Uno della coppia di narcotizzati — mi accorsi che si trattava di una ragazzina, appena superata la pubertà — si agitò a disagio e mugolò.
— Sogna — disse brevemente Carmela. — Non sappiamo che cosa. Non sappiamo chi sia. Forse una messicana, rapita o venduta sul mercato nero.
— Se pensa che la ricerca di Huevos Verdes assomigli…
— No. Lo sappiamo. Ma…
— Tutto quello su cui si effettuano ricerche e che si crea a Huevos Verdes con la nano-tecnologia è fatto soltanto con il pensiero rivolto al beneficio pubblico. "Tutto." Come il Depuratore Cellulare.
— Ci credo — disse la dottoressa Clemente-Rice. Mantenne la voce bassa e controllata: riuscivo ad avvertire quale sforzo le costasse. — Le applicazioni di Huevos Verdes sono completamente differenti. Ma la scienza di base, le scoperte rivoluzionarie, sono simili. Solo che Huevos Verdes è andato molto più avanti, molto più velocemente. Altri sarebbero tuttavia in grado di chiudere il varco se avessero a disposizione, per esempio, il Depuratore Cellulare da analizzare e studiare.
Fissai la ragazzina addormentata. Aveva le palpebre corrugate. Lo erano state anche le palpebre di mia madre, verso la fine della sua vita, quando il cancro alle ossa l’aveva ghermita.
Dissi: — Ho visto abbastanza.
— Ancora una cosa, signor Arlen. Per favore. Non glielo chiederei se non fosse davvero urgente.
Voltai la carrozzella e la esaminai. Formava nella mia mente una serie di nitidi ovali pallidi, caratterizzati dalla stessa chiara sincerità di Maleck e degli agenti dell’ECGS. Erano stati probabilmente scelti proprio per quella qualità. Mi resi quindi improvvisamente conto chi mi ricordava Carmela: Leisha Camden. Un bizzarro dolore mi trafisse, come una lancia sottilissima.
La seguii attraverso l’ultima porta del corridoio.
Non c’erano persone modificate geneticamente in quella stanza. Tre scudi massicci scintillavano dal pavimento al soffitto, quelli del tipo che riesce a trattenere qualsiasi cosa non sia nucleare. Dietro di essi cresceva dell’erba alta.
Carmela disse con un filo di voce: — Lei ha detto che Huevos Verdes lavora solamente su modificazioni genetiche e nano-tecnologie che sono destinate a un pubblico beneficio. Lo era anche questa. È stata commissionata da una nazione del Terzo Mondo che aveva tremende carestie ricorrenti. Le foglie dell’erba sono commestibili. A differenza della maggior parte delle piante, le loro pareti cellulari non sono fatte di cellulosa, ma di una sostanza artificiale che il sistema umano è in grado di convertire in monosaccaridi. L’erba è anche sorprendentemente forte, ha una crescita velocissima, si autosemina, ed è capace di recuperare nutrimento da terreni poveri e acqua da quelli aridi. Gli ingegneri che l’hanno creata hanno calcolato che potesse moltiplicare di sei volte il cibo fornito dalle attuali colture più intensive.
— Fornire cibo — ripetei io come un idiota. — Cibo…
— L’abbiamo piantata in un’ecosfera, controllata e schermata, di cinquanta acri di terreni diversi ecologicamente parlando — continuò Carmela, con le mani infilate nelle tasche del camice da laboratorio — e nel giro di tre mesi essa aveva spazzato via qualsiasi altra pianta nell’ecosfera. È così bene adattata a crescere rigogliosa che ha superato tutti i concorrenti. Gli umani e alcuni mammiferi sono in grado di digerirla, altri animali no. Gli altri vegetariani sono morti tutti, inclusi così tanti insetti larvali che la popolazione di insetti è sparita. Le popolazioni di anfibi, rettili e uccelli sono svanite con essi, quindi i mammiferi carnivori. I nostri computer calcolano che, date le giuste condizioni di vento, a questa erba occorrerebbero circa diciotto mesi per restare l’unica cosa vivente sulla faccia della terra, inclusi o esclusi pochi alberi immensi con un sistema di radici così esteso che non permetterebbe loro di morire facilmente.
