Le macchine sono le prime vecchie carriole al cui volante si siedono i liceali: Gremlin e Pacer, Maverick e Hornet, Pinto, pickup International Harvester, Camaro e Duster e Impala. Macchine che la gente ama e poi scarica. Bestie al canile. Vestiti da damigella d'onore al negozio di indumenti usati. Con ammaccature e parafanghi e fascioni verdi o rossi o neri e grumi di stucco per carrozzeria che nessuno si и mai preso la briga di cartavetrare. Interni in legno di plastica e pelle di plastica e cromature di plastica. Di notte gli zingari non si disturbano nemmeno a chiudere a chiave le portiere.
I fari corrono sul boulevard dietro il prezzo pitturato sul vasto parabrezza avvolgente in cinemascope dell'Impala. Vero Usa. Il prezzo и novantotto dollari. Lа dentro sembra che siano ottantanove centesimi. Zero, zero, punto decimale, otto, nove. L'America ti chiede di farti vivo.
Qui quasi tutte le macchine costano sui cento dollari e tutte mostrano la formula CHIAVI IN MANO appesa al finestrino del guidatore.
Abbiamo scelto l'Impala perchй se il sabato sera dobbiamo dormire in una macchina, questa и quella con i sedili piщ spaziosi.
Mangiamo pietanze cinesi perchй non possiamo tornare a casa. O si dormiva qui, o si restava su tutta notte in qualche locale da ballo di quelli che restano aperti. Noi non frequentiamo i locali da ballo. Tyler dice che la musica и troppo assordante, specialmente le basi ritmiche, dice che gli incasinano i bioritmi. L'ultima volta che siamo usciti Tyler ha detto che la musica forte gli aveva fatto venire la stitichezza. C'и questo e poi al club c'и troppo chiasso per parlare, cosм dopo un paio di bicchieri tutti si sentono al centro dell'attenzione ma completamente tagliati fuori dalla partecipazione con gli altri.
Sei il cadavere in un poliziesco inglese.
Questa sera dormiamo in una macchina perchй Maria и venuta alla casa e ha minacciato di chiamare la polizia e di farmi arrestare per aver cucinato sua madre, poi Maria si и messa a girare come una matta per le stanze gridando che sono un mostro e un cannibale e ha preso a calci le pile di "Reader's Digest" e "National Geographic", e allora io l'ho lasciata lм. Morale della favola.
Dopo il suo accidentale suicidio volontario a base di Xanax al Regent Hotel, non me la vedo a chiamare la polizia, ma Tyler ha pensato che sarebbe stato meglio dormire fuori, per questa sera. Non si sa mai.
Non si sa mai che Maria bruci la casa.
Non si sa mai che Maria trovi una pistola.
Non si sa mai che Maria sia ancora in casa.
Non si sa mai.
Cerco di centrarmi:
Le stelle in cielo
Non conoscono l'ira
Bla, bla, bla, fine
Qui, con le macchine che passano per il boulevard e una birra in mano nell'Impala con il suo volante di fredda e dura bachelite con un diametro che sarа di un metro e il sedile in finta pelle screpolato che mi pizzica il culo attraverso i jeans, Tyler dice: «Ancora una volta. Raccontami bene cos'и successo».
Per settimane ho ignorato i traffici a cui si dedicava Tyler. Una volta sono stato con Tyler all'ufficio della Western Union e l'ho guardato spedire un telegramma alla madre di Maria.
RUGHE SPAVENTOSE (stop) AIUTO! (fine)
Tyler aveva mostrato all'impiegato la tessera della biblioteca di Maria e aveva firmato il modulo del telegramma con il nome di Maria e aveva gridato, sм, Maria puт essere un nome maschile qualche volta e l'impiegato badasse bene agli affari suoi.
Mentre uscivamo dalla Western Union, Tyler mi ha detto che se gli volevo bene, dovevo aver fiducia in lui e mi ha portato da Garbonzo a mangiare hummus.
A farmi veramente paura non era tanto il telegramma quanto mangiare fuori con Tyler. Mai e poi mai Tyler aveva pagato qualcosa in contanti. Per i vestiti Tyler va nelle palestre e negli alberghi a reclamare indumenti dal cumulo di quelli che la gente si dimentica. Sempre meglio di Maria, che va nelle lavanderie a gettoni a rubare jeans dagli essiccatori per rivenderli a dodici dollari al pezzo in quei posti dove comperano i jeans di seconda mano. Tyler non mangiava mai al ristorante e Maria non era rugosa.
