Mendicanti e superuomini - Кресс Нэнси (Ненси) 24 стр.


Vidi, a quel punto, un modo per utilizzare la sua diversità.

— Lizzie ti piacerebbe stringere un patto con me? Mi guardò con aria circospetta.

— Se tu mi dici quello che io voglio sapere io ti aiuterò a imparare tutto quello che posso sul funzionamento delle macchine.

Il volto di Lizzie cambiò. Sobbalzò alle mie parole come il piccolo promettente piranha che era.

— Me lo hai promesso. Vicki, io ti ho sentito, io, e quella era una promessa. Hai detto che mi aiuterai a scoprire tutto quanto su come funzionano le macchine!

— Ho detto "tutto quello che posso". Non tutto.

— Ma me lo hai promesso, tu.

— Sì, sì, l’ho promesso. Ma in cambio tu devi rispondere a tutte le domande che io ti faccio.

Rifletté un istante tenendo la testa piegata di lato, con le sedici treccine annodate di rosa che si diramavano in direzioni differenti. Non notò alcuna trappola di rilevante importanza. — D’accordo.

— Lizzie, hai mai sentito parlare dell’Eden?

— Nella Bibbia?

— No. Qui, vicino a East Oleanta.

A dispetto del nostro accordo, lei esitò. Le dissi: — Anche tu hai fatto una promessa.

— Ho sentito Billy e la mamma, io, che ne parlavano. La mamma diceva che l’Eden non esiste per niente se non nella Bibbia. Billy, invece, lui diceva che non era tanto sicuro, lui. Ha detto che forse era un posto nelle montagne o nei boschi che i Muli non conoscono e che magari i Vivi ci potrebbero lavorare, loro. Pensavano che stavo dormendo.

Un luogo che i Muli non conoscono. Il che significava, per East Oleanta, i Muli al governo, praticamente l’unico genere che una cittadina come quella aveva mai occasione di vedere.

— Billy se ne va mai da solo nei boschi? Senza la tua mamma?

— Oh, sì, gli piace, a lui. La mamma non se ne andrebbe mai nei boschi. È troppo grassa. — Lizzie disse quest’ultima frase come fosse un dato di fatto; per qualche strano motivo pensai improvvisamente a Desdemona che mi strappava via il braccialetto di latta senza alcun senso di colpa o sotterfugio.

— Ci va spesso? Quanto tempo sta via?

— Ci va ogni due mesi, lui. Per cinque o sei giorni. Solo che adesso si sta facendo un po’ troppo vecchio, lui, dice la mamma.

— Significa che non ci andrà più?

— No, ci andrà settimana prossima, lui. Le ha detto che ci deve andare a meno che non si rompe qualcosa di importante e poi lui ha paura di lasciarci qui da sole, lui. Noi però abbiamo il cibo. — Indicò le patetiche pile di cibo sintetico privo di gusto che stava marcendo nei secchi posti negli angoli della casa.

— La settimana prossima quando?

— Martedì.

Lizzie sapeva tutto, ma che cosa sapeva Billy? Sapeva dove si trovava Miranda Sharifi?

— A che ora parte Billy quando se ne va nei boschi?

— La mattina molto presto. Vicki, come farai a insegnarmi tutto sulle macchine, tu? Quando possiamo cominciare, noi?

— Domani.

— Oggi.

— Devi ancora guarire. Hai avuto la polmonite, sai. Sai che cos’è?

Scosse la testa. Gli stupidi nastrini rosa ballonzolarono. Se fosse stata figlia mia le avrei legato le treccine con micro-fibre.

Se fosse stata mia figlia? Cristo.

— La polmonite è una malattia provocata da batteri che sono piccole macchine viventi che vengono distrutte all’interno del tuo corpo da altre piccole macchine viventi studiate per farlo. Ed è proprio da lì che cominceremo domani. Se possiedi i codici giusti esistono programmi cui puoi accedere sul terminale dell’albergo dove le persone vanno raramente… — Per la prima volta mi venne in mente che Annie avrebbe vigorosamente obbiettato a questo programma educativo. Avrei dovuto istruire Lizzie in piena notte.

— Quali codici? — Gli occhi della ragazzina erano scintillanti e acuminati come aghi in carbonio.

— Te li mostrerò domani.

