La rivincita dei mendicanti - Кресс Нэнси (Ненси) 6 стр.


— Dio, Jackson, la tua fiducia nella tecnologia è toccante. Soprattutto visto che sei uno scienziato. Il programma "non ha" difetti. Lo scudo si è abbassato per trenta secondi a causa di una sequenza test gestita manualmente. Non solo: lo scudo si è abbassato anche la notte scorsa; in quell’occasione è stato disattivato da un sistema esterno dotato del segnale dell’aeromobile del proprietario. Mi chiedo come mai abbiano abbassato del tutto lo scudo invece di aprirsi soltanto un varco per l’aeromobile.

— Nessuno possiede il segnale del proprietario a parte me, te e il capo tecnico. E quello, me l’hai detto tu, si trova nello stabilimento messicano, questa settimana.

— Vero. Qualcuno deve avere saccheggiato la banca dati. Dio, chi l’ha fatto deve essere un tipo in gamba. Forse potremmo assumerlo. È lì dentro, adesso.

— Dentro "adesso"?

— All’infrarosso si registra la presenza di due esseri umani — confermò Cazie. Sorrideva, presumibilmente per lo scenario melodrammatico. Davanti alla sua soddisfazione, Jackson si vergognò di dire che lui non era affatto entusiasta di affrontare due intrusi potenzialmente armati. Forse erano pazzi. Cosa volevano da una fabbrica di coni a energia? I coni erano di basso costo: la TenTech riforniva l’intero nordest (era quello che gli aveva detto Cazie): nessun Mulo si sarebbe intrufolato dentro solo per il gusto di farlo. Eccetto dei ragazzini, ovviamente. Doveva trattarsi di qualche ragazzino con la testa calda, che contava su un bel colpo di pirateria informatica.

— Che stanno facendo lì dentro? — chiese.

— Jackson, le scansioni all’infrarosso non sono abbastanza dettagliate per mostrare cosa stanno "facendo" le persone. Pensavo che i medici si intendessero di macchinari.

— Io mi intendo dei macchinari di cui ho bisogno di intendermi. Non è compresa la strumentazione robotica di uno stabilimento.

— Bene — fece Cazie dolcemente. — Forse dovresti ampliare i tuoi orizzonti.

Jackson incrociò le braccia e decise che non avrebbe detto più nulla. Cazie lo faceva sentire sempre uno sciocco. Bene, quella era la sua festa, che la gestisse pure.

La donna aprì un passaggio nello scudo per entrare con l’aeromobile. Il suo segnale laser attivò il ricevitore bioelettronico posto in alto, sulla facciata dell’edificio. L’aeromobile atterrò davanti alle porte principali.

— Serrate — disse Cazie, delusa. — C’è una ridondanza di sicurezza riguardante l’uscita. Evidentemente i nostri giovani intrusi non sono poi "così" bravi.

— Ummmm — commentò Jackson con disinteresse.

Lei infilò la mano nella camicia di materiale sintetico non consumabile ed estrasse due pistole. Sogghignando, ne porse una a Jackson che la prese con quella che sperava apparisse come altezzosa indifferenza. Non gli piacevano le armi. Cazie lo ricordava, forse? Certo che sì. Il QI di lei era modificato geneticamente. Dimenticava raramente qualcosa.

— D’accordo — disse lei — riconquistiamo Alamo.

— Se spari contro qualcuno ti denuncerò personalmente. Te lo giuro, Cazie.

— Buon vecchio Jackson. Il paladino dei perdenti. Anche se i perdenti sono ragazzetti super privilegiati colpevoli di violazione di domicilio aggravata. Forza, andiamo.

Sbloccò le porte e percorse il corridoio con passo deciso. Jackson si affrettò per starle al fianco, in modo che non sembrasse che si stava nascondendo dietro. Arrivato allo stabilimento si fermò. Quel luogo era impazzito. Robot che funzionavano male, detriti sparsi per tutto il pavimento: da quanto tempo andava avanti così? Perché mai il capo del servizio tecnico non se n’era accorto?

Cazie scoppiò a ridere. — Gesù Cristo, guarda! Guarda!

— Non è…

— Buffo? Sì che lo è. Aspetta, guarda laggiù.

Un uomo corse verso di loro. La presa di Jackson si serrò sulla pistola finché non vide che l’uomo non era armato. A quel punto si accorse che non era nemmeno un uomo, ma una donna o un ragazzo ccon indosso un’olotuta dalla testa ai piedi che rappresentava un uomo con un vestito marrone elegante. La figura li avvistò e smise di correre.