Senza nessun motivo apparente Tyler ha mandato alla madre di Maria una scatola di cioccolatini grossa come una casa.
Un altro modo in cui questo sabato sera potrebbe essere peggiore, mi dice Tyler nell'Impala, и un certo ragno, che quando ti morsica non ti inietta solo veleno ma anche un enzima o acido digestivo che dissolve i tessuti intorno alla morsicatura, ti squaglia letteralmente il braccio o la gamba o la faccia.
Tyler era nascosto da qualche parte questa sera quand'и cominciata. И arrivata Maria. Senza nemmeno bussare, ha messo la testa dentro la porta e ha gridato: «Toc, toc».
Io sono in cucina a leggere "Reader's Digest". Sono profondamente sconcertato.
Maria grida: «Tyler! Posso entrare? Sei in casa?».
Io le grido che Tyler non и in casa.
Maria grida: «Non fare l'antipatico».
Intanto io sono alla porta d'ingresso. Maria и in anticamera con un pacco a consegna urgente della Federal Express e dice: «Avevo bisogno di mettere una cosa nel tuo congelatore».
Le sto alle calcagna seguendola in cucina e dicendo di no.
No.
No.
No.
Non comincerа a venire a conservare qui le sue porcate.
«Testone» dice Maria, «sai che non ho un congelatore in albergo e mi avevi detto che potevo.»
No, che non l'ho detto. L'ultima cosa che desidero и di vedere Maria trasferirsi qui, un pezzo di merda per volta.
Maria straccia la carta del pacco della Federal Express sul tavolo della cucina e tira fuori una cosa bianca dai fagioli di polistirolo dell'imballaggio e me la agita davanti al naso. «Questa non и merda» dice. «И di mia mamma che si sta parlando, quindi puoi andare a fare in culo.»
L'oggetto che Maria ha estratto dal pacco и una di quelle buste di roba bianca che Tyler fa sciogliere per ricavarne il sego con cui fabbricare sapone.
«Sarebbe stato peggio» dice Tyler, «se avessi mangiato per sbaglio il contenuto di uno di quei sacchetti. Se ti fossi alzato di notte a spremere quella roba da uno dei sacchetti per mescolarla con zuppa di cipolle liofilizzata e farne una salsa per le patate fritte. O per i broccoli.»
Piщ di ogni altra cosa al mondo in quel momento, quando ci trovavamo in cucina io e Maria, non volevo che Maria aprisse il congelatore.
Le ho chiesto, ma che cosa voleva farci con quella roba bianca.
«Labbra carnose» mi ha risposto Maria. «Invecchiando, le labbra ti si ritirano nella bocca. Sto raccogliendo collageno per una iniezione alle labbra. Ho quasi quattordici chili di collageno nel tuo congelatore.»
Le ho chiesto quanto carnose le voleva, le labbra
Maria ha detto che era l'operazione a farle paura.
La roba che c'era nel pacco della Federal Express, racconto a Tyler nell'Impala, era la stessa roba da cui ricavavamo sapone. Da quando si и scoperto che il silicone и pericoloso, per lisciare le rughe o gonfiarsi le labbra o un mento sfuggente, la parte del leone la fa il collagene. Da come me l'ha spiegata Maria, il collagene che si compra a buon mercato proviene di solito da grasso di vacca sterilizzato e trasformato, ma quel genere di collagene economico non dura molto a lungo nel corpo umano. Lа dove te lo inietti, mettiamo nelle labbra, il tuo organismo lo rigetta e comincia a farlo filtrare. Sei mesi dopo ti ritrovi con le labbra avvizzite di prima.
Il collagene migliore, ha detto Maria, и quello che deriva dal tuo grasso personale, che ti risucchi dalle cosce, da trattare e ripulire, per poi iniettartelo nelle labbra. O dove altro vuoi. Questo и un tipo di collagene che dura.
La roba in frigo a casa и la provvista di collagene di Maria. Ogni volta che sua mamma metteva su un po' di grasso in eccedenza, lei glielo faceva succhiare fuori e impacchettare. Maria dice che questo procedimento si chiama scrematura. Se la mamma di Maria non ha bisogno del collageno per se stessa, manda i pacchetti a Maria. Maria non ha mai grasso addosso del suo e sua mamma и dell'idea che per Maria и sempre meglio il collageno di famiglia che quello da quattro soldi ricavato dalle vacche.
