Mendicanti e superuomini - Кресс Нэнси (Ненси) 21 стр.


Avevamo guardato tutta la notte sceriffi su veicoli da terra che facevano saltare in aria i luoghi in cui gli elettori si recavano di persona a votare: era un periodo perfino precedente a quello dei computer. Avevamo guardato vecchie sedute in fondo agli autobus. Avevamo guardato Vivi neri a cui era negato di sedersi ai caffè anche se avevano a disposizione gettoni-pasto. Parlavano tutti come James Francis Marion Hubbley. O meglio, lui parlava come loro. Il suo linguaggio era una creazione deliberata, una recitazione di un tempo antico: storia ben precedente a quella disponibile a livello elettronico. Forse pensava che durante la Rivoluzione Americana avessero parlato così. Forse aveva maggior buon senso. In entrambi i casi il suo linguaggio era disciplinato e deliberato.

Era un artista.

Hubbley disse: — Marion era malaticcio e non aveva avuto un gran che di istruzione, aveva un carattere orrendo ed era di umore nero. Aveva le ginocchia storte proprio dal giorno che sua madre lo aveva partorito. Gli inglesi gli avevano bruciato la piantagione, i suoi uomini lo piantavano in asso tutte le volte che sentivano la nostalgia delle famiglie e il suo stesso ufficiale comandante, il generale maggiore Nathanael Greene, non lo apprezzava troppo. Niente di tutto questo però ha mai trattenuto Francis Marion. Ha fatto il suo dovere nei confronti del suo paese, il suo dovere per come la vedeva lui, scoppiasse pure un pandemonio.

Dissi, tirando fuori a forza le parole: — E lei, quale immagina sia il "suo" dovere rispetto al suo paese?

Gli occhi di Hubbley scintillarono. — L’avevo detto che era sveglio, figliolo, e lo è. Ha centrato subito la questione. Abbiamo lo stesso dovere della "Volpe della palude", cioè cacciare via gli stranieri oppressori.

— E questa volta gli stranieri oppressori sono tutti quelli modificati geneticamente.

— Ha fatto centro, signor Arlen. I Vivi sono il vero popolo di questo paese, proprio come lo era l’esercito di Marion. Avevano la volontà di decidere per se stessi in quale tipo di paese volevano vivere e anche noi abbiamo la volontà di decidere per nostro conto. Abbiamo la volontà e abbiamo l’ideale di come dovrebbe essere questa gloriosa nazione, anche se adesso non lo è ancora. Noi I Vivi. E se non ci crede, caspiterina, guardi che casino hanno fatto i Muli di questo grande paese. Debiti nei confronti di nazioni straniere, alleanze capestro che ci risucchiano ogni risorsa, l’infrastruttura che ci si sgretola in faccia, la tecnologia mal utilizzata. Proprio come gli inglesi utilizzavano male i cannoni e i fucili ai loro tempi.

Cominciò a pulsarmi l’anca, debolmente. L’antidolorifico non era forte abbastanza. Avevo già sentito tutta questa roba. Non era altro che odio antiricerca, travestito da patriottismo. Alla fine avevano beccato Leisha, quegli elementi carichi d’odio. Non riuscivo a sopportare la vista di Hubbley e voltai la testa.

— Ovviamente — disse lui — non si può fermare l’ingegneria genetica. Nessuno dovrebbe fermarla. Di certo noi non lo stiamo facendo, altrimenti non avremmo liberato questo disgregatore di duragem qui.

Girai lentamente la testa per fissarlo. Egli sogghignò. I suoi occhi azzurro chiaro scintillavano nel volto bruciato dal sole.

— Non mi deve guardare in quel modo, figliolo. Non intendo dire io personalmente, Jimmy Hubbley. E nemmeno questa brigata. Ma non avrà pensato che questo disgregatore di duragem è stato liberato accidentalmente, vero?

Fu in quel momento che notai le pareti, dalla perfezione nano-tecnologica. E vidi nuovamente le stampe di Miri, incapaci di evidenziare una singola fonte per la fuoriuscita del disgregatore.

Hubbley disse, nuovamente serio: — Siamo moltissimi. Ci vogliono moltissime persone per fare una rivoluzione. Abbiamo la volontà per decidere in che genere di paese vogliamo vivere e abbiamo l’ideale. La tecnologia.

Sputai fuori: — Quale tecnologia?

