Alla conquista di un impero - Emilio Salgari 2 стр.


Il trattore chiuse con fracasso la porta, mentre i kaltani ed i ragiaputra che erano accorsi anche dalle due sale, gridavano:

 Non lasciamolo scappare! È un pazzo! Le guardie! Le guardie!

Yanez era scoppiato in una gran risata.

 Per Giove! esclamò. Ecco come si può procurarci una cena gratuita presso un altissimo personaggio del rajah dAssam. Me la offrirà, non ne dubito. E Sandokan? Ah! Se nè andato: benissimo, ora possiamo riprendere il pasto.

Tranquillo ed impassibile, come un vero inglese, si era seduto dinanzi ad unaltra tavola sulla quale si trovava unaltra terrina di carri, mandando giù qualche cucchiaiata.

Non era però giunto alla terza, quando la porta si riaprì con gran fracasso e sei soldati che avevano dei turbanti immensi, delle larghe casacche fiammanti, calzoni amplissimi e babbucce di pelle rossa, entrarono puntando sul portoghese le loro carabine.

Erano sei pezzi duomini, alti come granatieri, e barbuti come briganti della montagna.

 Arrenditi, gli disse uno di loro che aveva piantata sul turbante una penna davvoltoio.

 A chi? chiese Yanez, senza cessare di mangiare.

 Noi siamo le guardie del primo ministro del rajah.

 Dove condurre me mylord?

 Da S. E.

 Io non avere paura di S. E.

Si rimise nella cintura le pistole, si alzò con tutta flemma, depose sul tavolo un gruzzoletto di rupie pel taverniere e savanzò verso le guardie, dicendo:

 Mylord degnare S. E. di vedere me grande inglese.

 Da le armi, mylord.

 Io non dare mai mie pistole: essere regalo di graziosissima regina Vittoria mia amica, perché io essere grande mylord inglese.

Io promettere non fare male a ministro.

Le sei guardie si interrogarono cogli sguardi, non sapendo se dovevano forzare quelloriginale a consegnare le pistole; ma poi, temendo di commettere qualche grossa corbelleria, trattandosi di un inglese, lo invitarono senzaltro a seguirli presso il ministro.

Nella vicina sala serano radunati tutti gli avventori, pronti a prestare man forte alle guardie del ministro.

Vedendolo comparire, una salva dimprecazioni lo accolse:

 Fatelo impiccare!

 Gettate dalla finestra linglese!

 È un ladro!

 È un furfante!

 È una spia!

Yanez guardò intrepidamente quegli energumeni, che facevano gli spavaldi perché lo vedevano fra sei carabine e rispose alle loro invettive con una clamorosa risata.

Uscite dalla trattoria, le guardie entrarono in un vicino portone e fecero salire al prigioniero una marmorea gradinata che era illuminata da un lanternone di metallo dorato, in forma di cupola.

 Qui abitare ministro? chiese Yanez.

 Sì, mylord gli rispose uno dei sei.

 Io avere fretta cenare con lui.

Le guardie lo guardarono con stupore; ma non osarono dire nulla.

Giunti sul pianerottolo lo introdussero in una bellissima sala, arredata con eleganza, con molti divanetti di seta fiorata, grandi tende di percallo azzurro e leggiadri mobili, leggerissimi ed incrostati davorio e di madreperla.

Uno dei sei indiani sappressò ad una lastra di bronzo sospesa sopra una porta e la percosse replicatamente con un martelletto di legno.

Il suono non erasi ancora dileguato, quando la tenda fu alzata ed un uomo comparve, fissando subito i suoi occhi, più con curiosità che con stizza, su Yanez.

 S. E. il primo ministro Kaksa Pharaum, disse una delle guardie. Saluta.

 Aho! fece Yanez, togliendosi il cappello e porgendo la destra, come per stringere la mano al potentissimo ministro.

Kaksa Pharaum era un uomo sui cinquantanni, piccolo, magro come un fakiro, colla pelle assai abbronzata, il naso adunco come il becco degli uccelli da preda, che si nascondeva in buona parte entro una foltissima barba che gli saliva fino quasi agli occhi.

