— Hai visto Miranda Sharifi? — Lanciò un’occhiata al monitor. La temperatura di Theresa, la conduttanza della pelle e la scansione cerebrale erano normali: non era in stato di allucinazione. — Tesoro, non è possibile. Miranda è a Selene. Sulla Luna.
— No!
— Non c’è? Era a La Solana? Tess… com’è possibile?
Theresa lo guardò con espressione torva, gli occhi azzurro acquoso in una testa orribilmente deformata. Poi cominciarono a scenderle le lacrime. Jackson la vide contrarsi quando il sale le toccò la pelle. — Morta! Morta!
— Tess, oh, non…
— Se dice che ha visto Miranda e che Miranda è morta, probabilmente è vero — disse la voce di Vicki alle sue spalle. — Sa quello che ha visto. È l’unica spiegazione che dia un senso al bombardamento di La Solana senza che ci siano state rivendicazioni dell’azione.
Theresa guardò oltre Jackson a Vicki, in piedi sull’arco della porta. Theresa annuì con uno sforzo spaventoso. Quindi chiuse gli occhi e si addormentò.
Jackson si voltò di scatto verso Vicki. — Sai quello che stai dicendo?
— Probabilmente meglio di te. — Il volto di Vicki si contorse in una smorfia e lei lasciò la stanza.
Jackson non la seguì. Guardò Theresa che giaceva un po’ rialzata sui cuscini, con la povera bocca mezzo aperta. Con delicatezza, Jackson la adagiò meglio sul letto.
Passò per tutto l’appartamento e superò lo scudo a energia-Y che dava sulla terrazza. Sembrava il tramonto: Jackson aveva perduto il conto delle ore, dei giorni. Gli alberi e le aiuole del parco sottostante rifiorivano in tutta la magnificenza modificata geneticamente della piena estate. Pensò che dovevano essere più o meno a maggio.
Theresa aveva detto che Miranda Sharifi era morta.
E gli altri Super-Insonni? Forse. Di solito erano sempre stati insieme, in un branco della loro razza. Forse perché era l’unico modo per trovare qualcuno che li comprendesse, o forse soltanto per questioni di protezione. Rimanevano insieme, si nascondevano e poi usavano tutta la tecnologia che avevano a disposizione per far credere al mondo di essere nascosti da qualche altra parte, quasi in un’ulteriore forma di protezione.
Se Theresa aveva ragione, non era servito a nulla. Quelli che li odiavano li avevano beccati comunque.
Le cime degli alberi danzarono per una brezza improvvisa. In piedi, proprio al margine della terrazza, Jackson sentiva stormire le foglie, ne inalava la fresca umidità. A sud-est, proprio sotto la Luna, brillava fisso un pianeta. Probabilmente Giove. Oppure un ologramma di Giove, approvato dal comitato climatico dell’enclave. "Aggiungiamo un pianeta alla programmazione della cupola di questo mese. I bambini potranno imparare a usare il software di orientamento nel cielo."
Jackson rivide le stampe appese alla parete dello studio di Theresa dei bambini Vivi nonCambiati che morivano di pustole e putrefazione per la mancanza di misure sanitarie che nessuno aveva più bisogno di adottare, di siringhe del Cambiamento o di cure mediche.
Non ci sarebbero state mai più siringhe del Cambiamento. Persone, gruppi e governi potevano inviare un numero infinito di messaggi o effettuare spedizioni a Selene, ma non sarebbe servito a nulla. A meno che i Super non avessero lasciato un’immensa provvista di siringhe da qualche parte perché venisse scoperta a posteriori, non sarebbe più esistito il Cambiamento per la generazione successiva o quella dopo ancora. Nemmeno per i bambini Muli che studiavano il software per l’orientamento celeste. La biochimica/nanotecnologica era troppo oltre la comprensione della normale umanità, perfino dell’umanità modificata geneticamente. Non si poteva affrontare la rivoluzione industriale se si era appena inventata la ruota.
Jackson appoggiò le mani sulla ringhiera della terrazza e si sporse in avanti. Dalla strada, quattro piani sotto, arrivava il debole suono della risata di una donna, seguita da quella di un uomo, calda e tenorile. Jackson non riuscì a scorgere nessuno dei due. L’aria profumava di menta, erba tagliata di fresco e rose.
"Eden" aveva detto una volta Theresa di Central Park, durante la sua fase religiosa. Aveva avuto dodici anni e aveva desiderato diventare suora.
