La rivincita dei mendicanti - Кресс Нэнси (Ненси) 22 стр.


Paul disse: — Ho fatto calcolare le probabilità con un programma significativo Eisler. Se questo candidato Vivo dovesse vincere le elezioni, gli effetti sul sistema si allargano ben più che a un singolo stato. Ha un indice-evento pari al 4,71. La vittoria di un Vivo fornisce un ottantasette per cento di probabilità di diventare il nucleo di un sistema profondamente trasformato.

— Può vincere? — chiese Jennifer.

— No.

— Soldi?

— Ovviamente. I candidati Muli compreranno i voti.

— Allora la nostra preoccupazione…

— Un sito per il test. — Paul si passò una mano fra i capelli, ancora folti e di un marrone lucido. Gli uomini al Rifugio portavano i capelli corti, dal taglio semplice, come le donne. I lunghi capelli neri di Jennifer rappresentavano l’anomalia. Li teneva legati con un nodo appena sopra il collo; Will diceva che la faceva assomigliare a una matrona romana. Era una delle poche cose di suo gradimento che Will le aveva detto. Paul continuò: — So che avevamo pianificato di testare il composto di Strukov su una enclave di Muli. Dopo tutto sono loro la popolazione bersaglio. Ma utilizzarlo su questa tribù di Vivi potrebbe essere anche meglio. Non abbiamo avuto nulla a che fare con le elezioni, né come titolari né come sfidanti. Nessuno avrebbe motivo di pensare a un nostro coinvolgimento.

— Ma i votanti Vivi non passano l’inverno in luoghi distanti fra loro? Diffondere il composto sarebbe molto più difficile.

— Non proprio — spiegò Paul. — La Contea di Willoughby è formata principalmente da colline e basse montagne. Il clima invernale è odioso. Ci sono soltanto ventuno accampamenti di Vivi nella contea. Hanno tutti terreni di alimentazione ricoperti da tende, facilmente penetrabili da sistemi aerei telecomandati. Nessuno è dotato di alcun tipo di radar, cosa che invece hanno le enclavi di Muli. C’è una mappa sull’ultima pagina delle stampe.

Jennifer esaminò la cartina e poi la pagina con le equazioni di Esile. Annuì. — Sì. Capisco. Se i Vivi perderanno queste elezioni, gli effetti sul sistema sono annullati?

— Tutto rimane come era prima. A quel punto potremo procedere con le enclavi.

— Sì. Andate avanti. Questo ci offrirà un interessante piccolo pre-test e nello stesso tempo impedirà un cambiamento del sistema su larga scala.

Paul annuì. — Vogliamo il minor numero di variabili possibile per la grossa campagna. Avviserò Robert. È lui che sta gestendo i negoziati con i produttori dei mezzi di diffusione. Ti porterà un rapporto per la fine della settimana.

— Nessun arabo, russo, francese o cinese. E nessuno che abbia lavorato anche solo alla lontana con Strukov.

— Questi uomini sono peruviani.

— Bene. La Guerra de Dios?

— No. Liberi imprenditori.

— E Strukov si è dichiarato d’accordo a lavorare con loro?

— Sì. Ma soltanto con le sue procedure, nei suoi luoghi e con la sua squadra di sicurezza.

— Naturalmente — fece Jennifer. — Programma una riunione con Robert.

— Per me, te e Caroline?

— Anche Barbara, Raymond, Charles e Eileen. Voglio che tutti sappiano quello che fanno gli altri.

Paul annuì, un po’ meno contento, e uscì. Non capiva il modo di pensare di Jennifer. Paul avrebbe preferito distribuire le informazioni secondo il contributo individuale di ognuno, come se fossero denaro. Perché per alcuni di loro, Paul, perfino Will, era così difficile afferrare il principio morale che c’era dietro? Il Rifugio era una comunità. Quelli che governavano la comunità dovevano agire secondo responsabilità, dovere, lealtà. Nessuno poteva mostrare meno lealtà o responsabilità degli altri. Di conseguenza tutte e dodici le persone che avrebbero reso sicuro il Rifugio dagli Stati Uniti dovevano condividere in parti uguali i rischi, la programmazione e le informazioni. Fare altrimenti non sarebbe stato un atto di moralità ma desiderio di rango. Era ciò che facevano i Dormienti. Gli immorali.