Cazie sollevò la pistola. — Vieni qui. Lentamente e con le mani bene alzate. Subito.

La figura alzò le mani sopra la testa e camminò lentamente in avanti.

— Adesso disattiva l’olotuta — intimò Cazie. — Con una mano sola, muovendoti lentamente.

Il pulsante era sulla vita. L’olotuta svanì, e Jackson non vide il liceale che si era aspettato, ma una donna di oltre trent’anni, modificata geneticamente, vestita con un trasandato tessuto fatto a mano, consumato in buchi dall’aspetto recente. Alta, occhi viola, naso minuto. Jackson era un fisionomista.

— Ma io ti conosco! Ci siamo incontrati anni fa da qualche parte, a una qualche festa. Diana Qualcosa.

— Non più — rispose la donna con cipiglio. — Ascolta, Jackson, tutto questo è molto carino e simpatico, ma al momento, se vuoi scusarmi, devo affrontare una crisi.

Cazie scoppiò a ridere. I suoi occhi scintillarono di malizioso piacere. — Proprio vero. Violazione di domicilio aggravata. Come hai fatto? Non sembri un pirata informatico.

— Non lo sono. Ma lo è la mia amica e si è persa da qualche parte qui dentro. È soltanto una ragazzina.

— Oh, una ragazzina, dopo tutto — commentò Cazie. — Bene, andiamo a cercarla. — Digitò qualcosa sull’unità mobile e tutta l’attività nello stabilimento si interruppe. I robot si immobilizzarono a metà del loro movimento. Il rumore cessò. Nel silenzio, Cazie gridò: — Iuuu-huuu, amichetta di Diana! Vieni fuori, vieni fuori ovunque tu sia! Vieni a fare tana!

Diana sorrise, Jackson pensò che lo avesse fatto a dispetto di sé. Nessuno rispose.

Cazie domandò distrattamente: — La tua amica è armata?

— Soltanto di arroganza — rispose Diana e, per un mezzo minuto, Jackson non fu certo a quale delle due si stesse riferendo. Era la tipica frase che avrebbe potuto pronunciare Cazie. Poi Diana gridò: — Lizzie! Dove sei? Va tutto bene, Lizzie, vieni fuori. Non guadagneremo niente ritardando l’inevitabile. Lizzie?

Nessuna risposta.

— Lizzie! — gridò di nuovo Diana e, questa volta, Jackson notò il tono di paura. — Sono Vicki! Vieni fuori, tesoro!

Alle loro spalle, qualcosa cadde a terra. Jackson si voltò di scatto. A due metri e mezzo dal pavimento, sulla parete, era apparso un foro, che incorniciava un volto scuro e impaurito e un corpo accovacciato. La ragazzina aveva i capelli crespi e neri che sparavano in tutte le direzioni. Sembrava sui quindici anni. Non era proprio l’intrusa da college di Muli che si era aspettato: era una Viva.

— Santo Iddio — mormorò Cazie.

Diana/Vicki, o come diavolo si chiamava, gridò: — Lizzie? Ma come hai fatto a salire lassù?

— Ho programmato il muletto — rispose la ragazzina. Aveva una voce meno impaurita del volto. Smargiassata? Lanciò un’occhiata ai tre che si trovavano sotto. — Rimandatemelo qui.

Nessuno si mosse. Jackson si rese conto che nessuno di loro sapeva come fare. Perfino Cazie sapeva utilizzare soltanto i comandi che conosceva, non riprogrammare sul posto. Come mai era riuscita a farlo quella ragazzina? Una Viva?

Cazie infilò in tasca l’unità mobile e la pistola, si avvicinò al muletto immobile più vicino e lo spinse. Il volto le divenne paonazzo e la macchina si spostò a malapena. Diana/Vicki e Jackson si unirono a lei. Insieme spinsero l’ingombrante macchinario fin sotto al foro nella parete. Nessuno parlò. Irritato, Jackson cominciò ad avere all’improvviso una strana sensazione: tre Muli che eseguivano un lavoro manuale nello stabilimento silenzioso per salvare una criminale Viva. L’intera situazione era irreale.

Pensò all’improvviso a una cosa che gli aveva detto una volta Theresa: "Io non ho mai la sensazione che un posto sia normale".

— Va bene — disse Diana/Vicki quando il muletto si trovò contro la parete — vieni giù, Lizzie. E, per l’amore del cielo, stai attenta!