L’erba frusciava dolcemente dietro il suo triplo scudo. Avvertii qualcosa alle mie spalle. Le mani di Carmela. Voltò la mia carrozzella perché la guardassi in volto, quindi sollevò immediatamente le mani.
— Vede, signor Arlen, non pensiamo che Huevos Verdes sia malvagio. Niente affatto. Sappiamo che la signorina Sharifi e i suoi amici Super-Insonni non credono solamente nel bene della loro ricerca, ma nel bene per il resto di tutti noi. Sappiamo che lei crede che gli Stati Uniti, per come sono definiti dalla Costituzione, siano il migliore organismo politico in un mondo imperfetto. Esattamente come Leisha Camden prima di lei. Sono sempre stata una grande ammiratrice della signorina Camden. La Costituzione, però, funziona perché ci sono moltissimi controlli ed equilibri per limitare il potere.
Si passò la lingua sulle labbra. Non era un gesto civettuolo: era così mortalmente seria che riuscivo a sentire il suo intero corpo asciugarsi e tendersi nello sforzo.
— Controlli ed equilibri per limitare il potere. Già. Ma "non" ci sono controlli su Huevos Verdes. Nessun limite. Nessun equilibrio, perché il resto di noi non può semplicemente fare ciò che sanno fare i Super-Insonni. A meno che non lo facciano prima loro. Allora qualcuno di noi potrebbe copiare delle loro tecniche, forse, e adattarle. Alcuni di noi come le persone che lavoravano qui.
Non dissi nulla. La mortale erba carica di nutrimento frusciava.
— Non so che cosa lei stia pensando, signor Arlen. E non posso dirle io cosa pensare. Ma io… noi volevamo soltanto che lei vedesse tutti i lati della situazione, con la speranza che lei ripensasse a ciò che aveva visto e ne parlasse con Huevos Verdes. Tutto qui. Gli agenti la riporteranno a Seattle, adesso.
Le chiesi: — Che cosa succederà a questa erba?
— La distruggeremo con le radiazioni. Domani. Non verrà lasciato nemmeno un filo di DNA e neanche una traccia della documentazione relativa. È esistita così a lungo solo perché potessimo mostrarla alla signorina Sharifi o, fallendo, a lei.
Mi accompagnò nuovamente all’ascensore e io guardai il suo corpo, teso per l’infelicità e la speranza, camminare con grazia fra le strette pareti bianche.
Appena prima che si aprisse la porta dell’ascensore le dissi, o forse lo dissi a tutti e tre: — Non potete bloccare il progresso tecnologico. Lo potete rallentare, ma verrà fuori comunque.
Carmela Clemente-Rice disse: — Soltanto due bombe nucleari sono state lanciate sulla Terra come atto di aggressione in tempo di guerra. La scienza c’era ma le applicazioni sono rimaste inutilizzate. Tramite cooperazione o limitazione dovute alla paura o alla forza le applicazioni sono state fermate. — Mi tese la mano. Era umida e appiccicosa ma qualcosa di elettrico scorse dal suo tocco al mio. Gli occhi azzurro mare mi supplicarono.
Come se io avessi un reale potere su ciò che veniva fatto a Huevos Verdes.
— Addio, signor Arlen.
— Addio, dottoressa Clemente-Rice.
Gli agenti mantennero la parola e mi riportarono nella mia stanza d’albergo a Seattle. Mi sedetti per vedere chi sarebbe arrivato da Huevos Verdes e quanto ci avrebbe messo.
Fu Jonathan Markowitz, alle cinque del mattino. Avevo dormito solo tre ore. Jonathan era perfetto. Il suo tono di voce era educato e interessato. Mi chiese cosa avessi visto e io glielo descrissi. Mi pose moltissime altre domande: avevo avvertito cambiamenti di temperatura, anche lievi, in un qualsiasi punto del corridoio? Avevo sentito un odore simile a quello della cannella? La luce aveva una sfumatura verdastra? Qualcuno mi aveva mai toccato? Non discusse contro ciò che la dottoressa Carmela Clemente-Rice mi aveva detto. Mi trattò come un membro della squadra la cui lealtà era fuori dubbio, ma che poteva essere stato manipolato in modi che non potevo nemmeno capire. Lui era perfetto.
Durante tutta la discussione riuscii a percepire le forme che creava nella mia mente e un’immagine: un uomo che sollevava rocce pesantissime, rocce prive di coscienza e di un grigio smorto.
