Mendicanti e superuomini - Кресс Нэнси (Ненси) 14 стр.


Forme rosse acuminate, tese di ansia, si misero a sfrecciare attorno alla grata color porpora che non scompariva mai.

Sara/Miri chiuse la portiera. I finestrini, ovviamente, erano opachi. Spensi l’olo-visore. Potevano passare dei mesi prima che vedessi di nuovo Miri. Lei riusciva a scivolare dentro e fuori da East Oleanta, in effetti era arrivata a Washington proprio da lì, ma Drew Arlen, il Sognatore Lucido sulla sua carrozzella ultramoderna, seguito ovunque dall’ECGS, non poteva. Anche se fossi andato a Huevos Verdes, Nikos Demetrios, Toshio Ohmura o Terry Mwakambe potevano decidere che un collegamento schermato con East Oleanta rappresentasse un rischio troppo grande da correre per una semplice comunicazione personale. Avrei potuto non parlare con Miri per mesi.

Le forme rosse acuminate si calmarono un poco.

Mi versai un altro scotch. Quello a volte riusciva ad attutire le forme dell’ansia. Cercavo comunque di stare attento con quella roba.

Il videotelefono trillò con due squilli brevi. Due squilli significavano che chi chiamava non si trovava nella lista approvata, ma che il programma telefonico di Kevin Baker aveva deciso lo stesso che si trattasse di qualcuno che io potevo voler vedere. Non sapevo come facesse a deciderlo. "Logica confusa" aveva detto Kevin, cosa che non mi aveva creato alcuna forma nella mente.

Penso che in quel momento io avrei parlato semplicemente con chiunque. Eliminai tuttavia il video.

— Signor Arlen? È lì? Sono Elias Maleck. So che è molto tardi ma gradirei che mi concedesse qualche minuto del suo tempo, la prego. È estremamente urgente. Preferirei non lasciare un messaggio.

Aveva un aspetto stanco: erano le tre del mattino a Washington. Mi versai un altro scotch. — Video, acceso. Sono qui, dottor Maleck.

— Grazie. Voglio dirle subito che si tratta di una comunicazione schermata e che non viene registrata. Nessuno può sentirla a parte noi due.

Ne dubitavo. Maleck non aveva" la minima idea di che cosa potessero fare Terry Mwakambe o Toshio Ohmura. Anche se Maleck avesse vinto il premio Nobel per la Fisica e non per la Medicina, non lo avrebbe compreso. Maleck era un omone, di circa sessantacinque anni, non modificato in quanto ad aspetto fisico. Capelli grigi che si stavano diradando e stanchi occhi scuri. La pelle gli ricadeva in pieghe sui due lati del volto, ma le spalle erano ben squadrate. Lo avvertii come una serie di solidi cubi azzurro mare, infrangibili e puliti. I cubi si librarono davanti alla grata immobile.

— Non so precisamente da dove cominciare, signor Arlen. — Si passò una mano attraverso i capelli e i cubi azzurri acquistarono una sfumatura rossastra. Maleck era tesissimo. Sorseggiai il mio drink.

— Come ormai indubbiamente saprà, io ho votato contro il permesso di ulteriore sviluppo del brevetto di Huevos Verdes al Foro Federale per la Scienza e la Tecnologia. Le ragioni del mio voto sono chiaramente espresse nel giudizio di maggioranza. Ci sono tuttavia cose che un documento pubblico non può contenere, cose di cui vorrei avere il permesso di informare "lei".

— Perché?

Maleck fu franco. — Perché noi non abbiamo modo di parlare con Huevos Verdes. Accettano messaggi ma nessuna comunicazione a due vie. Lei rappresenta l’unico canale attraverso il quale io possa far pervenire informazioni sulla ricerca genetica direttamente alla signorina Sharifi.

Le forme nella mia mente si incresparono e si contorsero.

Dissi: — Come avete fatto a lasciare messaggi a Huevos Verdes? Come avete ottenuto il codice d’accesso per lasciare messaggi?

— Fa parte di ciò che voglio dirle, signor Arlen. Fra cinque minuti due uomini le chiederanno di entrare nella sua suite. Le vogliono mostrare qualcosa che si trova approssimativamente a una mezz’ora da Seattle in aereo. Lo scopo della mia chiamata è spingerla ad andare con loro. — Egli esitò. — Sono del governo. ECGS.

— No.

