Una delle domande che mi sento rivolgere più spesso è come sono arrivata alla fantascienza. Nelle tavole rotonde femministe, mi chiedono come ci si sentiva ad essere una donna che cercava di sfondare in un campo che apparteneva agli uomini. Non mi sono mai accorta di subire discriminazioni. Chissà, probabilmente scrivevo meglio di altri, quindi sono riuscita a pubblicare fantascienza; per me non ci sono mai state barricate. Le donne nella fantascienza sono sempre esistite ed io ero decisa ad essere una di loro.
Esiste anche una versione revisionista della storia secondo la quale non c'erano donne nella fantascienza finché, alla fine degli anni sessanta, Joanna Russ e Ursula K. Le Guin hanno dato l'assalto alle barricate e all'improvviso le donne sono calate come gli Unni invadendo il campo. Ma questo non è vero. Le donne c'erano già, posso dirlo perché le leggevo: Mildred Clingerman e Shirley Jackson, Zenna Henderson e Margaret St. Clair e Carol Emshwiller, e molte altre di cui non sapevo niente perché in realtà erano tutti pseudonimi di C. L. Moore. La fantascienza quindi non aveva solo scrittrici, ma delle ottime scrittrici; le loro storie erano splendide, e non credo venissero trascurate, perché le trovavo sempre sulle antologie che raccoglievano il meglio dell'anno.
Ho già avuto modo di parlare in un'intervista del mio torbido passato di scrittrice di Confessioni. Non so fino a che punto ora le mie storie ricordino le Confessioni, so però che la cosa ha avuto anche un lato positivo: per dieci anni non ho fatto altro che scrivere trame, perché non si poteva fare diversamente. Nelle Confessioni non c'è spazio per l'innovazione, le sperimentazioni letterarie o le caratterizzazioni elaborate alla James o altre cose del genere: è solo un esercizio di trama. E sono convinta che questo mi abbia davvero aiutato a migliorare la struttura delle mie storie. Alcuni consigliano di partire dal personaggio e poi di svilupparne il carattere. Io non lo faccio mai. Comincio sempre dalla fine, cioè so sempre con esattezza come sarà l'ultima scena. Quando ho scritto Lincoln's Dream [1987], ho iniziato dall'ultima scena. In Doomsday Book, ho scritto la scena finale due mesi dopo aver iniziato il libro. So sempre dove voglio arrivare e quindi procedo a ritroso, anche perché come potrei mai arrivarci altrimenti? La scena fondamentale è quella e io parto di lì. Qualcuno ha definito il processo narrativo come «una scena più tutto ciò che viene costruito attorno ad essa» e ritengo sia un ottimo modo di vedere la cosa. Quando al Clarion ho raccontato in che modo costruisco i personaggi, mi hanno insultato dicendomi che ero fredda e senza cuore. Sicuramente c'è sempre un personaggio principale sul quale ho già delle idee, ma tutti gli altri sono solo delle figure. Cerco di dare a ciascuno di essi un motivo perché compiano determinate azioni e, a quel punto, inizia la loro rapida trasformazione in personaggi. Una volta iniziato, cerco in tutti i modi di infondere una scintilla di vita: entro in ognuno di loro e cerco di farli agire come esseri umani e non come semplici figure. Ho sempre ricevuto molti elogi per i miei personaggi, quindi, tutto sommato, non dev'essere poi così sbagliato il procedimento con il quale li creo. È un po' come accadeva nei pulp. Per me la trama è vitale, cioè quello che conta è una storia che comunica una sensazione di inevitabilità, a cui non riesci a resistere. Ci deve essere un'unica conclusione, verso la quale si corre come un treno lanciato a folle velocità.
Soprattutto, sono una persona che vuole approvazione. Ma non quando scrivo, perché il compito di uno scrittore non è quello di cercare approvazione. Scrivo cose anche molto provocatorie, e spesso la gente non approva. Ma quando mi siedo davanti alla macchina da scrivere, quella figlia di… prende il sopravvento e scrive quello che vuole; allora ci rimango male perché non sono stata quella brava bambina di cui tutti possono andare orgogliosi. Quando mi siedo alla scrivania e comincio a scrivere, purtroppo si scatena l'inferno e non posso fare altro che rassegnarmi. Già, perché poi scatta la preoccupazione di scoprirti davanti al pubblico, con tutti i tuoi limiti e i tuoi difetti. E quando cominciano a leggere, ti senti davvero nuda.
