— Mi dispiace, Tess. — Vicki afferrò il braccio di Theresa e sollevò la siringa.
— "Mendicante" — mormorò Theresa. — Dono… — chiuse gli occhi e la febbre le danzò nel corpo, bruciandole l’anima. Tutto sparito.
Non sentì nulla. Quando riaprì gli occhi, Vicki teneva ancora in mano la siringa sopra il braccio di Theresa.
— Tessie — sussurrò Vicki. — Preferisci davvero morire? Non posso lasciartelo fare. Sì, posso. Ma non dovrei, dovrebbe essere una tua scelta. Stramaledetto Jackson! Dovrebbe essere un problema tuo!
Tess disse: — "Mio"… problema.
Vicki la fissò. — Sì. Un problema tuo. Tua la scelta, tua la vita. Dio, Tess, come faccio a non… va bene. È tua la scelta. Devo iniettarti? Se non lo farò, potresti morire, ma io non "so" se morirai davvero. Se ti inietto, la chimica del tuo cervello potrebbe alterarsi, oppure no, in qualche modo. Quanto meno un po’.
Quel tanto per restare comunque Theresa.
Anche se il suo corpo veniva Cambiato. Lei era più del suo solo corpo. Ma non lo aveva sempre saputo? Non era quello il motivo per cui aveva discusso così animatamente con Jackson?
— Tess? Stai sorridendo come… Dio, tesoro, ti brucia la fronte… non so cosa fare!
— Iniettami — disse Theresa e, nel momento in cui l’ago le penetrava nella pelle e attraverso l’incandescente turbine della febbre, pensò che Vicki era diversa da Cazie, dopo tutto: Cazie non avrebbe mai detto che non sapeva cosa fare.
La sottile siringa nera si svuotò nel braccio devastato.
24
Quando finalmente Vicki ebbe terminato di parlare, Jackson restò a lungo in silenzio. Il corpo di lei sul letto per gli ospiti della Kelvin-Castner non lo distraeva più, e certo non aveva più alcun sonno.
Le credeva. Anche se alcuni degli eventi che gli aveva sussurrato all’orecchio parevano incredibili. Theresa, la sua Theresa, che aveva tirato fuori di prigione Lizzie Francy? Che era andata da sola in un accampamento di Vivi per lasciare loro un roboinfermiere? "Che sceglieva di essere Cambiata?"
Tuttavia credeva a Vicki. In fondo, però, aveva creduto sempre anche a Cazie, fino a quando era arrivato alla Kelvin-Castner…
— Devo mostrarti qualcosa — disse Vicki e quella volta fu la sua voce a essere impastata dal sonno. — Una specie di prova. Ma può aspettare domattina. Io sono stanca morta. Stremata da Lizzie e Theresa, i figli della prossima era…
— I cosa? — chiese Jackson con un tono più brusco di quanto non intendesse, perché si sentiva disorientato. Theresa che sceglieva di essere Cambiata. Theresa, Cambiata. Avrebbe avuto ancora bisogno di lui?
— I figli della prossima era — ripeté Vicki, quasi biascicando. — Autonominatisi… — si addormentò.
Jackson si scostò dal corpo abbandonato di lei e scese dal letto. Dormire era impossibile. Nella stanza, al massimo tre metri per tre, non c’era spazio per camminare. Se avesse usato il terminale avrebbe potuto svegliare Vicki. Non voleva che Vicki fosse sveglia. Non avrebbe fatto altro che colpirlo con ulteriori ganci destri emotivi, era proprio quello che "aveva fatto" e lui, per la giornata, era stato colpito anche troppe volte.
Quanti pugni che scuotevano il cervello potevano definirsi troppi? E perché diavolo l’unico a riceverli era proprio lui?
Senza fare rumore, Jackson aprì la porta della camera da letto, se la chiuse alle spalle e cominciò a camminare a piedi nudi, col pigiama preso in prestito, lungo il corridoio poco familiare e dall’aspetto austero. In fondo, trovò un piccolo atrio deserto. Era ovvio che fosse deserto, era notte fonda. L’atrio comprendeva un divano, sedie, una tavola e un roboservitore, tutto austero come il corridoio, oltre a un terminale a schermo piatto.
— Accendere sistema — disse Jackson.