Eden. Per quanto tempo ancora?
C’erano siringhe nascoste, probabilmente, famiglia per famiglia, in tutte le enclavi, una o due qui, altre lì. I neonati sarebbero stati iniettati, segretamente, prima che gli outsider venissero a conoscenza dell’esistenza delle siringhe per poterle rubare. Quando le siringhe messe da parte fossero finite tutte, il tasso di natalità sarebbe crollato anche più di quanto già non avesse fatto, quando i genitori Cambiati avessero preso in considerazione i problemi relativi a malattie e al bisogno di cibo dei figli nonCambiati. Alla fine la gente avrebbe ricominciato comunque ad avere bambini, perché succedeva sempre così. A quel punto la medicina si sarebbe ripresa dal febbricitante coma di ricerche nel campo delle droghe del piacere e i Muli se la sarebbero cavata bene, più o meno come avevano sempre fatto, dietro i loro scudi a energia-Y, sempre più impenetrabili, che si sarebbero estesi ogni anno a causa della necessità di destinare aree sempre maggiori all’agricoltura, alle industrie casearie e a quelle di sintesi della soia. Le enclavi si sarebbero adattate. Avevano tutta la tecnologia per riuscirci. Non ci sarebbe stata alcuna cacciata dall’Eden.
E i Vivi? Non c’era bisogno di chiedersi cosa sarebbe accaduto loro. Accadeva già. Carestia, morte, malattia, guerra. Alla fine, avrebbero imparato nuovamente le tecniche per la sopravvivenza. Se invece il neurofarmaco che inibiva la tolleranza per le novità avesse continuato a diffondersi, non avrebbero imparato. Sarebbero rimasti attaccati alle vecchie mansioni adatte a corpi Cambiati che la nuova generazione non avrebbe posseduto. I Muli, inaspriti dalle Guerre del Cambiamento e consci che i Vivi non erano più necessari economicamente per almeno tre generazioni, non avrebbero fatto nulla.
Genocidio tramite immobilismo universale. Il Signore non aiuta i cerebrochimicamente incapaci di aiutare se stessi, troppo terrorizzati dai cambiamenti per lasciare che qualcuno si avvicini loro e che hanno perso da poco i loro ultimi paladini extraterrestri.
Jackson inspirò profondamente la dolce aria artificiale e chiuse gli occhi.
— Jackson — disse Vicki alle sue spalle. — Ti vuole Theresa.
— Fra un minuto.
Con sua sorpresa, sentì il braccio di Vicki stringerglisi attorno da dietro. La guancia di lei si appoggiò alla sua schiena. Sentì la camicia bagnarsi. Ricordò che mentre lui aveva pensato ai Super-Insonni morti come a una fonte di siringhe del Cambiamento, Vicki aveva avuto con loro un’inspiegata relazione personale.
Le disse, senza voltarsi: — Tu hai incontrato Miranda Sharifi.
— L’ho incontrata, sì. Due volte.
— Quale pazzo scatenato può averli uccisi?
— Ci sono troppi candidati per poterli enumerare. Il mondo è pieno di amareggiati e scontenti.
— Già. Tutti i perdenti che provano risentimento per i vincitori.
— Non sono sicura che Miranda sia mai stata una vincente — disse Vicki. — Mai. Lei e la sua razza, tuttavia, erano il nostro unico aggancio con un’evoluzione radicale forzata. Soltanto il Rifugio avrebbe potuto crearli e il Rifugio non lo rifarà mai.
A quel punto Jackson comprese. Le mani gli si serrarono sulla ringhiera. L’aria gli risultò improvvisamente pesante. — Li ha uccisi Jennifer Sharifi come rappresaglia per aver mandato lei e i suoi compari cospiratori in prigione circa trent’anni fa.
— Sì — confermò Vicki. — Probabilmente. Ma il Dipartimento di Giustizia non sarà mai in grado di dimostrarlo.
Lasciò andare Jackson e si allontanò da lui. — Adesso dipende da te, Jackson.
Lui si voltò per affrontarla. — Dipende da me? Ma di che diavolo stai parlando?
— Non penserai davvero che la Kelvin-Castner stia puntando la ricerca alla scoperta di una cura per il neurofarmaco, no? Non si aspettano che riesca a filtrare nelle enclavi perché sanno che, originariamente, era stato creato da un altro gruppo di Muli con lo scopo di impedire ai Vivi di rappresentare una minaccia politica o fisica, senza sporcarsi le mani spazzandoli via del tutto. A meno che tu non obblighi la K-C a rispettare il contatto, si tufferanno a capofitto sulle applicazioni commerciali e avanzeranno trascinando i piedi sul versante dell’antidoto per cui hai firmato il contratto.
