Non incontrò sentieri, non vide nessun indizio che un essere umano abitasse o fosse mai passato vicino al fiume. Ma verso la fine del breve pomeriggio uno stormo di gallinelle selvatiche verde bronzo si alzò proprio sopra di lui e volò sull'acqua, chiocciando e lanciando richiami con un fitto intrico di parole umane.
Un poco più avanti si arrestò, con l'impressione di aver sentito nel vento l'odore di un fuoco di legna.
Il vento gli arrivava contrario alla corrente del fiume, da nordovest. Raddoppiò le precauzioni. Poi, mentre la notte scendeva tra i tronchi degli alberi e confondeva le sinuosità scure del fiume, lontano davanti a lui, lungo la riva stepposa, brillò una luce, e svanì, e tornò a brillare.
Non era la paura e nemmeno la cautela a tenerlo fermo, ora, piantato sulle sue orme, a fissare il luccichio lontano. A eccezione del suo solitario fuoco da campo, quella era la prima luce che vedeva nel bosco, da quando aveva lasciato la Radura. Lo commosse in modo incredibile vederla brillare in lontananza, oltre le ombre del crepuscolo.
Affascinato ma paziente, come ogni animale di bosco, aspettò finché si fece notte, procedendo adagio e senza rumore lungo la riva, tenendosi nel fitto dei salici, finché fu abbastanza vicino da vedere il quadro di una finestra gialla per il fuoco acceso, e più in alto, la cima di un tetto bordato di neve, protetto da una coltre di pini. Enorme, sopra la nera foresta e il fiume, brillava Orione. Il vento notturno era gelato e silenzioso. Ogni tanto un fiocco di neve secca si staccava da un ramo, e cadendo rifletteva lo scintillio del fuoco.
Falk rimase a guardare incantato l'interno della capanna. Si portò un poco più vicino, poi rimase immobile per lungo tempo.
All'improvviso la porta della capanna si spalancò; un ventaglio d'oro si aprì sul terreno in ombra sollevando una nuvola di neve a fiocchi e a grumi.
— Vieni avanti alla luce — disse un uomo fermo in posizione vulnerabile, nel bagliore oblungo della soglia.
Falk, nel buio della macchia, mise la mano sul laser e non fece altra mossa.
— Io ti sento con la mente. Sono un Ricettivo. Entra. Niente da temere qui. Parli questa lingua?
Silenzio.
— Spero di sì, perché non userò la telepatia. Non c'è nessuno qui, oltre a me e te — disse la voce con calma. — Sento senza volerlo, come fai tu con le orecchie, e io ti sento lì fuori nel buio. Vieni se vuoi fermarti sotto un tetto per un poco.
La porta si chiuse.
Falk restò fermo ancora qualche attimo. Poi oltrepassò quei pochi metri di oscurità fino alla porta della capanna, e bussò.
— Avanti!
Aprì la porta ed entrò al caldo e alla luce.
Un vecchio dai capelli grigi raccolti in una treccia lunga fino alla schiena, era inginocchiato vicino al camino e ravvivava il fuoco. Non si voltò a guardare lo straniero; sistemava la legna sul fuoco metodicamente. Dopo un istante disse forte, con una lenta cantilena:
La testa grigia si voltò, infine. Il vecchio sorrideva; i suoi occhi stretti e brillanti guardavano Falk obliquamente.