Quando Jonathan stava per andarsene gli dissi brutalmente: — Avrebbero dovuto mandare Nick. Non te. Nick non si preoccupa di nasconderlo.
Jonathan mi guardò fisso. Per un minuto non disse nulla, poi sorrise stancamente. — Lo so. Ma Nick aveva da fare.
— Quando potrò vedere Miranda? Ha già lasciato Washington diretta a East Oleanta?
— Non so, Drew — rispose lui e le forme nella mia mente esplosero, macchiando di rosso la grata.
— Non sai se se n’è andata o non sai quando la potrò vedere? Perché no, Jon? Perché adesso sono infetto? Perché non sai che cosa potrebbe avermi fatto Carmela Clemente-Rice quando mi ha appoggiato le mani sulle spalle o quando io le ho stretto la mano? O perché non puoi controllare quello che sto realmente pensando del progetto?
Jonathan disse tranquillamente: — Avevo avuto l’impressione che avessi accettato di non vedere Miri. E senza grande rammarico.
Questo mi bloccò.
Jonathan proseguì: — Hai un ruolo importante, Drew. Abbiamo bisogno di te. Il computer proietta una curva che si alza a picco nel generale disfacimento sociale dovuta alla inaspettata situazione del duragem. Dobbiamo accelerare il progetto. Le equazioni di Kevorkel. La regressione dei mitocondri. L’ingegneria urbana DiLazial.
Fu lì che terminò la mia rabbia. In una manciata di parole a disposizione dei Super-Insonni. Non capivo le parole, non capivo come si combinassero, e non capivo perché mi venissero dette. Non potevo rispondere e quindi rimasi fermo lì, muto e con lo sguardo annebbiato per la mancanza di sonno, mentre Jonathan se ne andava tranquillamente.
Dovevo assolutamente dormire. Avevo il concerto fra meno di cinque ore. Mi rotolai sul letto ancora vestito e cercai di prendere sonno.
Durante il tragitto verso la KingDome di Seattle, l’aeromobile si guastò.
Avevamo lasciato l’enclave e ci trovavamo sopra la città dei Vivi che, dall’alto, assomigliava a una quantità di piccole cittadine di Vivi, organizzate in quartieri che ruotavano attorno a caffè, depositi ed edifici di logge. La KingDome Senatore Gilbert Tory Bridewell aveva vent’anni: qualcuno mi aveva detto che era stata chiamata così in ricordo di qualche luogo storico. Si trovava ben al di fuori dell’enclave, ovviamente, un immenso emisfero in pietra spugnosa con una piattaforma di atterraggio schermata che ormai non avremmo più raggiunto.
L’aeromobile si impennò bruscamente e sbandò a sinistra. Un transatlantico che rollava, una depressione tossica che si gonfiava in nauseanti bolle rosa. Mi si rivoltò lo stomaco.
— Gesù Cristo — disse il pilota e cominciò a digitare codici di sovrapposizione. Non sapevo quanto potesse effettivamente fare: gli aeromobili sono robo-macchinari. Forse però lui lo sapeva. Era un Mulo.
L’aeromobile rollò e io caddi contro la portiera sinistra. La carrozzella, piegata in posizione da viaggio, mi sbatté contro. Poi si impennò ancora e io pensai: "Sto per morire".
Forme calde e rosso sangue mi riempirono la mente. La grata scomparve.
— Cristo, Cristo, Cristo — disse il pilota digitando freneticamente. L’aeromobile si impennò ancora, quindi si stabilizzò. Chiusi gli occhi. La grata nella mia mente era sparita. "Non era lì."
— Bene bene bene — disse il pilota con un tono di voce differente e l’aeromobile si adagiò sobbalzando sulla piattaforma di atterraggio.
Restammo lì, sani e salvi, mentre alcune persone correvano verso di noi, arrivando dalla KingDome. La grata mi riapparve nella mente. Era scomparsa quando avevo pensato di stare per morire e adesso era tornata, ancora saldamente chiusa attorno a quello che vi era nascosto dentro, qualsiasi cosa fosse.
