La rivincita dei mendicanti - Кресс Нэнси (Ненси) 20 стр.


Jackson corrugò la fronte. — Sono qui per vedere come procede il progetto.

— Che linguaggio privo di giudizi impliciti. I tuoi professori di psicologia dell’università sarebbero orgogliosi di te. A dire il vero, stiamo per fare un ulteriore tentativo con un gruppo particolarmente recalcitrante di non iscritti. Forse ci puoi dare un passaggio.

— Signorina Turner, ho controllato il suo conto in banca. È in malora, presumibilmente in seguito al suo arresto da parte dell’ECSG e le seguenti… spiacevolezze. Ma non credo proprio che lei non abbia altri conti nascosti sotto altri nomi in altri posti. Perché, più semplicemente, non compra un’aeromobile alla sua tribù?

— Ti sbagli, Jackson. Non ho soldi nascosti da nessuna parte. Ho speso tutto.

— Per che cosa?

Lei non rispose, gli sorrise debolmente e, all’improvviso, Jackson lo seppe. Per le Guerre del Cambiamento. Qualsiasi parte Vicki Turner avesse recitato nella lotta per convincere gli americani che le siringhe non erano un complotto degli Insonni per schiavizzare i Vivi, per convincere gli americani a smettere di uccidersi a vicenda per i cambiamenti radicali nella biologia, per convincere gli americani a smettere di attaccare Washington perché, ormai, "potevano" farlo, qualsiasi cosa avesse fatto Vicki, le era costato effettivamente tutto il patrimonio. E lei non se ne rammaricava.

Jackson sbottò: — Mi fai vergognare.

Per un istante, il volto di Vicky si addolcì e lui vide qualcosa dietro la maschera dura, qualcosa di malinconico e un po’ triste. Poi riprese a sorridere come prima. — Allora puoi alleviare la tua profonda vergogna civica fornendoci un passaggio surrettizio fino agli elettori riluttanti.

Jackson non rispose. In quel momento di vulnerabilità involontaria, lei gli aveva ricordato nuovamente Cazie. E lui si era sentito nuovamente un imbecille incompetente.

Lizzie e Shockey si incamminarono verso l’aeromobile. Lizzie aveva in braccio Dirk, ben protetto contro il freddo. Shockey indossava una tuta giallo stridente e un cappotto color limone, oltre a orecchini di bigiotteria fatti con pezzi di lattine, all’antica. Sulla spalla destra aveva uno strano rigonfiamento. Mentre si avvicinava, Jackson notò che si trattava di un fiore bianco, rosso e blu, di stoffa grezza tinta con le piante e legata a formare una coccarda.

Vicki mormorò: — E non hanno mai sentito parlare dei Giacobini. — Però lo sguardo di affetto che lanciò a Lizzie fu sincero.

Shockey chiese: — Dottore. Viene con noi, lei, per l’ultima grande spinta? Potrebbe imparare qualcosa.

— Vero, dottore — disse Vicki. — Dopo tutto, con il nostro movimento popolare noi stiamo creando un eccezionale nuovo corso politico nella storia in direzione della democrazia.

— Maledettamente giusto — commentò Shockey. Il giovanotto sembrò allargarsi, sollevando di altri cinque centimetri la coccarda che teneva sull’ampia spalla. "Pallone gonfiato" pensò Jackson.

Lizzie stava quasi ballando per l’eccitazione. I capelli neri le sparavano in più direzioni di quante Jackson immaginasse possibile. — Se riusciremo a convincere quella gente a registrarsi questa sera, dottor Aranow, avremo il novantatré per cento di partecipazione di Vivi. Quattromilaquattrocentoundici votanti Vivi nella contea, per l’inverno. Ora, lei ha detto che Susannah Wells Livingston non era una vera e propria candidata, soltanto un concorrente fantoccio rispetto a Donald Thomas Serrano, e che Serrano avrebbe ottenuto il voto di quasi tutti gli iscritti alla lista. Questo significa quattromilaottantadue voti. Anche se non riuscissimo a convincere quest’ultima tribù, dovremmo essere in grado di vincere.

— "Io" dovrei vincere comunque — precisò Shockey.

— D’accordo, "tu" dovresti vincere comunque — disse Lizzie. Jackson si accorse che era troppo entusiasta per preoccuparsi di discutere con Shockey. — Ce la faremo!

Jackson lanciò un’occhiata a Vicki. Lei annuì. — Diglielo tu, Jackson. Forse ascolterà almeno te.