— Sì, posso esserle d’aiuto? — Un programma anonimo, per tecnici in attesa o ospiti annoiati e affetti da insonnia. Indubbiamente con accesso limitato. Era sufficiente.
— Notiziari, per favore. Canale 35.
— Certamente. E se ci fosse qualsiasi cosa che la Kelvin-Castner possa fare per lei, non esiti a chiederlo.
— …nel Kansas orientale. Il tornado ha sfiorato l’Enclave di Wichita che ha attivato immediatamente gli scudi ad alta sicurezza. A Washington, il Congresso continua a discutere sul controverso pacchetto del regolamento aeroportuale: il voto al Senato è previsto per domani mattina. A Parigi, l’Enclave della Sorbonne ha assistito alla prima esecuzione del nuovo concerto di Claude Guillaume Arnault,
— Certamente. E se ci fosse qualsiasi cosa che la Kelvin-Castner possa fare per lei, non esiti a chiederlo.
Il volto di Lizzie apparve sullo schermo. I suoi capelli crespi sparavano in venti direzioni diverse, irsuti vettori. Gli occhi neri le scintillavano dall’eccitazione, a dispetto delle borse scure che aveva sotto. — Ho appena cercato di collegarmi con la sua stanza.
— Non sono lì — spiegò scioccamente Jackson. — C’è soltanto Vicki. Veniva da casa mia e di Theresa…
— So tutto — disse Lizzie in fretta. Sollevò le mani sui capelli e tirò, creando ulteriori vettori. — L’ho svegliata. Jackson, io ho bisogno, io, di venire da lei. Di vederla di persona, io. Adesso.
— Lizzie, qui dentro siamo bioschermati. Se vieni dentro non potrai uscire per…
— Lo so, lo so! Ma devo entrare, io. Subito.
Jackson la osservò più attentamente. Non era eccitazione quella che brillava negli occhi di Lizzie. Era paura. E il suo modo di parlare era tornato quello dei Vivi.
— Lizzie, cosa…
— Ancora niente. Non riesco a infiltrarmi in questo sistema, io. È troppo difficile. Ma non mi piace stare qui, a me, da sola. Voglio Vicki. Voglio entrare dentro, io!
Lizzie, si accorse Jackson, si sforzava di apparire patetica. Una ragazzina sola in piena notte in un ambiente estraneo, che voleva il suo surrogato di madre. Soltanto che quella era la Lizzie Francy che era arrivata a piedi fino a New York da sola, si era infiltrata in un’enclave apparentemente impenetrabile e aveva trafugato dati da più imprese di Muli di quante Jackson potesse nominarne. Quell’atteggiamento patetico era fasullo.
La paura sottostante non lo era.
— Dirk… — iniziò.
— So che se vengo dentro, io, starò in quarantena per qualche settimana. Ma io voglio Vicki, io! E non riesco a infilarmi in questo fottuto sistema! — Le si riempirono gli occhi neri di lacrime.
Sconcertato, Jackson acconsentì: — Benissimo, dirò a un ologramma di portarti in Decontaminazione. Thurmond Rogers mi ha fornito il codice. L’intero procedimento dura circa un’ora. Ma non puoi portarti dietro il terminale, Lizzie.
— C’è il mio diario! E le fotografie di Dirk! — A quel punto cominciò a piangere.
— Lizzie, tesoro…
— Voglio Vicki!
All’improvviso, lo desiderò anche Jackson. Vicki sapeva come trattare un inaspettato attacco isterico. Lizzie, fra tutte le persone che conosceva, che piagnucolava e piantava un gran casino per avere sua madre… Ma Vicki non era nemmeno sua madre. E Jackson non credeva affatto che non fosse riuscita a penetrare nel sistema della Kelvin-Castner.
— Vieni dentro, Lizzie — disse Vicki al suo fianco. — Lascia il terminale. Le informazioni per cui ti preoccupi non vanno di backup nel sistema di Jackson?
— No! Se ci provo, potrebbero essere intercettate!
— Allora prendi il tuo sistema personale. Sei scollegata già dalla K-C, vero? Certamente. E portalo fuori dall’edificio. Attraverso la porta alle tue spalle, volta a sinistra in fondo al corridoio e continua fino all’uscita antincendio. Proprio lì fuori ci sono sette persone in un pulmino. Consegna loro il tuo sistema e loro lo proteggeranno finché tu sarai qui dentro con me.