— Capisco, signor Arlen. È questo il motivo per cui l’ho chiamata, per dirle che non si tratta di una trappola o di un rapimento o di alcuna delle altre atrocità che io e lei sappiamo che il governo è in grado di fare. Gli agenti dell’ECGS la porteranno fuori città, la tratterranno circa un’ora e poi la riporteranno sano e salvo, senza averle inserito impianti, averla drogata, o averle fatto una qualsiasi altra cosa. Conosco quegli uomini "personalmente" e sono disposto a rischiare su questo la mia reputazione professionale. Sono certo che lei sta registrando la mia chiamata. Invii copie a chiunque voglia prima anche solo di aprire la porta della sua camera d’albergo. Ha la mia parola che verrà riportato sano e senza alterazioni. La prego di considerare che cosa sto mettendo io in gioco.

Ci riflettei. L’uomo mi riempiva di forme che non avevo provato da molto tempo: forme chiare e nitide, prive di implicazioni nascoste. Nulla a che vedere con le forme di Huevos Verdes.

Ovviamente, Maleck poteva essere completamente sincero e tuttavia venire usato.

Non so come il bicchiere di scotch, il quarto, era vuoto.

Maleck disse: — Se vuole ulteriore tempo per chiamare Huevos Verdes e ricevere istruzioni…

— No. — Abbassai la voce. — No. Andrò.

Il volto di Maleck mutò, si aprì, ringiovanendo di parecchi anni e risultando meno stanco di parecchie ore. (Una leggera pioggia pulente che cadeva sui cubi color azzurro.)

— Grazie — disse. — Non se ne pentirà. Ha la mia parola, signor Arlen.

Avrei scommesso qualsiasi cosa che lui, eminente Mulo, non aveva mai visto nessuno dei miei concerti.

Interruppi la comunicazione, ne inviai copie a Leisha, Kevin Baker, un fidato amico Mulo che avevo a Wichita. Il videotelefono squillò. Una volta. Ancora prima che rispondessi Nikos Demetrios apparve sul video. Non sprecò parole.

— Non andare con loro, Drew.

C’era un nuovo bicchiere di scotch nella mia mano. Era mezzo vuoto. — Era una chiamata schermata, Nick. Privata.

Lo ignorò. — Potrebbe essere una trappola, a dispetto di quello che dice Maleck. Potrebbero usarlo. Dovresti saperlo!

Dalla sua voce filtrava impazienza a dispetto di se stesso: lo stupido Dormiente aveva ancora una volta tralasciato l’evidente. Lo vidi come una sagoma scura con mille sfumature di grigio che dondolava in schemi indistinti che non avrei mai compreso.

— Nick, supponi che io voglia parlare a qualcuno in privato, qualcuno che io non voglio che tu stai a sentire, qualcuno che non fa parte, lui, di Huevos Verdes. Qualcun altro.

Nick mi fissò sbalordito. Fu a quel punto che mi sono accorto, io, di come stavo parlando. Linguaggio da Vivi. Avevo nuovamente il bicchiere vuoto. Il sistema dell’albergo disse cortesemente: "Mi scusi, signore. Ci sono due uomini che chiedono accesso alla sua suite. Gradisce un collegamento video?".

— Noo — dissi io. — Fai entrare gli uomini.

— Drew… — cominciò a dire Nick. Spensi la comunicazione. Non funzionò. Una specie di sovrapposizione da Super-Insonni. Ma non c’era niente che non potevano fare, loro?

— Drew! Ascolta, non puoi semplicemente… — staccai il terminale dall’unità di alimentazione a energia-Y.

Gli agenti dell’ECGS non sembravano agenti. Penso che non lo fanno mai, loro. Quarantina inoltrata. Belli come Muli. Cortesi come Muli. Probabilmente svegli come Muli. Ma se pensavano, loro, con parole da Muli, almeno quelle parole se ne uscivano una alla volta, non in gruppi o ammassi e biblioteche di stringhe.

Cadde la neve sulla grata color porpora, fredda e velata.

— Volete un goccetto, ragazzi?

— Sì — disse uno un po’ troppo in fretta. Mi stava assecondando. Mi dava però una sensazione quasi solida e quasi nitida come quella di Maleck. Questo mi confuse. Erano dell’ECGS, loro. Come potevano non sembrare ambigui?

— Ho cambiato idea — dissi io. — Andiamo subito, noi, dovunque mi volete portare. — Azionai la carrozzella verso la porta. Colpii lo stipite e mi feci male alle gambe.