— Lizzie… — cominciò Jackson e si fermò. Odiava l’idea di ferirla in quel momento. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva visto del genuino entusiasmo per qualcosa di costruttivo? — Lizzie, avere il vantaggio numerico nei votanti registrati non ti garantirà una vittoria. Ci sono ancora tre mesi prima dell’elezione vera e propria di aprile. Nel giro di tre mesi, Donald Serrano farà tutto quello che sarà nel suo considerevole potere per convincere i tuoi elettori Vivi a votare per lui. E ogni singolo politico Mulo lo aiuterà, inclusa Sue Livingston. Se voi doveste vincere, infatti, rappresentereste un precedente di outsider eletti al governo potenzialmente devastante.

— Non siamo outsider, noi! — esclamò Shockey.

— Per la struttura politica di Muli lo siete. Non vogliono che voi prendiate decisioni che li influenzino. Nemmeno le piccole decisioni periferiche di un supervisore distrettuale. Vogliono tenervi fuori e cercheranno di farlo acquistando i voti di ogni elettore legalmente iscritto nella Contea di Willoughby. Lo faranno con coni a energia-Y, impianti stereo, unità mediche, cibo pregiato, scooter e ogni altro bene materiale che potranno offrire subito, mentre voi potrete soltanto promettere di fornire, forse, in futuro.

Lizzie corrugò la fronte. — Pensa che falliremo per questo? Che saremo comperati in questo modo?

Jackson rispose serenamente: — Siete stati comperati in questo modo per quasi cento anni.

— Ma adesso non più! Siamo diversi ora, noi! Dopo il Cambiamento! Non abbiamo più bisogno di voi!

— Che è poi il motivo per cui vogliamo che adesso tu ci dia un passaggio — disse Vicki. — Guadagnati la paga, Jackson. Lizzie, Shockey, entrate in aeromobile.

Lo fecero. Vicki gli fornì la direzione, e i quattro volarono in silenzio per vari minuti sopra un terreno accidentato, disseminato di detriti invernali. Rami caduti per il vento, cespugli avvizziti, foglie morte bagnate e cumuli di neve alta. Alla fine Jackson chiese: — Volete che atterri direttamente presso il loro accampamento? O è meglio che non vedano un Mulo associato con questa impresa di Vivi?

— No — rispose Lizzie sorprendendolo. — Viene anche lei. Queste persone, in particolare, è meglio che la vedano.

La tribù, come molte altre, aveva trascorso l’inverno in un impianto abbandonato di trasformazione alimentare. Jackson immaginò che quello avesse lavorato le mele dei frutteti ormai inselvatichiti che ricoprivano le basse colline. Non venne loro incontro nessuno. Lizzie, portando in braccio Dirk che dormiva ancora, fece strada fino al retro dell’edificio dove, sotto la solita tenda che proteggeva il terreno di alimentazione, era in corso il pranzo.

Sessanta o settanta Vivi erano stesi o seduti sul terreno smosso, assorbendo sostanze nutrienti e luce del sole. Per un istante Jackson ebbe un’immagine della festa di Terry Amory a cui lo aveva trascinato Cazie. Ma non c’era pericolo di confondere le due occasioni. Quei Vivi erano… be’, Jackson odiava doverlo ammettere perché era il peggior tipo di settarismo disumanizzante… del genere di Ellie Lester. Tuttavia era la verità. I Vivi erano repellenti.

Schiene pelose, seni cadenti, ventri e cosce flaccidi, proporzioni sgraziate, volti con elementi troppo vicini, troppo lontani oppure mal combinati fra loro. Non importava nemmeno che la pelle di tutti fosse liscia, sana e priva di imperfezioni grazie al Depuratore Cellulare. Da quando aveva finito il suo internato, Jackson aveva visto fondamentalmente solo corpi perfetti modificati geneticamente. Ricordava quanto fosse orribile la maggior parte dell’umanità in confronto.

Vicki gli mormorò all’orecchio: — Un bello shock, eh? Perfino per un medico. Benvenuto presso gli

— Abbiamo altre possibilità, noi? — chiese una donna di mezza età nuda, floscia e sorridente con delle natiche che assomigliavano a palloni sgonfi. — Lizzie, passami quel bel bambino lì.