Connie Willis
Copyright © 1992 by Connie Willis. Tit. orig.: "Talking Back to Shakespeare".
DEDICATO A Laura e a Cordelia… le mie Kivrin
I miei speciali ringraziamenti al Capo Bibliotecario Jamie LaRue e al resto del personale della Biblioteca Pubblica Greenlay per la loro continua e preziosissima assistenza. La mia imperitura gratitudine va anche a Sheila e a Kelly e a Frazier e a Cee, e soprattutto a Marta… gli amici che amo.
«E affinché le cose che dovrebbero essere ricordate
non periscano con il tempo e svaniscano dalla memoria
di coloro che verranno dopo di noi io,
vedendo tanti mali e il mondo intero
posto nella stretta del Maligno, considerandomi
io stesso fra i morti e aspettando la morte,
ho esposto in forma scritta tutte le cose
di cui sono stato testimone.
E affinché il mio scritto non perisca con l'autore
e la fatica svanisca con chi l'ha vissuta,
lascio incarico di continuare questo scritto,
se per caso qualche uomo mi sopravviva
e qualcuno della razza di Adamo sfugga a questa pestilenza,
e di portare avanti il lavoro che io ho iniziato…»
LIBRO PRIMO
«Ciò di cui più ha bisogno un suonatore di campane non è la forza ma la capacità di tenere il tempo… si devono congiungere queste due cose nella mente e lasciare che vi restino per sempre… campane e tempo, campane e tempo»
1
Non appena il Signor Dunworthy aprì la porta del laboratorio, i suoi occhiali si velarono di vapore.
— Sono arrivato troppo tardi? — chiese, togliendoseli con un gesto brusco e socchiudendo gli occhi per mettere a fuoco Mary.
— Chiudi la porta — ribatté lei. — Non riesco a sentirti, sullo sfondo di quelle orribili carole natalizie.
Dunworthy si affrettò ad obbedire, ma la chiusura della porta non riuscì ad escludere del tutto dall'ambiente le note di «O Venite, Voi Tutti Credenti» che giungevano dalla piazza…
— Sono arrivato troppo tardi? — ripeté poi.
— Ti sei perso soltanto il discorso di Gilchrist — lo rassicurò Mary, scrollando il capo, poi si schiacciò contro lo schienale della sedia per permettere a Dunworthy di oltrepassarla nella stretta area di osservazione; la dottoressa si era liberata del cappotto e del cappello di lana, posandoli sull'unica altra sedia disponibile insieme ad una grossa borsa per la spesa piena di pacchetti, e i suoi capelli grigi apparivano in disordine, come se lei avesse cercato di ridare loro un po' di volume dopo che si era tolta il cappello. — Si è trattato di un discorso molto lungo in merito al primo viaggio nel tempo diretto verso il medioevo — continuò, — e riguardo al fatto che il College di Brasenose sta finalmente occupando il posto che gli spetta di diritto come gioiello nella corona della storia. Sta ancora piovendo?
— Sì — rispose Dunworthy, lucidandosi gli occhiali con la sciarpa, poi si agganciò le aste di metallo intorno agli orecchi e si avvicinò al sottile divisorio di vetro per dare un'occhiata alla rete: il centro del laboratorio era dominato da un carro fracassato e circondato da bauli e da casse di legno rovesciati, il tutto avviluppato dagli schermi protettivi della rete che erano drappeggiati tutt'intorno come un paracadute di garza.
L'insegnante di Kivrin, Latimer, che appariva ancora più vecchio e infermo del solito, era fermo accanto ad uno dei bauli e Montoya era in piedi vicino alla consolle, vestita con un paio di jeans e un giubbotto paramilitare, con lo sguardo che slittava di continuo con impazienza verso il suo cronometro digitale da polso. Badri era seduto davanti alla consolle, intento a digitare qualcosa mentre fissava con espressione accigliata le immagini fornite dagli schermi.