— È stata la pidocchiosa unità gravitazionale — disse il pilota. Si girò sul sedile per fissarmi direttamente negli occhi. — Tagliano i costi dei materiali. Tagliano i costi dei robo-collaudi. Tagliano i costi della manutenzione perché quelle maledette robo-unità si rompono. Tutta la concessionaria sta andando a rotoli. Due schianti in California la settimana scorsa e la stampa è stata pagata per mantenere il silenzio. Non guiderò mai più uno di questi trabiccoli. Mi ha sentito? Mai più. — Il tutto detto con voce bassa e lamentosa.
Nella mia mente lui era una forma ripiegata, nera e schiacciata davanti alla grata color porpora.
— Signor Arlen! — gridò una donna, spalancando la portiera dell’aeromobile. — State tutti bene lì dentro?
Il suo accento del sud era forte. Sallie Edith Gardiner, congressista cadetta dello Stato di Washington, che stava pagando questo concerto per i suoi elettori Vivi. Perché una dello Stato di Washington suonava come una del Mississippi?
— Bene — dissi io. — Nessun danno.
— Be’, è semplicemente scioccante, ecco cos’è. Siamo veramente arrivati a tanto? Non riusciamo più nemmeno a fare un aeromobile decente? Vuole posporre di un attimo il concerto?
— No, no, sto bene — risposi. L’accento non era del Mississippi, dopotutto: era un falso Mississippi. Lei rappresentava nella mia mente tutta una serie di cerchi di lustrini dorati. Pensai improvvisamente a Carmela Clemente-Rice, pallidi e nitidi ovali.
Perché la grata che avevo nella mente era scomparsa quando avevo creduto di stare per morire?
— Be’, la verità è, signor Arlen — disse la Congressista Gardiner, mordicchiandosi il perfetto labbro inferiore — che un piccolo ritardo potrebbe essere comunque una buona idea. C’è stato un problemino con la ferrovia a gravità in arrivo da Seattle Sud. E un altro problemuccio con il sistema di robot della sicurezza. Abbiamo dei tecnici che se ne stanno occupando ora, naturalmente. Quindi se vuole venire da questa parte andremo in un posto dove lei potrà aspettare…
— Il mio sistema è stato installato sul palco ieri — dissi — se non ne può garantire la sicurezza…
— Oh, ma "certo" che possiamo! — esclamò lei e mi accorsi che stava mentendo. Il pilota dell’aeromobile scese e si appoggiò contro la fiancata, bofonchiando sottovoce. La sua implorante preghiera si era trasformata finalmente in rabbia. La Congressista Gardiner gli lanciò un’occhiata che avrebbe fatto marcire la sintoplastica. Lei non aveva chiesto se lui fosse rimasto ferito. Era un tecnico.
— La sua magnifica strumentazione starà "benissimo" — disse la Congressista Gardiner. — E non vediamo davvero l’ora di assistere alla sua rappresentazione. Venga da questa parte, la prego.
Azionai la carrozzella per seguirla. Lei non avrebbe visto la rappresentazione. Se ne sarebbe andata appena dopo avere presentato me e riempito completamente le telecamere. I Muli se ne andavano sempre a quel punto.
Ma non andò così.
Restai seduto sulla carrozzella in un’anticamera della KingDome per due ore. Avrei potuto dormire. La gente andava e veniva e tutti mi dicevano che ogni cosa andava benone. La grata che avevo nella mente serpeggiava in lunghe e lente ondulazioni. Alla fine entrò la congressista.
— Signor Arlen, temo che ci sia una sgradevole complicazione. C’è appena stato un incidente proprio "terribile".
— Un incidente?
— È deragliato un treno a gravità che arrivava da Portland. Ci sono parecchi morti. La folla ha sentito la notizia ed è sconvolta. Naturalmente. — La voce della donna suonava sconvolta, ma il suo sguardo era carico di risentimento. Il primo grande evento che aveva sponsorizzato da quando era stata eletta, e un bel po’ di Vivi sconsiderati doveva andare a morire e rovinare tutto. — Andremo comunque avanti con il concerto, sempre che lei non abbia nulla da obbiettare. La presenterò fra circa cinque minuti.
— Cerchi di trascinare un po’ meno le vocali — le dissi. — Suonerebbe almeno un po’ più autentico.
L’avevo sottovalutata. Il suo sorriso non ondeggiò. — Allora, cinque minuti?
— Come vuole lei. — Adesso la grata nella mia mente stava tremando come se fosse preda di un forte vento.