Aveva deposto il ricco costume di corte, perché indossava un semplice dootèe di seta gialla a ricami rossi che gli scendeva, come una veste da camera, fino alle babbucce di pelle rosso cupa.

Quantunque avesse veduta la mano di Yanez, si guardò bene dal toccarla, anzi si trasse un po da parte, per far meglio capire a quello straniero che non desiderava accordargli nessuna confidenza.

 Sei tu che hai provocato tanto chiasso nella trattoria? chiese.

 Essere stato io, rispose Yanez.

 Non sapevi che qui abita un ministro?

 Io sapere una sola cosa: di avere molta fame e di vedere altri a manciare senza me.

 E per quello hai fatto nascere una mezza rivoluzione e mi hai disturbato?

 Quando tua Eccellenza avere voglia cenare tu manciare subito ed io no?

 Io sono un ministro

 Ed io essere mylord John Moreland, grande pari Inghilterra, amico grande regina Vittoria imperatrice tutte Indie.

Udendo quelle parole, la fronte del ministro, poco prima corrugata, si rasserenò.

 Tu sei un mylord?

 Sì, Eccellenza.

 E non lhai detto al trattore?

 Averlo cridato a tutti e nessuno volermi dare da manciare. Non fare così noi in Inghilterra. Dare da manciare anche a indù.

 Sicché non hai potuto cenare, mylord?

 Soli pochi bocconi. Io avere ancora molta fame, grandissima fame.

Io scrivere stassera a viceré del Bengala non poter compiere mia difficile missione, perché assamesi non dare mylord da manciare.

 Quale missione?

 Io essere grande cacciatore tigri ed essere qui venuto per distruggere tutte male bestie che mangiano indù.

 Sicché tu, mylord, sei venuto per rendere dei preziosi servigi. I nostri sudditi hanno avuto torto a trattarti male, però io rimedierò a tutto. Seguimi, mylord.

Fece cenno alle guardie di ritirarsi, rialzò la tenda ed introdusse Yanez in un grazioso gabinetto, illuminato da un globo di vetro opalino, sospeso sopra una tavola riccamente imbandita, con piatti e posate doro e dargento, colmi di svariati manicaretti.

 Stava appunto per cenare, disse il ministro. Mylord ti offro di tenermi compagnia, così ti compenserò della cattiva educazione e della malevolenza del trattore.

 Io ringraziare Eccellenza e scrivere a mio amico viceré Bengala tua gentile accoglienza.

 Te ne sarò grato.

Si sedettero e si misero a mangiare con invidiabile appetito, specialmente da parte di Yanez, scambiandosi di quando in quando qualche complimento.

Il ministro spinse anzi la sua cortesia fino a far servire al suo convitato della vecchia birra inglese che, quantunque molto acida, Yanez si guardò bene dal non tracannare.

Quandebbero terminato, il portoghese si rovesciò sulla comoda poltrona e fissati gli occhi in viso al ministro, gli disse a bruciapelo ed in buonissima lingua indiana:

 Eccellenza, io vengo da parte del viceré del Bengala per trattare con voi un grave affare diplomatico.

Kaksa Pharaum aveva fatto un soprassalto sulla sua sedia.

 Perdonate se io ho ricorso ad un mezzo un po strano per avvicinarvi e

 Non sareste voi un mylord

 Sì, un vero mylord e primo segretario e ambasciatore segreto di S. E. il viceré, rispose Yanez imperturbabilmente. Domani vi mostrerò i miei documenti.

 Potevate chiedermi una udienza, mylord. Non ve lavrei rifiutata.

 Il rajah non avrebbe tardato a esserne informato, mentre io per ora desidero parlare solo a voi.

 Il governo delle Indie avrebbe qualche idea sullAssam? chiese Pharaum spaventato.

 Niente affatto, tranquillizzatevi. Nessuno pensa a minacciare lindipendenza di questo stato.