Con una voce che era fioca e stentata perché non aveva pronunciato parola per molto tempo, Falk replicò con i versi successivi del Vecchio Canone:
— Ah, ah, ah! — disse il vecchio. — Come va, Occhi Gialli? Entra, siediti qui, vicino al camino. Straniero, sì, sì, certo. Tu sei straniero. Quanto lontano dal paese? … Chi lo sa? Quanto tempo è che non ti lavi in acqua calda? Chi lo sa? Dov'è quella dannata pentola? Freddo stanotte nel mondo selvaggio, vero?… freddo come un bacio traditore. Ecco, ci siamo; riempila con il secchio che c'è vicino alla porta, vuoi?, poi la metto sul fuoco, così. Io sono Thurro-dowista, sai che significa, vedo di sì, quindi non troverai molte comodità qui. Ma un bagno caldo è caldo, sia che la pentola bolla per fusione di idrogeno o per fuoco di ceppi, eh? Sì, sei davvero uno straniero, ragazzo, e anche i tuoi vestiti guadagnerebbero qualcosa da una lavata, per impermeabili che siano. Quello cos'è? coniglio? Bene. Domani lo facciamo in stufato, con un paio di verdure. Le verdure sono una cosa impossibile da prendere con una pistola laser. E non si può portarsi in uno zaino una provvista di cavoli. Io vivo da solo, qui, ragazzo mio, tutto solo soletto. Poiché sono un grande, grandissimo, il più grande Ricettivo, io vivo solo e parlo troppo. Non sono nato qui come un fungo sugli alberi; ma vivendo tra gli uomini non riuscivo mai a tener lontane le menti degli altri, tutto il ronzio e la pena e le chiacchiere, e le preoccupazioni, e tutti gli altri modi in cui si manifestano, era come se dovessi farmi strada attraverso quaranta foreste diverse, tutto in una volta. Così son venuto a vivere da solo in una foresta vera dove attorno a me ci sono solo bestie, che hanno menti semplici e calme. Nei loro pensieri non c'è morte. E nessuna bugia sta nascosta in quei pensieri. Siediti; ci hai messo molto tempo per arrivare qui e hai le gambe stanche.
Falk andò a sedersi sulla panca di legno del focolare. — Ti ringrazio per l'ospitalità — disse, e stava per dire il suo nome quando il vecchio replicò: — Lascia perdere. Ti posso dare una quantità di buoni nomi, buoni a sufficienza per l'angolo di mondo dove stiamo. Occhi Gialli, Straniero, Ospite, vanno bene tutti. Ricordati che sono un Ricettivo, non un parolaio. Non ricevo parole e nomi. Non li voglio. Che un'anima solitaria stava lì fuori nel buio, l'ho saputo, e so come la mia finestra illuminata splendeva nei tuoi occhi. Non è abbastanza, più che abbastanza? Non ho bisogno di nomi. E il mio nome è Tuttosolo. Bene? Ora accostati al fuoco e scaldati.
— Mi sto già scaldando — disse Falk.
La treccia grigia del vecchio oscillava sulle spalle ogni volta che egli si muoveva, rapido e debole, mentre la voce morbida scorreva inarrestabile; non poneva mai una vera domanda, non lasciava il tempo per la risposta. Era senza paura, impossibile spaventarlo.
Ora tutti i giorni e le notti del viaggio nella foresta erano riuniti in un mazzo, tutti passati, già dietro le spalle di Falk. Non doveva più dormire all'aperto: era arrivato in un posto. Non doveva più stare a pensare al tempo, al buio, alle stelle, agli animali. Poteva star seduto, stirare le gambe davanti a un focolare scintillante, poteva mangiare in compagnia di qualcuno, lavarsi davanti al fuoco in una tinozza di acqua bollente. Non sapeva dire quale fosse la delizia maggiore: il calore dell'acqua, che portava via la sporcizia e la stanchezza, o il calore che gli scaldava lo spirito stando in quel luogo, i discorsi assurdi, elusivi e vivaci del vecchio, la miracolosa complessità della conversazione umana dopo il lungo silenzio della vita selvaggia.
Credette senz'altro a ciò che il vecchio gli aveva detto: che era capace di conoscere emozioni e percezioni di Falk; era cioè un lettore interiore, un empatico. L'empatia stava alla telepatia un po' come il tatto sta alla vista: un senso più impreciso, più primitivo, o più intimo. Non era possibile imparare a utilizzare con precisione quel senso per mezzo di tecniche e addestramento scolastico o, almeno, non nella stessa misura in cui era possibile con la telepatia; viceversa, qualche sprazzo di empatia involontaria non era raro anche tra gente priva di addestramento. Kretyan la cieca si era addestrata a leggere dentro le menti, ma ne possedeva già il dono per natura. Ma non era un dono potente come questo. Falk fu presto del tutto certo che il vecchio, con varia intensità, avvertiva, ininterrottamente i sentimenti e le sensazioni dell'ospite. Chissà perché, questo non dava nessun fastidio a Falk, mentre sapere che la droga di Argerd aveva spalancato la sua mente a un'inquisizione telepatica lo aveva indignato. C'era diversità nelle intenzioni; e non solo in questo.