La ragazzina era rivolta in avanti. Si girò, con grande cautela, all’interno della nicchia. Quando il suo fondoschiena apparve, Jackson si accorse che in gran parte era nudo. Ovviamente pareva che ai Vivi non importasse che i loro corpi consumassero gli abiti, quanto meno ai Vivi che erano cresciuti dopo il Cambiamento. Quando non indossavano tute sintetiche pre-Cambiamento, andavano in giro mezzi nudi nelle "tribù" vaganti. A volte a Jackson sembrava che Miranda Sharifi avesse invertito l’evoluzione, trasformando una popolazione industriale stanziale in una di nomadi cacciatori o raccoglitori che però non cacciavano e non raccoglievano… non cibo perlomeno.

La ragazzina nella parete allungò le gambe, cercando con i piedi il muletto alle sue spalle. Stese completamente il corpo, srotolandosi dalla nicchia come un foglio di stampa, e Jackson si accorse che era in avanzato stato di gravidanza.

— Attenta — ripeté Diana/Vicki.

Mentre le punte dei piedi della ragazzina toccavano il muletto, quello cominciò ad allontanarsi dalla parete. Nessun altro macchinario dello stabilimento aveva ripreso a operare.

Cazie si lanciò verso il muletto e cercò di spingerlo nuovamente contro la parete. Dopo un momento di terrore, gli altri due balzarono in avanti per aiutarla. Era troppo tardi. Il muletto tornò ai suoi compiti inutili, come se gli umani non fossero nemmeno lì. La ragazzina gridò e cadde da due metri e mezzo di altezza sul pavimento di cemespugna.

Atterrò sul braccio destro. Jackson le si inginocchiò "subito accanto e le impedì di muoversi. Parlò con voce calma e pacata. — Cazie, vai a prendermi la borsa nell’aero. Subito.

Lei andò immediatamente. — Non ti muovere — disse Jackson. — Sono un medico.

— Il braccio — disse la ragazzina e cominciò a piangere.

Jackson le controllò le pupille: tutt’e due rotonde, della stessa dimensione, ugualmente reattive alla luce. Pensò che non avesse battuto la testa. Il braccio mostrava una frattura composta del radio, l’osso si intravedeva biancastro attraverso la pelle.

— Mi fa male…

— Resta ferma e andrà tutto bene — le ordinò Jackson, con tono più sicuro di sé di quanto lui non si sentisse realmente. Le appoggiò una mano sull’addome. Il feto scalciò e lui emise un sospiro di sollievo.

Cazie tornò con la borsa. Jackson applicò un cerotto antidolorifico sul collo della ragazzina e il volto di lei si rilassò quasi all’istante. Il cerotto conteneva un potente miscuglio di inibitori dei nervi del dolore, endorfine e la dose più alta legalmente concessa di stimolatori dei centri del piacere. Lizzie cominciò a sogghignare come un’idiota.

Le tastò il braccio e le chiese di spostare le spalle in una serie di posizioni. Lei fu in grado di farlo. Gli altri arti non avevano subito danni. Lui le bioanalizzò la spina dorsale, il collo e gli organi interni: nessun danno. L’unità traumatologica portatile evidenziò la frattura, guidò i due pezzi di osso in allineamento e spruzzò gesso istantaneo dal gomito al polso e attorno a due dita, come ancoraggio. Jackson si appoggiò sui gomiti.

Ecco fatto. Il gesso, il Depuratore Cellulare e lo stesso corpo della ragazzina avrebbero fatto il resto.

— Lizzie… — chiamò Diana/Vicki, ricordando a Jackson che c’era anche lei. La voce della donna si incrinò. Jackson la guardò. Non aveva idea del tipo di rapporto tra loro due, ma il volto della donna più anziana mostrava amore e paura. La cosa lo sconcertò. Forse la ragazzina era sua figlia, una Viva non modificata geneticamente? Avuta prima del Cambiamento? Non era probabile.

— Lizzie, stai bene?

— Ovvio che non sta bene, ha un braccio rotto — intervenne acida Cazie nello stesso momento in cui Jackson, con tono professionale, la tranquillizzava: — È tutto sotto controllo. — Diana/Vicki lanciò a tutt’e due un’occhiata di disprezzo.

— Lizzie, tesoro?

Cazie la scimmiottò in modo sarcastico: — "Diana, tesoro?" Dovete dare qualche spiegazione, tutt’e due. La documentazione pubblica dice che hai cambiato nome in "Victoria Turner". Non dice però che ci fai qui, entrata di straforo nella mia fabbrica.