 Niente affatto, tranquillizzatevi. Nessuno pensa a minacciare lindipendenza di questo stato.

Noi non abbiamo alcun lagno da muovere allAssam ed al suo principe.

Ciò però che devo dirvi non deve essere udito da alcuna persona, sicché sarebbe meglio, per maggior sicurezza, che mandaste i vostri servi a dormire.

 Non ne saranno scontenti, tuttaltro, disse il ministro, sforzandosi a sorridere.

Si alzò e percosse il tam-tam che stava appeso alla parete, dietro la sua sedia.

Un servo entrò quasi subito.

 Che si spengano tutti i lumi, eccettuati quelli della mia stanza da notte e che tutti vadano a coricarsi disse il ministro, con un tono da non ammettere replica. Non voglio, per nessun motivo, essere disturbato questa notte.

Ho da lavorare.

Il servo sinchinò e scomparve.

Kaksa Pharaum attese che il rumore dei passi si fosse spento, poi tornando a sedersi, disse a Yanez:

 Ora, mylord, potete parlare liberamente. Tra qualche minuto tutta la mia gente russerà.

2. Il rapimento dun ministro

Yanez vuotò un bicchierone di quella pessima birra, non senza fare una smorfia, poi levò da un bellissimo portasigari di tartaruga con cifre in diamanti, due grossi manilla e ne offrì uno al ministro, dicendogli con un sorriso bonario:

 Prendete questo sigaro, Eccellenza. Mi hanno detto che siete un fumatore, cosa piuttosto rara fra glindiani, che preferiscono invece quel detestabile betel che rovina i denti e guasta la bocca. Sono certo che non avete mai fumato un sigaro così delizioso.

 Ho imparato a fumare a Calcutta, dove ho soggiornato qualche tempo in qualità dambasciatore straordinario del mio re, disse il ministro, prendendo il manilla.

Yanez gli porse uno zolfanello, accese anche il proprio sigaro, gettò in aria tre o quattro boccate di fumo odoroso, che per qualche istante offuscarono la luce della lampada, poi riprese, fissando con una certa malizia il ministro, che assaporava da buongustaio il delizioso aroma del tabacco filippino:

 Io sono qui venuto, come vi dissi, Eccellenza, per incarico del viceré del Bengala per avere da voi delle informazioni sui moti che si stanno svolgendo nellalta Birmania.

Voi che siete confinanti con quel turbolento regno, che ci ha sempre dato dei gravi fastidi, ne saprete certo qualche cosa.

Vi avverto innanzi a tutto, Eccellenza, che il governo delle Indie vi sarà non solo gratissimo, ma che anche vi ricompenserà largamente.

Udendo parlare di ricompense, il ministro, venale come tutti i suoi compatriotti, spalancò gli occhi ed ebbe un risolino di contentezza.

 Ne sappiamo più di quello che potreste supporre, disse poi. È vero: nellalta Birmania è scoppiata una violentissima insurrezione, promossa a quanto pare da un intraprendente talapoino, che ha gettato la tonaca gialla del monaco per impugnare la scimitarra.

 E contro chi?

 Contro il re Phibau e sopratutto contro la regina Su-payah-Lat che ha fatto strangolare, il mese scorso, le due giovani mogli del monarca, una delle quali era stata scelta fra le principesse dellalta Birmania.

 Che storia mi raccontate voi?

 Ve la spiegherò meglio, mylord, disse il ministro, socchiudendo gli occhi.

Secondo le leggi birmane, il re può avere quattro mogli; però il suo successore è obbligato a sposare la propria sorella o per lo meno una principessa sua parente, affinché si conservi puro il sangue reale.

Quando Phibau, che è il monarca attuale, salì al trono, cerano nella sua famiglia due sorelle degne di salire al trono del fratello.

Il re sentiva maggior inclinazione per la maggiore; ma la più giovane, la principessa Su-payah-Lat si era messa in testa di diventare anchessa regina, per ciò fece mostra dappertutto del più ardente affetto pel sovrano e seppe così indurre la regina madre a decidere, nella sua alta sapienza, che quellamore meritava di essere ricompensato e che il figlio doveva sposarle entrambe.