Lizzie consegnò Dirk e si tolse gli abiti. Shockey e Vicki, con perfetta noncuranza, la imitarono. Vicki sogghignò in direzione di Jackson. — Quando a Roma…

Non le avrebbe permesso di intimidirlo, non lo avrebbe permesso ad alcuno di loro. Si tolse giacca e camicia.

— Oooohhh, che carino — commentò la donna di mezz’età e scoppiò a ridere per il disagio di Jackson. — Ma Lizzie, dicci un po’, tu, perché hai portato questa coppia di Muli insieme con il tuo cosiddetto candidato?

— Io non ho niente di cosiddetto, Farla — ribatté allegro Shockey. — Sono il prossimo supervisore distrettuale della Contea di Willoughby, io.

Farla fece una smorfia. — Come no.

Jackson aveva dei problemi. Era in piedi e stava slacciando lentamente i pantaloni, il più lentamente possibile. I Vivi erano abituati alla nudità da alimentazione comunitaria. Lo erano anche i Muli, ma alimentarsi a terra in camere private, profumate e dalla luce soffusa era una attività spesso molto sensuale. Lì, giovanotti come Shockey stavano nudi in modo rilassato. A proprio agio. Flaccidi. Jackson, senza alcun motivo, era in erezione.

— Forza, Jackson — disse piano Vicki. — Rivela i gioielli di famiglia modificati geneticamente.

Jackson si voltò verso di lei infuriato (perché cercava sempre di peggiorare le cose?) e le cose peggiorarono immediatamente. Il corpo nudo di lei era bellissimo. Seni più piccoli di quelli di Cazie, ma più alti, vita più stretta, anche magre e gambe lunghissime. Il pelo pubico era biondo rossastro, una gradevole peluria chiara, un velo sopra…

— Oh, santo cielo — commentò Vicki. — La tua famiglia ha speso bene i suoi soldi. — Poi, un istante dopo, con una voce differente: — Vieni, Jack. Ridi. È divertente, non capisci nemmeno questo?

Lui scoppiò in una risata cupa, cercando di esagerarne la profondità, cercando dell’ironia. Si rese conto di avere fallito.

Lizzie stava dando il massimo: — Se tutti vi iscriverete fra le 11:15 e le 11:50 di questa sera, voi, come vi abbiamo detto, allora nessun altro Mulo si potrà iscrivere per le elezioni. Abbiamo abbastanza Vivi da vincere. Se vinceremo, noi, potremo prendere i soldi del fondo delle tasse e rifornire i depositi della sede della contea con tutto quello che abbiamo bisogno. Non mi verrete a dire, voi, che non avete bisogno di niente, eh?

— Certo che abbiamo bisogno delle cose — disse un ometto piccolo, dall’espressione scura e un po’ anziano. — Che diavolo, io voterei sì per te, Shockey. Sei stato sindaco, tu. E poi io mi ricordo di un periodo quando mica tutti i candidati erano Muli, loro, ben prima che voi nasceste. Quello però che voglio sapere, io, è che prezzo ci faranno pagare i Muli se eleggeremo uno dei nostri.

Shockey sentenziò: — Non ci sarà nessun prezzo da pagare.

— Oh, figliolo, un prezzo c’è sempre. Loro hanno sempre presentato un conto.

Shockey si irritò. — Di che genere, Max? Che cosa ci potrebbero fare i Muli?

— Che cosa non ci potrebbero fare? Hanno armi, polizia, possono cambiare il maledetto clima, ho sentito dire, io, almeno un po’. Forse stiamo meglio, noi, come stiamo adesso. Abbiamo tutto quello di cui abbiamo davvero bisogno e non attiriamo l’attenzione.

— Ma così le cose non cambieranno mai! — esclamò Lizzie. — Non arriveremo mai da nessuna parte!

Il vecchio ribatté: — Meglio così. Se continui a guardare in alto verso il cielo, tu, finirai con l’inciampare su una pietra.

— Ma…

— Ma hanno portato dei Muli con loro — intervenne all’improvviso un altro uomo. — Non sono soltanto Vivi, loro, che inciampano come tutti quanti noi.

Lizzie protestò: — Vicki e il dottor Aranow non sono… — Ma Vicki la interruppe. La donna fissò l’uomo negli occhi.

— È vero. Hanno dei Muli con loro. Io sono Victoria Turner, ex agente dell’ECSG. E questo è il dottor Jackson Aranow, medico, proprietario della TenTech, una ditta importante. Lizzie non sta combattendo da sola. Qualsiasi rivincita cercassero di ottenere i Muli se venissero battuti nelle elezioni, io e il dottor Aranow abbiamo i mezzi per affrontarli.