— Questa mattina ho ucciso una gallinella — disse, quando il vecchio restò in silenzio per un attimo, occupato a scaldare un asciugamano per lui davanti al fuoco guizzante. — Ha parlato in questa lingua. Qualche parola di… della Legge. Questo significa che c'è qualcuno qui attorno che insegna a parlare alle bestie e ai volatili? — Non era del tutto tranquillo, anche uscendo dal bagno caldo, non abbastanza per pronunciare il nome del Nemico; era un ricordo lasciatogli dalla Casa della Paura.
Come risposta il vecchio si limitò a porre un'altra domanda, per la prima volta. — L'hai mangiata la gallinella?
— No — disse Falk asciugandosi davanti al fuoco, che illuminava la sua pelle con il colore del bronzo fuso. — Non dopo che l'ho sentita parlare. Ho sparato ai conigli, invece.
— Uccidere e non mangiare? Vergognoso, vergognoso — schiamazzò il vecchio, poi lanciò un grido come un gallo selvatico. — Non hai rispetto per la vita. Devi capire bene quello che dice la Legge. Dice che non devi uccidere se non sei costretto a uccidere. E il meno possibile anche in quel caso. Ricordati questo a Es Toch. Sei asciutto? Ricopri la tua nudità, Adamo del Canone di Yaweh. Qui, avvolgiti in questo, non è stoffa raffinata come quella dei tuoi vestiti, solo pelle di daino conciata nel piscio, ma almeno è pulita.
— Come sai che vado a Es Toch? — chiese Falk avvolgendosi nella pelle morbida, come fosse una toga.
— Perché tu non sei umano — disse il vecchio. — E ricordati, io sono il Ricettivo. Che io lo voglia o no, conosco la bussola che c'è nella tua mente, per strana che essa sia. Nord e sud sono pallidi; molto lontano, a est, c'è un chiarore perduto; a ovest c'è il buio, buio profondo. Io conosco quel tipo di oscurità. Ascolta. Ascolta me, perché io non voglio ascoltare te, caro ospite pasticcione. Se avessi voluto ascoltare i discorsi degli uomini non vivrei qui, come un cinghiale in mezzo ai cinghiali. Ho questo da dirti prima di andare a dormire. Ascolta bene: gli Shing non sono poi molti. Questa è una grande informazione, che porta saggezza, un grande ammonimento. Ricordatelo quando camminerai nella tremenda oscurità delle grandi luci di Es Toch. Qualche frammento di informazioni strane può sempre venir buono. Adesso dimentica l'est e l'ovest e va a dormire. Tu prenditi il letto. Anche se, da buon Thurro-dowista, sono contrario al lusso ostentato, io apprezzo moltissimo i piaceri più semplici dell'esistenza, come un letto per dormire. Almeno ogni tanto. E anche la compagnia di un'altra persona, una volta all'anno o quasi. Anche se non ne sento la mancanza quanto te. Solo non significa abbandonato… — E mentre si preparava una specie di pagliericcio sul pavimento, citò una strofa affettuosa del Nuovo Canone del suo Credo: — Non sono più solitario del ruscello del mulino, o di un gallo segna-tempo, o della stella polare, o del vento del sud, o del temporale di aprile, del disgelo di gennaio, del primo ragno in una casa nuova… Non sono più solo dell'anatra nello stagno, che ride tanto forte, e nemmeno più solo dello stesso stagno di Walden…
Poi disse: — Buona notte! — e non parlò più. Falk dormì quella notte un sonno pesante e lunghissimo, per la prima volta da quando il viaggio era iniziato.
Si fermò altri due giorni e due notti nella capanna in riva al fiume, perché il padrone di casa la rendeva molto accogliente, e lasciare il piccolo rifugio al caldo e in compagnia gli pareva terribilmente duro. Il vecchio lo ascoltava di rado, e mai gli fece domande, ma qua e là nei suoi discorsi incessanti balenavano fatti e accenni che poi trascurava di completare. Conosceva la strada verso l'ovest, e ciò che vi si incontrava? Falk non riuscì a saperlo. Doveva conoscerla, almeno fino a Es Toch; forse anche oltre? Cosa c'era oltre Es Toch? Falk non ne aveva idea, a parte il fatto che, prima o poi, si arrivava al Mare Occidentale, e poi oltre quello al Grande Continente, e infine di nuovo in cerchio, al Mare Orientale e alla Foresta. Che il mondo fosse una sfera gli uomini lo sapevano, ma non esistevano più carte geografiche sicure. Falk aveva una mezza idea che il vecchio sarebbe stato capace di disegnarne una; ma da dove gli era venuta quell'idea, egli stesso non lo sapeva bene, perché l'ospite non gli parlò mai apertamente di quel che aveva fatto o visto fuori dei limiti della piccola radura in riva del fiume.