— Tutta. Be’, forse non proprio tutta. Ma moltissima. Qualche nano-dispositivo non organico, qualche nano-dispositivo organico a basso livello.

— Il disgregatore di duragem… Come avete fatto…

— Be’, scoprirà tutto al momento giusto. Per oggi deve solo sapere che lo abbiamo fatto e che finirà con l’abbattere il falso governo, proprio come la Rivoluzione ha abbattuto gli inglesi. Rubiamo la tecnologia di cui abbiamo bisogno proprio come Marion rubava i fucili direttamente al nemico. Caspita nel 1781, proprio sul Santee Ri ver…

— Ma avete ucciso gli agenti dell’ECGS.

— Modificati geneticamente — tagliò corto Hubbley. — Abomini contro natura. Caspiterina, usare la nano-tecnologia per combattere una giusta battaglia, non è diverso dall’usare i cannoni del tempo del generale Marion. Ma usarla su esseri umani… quella è una guerra del tutto diversa, figliolo. Quello non è giusto. Le persone non sono cose e non devono essere trattate come cose, con le parti alterate, migliorate e riaggiustate. Non sono veicoli, industrie o robot. I Muli hanno trattato la gente come cose anche troppo a lungo in questo paese. La gente Viva.

— Ma non si può consentire l’uso dell’ingegneria genetica organica sui microorganismi e aspettarsi che non agirà anche sulle persone. Se si consente una…

— Che diamine, no. — Hubbley si alzò e flesse le gambe. — Non è per niente la stessa cosa. È giusto uccidere i germi, vero? Anche uccidere animali da mangiare? Ma non è giusto uccidere gli esseri umani. Questa distinzione è molto chiara nelle nostre leggi sull’uccidere, no? Chi diavolo pensa che non possiamo farlo anche nelle nostre leggi sull’ingegneria a modificazione genetica?

Dissi prima ancora di rendermi conto che l’avrei fatto: — Non potete nascondervi all’ECGS!

Hubbley mi fissò pacificamente con i suoi occhi azzurri acquosi. — Huevos Verdes lo fa, no?

— È diverso. Loro sono Super…

— Non sono dèi. E nemmeno angeli. — Si stiracchiò la schiena. — Il fatto è, signor Arlen, che ci nascondiamo all’ECGS da quasi cinque anni, ormai. Oh, non tutti. Il nemico ha ucciso parecchi buoni soldati finora. E anche noi abbiamo fatto vittime. Però siamo ancora qui. E il disgregatore di duragem è là fuori a portare l’intera guerra a una conclusione più veloce.

— Ma non vi potete nascondere da Huevos Verdes!

— Be’, è più difficile. Ma il fatto è che sospetto che sanno di noi. Sospetto che Huevos Verdes sa ben di più su di noi dell’ECGS. È evidente.

Miranda non me lo aveva mai detto. Non a me. Jonathan non lo aveva mai detto e nemmeno Nikos o Christy. Non a me. Non a me.

— Finora non siamo stati forti abbastanza da poter rubare a Huevos Verdes e quindi è un bene che, per così dire, ci hanno ignorato. Ma adesso è tutto diverso. Nemmeno Huevos Verdes può fermare il modo in cui questo governo sta perdendo il controllo, adesso che il disgregatore di duragem non può più essere bloccato.

— Ma…

— Basta così, per adesso — disse Hubbley, fermo, ma non scortese. — Adesso ci dobbiamo muovere. Le morti di quegli agenti faranno scoppiare un gran casino. La compagnia dovrebbe quasi essere pronta per andare e lei verrà con noi. Ma non si preoccupi, signor Arlen, avremo un sacco di tempo per parlare insieme. So che tutto questo è nuovo per lei, perché la sua istruzione è stata sbagliata. Lei ha passato un sacco di tempo con gli Insonni che non sono nemmeno più umani. Ma imparerà il giusto. Non potrà farne a meno quando vedrà avvicinarsi la vera guerra. Glielo dobbiamo. Lei è stato un vero aiuto per noi.

Lo fissai con espressione vacua. Una nauseabonda ondata di forme mi arrivò al limite della mente, un’onda si sollevò per riversarmisi sopra, per sommergermi.

— Sono stato…

— Be’, ovviamente — disse Hubbley con quello che sembrava genuino sbalordimento. — Non lo aveva già immaginato? Il suo ultimo concerto

Non riuscivo a parlare. Si aprì una porta e Campbell torreggiò su di me.