— La documentazione di laboratorio quotidiana…
— L’hai esaminata con grande attenzione vero? Stronzate. L’hai degnata a mala pena di uno sguardo.
Lui restò in silenzio, cercando di assorbire il colpo.
— "Io" l’ho guardata per quello che mi è potuto servire — riprese Vicki. — Non sono preparata in quel campo: per me non si trattava che di una serie di diagrammi, equazioni confuse e modelli di sostanze incomprensibili. Jackson tu devi stare col fiato sul collo della Kelvin-Castner se ti interessa davvero che venga trovato un antidoto. "Tu."
— Theresa…
— …sta guarendo. Dirk, Billy e Shockey no. Dopo tutto… — sollevò le mani, a palmi in aria, in un umile gesto implorante che Jackson non le aveva mai visto fare e di cui non la credeva capace — dopo tutto, sei un medico, no?
— Non sono un ricercatore medico!
— Adesso lo sei — disse Vicki quindi, all’improvviso, sbalordendolo, gli sorrise. — Benvenuto all’evoluzione personale.
C’erano settimane intere di rapporti. Ogni giorno il numero dei ricercatori primari cresceva: era partito da diciassette per aumentare a uno strabiliante duecentoquarantuno in dieci siti differenti disseminati nel paese. Tutti avevano mandato a Jackson copie di tutto: la registrazione di ogni conferenza, ogni procedura, ogni ipotesi, ogni versione di ogni modello informatico. Variazioni nel tasso di assorbimento, biodisponibilità, legami proteici, meccanismi di sottotipi di recettori, equazioni di efferenze nervose, modelli Meldrum, ionizzazione gangliodea, sintesi di proteine ribosomiche, tassi di interazione con il Depuratore Cellulare. Non era possibile esaminare tutto per una singola persona. Mentre cercava di farlo, Jackson cominciò a sospettare che lo scopo della documentazione inviatagli fosse proprio quello.
Cominciò anche a sospettare che parte di ciò che gli veniva mandato fosse fasullo. Però non aveva il tempo, le conoscenze o la pazienza per determinare esattamente quale parte lo fosse.
Seduto davanti al terminale del proprio studio, analizzando stampe, comprese che l’unico modo per orientarsi in tutta quella roba era usare programmi scritti apposta per ricercare schemi specifici, o specifiche linee di ricerca. O di ricerche possibili. O forse la direzione verso cui una ricerca si poteva orientare. Non esistevano programmi personalizzati simili e Jackson, che non era un esperto di informatica, non era in grado di scriverli. Figuriamoci poi se poteva intrufolarsi nella documentazione che sospettava la Kelvin-Castner non gli fornisse.
— Manda a chiamare Lizzie — disse stancamente a Vicki.
— Lizzie? Non sa nulla di ricerca sulla chimica cerebrale.
— Be’, nemmeno io. Quanto meno non abbastanza. Chiamala e dille che le invierò immediatamente un’aeromobile. Mi dovrà aiutare a scrivere dei software specializzati. Se non riuscirà a farlo, potrà intrufolarsi nella documentazione segreta della K-C. Dio sa se è brava come pirata informatico. Non voglio assumere un esterno che potrebbe rivendere le informazioni. Non ancora.
A Vicki scintillarono gli occhi. — Benissimo. Oh, a titolo informativo, Jones ha detto che Ca/.ie sta venendo a farti visita.
Jackson sollevò lo sguardo dalle pile di stampe traballanti disseminate su tutto il suo antico Aubusson. L’espressione di Vicki era attentamente neutrale. Lui riusciva ancora a sentire le sue braccia attorno al corpo, calde e solide, di fianco alla ringhiera della terrazza.
Forse l’aiuto di Lizzie non era l’unico modo per progredire.
Le disse tranquillamente: — Cazie. È venuta qui regolarmente, vero? Per vedere Theresa.
— Questa volta vuole vedere te.
— Come fai a saperlo?
Vicki fece un sorrisetto storto. — Lo so.