L'illuminazione del boulevard attraversa la scritta sul parabrezza e proietta CHIAVI IN MANO sulla guancia di Tyler.
«I ragni» dice Tyler, «fanno le uova e le larve si inastano nella pelle. Tanto per dire quanto puт essere brutta la vita.»
Ora come ora il mio pollo alle mandorle nella sua cremosa salsina tiepida ha il sapore di qualcosa ciucciato dalle cosce della mamma di Maria.
И stato in quel momento, in cucina con Maria, che ho capito che cosa aveva fatto Tyler.
RUGHE SPAVENTOSE.
E sapevo perchй aveva mandato i cioccolatini alla mamma di Maria.
Maria, dico, no che non vuoi aprire il congelatore.
Maria dice: «Cosa?».
«Non mangiamo mai carne rossa» mi dice Tyler nell'Impala e lui non puт usare grasso di pollo altrimenti il sapone non s'indurisce.
«Quella roba» dice Tyler, «ci fa guadagnare una fortuna. Abbiamo pagato l'affitto con quel collageno.»
Io gli dico che avrebbe dovuto parlarne a Maria. Ora lei crede che sia stato io.
«Saponificazione» dice Tyler, «и la reazione chimica necessaria a fare sapone buono. Il grasso di pollo non funziona come non va bene nessun grasso con troppo sale.
«Ascolta» dice Tyler. «Abbiamo da far fronte a una grossa ordinazione. Manderemo alla mamma di Maria della cioccolata e magari qualche crostata.»
Io credo che non funzionerа piщ.
Per farla breve, Maria ha guardato nel congelatore. D'accordo, all'inizio c'и stata una piccola zuffa. Io cerco di fermarla e il sacchetto le sfugge di mano e si apre sul linoleum e noi scivoliamo tutti e due in quel pasticcio bianco e scivoloso e ci rialziamo in preda ai rigurgiti. Cinturo Maria intorno alla vita da dietro, le blocco le braccia contro i fianchi, i suoi capelli mi sferzano la faccia, mentre io le dico e ripeto che non sono stato io, non sono stato io.
Non l'ho fatto io.
«Mia madre! La stai versando dappertutto!»
Avevamo bisogno di fare del sapone, le spiego con la bocca schiacciata contro l'orecchio. Avevamo bisogno di lavare i miei calzoni, pagare l'affitto, riparare la perdita nel tubo del gas. Non sono stato io.
И stato Tyler.
Maria strilla: «Che cavolo stai dicendo!» e sguscia dalla sottana. Io arranco per risollevarmi dal pavimento unto con in mano una matassa di cotone indiano stampato e Maria, in slip e con i tacchi a zeppa sotto i piedi e la camicetta da campagnola apre lo sportello del congelatore e dentro non ci sono provviste di collagene.
Ci sono due vecchie batterie da torcia, ma nient'altro.
«Dov'и?»
Io sto giа strisciando all'indietro, con le mani che mi scivolano sul pavimento, le scarpe che scivolano sul linoleum, e il culo che ne ripulisce una striscia allontanandosi da Maria e dal frigo. Tengo in alto la gonna cosм non devo vedere Maria mentre glielo dico.
La veritа.
Ne abbiamo fatto sapone. Di lei. Della mamma di Maria.
«Sapone?»
Sapone. Si fa bollire il grasso. Si mescola con la lisciva. Si ottiene sapone.
Quando Maria strilla, le lancio la sottana in faccia e scappo. Scivolo. Scappo.
In giro per tutto il pianterreno Maria mi insegue, slittando intorno agli angoli, catapultandosi dagli infissi. Scivolando.
Lasciando ripugnanti marchi di grasso e sudiciume di pavimento in forma di mani tra i fiori della tappezzeria. Cadendo e andando a sbattere contro gli zoccoli, rialzandosi, correndo.
Maria strilla: «Hai bollito mia madre!».
Tyler ha bollito sua madre.
Maria strilla, sempre a un tiro di unghie dietro di me.
Tyler ha bollito sua madre.
«Hai bollito mia madre!»
La porta d'ingresso era ancora aperta.
Cosм mi sono trovato fuori mentre Maria mi strillava dietro dalla soglia. I piedi non scivolavano piщ sul marciapiede di cemento e ho continuato a correre. Finchй ho trovato Tyler o finchй Tyler ha trovato me e gli ho raccontato cos'era successo.