— Dov'è Kivrin? — domandò infine Dunworthy.
— Non l'ho ancora vista — rispose Mary. — Vieni a sederti. La transizione è fissata soltanto per mezzogiorno e dubito fortemente che riusciranno a effettuarla anche per allora, soprattutto se Gilchrist terrà un altro discorso.
Nel parlare la donna drappeggiò il proprio cappotto sullo schienale della sedia da lei occupata e sistemò la borsa della spesa per terra accanto ai propri piedi.
— Spero proprio che questa faccenda non si protragga per tutta la giornata — proseguì, frugando nella borsa, — perché alle tre devo andare a prendere il mio pronipote Colin alla stazione della metropolitana. Mia nipote Deirdre andrà a trascorrere le vacanze nel Kent e mi ha chiesto di prendermi cura di lui. Spero che non continui a piovere per tutto il tempo che trascorrerà qui — aggiunse, senza smettere di frugare. — Ha dodici anni ed è un ragazzo simpatico e molto intelligente, anche se ha un modo di esprimersi davvero deplorevole. Per lui tutto è necrotico o apocalittico. E poi Deirdre gli permette di mangiare decisamente troppi dolci.
Finalmente i suoi sforzi furono premiati e lei estrasse dalla borsa una stretta scatola a strisce rosse e verdi.
— Gli ho preso questa per Natale — spiegò. — Speravo di riuscire a concludere le spese natalizie prima di venire qui ma stava diluviando e inoltre riesco a tollerare quella spaventosa musica di carillon digitalizzata che imperversa sull'High Street soltanto per brevi intervalli. — Mentre parlava aprì la scatola e piegò all'indietro la carta interna. — Non ho idea di cosa portino oggigiorno i ragazzi di dodici anni, ma le sciarpe non hanno epoca, non credi, James? James?
— Cosa? — fece Dunworthy, girandosi e distogliendo lo sguardo preoccupato dagli schermi.
— Ho detto che le sciarpe sono sempre un regalo di Natale appropriato per un ragazzo, non credi?
Dunworthy guardò la sciarpa che lei stava tenendo sollevata perché potesse ammirarla: era di stoffa di lana scozzese grigio scuro, e lui sarebbe morto piuttosto che portare una roba del genere quando era ragazzo… e lo era stato una cinquantina di anni prima.
— Sì — rispose, e tornò a voltarsi verso il vetro sottile.
— Cosa c'è James? Qualcosa non va?
Oltre la partizione Latimer aveva raccolto un piccolo scrigno di legno e ottone e adesso si stava guardando intorno con aria vaga, come se non sapesse cosa farne. Accanto a lui, Montoya scoccò un'altra occhiata impaziente al cronometro.
— Dov'è Gilchrist? — domandò Dunworthy.
— È sparito là dietro — spiegò Mary, indicando una porta oltre il lato opposto della rete. — Ha tenuto un'orazione sul posto che spetta alla Sezione Medievale nell'ambito della storia, ha parlato con Kivrin per un po', quindi il tecnico ha eseguito qualche test e infine Gilchrist e Kivrin sono scomparsi dietro quella porta. Suppongo che sia ancora là con lei, per aiutarla a prepararsi.
— Per aiutarla a prepararsi — borbottò Dunworthy.
— James, vieni a sederti e dimmi cosa c'è che non va — insistette Mary, riponendo la sciarpa nella sua scatola e infilando di nuovo il tutto nella borsa. — E poi, dove sei stato? Mi aspettavo di trovarti qui, quando sono arrivata. Dopo tutto, Kivrin è la tua allieva preferita.
— Stavo cercando di contattare il Preside della Facoltà di Storia — spiegò Dunworthy, senza distogliere lo sguardo dagli schermi.
— Basingame? Credevo che fosse andato da qualche parte a trascorrere le vacanze di Natale.