Ed ecco Cazie, che piombava nel suo studio come se ne fosse la proprietaria, con un frusciante abito blu elettrico e i riccioli neri che ondeggiavano: una presenza vivida che infiammò la stanza in penombra con un bagliore pericoloso che sembrò consumare anche le stampe in plastica non consumabile. Cazie lo fissò con espressione truce. — Jack! Se potessi parlare solo con te…
Vicki mormorò: — Sarebbe necessario che tu riuscissi a vedere oltre te stessa — e lasciò la stanza.
Jackson si alzò, cercando di sfruttare il fragile vantaggio della propria altezza.
— Come stai, Jack?
— Bene. — Aspettò. Era arrivato il momento chiave. Davvero. Si chiese se Cazie se ne rendesse conto.
— E Tessie?
— Sta facendo progressi proprio come da programma.
Il sorriso di Cazie era genuino. — Sono così felice! La nostra Tessie. Ti ricordi che pensavamo a lei come al bambino che non avevamo ancora avuto? Un sentimento immeritato ma non completamente falso. — Si avvicinò di un passo. Jackson riusciva a sentire l’odore del profumo di lei, fiori in un calore animale.
— La Kelvin-Castner non sta sviluppando l’antidoto — esordì Jackson. — E io posso dimostrare che tu lo sai.
Era la sua unica vera possibilità: coglierla di sorpresa, contando sul fatto che lei non si aspettava un doppio gioco da parte sua, accuse che non avevano un fondamento o menzogne. Cazie si fidava di lui, anche se gli aveva sempre lasciato capire che lui non poteva fidarsi di lei. Lui era Jackson: solido, onesto, abbagliato da lei. Facile da ingannare. Facile da controllare.
La osservò attentamente. Era brava: appena una leggera dilatazione degli immensi occhi verde dorato, un cambiamento involontario nelle pupille scintillanti. Era abbastanza. All’improvviso Jackson si sentì colpito allo stomaco.
Cazie rispose tranquillamente: — Non è vero, Jack. Ti sono stati inviati rapporti di laboratorio ogni giorno.
— Sono falsi. Tutto lo sforzo di comprensione del fattore permanenza è mirato verso il suo uso in una sostanza base per droghe di piacere.
— Non hai avuto il tempo per formulare questo genere di analisi. Anche se lo avessi avuto, ti sbagli. Vieni alla K-C e guarda coi tuoi occhi. Thurmond ti mostrerà…
— …dei veri esperimenti. Sì, non ne dubito. Qualche ricerca tenuta in piedi come paravento. Cazie, come hai potuto? Sai che cosa ha fatto questo neurofarmaco nell’accampamento di Vivi di Vicki. Cosa potrebbe fare ovunque. Nessuno sarebbe più in grado di adattarsi, di modificare le proprie abitudini quotidiane. Quando le siringhe del Cambiamento saranno finite e i bambini non potranno contare sul Depuratore Cellulare per l’eliminazione di ogni organismo dannoso che li attacca, o su tubuli trofoblastici per nutrirsi, nessuno sarà in grado di innovarsi al punto da riuscire a imparare di nuovo come agire! Nel giro di una generazione…
— Oh, dio, Jack, non cambierai mai, eh? Non fai altro che guardare la tua piccola specializzazione, il sacro modello medico senza mai lanciare un’occhiata al quadro complessivo. Solleva lo sguardo, letteralmente! I Vivi non sopravvivono da soli, come piccole e indifese lucertoline in un deserto abbandonato! Hanno Miranda Sharifi come angelo custode con un intero contingente di serafini e cherubini Super-Insonni. Miranda volerà giù da Selene quando sarà pronta, farà incendiare qualche rovo, consegnerà un antidoto e tutto finirà lì. La K-C non deve fare nulla per i Vivi e non c’è motivo per cui dovremmo farlo noi.
— Be’, c’è il piccolo dettaglio che tu lo avevi promesso "a me".
Cazie lo guardò. Dio come era bella. La donna più desiderabile che avesse mai conosciuto. Bella, intelligente, tenera quando voleva. Sua moglie, un tempo, con tutto quello che Jackson aveva sempre compreso nel termine. Qualcosa sotto le costole gli si torse. Gli provocò un gran dolore fisico sapere che non l’avrebbe mai più stretta fra le braccia.
— Jack…
— Di’ a Thurmond Rogers, il mio vecchio compagno universitario, che mi trasferirò alla Kelvin-Castner. Immediatamente. Con un esperto informatico e un legale. Esaminerò ogni rapporto personalmente, visitando ogni laboratorio nel complesso bio-schermato, "ossessionandolo" con consulenti esperti. E se…