— Diavolo — disse Hubbley — due mesi fa abbiamo perfino avuto un gruppo di scienziati che effettuavano modificazioni genetiche che si sono uniti a noi volontariamente senza essere torturati, niente. Lei ha realmente fatto la differenza più grande del mondo, figliolo.

"E adesso ci dobbiamo proprio muovere. La porterà Campbell. Se quell’anca comincerà a farle troppo male mi raccomando di farsi sentire. Abbiamo altri antidolorifici e dove stiamo andando c’è anche un dottore. Non vogliamo per niente che lei soffra, non dopo tutto l’aiuto che ci ha dato, signor Arlen. Lei sta dalla giusta parte. Solo che a certe persone ci vuole più tempo che ad altre per capirlo.

"Portalo con attenzione, Campbell. Andiamo."

Campbell mi portò in spalla attraverso la palude per circa due ore, per l’impressione che ne ebbi. Mi è difficile essere sicuro sul tempo perché continuavo a svenire. Mi aveva caricato in spalla come un sacco di soia, ma capivo che stava cercando di essere delicato. La cosa non mi aiutò.

Procedemmo in fila indiana, circa dieci persone, condotti da Jimmy Hubbley. Hubbley conosceva le paludi. I suoi camminavano a volte su strettissimi crinali di terreno semisolido con pozze melmose su entrambi i lati, il genere di sabbie mobili che, da piccolo, avevo visto inghiottire un uomo in meno di tre minuti. In altre occasioni avanzammo a fatica attraverso acque salmastre pullulanti di tartarughe e serpenti. Tutti indossavano stivaloni alti fino all’anca. Si tenevano vicini a fitti grovigli di rampicanti, sotto il muschio grigio che scendeva gocciolante dagli alberi. Non sarebbe comunque servito a nulla, non appena l’ECGS avesse portato un robot da rintracciamento che è dieci volte migliore del miglior cane da fiuto nel cogliere i feromoni, non soltanto seguendone la traccia, ma anche analizzandone il contenuto. Mi aspettavo di essere nuovamente con l’ECGS nel giro di due ore.

Vidi quindi che l’ultima persona della fila era la donna, Abigail, che aveva mandato in fumo l’aereo di salvataggio con un lanciarazzi che aveva poi lasciato all’avamposto. Portava al suo posto un macchinario curvo, dal colore opaco che assomigliava a un arco metallico, tenendolo sopra la testa, parallelo al terreno. Sapevo che cos’era: un Cancellatore di Feromoni Harrison. Rilasciava molecole che si attaccavano a qualsiasi traccia molecolare umana e la neutralizzavano. Era uno strumento militare segretissimo che avevo avuto modo di conoscere soltanto attraverso Huevos Verdes e non era assolutamente possibile che l’Avamposto di Liberazione Francis Marion ne possedesse uno. Tuttavia lo avevano.

Per la prima volta cominciai a credere a Jimmy Hubbley quando aveva detto che il suo movimento non era costituito da fanatici isolati.

Abigail era incinta. Con le braccia sollevate sopra la testa, riuscivo chiaramente a scorgere la curva del suo ventre sotto la tuta, forse era al quinto mese. Mentre camminava, canticchiava fra sé, una canzoncina allegra priva di ritornello. I suoi pensieri sembravano distanti interi chilometri e interi paesaggi.

La palude si fece più densa e soffocante. I rami mi graffiarono il volto mentre pendevo, impotente, da sopra la spalla di Campbell. Serpenti grossi quanto il polso di un uomo strisciavano in pozze poco profonde. Un tronco affiorò, scivolò sotto l’acqua nera e scomparve in una fila di sibilanti bollicine. Alligatore.

Chiusi gli occhi. L’aria umida era carica della fragranza cerea delle orchidee fantasma che crescevano sui tronchi di strani alberi. Non erano parassiti. Vivevano d’aria.

Gli insetti ronzavano e pungevano, in una nuvola costante.

— Be’, eccoci arrivati — disse Jimmy Hubbley. — Signor Arlen, signore, come vanno le cose?

Non risposi. Ogni volta che lo guardavo la mente mi si riempiva delle forme dell’odio, fredde e ruotanti come lame. Leisha era morta. Jimmy Hubbley aveva ucciso Leisha Camden. Lei era morta. Io l’avrei distrutto.