Jackson strizzò gli occhi. Un "pulmino"?
Immediatamente lo schermo si divise in due e Thurmond Rogers disse da una delle metà: — Nessuno dei dati di nostra proprietà può essere rimosso fisicamente dalla Kelvin-Castner. La signorina Francy ha analizzato i nostri sistemi e…
Vicki lo interruppe: — Due delle sei persone nel pulmino sono agenti di sicurezza. Hanno a disposizione un equipaggiamento per sigillare il sistema di Lizzie in modo che non possa essere aperto se non con una scansione di retina sua, di Jackson o dei due rappresentanti della Kelvin-Castner presenti al momento della chiusura. Un rappresentante potresti essere tu, Thurmond.
— Anche così, non potete…
— Una delle persone nel pulmino è un avvocato. Ha un’ingiunzione del tribunale che lo abilita a rimuovere in modo sicuro qualsiasi documento della Kelvin-Castner che abbia pertinenza con il contratto legale del dottor Aranow con la Kelvin-Castner.
— È contrattuale soltanto se…
— Un’altra persona nel pulmino è un microbiologo. È pronto a esaminare i dati di Lizzie prima che vengano sigillati e a dichiarare come esperto legalmente riconosciuto, se essi sono veramente rilevanti rispetto al contratto del dottor Aranow. A meno che, ovviamente, tu non sia contrario al fatto che lei esamini i dati.
Thurmond Rogers fissò Vicki con uno sguardo d’odio.
— Vai pure, Lizzie — disse Vicki. — È una camminata breve e nessuno ti fermerà. C’è una spia all’interno del colletto della tua tuta e la gente nel pulmino potrà tenerti sott’occhio quando non sarai più inquadrata dai monitor della K-C. Il dottor Rogers dirà all’edificio di aprirti la porta e di lasciarti rientrare. Con un testimone del pulmino che ti accompagni. Vai adesso, tesoro.
Lizzie, con gli occhi ancora lucidi, prese il terminale e il suo orribile zaino color porpora. Si strinse forte al petto il terminale e uscì dal raggio della videocamera di comunicazione. Vicki trasse un profondo respiro e lo trattenne finché il volto maschile di un estraneo non apparve sullo schermo. In piena notte, l’estraneo si presentava perfettamente a posto, pettinato e calmo. — Elizabeth Francy è con noi all’esterno, signorina Covington. Con il sistema. La chiusura del sistema inizierà non appena sarà arrivata la squadra della Kelvin-Castner, a meno che la Kelvin-Castner non preferisca che la dottoressa Seddley esamini i dati.
— Rogers? — chiese Vicki.
L’odio di Thurmond Rogers non si era sedato, ma ormai lui lo aveva sotto controllo. — Nessun esame in questo momento. Io andrò immediatamente alla porta di emergenza est accompagnato da un addetto alla sicurezza della Kelvin-Castner.
— Certamente — disse il volto maschile ben curato, e Jackson pensò scioccamente all’anonimo sistema per gli ospiti che gli aveva acceso il notiziario. — La signorina Francy, accompagnata dall’agente Addison, sta tornando nell’edificio. — Tutt’e due le metà dello schermo si spensero.
Jackson guardò Vicki. Era a piedi nudi e aveva i capelli scompigliati dal sonno. Aveva qualche ciocca appiccicata alla guancia sinistra. Sembrava giovane e indifesa. — Chi è l’agente Addison? — chiese lui. — E le altre tre persone nel pulmino?
— Guardie del corpo.
— Come facevi a sapere…
— È il mio mestiere — disse Vicki. — O almeno lo era. Anche se, ovviamente, non sono stata io a pagare per questo. Lo hai fatto tu.
— Come…
— Lizzie ha trafugato i tuoi numeri di conto corrente molto tempo fa. Ma è una piccola creatura etica, a modo suo. Potrei giurare che non li ha mai usati. — Sorrise. — Non si può dire lo stesso di me.
Jackson mise una mano sul braccio di Vicki. Non lo strinse forte ma non lo accarezzò nemmeno. — Che cosa ha trovato Lizzie?
— Non lo saprò finché non ce lo avrà detto. O finché il suo terminale resterà sigillato. Ma mi interessa di più sapere perché è voluta entrare nell’area bioschermata per parlarci di persona.