Jennifer ruotò nuovamente la sedia per guardare dalla finestra dello studio. Era piena di stelle: Rigel, Aldebaran, le Pleiadi. Ricordò all’improvviso una cosa che aveva detto a Miranda, tanto tempo addietro, quando Miri era ancora una bambina. Jennifer aveva sollevato Miri davanti alla finestra del Consiglio del Rifugio ed era passata una meteora. Miri si era messa a ridere e aveva allungato le braccine paffute per toccare le belle luci del cielo. — Sono troppo lontane per la tua mano, Miri. Ma non per la tua mente. Ricordalo sempre, Miranda.

Miranda non aveva ricordato. Aveva utilizzato sì la sua mente, ma non per puntare al largo o più in alto. Piuttosto aveva usato la sua intelligenza potenziata, quella che le aveva dato Jennifer Sharifi, per sprofondare nel fango e nel sudiciume della biologia dei Dormienti. A beneficio dei Dormienti che avevano tradito il Rifugio, come aveva fatto la stessa Miranda.

— L’amico del mio nemico è anche mio nemico — recitò ad alta voce Jennifer. Al di là della finestra, apparve alla vista la Terra. Il Rifugio stava orbitando sull’Africa, un altro luogo che i Dormienti avevano rovinato.

Il suo schermo si illuminò. Di nuovo Caroline. Quella volta, però, il responsabile delle comunicazioni sembrava scosso. — Jennifer?

— Sì, Caroline?

— Abbiamo qualche nuovo dato.

— Sì? Dimmi pure.

— Non in linea — disse Caroline. — Verrò io da te. Immediatamente.

Jennifer non permise alla propria compostezza di sfaldarsi. — Come desideri. Mi puoi dire che cosa riguardano i dati?

— Riguardano Selene.

Lo schermo si spense. Mentre aspettava Caroline, Jennifer ripulì il pennino della stilografica. I suoi venti minuti erano scaduti da tempo. Abbassando lo sguardo si accorse che, mentre pensava a Miranda, aveva continuato a disegnare, nemmeno consapevole dei tratti prodotti dalla penna. Sulla spessa carta bianca, profilati e ombreggiati, c’erano i lobi frontali, parietali e temporali di un cervello umano.

Interludio

DATA TRASMISSIONE: 12 Febbraio 2121

A: Base Selene, Luna

VIA: Stazione Terrestre di Lione, Satellite E-398 (Francia), satellite GLO 62 (USA)

TIPO MESSAGGIO: Non codificato

CLASSE MESSAGGIO: Non applicabile, Trasmissione Straniera

GRUPPO DI ORIGINE: Gruppo senza nome, Ste. Jeanne, Francia

MESSAGGIO:

Nous sommes les gens d’une petite ville en France qui s’appelle Ste. Jeanne. Nous n’avons plus de seringues de la santé. Maintenant, ici, il n’y a pas beaucoup d’enfants qui ne sont pas changés, mais que ferons-nous demain? S’il vous plaît, Mademoiselle Sharifi, donnez-nous plus de seringues de la santé. Que somme-nous obligés faire pour vous persuader? Nous sommes pauvres, mais vous aurez les remerclements. Commes les riches, nous aimons les enfants, and nous avons peur de l’avenir.

S’il vous plaît, n’oubliez-nous pas!

CONFERMA RICEZIONE: Nessuna

11

— Non "puoi" — disse Lizzie al Vivo che appariva risentito. Jackson, che si trovava a settantacinque metri di distanza in un gabbiotto di appostamento di fronde di quercia che mostravano ancora le foglie avvizzite dell’anno precedente, guardava in uno zoom e ascoltava da un ricevitore della dimensione di un pisello. Osservò il volto di Lizzie lottare per non assumere un’espressione di disappunto. La ragazza mostrò il sorriso più cupo che lui avesse mai visto.