Jackson la fissò sbigottito. L’uomo chiese seccamente: — Perché? Perché state dalla parte di Lizzie, voi?

— Dalla "mia" parte — precisò Shockey, rabbuiandosi.

— Perché io credo in questo paese — rispose Vicki. Allungò una mano verso il mucchietto di abiti che Shockey si era tolto e strappò dalla spalla della giacca la coccarda bianca, rossa e blu. La consegnò all’uomo, con aperta sincerità, con cinica ironia, con quella che alla fine Jackson percepì essere una maschera di protezione posta sopra una genuina convinzione. Vicki non credeva che quelle elezioni potessero avere successo, lo aveva detto soltanto. Doveva credere in qualche impegno politico più profondo, di cui quella rappresentava soltanto una prima necessaria sconfitta.

L’uomo sbuffò ma prese la coccarda. L’uomo più anziano, Max, sogghignò. Farla disse all’improvviso: — Va bene, Shockey, dicci un po’ che cosa farai per noi se ti faremo eleggere.

Qualcuno nella folla si mise a ridacchiare. — Sì, Shockey, fai un bel discorso elettorale, tu!

— Bene, certo che lo farò, io! Adesso voi Vivi mi starete bene ad ascoltare! Tutti quanti!

— "Che le armi cedano il passo alla toga" — mormorò Vicki. — Mettiti comodo, Jackson. Parla il popolo.

Era buio quando lasciarono la tribù di Farla. Il dibattito era proseguito per tutto il pomeriggio e la prima serata, più per il gusto del litigio, sospettava Jackson, che per il desiderio di ottenere informazioni. La gente gridò, si insultò, si minacciò e disse smargiassate. Si trasferirono all’interno, dopo essersi nutriti, nell’oscuro e caldo rifugio dove regnavano sedie ammaccate, loculi per dormire creati con separazioni di fortuna, pezzi di macchinari e conigli scuoiati, e un prezioso terminale con l’etichetta di una delle consociate della TenTech. Rubato? Vicki gli sorrise. Coni-Y tenevano caldo quel posto immenso e deprimente: quei coni forse facevano parte della scorta che lui aveva inviato alla tribù di Lizzie dalla TenTech? Forse anche Shockey comprendeva il valore della corruzione dei votanti.

Al tramonto, Dirk cominciò ad agitarsi. — Dovrebbe essere a casa — disse Lizzie alla fine. — La nonna Annie si starà preoccupando, lei; dottor Aranow, ci riporti a casa, per favore.

Jackson notò che gli altri restarono impressionati da come Lizzie gli stava dando ordini. Era diventato una risorsa elettorale. Oltre a pubblico trasportatore: senza la sua aeromobile avrebbero dovuto affrontare una lunga marcia al freddo in mezzo alle montagne. No: senza la sua aeromobile non sarebbero rimasti così a lungo e non avrebbero discusso così animatamente. Vicki lo guardò sogghignando.

— Sono così eccitata — esclamò Lizzie una volta nell’aeromobile. — Manca solo qualche ora! Dirk, zitto, tesoro. Zitto, piccolino. Ancora qualche ora e quattromilaquattrocentoundici Vivi della Contea di Willoughby, almeno, si iscriveranno tutti insieme!

Shockey disse: — Sei sicura, tu, che quelle teste di rapa conoscono bene la procedura di iscrizione in linea, loro?

— Sam Bartlett e Tasha Herbert l’hanno spiegata due volte a tutte le tribù. Tutti sanno cosa fare. "Funzionerà."

E, con una certa sorpresa di Jackson, funzionò. Alle 11:00 della sera, tutti, eccetto i bambini piccoli che erano stati messi a letto, si radunarono attorno al terminale di Lizzie. Lei aveva programmato un foglio di riscontro aggiornabile: VOTANTI CONTEA DI WILLOUGHBY, diviso in due colonne VIVI e MULI. Il numero sotto MULI, in lucenti caratteri Univers Gothic tridimensionali, rimaneva costante. Ogni volta che l’altro numero di riferimento aggiungeva cento votanti, si illuminava una bandiera americana, suonava una musichetta e una figurina premeva un pulsante elettorale su un piccolo terminale da voto. L’intero monitor, poi, emetteva flussi olografici che terminavano in fuochi artificiali simulati.

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