Il disegno però fu sventato dalla maggiore delle sorelle, la principessa Ta-bin-deing, la quale aveva preferito entrare in un monastero buddista.

È chiaro tutto ciò?

 Chiarissimo, rispose Yanez, che trovava un ben scarso interesse in quel racconto. E poi, Eccellenza?

 Phibau allora sposò Su-payah-Lat e altre due principesse, una delle quali apparteneva allalta classe della Birmania settentrionale.

 E per dispetto le fece strangolare?

 Sì, mylord.

 E dopo che cosa è successo? Un nuovo strangolamento, da parte del re questa volta?

 Niente affatto. Su-payah-pa pa

 Avanti, Eccellenza, disse Yanez, guardandolo malignamente.

 Dovero rimasto? chiese il ministro, che pareva facesse degli sforzi supremi per tenere aperti gli occhi.

 Al terzo strangolamento.

 Ah sì! Su-payah-pa pa pa è chiaro?

 Chiarissimo. Ho capito tutto.

 Pa pa un figlio gli astrologi di corte mi capite bene, mylord?

 Benissimo.

 Poi strangolò le due regine

 Lo so.

 E Su pa

 Mi pare che diventi terribile quel pa pa per la vostra lingua. Per Giove! Avreste bevuto troppo questa sera?

Il ministro, che per la ventesima volta aveva chiusi e riaperti gli occhi, guardò Yanez come trasognato, poi si lasciò sfuggire dalle labbra il sigaro e tutto dun colpo sabbandonò prima sullo schienale della sedia, poi rotolò a terra come se fosse stato colpito da sincope.

 Briccone dun sigaro! esclamò Yanez, ridendo. Quelloppio doveva essere di prima qualità. Ed ora, allopera, giacché tutti dormono. Ah! Tu credevi, Sandokan, che la mia fantasia si fosse spenta? Vedrai.

Raccolse innanzi a tutto il sigaro, che il ministro aveva lasciato cadere e saccostò alla finestra che era aperta.

Quantunque non brillasse più alcun lume, essendo glindiani molto economici in fatto dilluminazione, anche perché le notti colà sono chiare ed il cielo quasi sempre purissimo, scorse subito parecchie persone che passeggiavano lentamente, a gruppi di tre o quattro, come onesti cittadini che si godono un po di frescura, fumando e cianciando.

 Sandokan ed i tigrotti, mormorò Yanez, stropicciandosi le palme. Tutto va benissimo.

Gettò via il mozzicone di sigaro lasciato cadere dal ministro, accostò alle labbra due dita e mandò un sibilo dolcemente modulato.

Udendolo, le persone che passeggiavano sarrestarono di colpo, poi, mentre alcune si dirigevano verso le due estremità della via onde impedire che qualcuno si avvicinasse, un gruppo si fermò sotto la finestra illuminata.

 Pronti, disse una voce.

 Aspetta un momento, rispose Yanez.

Strappò i grossi cordoni di seta della tenda, li legò insieme fortemente, provò la loro solidità, poi assicurò un capo al gancio duna imposta e laltro lo strinse sotto le ascelle del disgraziato ministro che conservava sempre una immobilità assoluta.

 Pesa ben poco S. E., disse Yanez, prendendoselo in braccio.

Lo portò verso la finestra e afferrato strettamente il cordone si mise a calarlo.

Dieci braccia furono pronte a prenderlo, appena ebbe toccato il suolo.

 Aspettate me, ora, disse Yanez a bassa voce.

Spense la lampada, saggrappò alla corda ed in un attimo si trovò sulla via.

 Tu sei un vero demonio, gli disse Sandokan. Non lavrai ucciso, spero.

 Domani starà bene quanto noi, rispose Yanez, sorridendo.

 Che cosa hai fatto bere a questuomo, che sembra morto?

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