L’uomo, ancora più risentito, disse: — Shockey ha detto, lui, che posso.

— "Shockey" ha detto che puoi?

— Già.

— Aspetta soltanto un minuto — fece Lizzie. Si allontanò dall’uomo, che si trovava all’esterno dell’area di alimentazione della tribù, la solita tenda di plastica. Dentro, venti Vivi nudi consumavano il pranzo. A Jackson sembrò che, tutte le volte che controllava la tribù di Lizzie, finiva col guardare dei Vivi nudi che pranzavano. Quella volta, però, tre reporter Muli dotati di telecamere si trovavano fuori dal recinto completamente vestiti e filmavano il pasto. Altre robocamere si libravano all’interno. Quel gruppo di Vivi, a differenza di altre tribù della Contea di Willoughby, stava godendo di un momento di notorietà temporanea. Jackson notò che due donne portavano fermagli d’oro sui capelli. Un’altra, vide improvvisamente, indossava una collana con una pietra che, ingrandita dallo zoom, appariva come un diamante. Altri guai.

Lizzie si avvicinò a Jackson, travestito da Vivo. Durante le ultime tre settimane si era fatto crescere una barba incolta. Indossava pantaloni larghi e azzurri, un cappello malconcio calzato sulla fronte e gli stivali più pesanti che avesse mai avuto in vita sua. Il terreno era un mare di fango: aveva piovuto per due giorni di fila, una pioggia di marzo tardiva e sferzante che minacciava di riprendere a cadere. Gli stivali di Jackson erano appesantiti di fango. Aveva accompagnato Lizzie a piedi attraverso una montagna fino a quella tribù: i Vivi non utilizzavano aeromobili, e lui era in incognito come Vivo. Al momento, nessuno dei numerosi reporter lo aveva notato. Si sentiva ridicolo.

Lizzie gli si sporse vicino, disperata, e sussurrò: — Dice che è stato "Shockey" a dirgli che potevano accettare gli scooter!

— Be’, pensi che Shockey gliel’abbia detto sul serio? — chiese Jackson. Secondo lui sì. Shockey sembrava non avere afferrato l’idea di Lizzie che, se i Vivi erano intenzionati a votare per il loro candidato il primo aprile, non potevano accettare doni o denaro dagli altri due candidati il 25 marzo. — Risarcimenti — li aveva chiamati Shockey, e dove diavolo aveva imparato quella parola? — Bustarelle — diceva Lizzie, e aveva ragione.

Lizzie si mordicchiò il labbro inferiore. — Harry Jenner dice che Shockey gli ha detto di accettare i regali, di non fare vere e proprie promesse e poi di votare comunque per lui.

Era quello il modo in cui i Muli avevano gestito le cose per decenni. Jackson lo disse a Lizzie.

— Ma "non è giusto" — ribatté Lizzie, improvvisamente impaziente. Per lei, coinvolta in quella rivoluzione legale innocente e destinata a fallire. Anche per lui, nascosto lì in piedi all’ombra degli alberi che non ne offrivano molta perché era soltanto marzo, che si sentiva prudere tutto con quella tuta sintetica non traspirante macchiata di fango montano.

— La cosa importante è se Harry e la sua tribù voteranno davvero per Shockey dopo avere accettato scooter, vestiti alla moda, saponi profumati e collane di diamanti — disse lui. — Non voteranno piuttosto per un candidato che ha donato loro tutto questo bottino?

— Collane di diamanti? — chiese Lizzie, allibita.

— La ragazza più vicina alla plastica, quella con i capelli lunghi e scuri, ha addosso una collana di diamanti. Credo che sia di Tiffany.

— Oh, santo Iddio!

Jackson sorrise. Lizzie sarebbe rimasta male se avesse saputo che nei momenti di stress, anche se non parlava da Viva, sembrava proprio sua madre, la formidabile Annie. Jackson non glielo disse. Durante gli ultimi tre mesi, occupandosi marginalmente di quella ridicola campagna elettorale, aveva cominciato a stimare Lizzie. La ragazza era una strana combinazione di durezza e vulnerabilità. A volte, gli rammentava perfino Theresa.