Vicki, che era stata inginocchiata accanto alla ragazzina sognante, si alzò e fronteggiò Cazie. Vicki era più alta, più vecchia e aveva un aspetto più selvatico con la tunica da Viva mezzo smangiata e i capelli tagliati corti e scompigliati dal sonno. Irrigidì le mascelle, e Jackson ebbe l’istantanea impressione che avesse affrontato sfide che lui non immaginava nemmeno. Sollevò gli occhi con rabbia mentre squadrava Cazie.

A Jackson apparve un combattimento ad armi pari.

— Cosa ci faccio "entrando di straforo nella tua fabbrica" è provvedere che una tribù intera non muoia di freddo questo inverno — disse Vicki scimmiottando le parole. — Non mi aspetto che la cosa ti preoccupi.

— Non hai la minima idea di quello che mi preoccupa o meno — rispose freddamente Cazie. — Quello di cui dovresti preoccuparti "tu" è una bella denuncia per violazione di domicilio con effrazione.

— Oh, che terrore. Ascolta, Cazie Sanders, per quanto tempo ancora quelli della tua razza…

— "La mia" razza? Diversa dalla tua, immagino?

— …resteranno ciechi di fronte a quello che succede attorno? Le risposte semplici si sono esaurite. Niente più beni di consumo, perline colorate e coni a energia in cambio dei voti che mantengono al potere la vostra razza.

— Oh, mio Dio, marxismo riciclato — commentò Cazie con disprezzo. — Prendete i mezzi di produzione, vero? E voi due fate parte dell’avanguardia dell’esercito.

— Non penso…

— È ovvio. Ma chi sei tu, alla fine? Una specie di Mulo rinnegato che è tornato alla vita primitiva fra i Vivi per alimentare il proprio ego? Una dea bianca in mezzo ai selvaggi, eh? Patetico.

Vicki guardò a lungo Cazie. Il suo volto cambiò. Quindi, in maniera pacata: — Chi sono io? Io sono la persona che ha condotto l’Ente di Controllo per gli Standard Genetici ad arrestare Miranda Sharifi e poi ha portato avanti la battaglia civile legale per la sua liberazione.

Era la prima volta che Jackson vedeva Cazie in svantaggio. Il suo volto piccolo e vivido registrò shock, incredulità, riluttante accettazione. C’era qualcosa in Vicki Turner che intimava di crederle. Il modo di stare con i piedi leggermente divaricati, come se avesse resistito a lungo contro il vento. Oppure il modo di fare la guardia su Lizzie, che giaceva sul pavimento in un illuminato stupore provocato dei sedativi di Jackson. O forse soltanto il volto di Vicki, carico di un complesso rammarico. Non era certo l’espressione che Jackson si sarebbe aspettato.

Vicki continuò tranquillamente: — Abbiamo ancora bisogno dell’energia-Y. È l’unica cosa di cui abbiamo davvero bisogno da voi, voi cercherete di fermarci e per questo si perderanno ancora moltissime vite. Proprio come durante le Guerre del Cambiamento. Vite che avrebbero potuto continuare, a causa del Depuratore Cellulare, fino a cent’anni. Voi avete le armi, le enclavi, i sofisticati sistemi di sicurezza elettronica che non avete mai permesso ai Vivi di imparare a conoscere. Ma loro "stanno" imparando, Cazie Sanders. Non sono stata io a introdurmi nel tuo sistema per trafugare dati, lo ha fatto "Lizzie". Ci sono molte giovani Lizzie là fuori, che imparano ogni giorno di più. Abbiamo il numero dalla nostra parte. Siamo in dieci contro uno di voi.

Lo aveva detto: l’incubo di ogni Mulo. Il timore che giaceva sotto le feste frenetiche, le orribili mode e la stupida competizione sociale per ammazzare il tempo: "Non guardatevi alle spalle. Potrebbero guadagnare terreno. Loro sono molti più di noi".

— E sai la cosa peggiore? — proseguì Vicki con la stessa voce serena come la morte. — Non riuscite nemmeno ad accorgervene. Non per stupidità, figuriamoci. Per volontaria cecità, per la quale meriterete esattamente il prezzo che finirete per pagare.

— Oh Dio, risparmiami almeno la retorica melodrammatica — ribatté Cazie. Si era ripresa dall’inaspettato attacco di Vicki. — La legge è perfettamente chiara. E tu la stai violando.

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