suonava proprio come se ci credesse. Appariva insicura come al solito, col suo modo di parlare esitante e delicato e il suo vestito a fiori. A Jackson venne in mente che, in una enclave dove le feste terminavano spesso con tutti i partecipanti nudi che si nutrivano in comune, lui non aveva più visto la forma del corpo di sua sorella da anni.
A quel punto però Theresa prese a parlare in modo impetuoso. — Ho letto qualcosa di malvagio oggi. Davvero "malvagio". Ho inviato Thomas nei database della biblioteca per il mio libro. Per qualcosa che Leisha Camden scrisse nel 2045.
Jackson si fece forza. Theresa inviava spesso il suo sistema personale, Thomas, a setacciare i database storici e spesso interpretava male quello che quello vi trovava, oppure si indignava, o altrimenti piangeva.
— Thomas mi ha riportato una frase di un medico famoso che conosceva Leisha. Hans Dietrich Lowering. Ha detto: "La mente non esiste. C’è soltanto un insieme di attività elettriche e fisiologiche che tutti chiamiamo cervello." Ha detto una cosa simile!
Jackson si sentì soffocare dalla pietà. Lei appariva così agitata, così inutilmente indignata, davanti a quella non-notizia vecchia e per nulla sconvolgente. La sua pietà, tuttavia, era intrecciata all’inquietudine. Non appena Theresa aveva pronunciato la parola "malvagio", Jackson aveva avuto un flash improvviso di Ellie Lester, più alta di lui, che mostrava i denti in preda alla furia che non poteva permettersi di far trapelare nella linea ufficiale medica. Lei era apparsa malvagia, una malvagia, bella gigantessa e, nella morsa dell’allucinogeno, Jackson poté ammettere quello che aveva negato in precedenza: lui l’aveva voluta. Anche se lei non era stata realmente malvagia ma soltanto avida; non veramente bella ma soltanto ovvia. E non più gigante dell’ologramma in miniatura del