— Io ho già riprogrammato, io, la porta di servo-entrata al caffè per potere entrare io e la mamma. Io le capisco le cose sul terminale dell’albergo. Dimmi soltanto un pochino "come"…

— Ciao, Lizzie.

— Dimmi solo come…

— Ciao!

Mentre chiudevo la porta lei stava nuovamente smembrando il robot per pelare le mele.

Nelle successive sei settimane, Lizzie passò tutto il suo tempo libero al terminale dell’albergo, accedendo al software educativo dell’immenso sistema bibliotecario pubblico dei Muli. Compariva nell’albergo a ore strane, la mattina presto con i capelli bagnati, provenendo dai bagni, o al tramonto, nei momenti in cui, io sospettavo, Annie pensava stesse giocando con le sue amichette Carlena e Susie, un paio di stupide fringuelle. Lizzie scompariva altrettanto repentinamente, un fuorilegge che fuggiva dalla scena del crimine scolastico per presentarsi a rapporto per pranzo o per andare in chiesa. Non sapevo se si connettesse anche in piena notte o no: io ero, giudiziosamente, addormentata. Imparava a una velocità strabiliante, non appena aveva da imparare qualcosa di importante. Non controllavo i programmi cui accedeva e commentavo soltanto quando aveva domande da pormi. Dopo il primo giorno si tuffò a capofitto sui sistemi di computer, teoria e applicazioni. Nel giro di una settimana mi mostrò come aveva riprogrammato un robot-pulitore funzionante perché ballasse, combinando, accelerando e mettendo in sequenza i normali movimenti. Quell’aggeggio roteava nella mia lugubre camera d’albergo come se avesse una crisi epilettica metallica. Lizzie rideva così forte che cadde dal letto e continuò a farlo anche sul pavimento, con le braccia conserte sullo stomaco e, ancora una volta, quello sgradito qualcosa mi si rigirò nel petto, caldo come sangue.

Nel giro di un mese aveva terminato i primi due anni di software scolastico secondario, accreditato dall’Associazione Educativa Americana, sulla scienza informatica.

Dopo sei settimane mi aveva mostrato allegramente come aveva fatto a entrare nelle banche dati dell’Impresa Haller. Sbirciai da sopra le sue spalle, chiedendomi se il software di sicurezza della Haller non avrebbe rintracciato l’intrusione fino a East Oleanta, dove non sarebbe dovuto esistere nessuno in grado di effettuare intrusioni nelle banche dati. L’ECGS monitorava forse le irruzioni industriali?

Cominciavo a essere paranoica. Doveva esserci un quarto di milione di teenager esploratori di reti che ficcavano il naso nelle banche dati delle imprese solo per il gusto di fare un colpo tecnologico.

Ma quei ragazzini erano Muli.

— Lizzie — dissi — basta con le intrusioni in rete. Mi dispiace, tesoro, ma è pericoloso.

Serrò le labbra, una sospettosa piccola Annie. — Pericoloso come?

— Potrebbero rintracciarti, venire qui e arrestarti. E mandarti in galera.

I suoi occhi neri restarono sbarrati. Aveva un certo rispetto per l’autorità, quanto meno per il potere. Una codarda piccola Annie.

— Prometti — dissi io, implacabile.

— Lo prometto, io!

— E sai cosa ti dico? Domani andrò ad Albany e ti comprerò un computer portatile e una biblioteca di cristallo. C’è sopra molto più di quello a cui tu non possa accedere da qui. Non crederai a ciò che potrai imparare a fare. — E un’unità portatile non poteva essere rintracciata. Avrei potuto utilizzare il conto di "Darla Jones" che l’alto costo di una biblioteca di cristallo e un’unità compatibile avrebbe praticamente prosciugato. Forse avrei fatto meglio ad andare più in là di Albany per l’acquisto. Forse a New York.

Lizzie mi fissò, per una volta tanto, senza parole. La boccuccia rosata disegnò una piccola O. Mi abbracciò quindi forte, sapeva di sapone distribuito dal deposito, con la voce soffocata dal mio collo.

— Vicki… una biblioteca di cristallo… oh, Vicki…

Per te. Non dissi altro. Non potevo.

Anthony, che era venuto prima di Russel e dopo Paul, mi aveva detto una volta che non esisteva ciò che veniva chiamato istinto materno e nemmeno quello paterno. Si trattava di propaganda intellettuale mirata a spingere gli umani verso una responsabilità che in effetti non volevano, ma che non potevano ammettere di non volere. Era un tour de force di pubbliche relazioni privo di genuina forza biologica,

Avevo amato uomini decisamente stupidi.