Una volta sul tetto dell’albergo, tuttavia, il freddo mi fece tornare sobrio. Seattle era costruita sulle colline e l’albergo si trovava sulla cima di una delle più grandi. Potevo vedere ben al di là dell’enclave: le acque scure del Pudget Sound a ovest, il Mount Rainier bianco al chiaro di luna. Fredde stelle sopra la mia testa, fredde luci sotto. I quartieri dei Vivi ai piedi delle colline, eccetto lungo il Sound, che era una striscia di terra sul mare preclusa ai Vivi.

L’aeromobile dell’ECGS, armato e corazzato, decollò verso est. Ben presto non ci furono più luci. Nessuno parlava. Potrei essermi addormentato. Spero di non averlo fatto.

"Non dar fastidio a tuo padre, Drew. Sta dormendo."

"È ubriaco, lui."

"Drew!"

La grata si avviluppò nella mia mente fluttuando come il gas di acque stagnanti nella palude dove alla fine mio padre era affogato, lui, morto ubriaco. Qualche ragazzetto lo aveva trovato tanto tempo dopo. Avevano pensato che quella roba nell’acqua era un tronco marcio.

— Siamo arrivati, signor Arlen. La prego, si svegli.

Eravamo atterrati su una piattaforma in un posto selvaggio, imprecisato e scuro, fitto di alberi, con immense sporgenze rocciose che mi resi lentamente conto facevano parte della montagna. Mi pulsavano le tempie. Uno degli agenti accese una lampada portatile a energia-Y e spense i fari dell’aeromobile. Scendemmo. Mi resi conto per la prima volta di non conoscere i loro nomi.

— Dove siamo?

— Cascade Range.

— Ma dove siamo?

— Soltanto qualche altro minuto, signor Arlen.

Distolsero lo sguardo mentre mi issavo sulla carrozzella. Essa fluttuava al di sopra dell’unità a gravità, a venti centimetri di altezza sopra uno stretto sentiero di terra che conduceva dalla piattaforma di atterraggio nel fitto del bosco. Seguii gli agenti, che portavano la lampada. L’oscurità su entrambi i lati del sentiero, sotto agli alberi era come una parete solida, se si eccettuavano i fruscii e i distanti e profondi gridi di civetta. Sentii l’odore di aghi di pino e foglie ammuffite.

Il sentiero terminava davanti a un edificio in pietra spugnosa nascosto dagli alberi, un edificio troppo piccolo per essere importante. Nessuna finestra. Un agente si fece prendere l’impronta della retina e pronunciò un codice davanti alla porta che si aprì. La zona interna si illuminò. L’interno era occupato da un ascensore e anche quello era dotato di analizzatore di retina e codice. Scendemmo sotto terra.

L’ascensore si aprì in un grande laboratorio affollato di strumentazioni, nessuna delle quali funzionante. Le luci erano soffuse. Una donna con un camice bianco da laboratorio arrivò di corsa da una delle molte porte laterali. — È lui?

— Sì — rispose un agente e colsi il suo fugace e involontario sguardo per vedere se al Sognatore Lucido seccasse di non essere riconosciuto. Sorrisi.

— Benvenuto, signor Arlen — disse con espressione grave la donna. — Sono la dottoressa Carmela Clemente-Rice. Grazie per essere venuto.

Era la donna più bella che avessi mai visto, perfino più graziosa di Leisha. Aveva i capelli così neri da sembrare blu, occhi enormi azzurro chiaro, pelle immacolata. Appariva sulla trentina ma, ovviamente, poteva essere molto più vecchia. Modificazioni genetiche da Muli. Era circondata dalle inconsistenti forme del dolore.

Teneva le mani serrate con delicatezza davanti a sé. — Si starà chiedendo perché l’abbiamo portata qui. Questa non è un’installazione dell’ECGS, signor Arlen. È una struttura di modificazione genetica fuorilegge che abbiamo scoperto e conquistato. Per organizzare l’operazione ci è occorso un intero anno. Per il processo degli scienziati e dei tecnici di laboratorio che lavoravano qui è occorso un altro anno. Adesso sono tutti in prigione. In condizioni normali l’ECGS smantella completamente i laboratori fuorilegge, ma esistono motivi per cui questo non è stato messo fuori uso. Comprenderà fra qualche istante.

Aprì le mani e fece uno strano gesto, come se mi stesse attirando a sé. O se stesse attirando la mia mente a sé. Gli occhi azzurri da Mulo non lasciarono mai il mio volto.