— Stai attento alle gallinelle, giù per il fiume — disse il vecchio (a proposito di nulla), mentre facevano colazione la mattina presto, prima che Falk ripartisse. — Qualcuna di loro sa parlare. Altre sanno ascoltare. Come noi, eh? Io parlo e tu ascolti. Perché, è naturale, io sono il Ricettivo e tu il Messaggero. Dannata la logica. Ricordati delle gallinelle, e non fidarti di quelle che cantano. Nei galli si può riporre maggior fiducia: sono troppo occupati a far schiamazzi. Vai solo. Male non ti farà. Porta i miei saluti a ogni Principe o Vagabondo che incontri, particolarmente a Henstrella. Tra parentesi, questa notte, in un intervallo tra i tuoi sogni e i miei, mi è capitato di pensare che hai camminato già abbastanza, come allenamento, e forse ti farebbe piacere prendere la mia slitta. Avevo dimenticato di averla. Non la dovrò usare più, perché non dovrò più andare da nessuna parte, se non quando morirò. Spero che passi qualcuno per seppellirmi, o almeno tirarmi fuori e lasciarmi ai topi e alle formiche, una volta che son morto. Non mi piace l'idea di marcire qui dentro, dopo tutti gli anni che ho passato a tener pulito questo posto. Una slitta non si può usare nella foresta, naturalmente, non son rimaste piste degne di questo nome, ma se vuoi seguire il fiume ti trasporterà benissimo. Anche oltre il Fiume Interno, che non è facile da passare col disgelo, a meno che tu non sia un pesce-gatto. È nella baracca, se la vuoi. A me non serve.
Gli abitanti della Casa di Kathol, vicino a quella di Zove, erano anch'essi Thurro-dowisti; Falk sapeva che uno dei loro principi era quello di fare a meno (finché era possibile, senza arrivare a opposizioni folli o fanatiche) di mezzi meccanici o artificiali. Quel vecchio viveva in modo molto più primitivo di loro, allevando pollame e coltivando verdure, perché non aveva nemmeno una pistola laser per andare a caccia; che egli possedesse un oggetto di tecnologia raffinata come una slitta a cuscino d'aria era un fatto tanto strano che Falk fu tentato per la prima volta di guardarlo con un certo sospetto.
Il Ricettivo si succhiò i denti e strillò: — Tu non hai mai avuto nessun motivo serio per fidarti di me, caro straniero. Né io di te. Dopo tutto, le cose possono stare diversamente da quanto crede anche il più gran Ricettivo del mondo. Si può ignorare persino come stiano le cose all'interno della propria mente, non è vero? E non si può allungare le mani del pensiero per toccarle. Prendi la slitta. I giorni in cui viaggiavo sono passati. Porta una persona sola, ma tu devi appunto andare da solo. E credo che il tuo viaggio sia troppo lungo per compierlo tutto a piedi. O anche in slitta, se è per questo.
Falk non fece domande, ma il vecchio rispose lo stesso.
— Forse dovrai tornare nel luogo da dove sei partito — disse.
Separandosi in un'alba gelida e nebbiosa, sotto i pini orlati di brina, Falk porse la mano con rimpianto e gratitudine al Padrone di Casa; così gli era stato insegnato a fare; ma facendo quel gesto disse: Tiokioi…
— Con che nome mi hai chiamato, Messaggero?
— Significa… significa padre, mi pare… — La parola gli era venuta alle labbra spontaneamente, senza motivo. Non era nemmeno sicuro di quel che volesse dire, e tanto meno sapeva a quale lingua appartenesse.
— Addio, povero pazzo fiducioso! Tu dirai la verità, e la verità ti renderà libero. Oppure no, dipende dai casi. Vai solo soletto, caro pazzo; è di gran lunga il modo migliore di viaggiare. Addio, addio. I pesci e gli ospiti dopo tre giorni puzzano. Addio!