Tre giorni dopo aver portato a Lizzie la biblioteca di cristallo, mi alzai alle quattro del mattino pronta a seguire Billy nel folto del bosco.

Poteva essere il mio terzo giro in sei settimane. Lizzie mi teneva informata, causa il nostro accordo, sui piani di Billy. Mi aveva detto che lui era solito andare ogni due mesi, ma adesso si allontanava molto più di frequente.

Quella mattina stava nevicando, anche se era solamente metà ottobre. A San Francisco non avevo mai fatto molto caso alla storia della "mini-glaciazione in arrivo". Nelle Adirondack, tuttavia, non c’era grande possibilità di scelta. Tutti andavano in giro infagottati in tute invernali, sorprendentemente calde.

Billy indossava una di queste tute quando emerse dall’edificio dove era situato il suo appartamento, alle quattro e quarantacinque del mattino. Portava uno zaino di plastitessuto. Fuori era ancora buio. Si incamminò in direzione del fiume che scorreva a soli cinque o sei isolati da quello che passava per essere il centro cittadino. Lo seguii senza essere vista finché ci furono edifici a fornirmi copertura. Quando non ce ne furono più, lo lasciai allontanare dalla vista e quindi seguii le sue impronte sulla neve fresca. Un chilometro e mezzo dopo le impronte si interruppero.

Sostai sotto un pino, riflettendo sulle mie possibilità di scelta. Alle mie spalle, Billy disse tranquillamente: — Non è per niente migliorata nei boschi. Non dalla prima volta.

Mi voltai. — Come hai fatto?

— Non importa come ho fatto io. La domanda è che cosa ha intenzione di fare lei qui fuori.

— Seguirti ancora.

— Perché?

Non me lo aveva mai chiesto prima. Le altre volte che lo avevo seguito si era del tutto rifiutato di parlarmi. Aveva un aspetto insolitamente imponente lì in piedi nel paesaggio desolato, col volto raggrinzito e l’espressione grave: un Mosè Vivo. Dissi: — Billy, dov’è l’Eden?

— Sta dando la caccia a quello, eh? Non so dov’è, io, e se lo sapevo non ce la portavo lo stesso.

— Perché no?

— Perché no cosa?

— Perché non mi porteresti nell’Eden se sapessi dove si trova?

— Perché quello non è un posto per Muli.

— È forse un posto per Vivi?

Sembrò tuttavia avere compreso di avere parlato troppo. Deliberatamente appoggiò lo zaino a terra, spazzolò via la neve da un tronco caduto e si sedette con l’aria di un uomo che non aveva alcuna intenzione di alzarsi finché io non me ne fossi andata. Avrei dovuto pungolarlo offrendogli di più.

— Non è nemmeno un posto di Vivi, vero, Billy? È un posto di Insonni. Tu hai visto un Super-Insonne di Huevos Verdes, o più di uno, in questi boschi. Hanno la testa un po’ più grossa del normale e parlano come se stessero rallentando il discorso, perché è proprio quello che fanno. Pensano così più velocemente e in modo più complesso rispetto a noi. Ne hai visto uno, vero, Billy? Uomo o donna?

Egli mi fissò, un volto grave e rugoso contro il grigio e il bianco dei boschi.

— Quando è successo, Billy? In estate? O prima ancora?

Egli rispose con sforzo malcelato e mentendo spudoratamente: — Non ho mai visto nessuno, io.

Mi avvicinai a lui e gli appoggiai con fermezza una mano sulla spalla. — Si che lo hai fatto, tu. Quando è successo?

Egli fissò il terreno innevato, arrabbiato ma senza volere, o senza essere capace di mostrarlo.

— D’accordo, Billy — sospirai io. — Se non me lo vuoi dire, non dirmelo. Hai ragione, sai, non posso seguirti senza essere vista nei boschi perché non so quello che sto facendo. E ho già freddo.

Continuò a non dire nulla. Ritornai in paese arrancando a fatica. Il computer e la biblioteca di cristallo per Lizzie non erano stati tutto ciò che Darla Jones aveva acquistato a New York. Il dispositivo di rintracciamento che avevo appiccicato sulla giacca di plastitessuto dell’uomo, dietro alla spalla e sotto al collo dove lui non avrebbe potuto vederlo finché non si fosse tolto la giacca, registrava un punto fisso sul monitor portatile. Esso rimase immobile per oltre un’ora. Ma non aveva freddo?