Non sembrò importargli che non gli avessi risposto. Si era fermato sotto una enorme farnia carica di muschio grigiastro. Altri alberi si infittivano nelle vicinanze. Un antico cipresso caduto si era mezzo disfatto in poltiglia, coperta dai risucchianti viticci di un fico strangolatore. Nell’opaca mezza luce vidi una lucertola a strisce scendere velocemente lungo un viticcio. Dall’altra parte della farnia c’era una distesa verde scuro di muschio, soffice e livellato come il prato di un’enclave. Quel luogo puzzava pesantemente di marciume da giungla.

— Ora, figliolo, la prossima parte potrà sembrarle un po’ sconcertante. È davvero importante che si ricordi che non corre nessunissimo pericolo. Ecco, faccia un bel respiro, chiuda la bocca e si tappi il naso. Sa che le dico, andrò prima io per rassicurarla. Solitamente, va prima Abby, ma questa volta andrò io. In parte per rispetto alla sposa.

Sogghignò verso Abigail, facendo scintillare i denti rotti. Lei gli sorrise di rimando e abbassò gli occhi, ma un attimo dopo la colsi lanciare un’occhiata furtiva a uno degli altri uomini, un’occhiata dura e significativa come una granata. Jimmy Hubbley non la vide. Lanciò un grido da ribelle e balzò nella distesa di muschio.

Ansimai, il che mi inviò un inaspettato dolore lungo il fianco sinistro. Jimmy sprofondò immediatamente fino alla vita in una melma nera e gelatinosa che giaceva sotto al muschio. La sua unica speranza ora era di rimanere assolutamente immobile e lasciare che Campbell lo tirasse fuori. Scosse invece leggermente la parte superiore delle spalle, tenendosi tappato il naso con una mano e mantenendo l’altro braccio serrato lungo il fianco, con disinvoltura. Rimase immobile forse per circa dieci secondi e por qualcosa lo risucchiò dentro la fanghiglia. Il suo petto scomparve, quindi sparirono le sue spalle e infine la testa. Il muschio, con qualche macchietta di malta, gli si chiuse sopra.

Il cuore mi martellò contro i polmoni.

Abigail fu la successiva. Infilò il Cancellatore di Feromoni Harrison in una sacca di sintoplastica e la sigillò. Balzò quindi nel muschio e scomparve.

— Tappati il naso, tu — disse Campbell, le prime parole che avesse pronunciato.

— Aspetta. Aspetta. Io…

— Tappati il naso, tu. — Mi scagliò nella fanghiglia.

Il mio fianco sinistro provò un dolore lancinante. I piedi colpirono il muschio, ma lì non provavo alcuna sensazione, non la provavo da decenni. Soltanto quando fui sprofondato fino alla vita avvertii l’appiccicosa melma, incollata addosso come feci, fresca dopo l’aria afosa. Puzzava di marcio, di morte. Forme nere mi fluttuarono nella mente e mi divincolai, anche se una parte di me sapeva che dovevo rimanere assolutamente immobile, che non ci sarebbe stato alcun aiuto a meno che non fossi rimasto assolutamente immobile, "Leisha"… Qualcuno ridacchiò.

Qualcosa mi afferrò da sotto, qualcosa di incorporeo ma potente, come un vento. Mi risucchiò verso il basso. La fanghiglia mi salì sopra le spalle e quindi fino alla bocca. Mi coprì gli occhi riempiendo il mondo delle stesse forme fecali che avevo nella mente. Sprofondai.

Per la terza volta, aspettandomi di morire, la grata color porpora scomparve.

Mi trovai quindi steso sul pavimento di una stanza sotterranea mentre mani guantate mi afferravano e trascinavano me e il mio corpo carico di melma. Il dolore mi attanagliava il fianco sinistro. Qualcuno mi ripulì il volto. Le mani mi tolsero i vestiti e mi infilarono, nudo, sotto una doccia sonar e la melma mi cadde dalla testa e dagli abiti in scaglie secche che vennero a loro volta risucchiate da una specie di aspirapolvere che si trovava sul pavimento della doccia. Qualcuno mi applicò un cerotto medico sulla spina dorsale e il dolore scomparve.

— Potrà anche farsi una doccia vera se vuole — disse gentilmente Jimmy Hubbley. — Alcuni ne hanno bisogno. Quanto meno pensano di averne bisogno. — Era in piedi davanti a me già vestito con una tuta pulita, niente affatto rattoppata, indistinguibile da qualsiasi altro Vivo se si eccettuavano i denti così poco curati.

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