— Infatti, e Gilchrist ha manovrato in modo da essere nominato suo Sostituto, per poter far aprire il Medioevo ai viaggi nel tempo. Ha annullato il livello di pericolosità dieci che copriva tutto il periodo ed ha assegnato un livello diverso a ciascun secolo. Sai quale livello ha assegnato al 1300? Sei. Sei! Se fosse stato qui, Basingame non lo avrebbe mai permesso, ma non si riesce a trovarlo da nessuna parte — concluse; poi, fissando Mary con aria speranzosa, aggiunse: — Non è che tu sai dove si trova, vero?
— No — rispose lei. — Credo che sia in Scozia, da qualche parte.
— Da qualche parte in Scozia — ripeté Dunworthy, in tono amaro. — E nel frattempo Gilchrist sta mandando Kivrin in un secolo che è senza ombra di dubbio un livello dieci, un secolo in cui esistevano la scrofola e la peste, e in cui Giovanna d'Arco è stata bruciata sul rogo.
Il suo sguardo si spostò su Badri, che stava ora parlando nell'auricolare della consolle.
— Hai detto che Badri ha effettuato alcuni test. Di cosa si è trattato? Un controllo delle coordinate? Una proiezione di campo?
— Non lo so — ammise Mary, accennando con un gesto vago alle matrici in costante cambiamento e alle colonne di cifre. — Io sono soltanto un dottore, non un tecnico della rete. Mi è però sembrato di riconoscere il tecnico… lui viene da Balliol, vero?
— È il tecnico migliore di cui Balliol dispone — annuì Dunworthy, osservando Badri che stava premendo i tasti della consolle uno alla volta, con lo sguardo fisso sui dati che mutavano senza posa. — Tutti i tecnici del New College erano in vacanza e Gilchrist aveva intenzione di usare un apprendista del primo anno che non aveva mai effettuato una transizione umana! Un apprendista del primo anno! Io sono riuscito a convincerlo a servirsi invece di Badri. Se non posso impedire questa transizione, posso almeno provvedere perché sia eseguita da un tecnico competente.
Dopo aver fissato lo schermo con espressione accigliata, Badri si tolse di tasca un misuratore e si diresse verso il carro.
— Badri! — chiamò Dunworthy.
Il tecnico non mostrò però di aver sentito mentre descriveva il perimetro dell'area contenente scatole e bauli con lo sguardo fisso sul misuratore, spostando infine una delle scatole verso sinistra in maniera infinitesimale.
— Non ti può sentire — ricordò Mary a Dunworthy.
— Badri! — gridò di nuovo questi. — Ti devo parlare.
— Non ti può sentire, James — ripeté Mary, alzandosi in piedi. — Il divisorio è a prova di suono.
Badri disse qualcosa a Latimer, che aveva ancora in mano lo scrigno, e quando Latimer si limitò a fissarlo con espressione sconcertata gli tolse di mano l'oggetto e lo posò su un segno tracciato per terra con il gesso.
Dunworthy si guardò intorno alla ricerca di un microfono, ma non riuscì a trovarne uno.
— Come hai fatto a sentire il discorsi di Gilchrist? — chiese allora a Mary.
— Gilchrist ha premuto un pulsante, laggiù — spiegò la donna, indicando un pannello murale adiacente alla rete.
Intanto Badri si era rimesso a sedere alla consolle e stava parlando nel microfono: in risposta ai suoi comandi gli schermi della rete cominciarono ad abbassarsi, per poi tornare a sollevarsi ad una parola da parte di Badri.
— Gli avevo raccomandato di controllare tutto, la rete, i calcoli dell'apprendista… tutto — spiegò Dunworthy, — e di bloccare immediatamente la transizione se avesse trovato qualche errore, senza badare a quello che Gilchrist poteva avere da dire in merito.
— Ma di certo Gilchrist non metterebbe a repentaglio la sicurezza di Kivrin — protestò Mary. — Mi ha detto di aver preso ogni precauzione…
— Ogni precauzione! Non ha effettuato esami preliminari né controlli dei parametri. Noi della Sezione Ventesimo Secolo abbiamo compiuto per due anni transizioni con oggetti prima di provare con un essere umano, mentre lui non ha fatto neppure una prova. Badri gli ha consigliato di rinviare la transizione almeno del tempo necessario a eseguirne una ma invece Gilchrist ha anticipato la data di due giorni. Quell'uomo è un totale incompetente.