Ma quello non era un motivo sufficiente per essersi lasciato coinvolgere in quel progetto donchisciottesco. E allora perché lo aveva fatto?

— Ascolta, Lizzie. Mancano sei giorni alle elezioni. Dovrai fidarti semplicemente del fatto che Harry Jenner e il resto di loro voteranno per Shockey nonostante i… regali. — Regali. Bustarelle. Ricompense.

— Lei pensa "davvero" che voteranno per Shockey? — I suoi occhi neri lo stavano implorando.

— A dire il vero sì — rispose lui lentamente. — Penso che l’odio rimasto dalle Guerre del Cambiamento sia più forte dell’avidità dei Vivi. — O della gratitudine dei Vivi. I Vivi erano esattamente gli opportunisti che i Muli avevano plasmato.

— È quello che dice anche Vicki — commentò Lizzie.

Jackson non voleva parlare di Vicki. Lei era rimasta indietro per mantenere il più possibile l’ordine nel "quartier generale elettorale", e faceva talmente parte della tribù di Shockey da non essere costretta a restare lì nel fango, travestita da qualcosa che non era. "Non abbiamo bisogno dell’effetto negativo della tua presenza esplicita" aveva detto a Jackson "e tu non hai alcun bisogno di un effetto negativo sulla tua, ehm, carriera medica." Già. Giusto.

— D’accordo — capitolò Lizzie. — Non dirò loro di restituire gli scooter e gli altri oggetti. Ma dirò nuovamente loro quanto hanno bisogno di votare per Shockey!

— Be’, fallo subito, allora. Quel reporter sta ricominciando a guardarti con interesse. E sta guardando anche me.

— Ci rivediamo all’accampamento.

— Bene — concluse Jackson e riprese ad arrancare attraverso i boschi.

Dopo qualche chilometro, sentì abbastanza caldo da aprire la giacca e poi da toglierla. Tenne in testa il cappello: molti giornalisti privi di notizie migliori da seguire avevano utilizzato aeromobili e telecamere dotate di zoom per filmare quella campagna elettorale. Essa rappresentava, secondo il canale dei notiziari, un insulto al buon senso, una minaccia a quello che restava dell’ordine civile, un’insignificante nota a piè di pagina della storia politica oppure una barzelletta cosmica. A volte, tutte quelle cose insieme.

Perfino per Susannah Wells Livingston e Donald Thomas Serrano. La settimana precedente Jackson, spia in campo nemico, aveva partecipato a una festa per la raccolta di fondi a favore di Don Serrano. Aveva scoperto che il candidato Mulo non era realmente preoccupato. — Ho dispensato in giro ogni genere di "benefit" al mio elettorato — gli aveva confidato Serrano. — Da quando in qua non si può comperare un Vivo? — Jackson si era limitato ad annuire. Non era esattamente quello che aveva creduto anche lui, finché Lizzie Francy non era precipitata nella sua vita da due metri e mezzo di altezza dalla parete di una fabbrica?

L’elezione, comunque, non era una barzelletta cosmica per Cazie. Per evitarla, Jackson aveva traslocato temporaneamente dal suo appartamento e, usando un altro nome, si era sistemato in un albergo nella enclave di Pittsburgh. Non un albergo di lusso, quel luogo ospitava soprattutto tecnici, i Muli al limite della loro classe sociale i cui genitori avevano potuto acquistare soltanto modificazioni genetiche parziali, di solito di tipo estetico. I tecnici lavoravano per mantenersi e raramente possedevano un’impresa. Jackson si muoveva fra loro con una certa disinvoltura. Parlava quotidianamente con Theresa, l’unica persona che avesse il suo indirizzo, su una linea di comunicazione che sperava sufficientemente schermata. Che Cazie non riuscisse a trovarlo dava a Jackson una strana soddisfazione, forte come sapere che lei lo stava cercando.

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