Con una birra a testa, io e Tyler ci siamo distesi sui sedili, io su quello davanti. Ancora adesso Maria probabilmente и in casa a scagliare le riviste contro i muri e a strillare che sono un farabutto e un mostro, un capitalista biforcuto, un bastardo ciucciaculi. Le miglia di notte tra me e Maria offrono insetti e melanomi e virus carnivori. Dove mi trovo non и malaccio.
«Quando un uomo viene colpito da un fulmine» dice Tyler, «la testa gli si brucia e gli diventa piccola come una palla da baseball e la cerniera gli si fonde tutta insieme e non si apre piщ.»
Gli chiedo se questa volta abbiamo toccato il fondo.
Tyler appoggia la testa e dice: «Se Marilyn Monroe fosse viva in questo momento, che cosa starebbe facendo?».
Io gli do la buonanotte.
Il rivestimento del soffitto penzola a brandelli e Tyler dice: «Starebbe grattando il coperchio della sua bara».
12
Il mio capo и troppo vicino alla mia scrivania con il suo sorrisetto, le labbra compresse e tirate, l'inguine all'altezza del mio gomito. Io levo lo sguardo dalla lettera che sto scrivendo per un'operazione di ritiro. Queste lettere cominciano sempre nello stesso modo:
"Vi inviamo questo avviso in ottemperanza alle disposizioni della legge nazionale sulla sicurezza degli autoveicoli. Abbiamo accertato che esiste un difetto…"
Questa settimana ho usato la formula della convenienza e per una volta A per B per C ha dato un risultato superiore al costo di un ritiro.
Questa settimana и la mollettina di plastica che blocca la racletta di gomma delle spazzole del vostro parabrezza. Un elemento a consumo. Solo duecento veicoli difettosi. Pressochй niente dal punto di vista del costo della manodopera.
La settimana scorsa il caso и stato piщ tipico. La settimana scorsa il problema era pelle conciata con una nota sostanza teratogenetica, Nirret sintetico o qualcosa altrettanto illegale che si usa ancora per le tinture nel Terzo Mondo. Qualcosa di abbastanza forte da provocare malformazioni nel feto di una donna incinta che ne sia venuta in contatto. La settimana scorsa nessuno ha chiamato il dipartimento dei Trasporti. Nessuno ha dato inizio a un'operazione di ritiro.
Pelle nuova moltiplicato manodopera moltiplicato costi amministrativi dа un ammontare superiore ai profitti del primo trimestre. Se qualcuno scopre l'errore, possiamo ancora indennizzare un sacco di famiglie a lutto prima di avvicinarci al costo della sostituzione di seimilacinquecento finiture in pelle.
Questa settimana invece si ritira. E questa settimana и tornata l'insonnia. C'и giа l'insonnia e ora al mondo intero gli viene in mente di fermarsi a farla sulla mia tomba.
Il mio capo ha la cravatta grigia quindi oggi dev'essere martedм.
Il mio capo si presenta alla mia scrivania con un foglio di carta e mi chiede se sto cercando qualcosa. Questo foglio и rimasto nella copiatrice, dice, e comincia a leggere:
«La prima regola del fight club и che non si parla del fight club».
I suoi occhi corrono da una parte all'altra del foglio di carta e lui ridacchia.
«La seconda regola del fight club и che non si parla del fight club.»
Sento le parole di Tyler che escono dal mio capo, Mister Capo con le sue foto ricordo e il ritratto di famiglia sulla scrivania e i suoi sogni sul pensionamento anticipato e inverni trascorsi in un parcheggio per case mobili in qualche deserto dell'Arizona. Il mio capo con le sue camicie ultrainamidate e l'appuntamento fisso per un taglio di capelli tutti i martedм dopo pranzo, mi guarda e dice:
«Spero che non sia tua.»
Io sono il sangue ribollente di Tizio.
Tyler mi ha chiesto di battergli a macchina il regolamento del fight club e di tirargliene dieci copie. Non nove, non undici. Dieci copie, dice Tyler. Comunque io ho l'insonnia e l'ultima volta che ho dormito dev'essere stata tre notti fa. Quello dev'essere l'originale. Ho fatto le dieci copie e ho dimenticato l'originale. I lampi della fotocopiatrice in faccia, l'allontanamento dell'insonnia da ogni cosa, una copia di una copia di una copia. Tu non tocchi niente e niente tocca te.