— Le… bestie che lavoravano qui stavano creando modificazioni illegali per il mercato clandestino. Uno dei mercati clandestini. Questo genere di strutture esiste in tutti gli Stati Uniti signor Arlen, anche se fortunatamente non tutte hanno lo stesso successo di questa. L’ECGS spende moltissimi soldi, tempo, uomini e talenti legali per buttarli fuori dal commercio. Mi segua, la prego.

Carmela Clemente-Rice fece strada attraverso la stessa porta laterale. La seguimmo. Un lungo corridoio bianco — ma quanto era grande quel luogo sotterraneo? — su cui erano allineate moltissime porte. Mi condusse attraverso la prima e si fece da parte.

Erano due, maschio e femmina, entrambi nudi. Avevano un’espressione sognante, sfocata, da consumatori di droghe pesanti ma, in qualche modo, seppi che non ne facevano uso. Esistevano e basta. Si stavano entrambi masturbando con una trasognata mancanza di urgenza che corrispondeva alle loro espressioni. La donna teneva una mano nella vagina fra le gambe e l’altra, in quella fra il seno. Le altre vagine, tuttavia, fra gli occhi, su ogni palmo delle mani, si erano anche aperte leggermente, mostrando tessuti gonfi e irrorati di sangue. L’uomo si accarezzava i suoi due peni eretti giganti e la propria vagina e mi accorsi che aveva inserito quello che assomigliava a una specie di posata su per uno dei fori del sedere.

— Per il commercio sessuale — disse tranquillamente Carmela Clemente-Rice alle mie spalle. — Ingegneria genetica embrionale clandestina. Non abbiamo alcun modo per tornare indietro, non abbiamo modo per sollevare i loro QI che si aggirano sul 60. Tutto quello che possiamo fare è alloggiarli e tenerli fuori dal mercato per cui erano stati progettati.

Feci uscire la carrozzella dalla camera. — Non mi sta mostrando niente di cui non fossi già a conoscenza, signora — dissi più duramente di quanto non avessi intenzione di fare. Gli schiavi del sesso mi crearono forme dolenti ed escoriate nella mente. — Questa roba è in giro da anni, ben prima che esistesse Huevos Verdes. Huevos Verdes non ha niente in contrario con il fatto che l’ECGS li metta fuorilegge e li chiuda. Nessuna persona sana di mente si dichiara a favore di questo tipo di ingegneria genetica.

Lei non rispose, mi condusse semplicemente lungo il corridoio, verso un’altra porta.

Ce n’erano quattro questa volta, in una stanza molto più grande, con le stesse espressioni sognanti. Questi non erano nudi, anche se indossavano degli strani abiti: tute cucite a mano goffamente per adeguarsi agli arti extra e alle deformità. Uno aveva otto braccia, uno quattro gambe, un altro tre paia di seni. A giudicare dalla forma del corpo, gli organi extra del quarto dovevano essere interni. Pancreas, fegati oppure cuori? L geni potevano venire programmati in modo da far crescere cuori extra?

— Per il mercato dei trapianti — disse Carmela. — Ma, forse, aveva sentito parlare anche di questo, no?

Era vero, ma non lo dissi.

— Questi sono più fortunati — continuò lei. — Possiamo rimuovere gli arti in eccesso e ridare loro dei corpi normali. In effetti Jessie dovrà sottoporsi all’operazione martedì.

Non chiesi quale fosse Jessie. Lo scotch mi stava creando bolle di nausea nello stomaco.

Nella camera successiva le due persone apparivano normali. In pigiama, giacevano addormentati su un letto coperto di una graziosa distesa di chintz. Carmela non abbassò la voce.

— Non stanno dormendo, signor Arlen. Sono sotto sedativi, pesanti, e lo resteranno per il resto della loro vita. Quando non lo sono, avvertono un intenso e costante dolore. Esso è causato da un piccolo virus modificato geneticamente, progettato per stimolare il tessuto nervoso a un grado intollerabile. Il virus viene iniettato e si riproduce quindi nel corpo, una specie del Depuratore Cellulare di Huevos Verdes. Il dolore è lancinante, ma non esiste alcun reale danno ai tessuti, quindi, in teoria, potrebbe continuare per anni. Decenni. È stato studiato per il mercato internazionale della tortura e ci sarebbe dovuto essere un antidoto da somministrare. O da rifiutare. Sfortunatamente, gli ingegneri genetici che ci lavoravano sono arrivati soltanto fino al nano-torturatore, non all’antidoto.

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