Forse Billy Washington si era acceso un falò: il monitor non lo avrebbe mostrato. Un’ora dopo, mentre me ne stavo seduta al calduccio nella mia camera d’albergo a East Oleanta, il punto-Billy si mosse. Camminò ancora per svariate miglia nel corso della giornata, a piccoli tratti, in varie direzioni. Un uomo in cerca di qualche cosa. In nessun momento il punto scomparve, il che avrebbe significato che era sparito dietro a un campo di sicurezza a energia-Y. La stessa cosa accadde per i successivi tre giorni e notti. Egli tornò quindi a casa.

Inspiegabilmente non mi affrontò riguardo al dispositivo di rintracci amento. O non lo aveva mai trovato anche dopo avere tolto la giacca (difficile a credersi), oppure lo aveva trovato ma non aveva avuto la minima idea di cosa fosse e aveva deciso di non chiederselo nemmeno. Oppure — e questo mi sovvenne in seguito — l’aveva visto, ma aveva pensato che ce lo avesse messo qualcun altro, forse mentre lui era addormentato, e aveva voluto lasciarlo al suo posto. Qualcuno dei boschi. Qualcuno che lui voleva compiacere.

O forse non era nessuna di queste cose.

Due giorni dopo il ritorno di Billy dai boschi, Annie disse: — La ferrovia a gravità si è rotta di nuovo, lei. — Non lo disse a me. Io ero seduta nel suo appartamento, in visita a Lizzie, ma Annie doveva ancora acconsentire ufficialmente che mi trovassi lì. Non mi guardava in faccia, non mi parlava, manovrava la sua considerevole stazza attorno al posto che occupavo come se fosse un inesplicabile e sconveniente buco nero. Probabilmente Billy mi aveva fatto entrare solo perché avevo portato due bracciate di cibo e di articoli del deposito, ottenuti con il gettone "Victoria Turner" per contribuire alle crescenti scorte allineate lungo le pareti. Quel luogo puzzava vagamente come una discarica in cui non erano stati lasciati i microorganismi che consumavano i rifiuti.

— Dove sta? — chiese Billy. Intendeva dire il treno vero e proprio, fermo da qualche parte lungo il percorso magnetico.

— Proprio qui — rispose Annie. — A circa mezzo chilometro fuori dal paese, è quello che ha detto Celie Kane, lei. Alcuni di loro sono tanto furiosi da volerlo incendiare.

Lizzie sollevò con interesse lo sguardo dal terminale portatile con la preziosa biblioteca di cristallo. Non avevo assistito alla reazione di Annie al mio regalo ma me ne aveva parlato Lizzie. L’unico motivo per cui Lizzie possedeva ancora quella roba era che aveva minacciato di scappare di casa prendendo la ferrovia a gravità. Aveva dodici anni, aveva detto a sua madre, moltissimi ragazzi se ne andavano di casa a dodici anni. Suppongo che per i ragazzi Vivi fosse vero, visto che se ne andavano avanti e indietro con i loro gettoni-pasto. Era stato quello il momento in cui Annie aveva smesso di rivolgermi la parola.

Lizzie disse: — Ma i treni possono bruciare, loro?

— No — rispose brevemente Billy. — Ed è comunque contro la legge rovinarli.

Lizzie digerì l’affermazione. — Ma se nessuno può venire in treno da Albany per punire la gente che non rispetta la legge…

— Possono venire in aereo, loro, non ti pare? — schioccò seccamente Annie. — Non pensare nemmeno di non rispettare la legge, signorina!

— Non ci stavo pensando per niente, io. È Celie Kane che lo sta facendo — disse Lizzie con ragionevolezza. — E poi nessuno verrà più a East Oleanta in aereo da Albany. Tutti quei Muli hanno problemi ben più grossi di noi, loro.

— La voce dell’innocenza — dissi, ma naturalmente nessuno rispose.

Fuori, nel corridoio, qualcuno si mise a gridare. Si sentì un rumore di passi superare la nostra porta, tornare indietro e poi bussare. Billy e Annie si guardarono a vicenda. Billy aprì quindi la porta di uno spiraglio e infilò fuori la testa. — Che c’è che non va?

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