— L’agente, la guardia del corpo, qualsiasi cosa sia, resterà con lei per tutta la Decontaminazione?
— Come atomi fusi insieme. — Vicki parlò all’aria. — E l’agente è dotato di trasmettitori continui sottocutanei. Oltre che di altri potenziamenti.
— Così aspetteremo — disse Jackson. — Finché Lizzie non sarà fuori dalla Decontaminazione.
— Aspetteremo — confermò Vicki. — Sistema, chiedi al robot servitore di portare del caffè.
— Certamente. E se ci fosse qualsiasi cosa che la Kelvin-Castner possa fare per lei, non esiti a chiederlo.
Vicki si limitò sorridere.
A Lizzie e all’agente Addison occorse un’ora per uscire dalla Decontaminazione. Jackson bevve due tazze di caffè e guardò Vicki prepararsi a lanciare un’altra granata. Ormai conosceva i segnali. La donna bevve lentamente il proprio caffè, deliberatamente, guardando il notiziario. Alla fine lui le chiese: — Che cosa stai aspettando di sentire, di preciso?
— Qualsiasi cosa riguardante Brookhaven. — Vicki parlò con naturalezza, il che significava che non le interessava se la conversazione veniva origliata. Si spostò leggermente sul divano della sala di attesa, accovacciando le gambe sotto il corpo.
— I Laboratori Nazionali di Brookhaven? Che cosa è successo?
— Non so. Il programma di monitoraggio di Lizzie, tuttavia, ha colto un’anomalia. Quel programma esamina trasmissioni provenienti da determinate agenzie governative in modo da evidenziare differenze per volume, frequenza, priorità e codifica. Tutte le informazioni inviate da Brookhaven mostravano un’anomalia. — Vicki tirò giù le gambe e le accavallò.
— Un’anomalia? Qualche cambiamento significativo? — chiese Jackson.
— Una significativa mancanza di cambiamento. Stesso volume, frequenza, priorità e codifica, ogni giorno.
— Vuoi dire…
— Il neurofarmaco inibitore è penetrato attraverso lo scudo dell’enclave. E non si tratta di un’enclave qualsiasi, quello è un laboratorio governativo, ritenuto biologicamente sicuro. — Vicki spostò nuovamente il peso sul divano. — Ovviamente, la Kelvin-Castner ne è già al corrente, ne sono sicura. Maledizione, non riesco a mettermi comoda.
Si alzò dal divano, si stiracchiò, sbadigliò e sorrise a Jackson. Per una volta tanto, lui comprese che cosa lei lo stava invitando a fare. Le disse: — Vieni, accomodati qui con me.
La donna attraversò la stanza fino alla poltrona di lui e gli si sedette sulle ginocchia. Lo schermo continuava a recitare notizie a un volume che, si accorse improvvisamente Jackson, era lievemente più alto del normale. Le labbra di Vicki gli stuzzicarono l’orecchio. Lei gli disse dolcemente: — Voglio mostrarti qualcosa — e si sbottonò la camicetta.
Jackson sentì un subbuglio di ormoni in petto. Vide, quindi, i disegni sul petto di lei.
Vicki mormorò: — Qui probabilmente ci sono meno monitor che nella tua camera da’ letto. Comunque, spostati più a sinistra. Di più. Ecco.
I loro corpi formarono uno stretto triangolo con lo schienale imbottito della poltrona. Vicki piegò la testa e i suoi capelli schermarono lo spazio racchiuso fra di loro, impedendone la vista dal soffitto. Slacciò altri bottoni.
Aveva seni lisci e pallidi. Più piccoli di quelli di Cazie, ma più sodi, dolcemente rialzati. Sulla curvatura superiore c’era uno schizzo tracciato con inchiostro non lavabile, del genere usato per contrassegnare e datare documenti di laboratorio che non venivano inseriti in linea. C’erano penne del genere in tutta la Kelvin-Castner. Vicki si era disegnata addosso dopo essere passata dalla Decontaminazione. Jackson sbirciò i disegni: c’era luce a mala pena sufficiente a distinguere le linee tracciate con l’inchiostro. Il profumo di Vicki, la fragranza della sua pelle e del suo respiro, gli annebbiavano il cervello.