Era un uomo presso la quarantina, piuttosto alto di statura e membruto, tutto vestito di bianco, col viso molto abbronzato che aveva dei riflessi dellottone e che aveva agli orecchi dei pendenti doro che gli davano un non so che di grazioso e di strano.
Ah! esclamò Sandokan, deponendo la pipa. Sei tu, Kammamuri? Ben felice di vederti, sempre in salute e sempre fedele al tuo padrone.
I maharatti muoiono al servizio del loro signore, rispose lindiano. Salute a te, invincibile Tigre della Malesia.
Altri quattro uomini erano entrati, portando altri tondi pieni di cibi diversi, bottiglie di birra e salviette.
Kammamuri depose il suo tondo dinanzi al ministro, mentre entravano Yanez e Tremal-Naik.
La Tigre della Malesia si era alzata per sedersi di fronte al prigioniero, il quale guardava con terrore or luno ed ora gli altri, senza però pronunciare una sillaba.
Perdonate, Eccellenza, se la colazione che io vi offro è ben inferiore alla cena che vi ho mangiata, ma siamo un po discosti dal centro della città ed i negozi non sono ancora aperti.
Fate onore al nostro modesto pasto e rasserenatevi. Avete una cera da funerale.
Io non ho fame, mylord, balbettò il disgraziato.
Mandate giù pochi bocconi per tenerci compagnia.
E se mi rifiutassi?
In tal caso vi costringerei colla forza. Non si fa loffesa dun rifiuto ad un mylord.
La nostra cucina daltronde non è meno buona della vostra: assaggiate e vi persuaderete. Poi riprenderemo il nostro discorso.
Come abbiamo detto, Kammamuri aveva posto dinanzi al ministro il primo tondo che aveva portato e che conteneva dei pesci che nuotavano entro una salsa nerastra, costringendolo in tal modo ad inghiottire solo quellintingolo.
Il povero diavolo, vedendo fisso sopra di sé e minacciosi gli occhi di Yanez, si decise finalmente a mangiare quantunque non avesse affatto appetito.
Gli altri non avevano tardato ad imitarlo, vuotando rapidamente i piatti che avevano dinanzi e che non sembravano contenere un intingolo diverso, almeno apparentemente.
Kaksa Pharaum aveva con grandi sforzi inghiottiti alcuni bocconi, quando lasciò cadere bruscamente la forchetta guardando il portoghese con smarrimento.
Che cosa avete, Eccellenza? chiese Yanez, fingendo con gran stupore.
Che mi sento bruciare le viscere, rispose Kaksa Pharaum che era diventato smorto.
Non mettete anche voi del pimento nei vostri intingoli?
Non così forte.
Continuate a mangiare.
No datemi da bere brucio.
Da bere? Che cosa?
Di quella birra, rispose il disgraziato.
Ah no, Eccellenza. Questa è esclusivamente per noi e poi voi, come indiano, non potreste berne poiché noi inglesi, onde aumentare la fermentazione della birra, vi mettiamo qualche pezzetto di grasso di mucca.
Voi, Eccellenza, sapete meglio di me che, per voi indiani, quellanimale è sacro e chi ne mangia andrà soggetto a pene tremende quando sarà morto.
Sandokan e Tremal-Naik fecero uno sforzo supremo per trattenere una clamorosa risata. Ne poteva inventare altre quel demonio di portoghese? Perfino il grasso di mucca nella birra inglese!
Yanez, che conservava una serietà meravigliosa, empì una tazza di birra e la porse al ministro dicendogli:
Se volete, bevete pure.
Kaksa Pharaum aveva fatto un gesto dorrore.
No mai un indiano meglio la morte dellacqua mylord dellacqua! aveva gridato. Ho il fuoco nel ventre!
Dellacqua! rispose Yanez. Dove volete che andiamo a prenderne, Eccellenza? Non vi è alcun pozzo in questa pagoda sotterranea ed il fiume è più lontano di quello che credete.
Muoio!
Bah! Noi non abbiamo alcun interesse a sopprimervi. Tuttaltro.
Mi avete avvelenato ho dei carboni accesi nel petto! urlò il disgraziato. Dellacqua! dellacqua!
La volete proprio?
Kaksa Pharaum si era alzato, comprimendosi con le mani il ventre.
Aveva la schiuma alle labbra e gli occhi gli uscivano dalle orbite.
Dellacqua miserabili! urlava spaventosamente.
La sua voce non aveva più nulla dumano. Dalle labbra gli uscivano dei ruggiti che impressionavano perfino la Tigre della Malesia.
Anche Yanez si era alzato di fronte al ministro.
Parlerai? gli chiese freddamente.
No! urlò il disgraziato.
E allora noi non ti daremo una goccia dacqua.
Sono avvelenato.
Ti dico di no.
Datemi da bere!
Kammamuri! Entra!
Il maharatto, che doveva essere dietro la porta, si fece innanzi portando due bottiglie di cristallo piene dacqua limpidissima e le depose sulla tavola.
Kaksa Pharaum, allestremo delle sue sofferenze, aveva allungate le mani per afferrarle, ma Yanez fu pronto a fermarlo.
Quando mi avrai detto dove si trova la pietra di Salagraman tu potrai bere finché vorrai, gli disse. Ti avverto però che tu rimarrai in nostra mano finché lavremo trovata, quindi sarebbe inutile ingannarci.
Brucio tutto! Una goccia dacqua, una sola
Dimmi dove è la pietra.
Non lo so
Lo sai, rispose limplacabile portoghese.
Uccidetemi allora.
No.
Siete dei miserabili!
Se lo fossimo, non saresti più vivo.
Non posso più resistere!
Yanez prese un bicchiere e lo empì lentamente dacqua.
Kaksa Pharaum seguiva, cogli occhi smarriti, quel filo dacqua, ruggendo come una fiera.
Parlerai? chiese Yanez, quandebbe finito.
Sì sì rantolò il ministro. Dovè dunque?
Nella pagoda di Karia.
Lo sapevamo anche noi. Dove?
Nel sotterraneo che sapre sotto la statua di Siva.
Avanti.
Vi è una pietra un anello di bronzo alzatela sotto in un cofano
Giura su Siva che hai detto la verità.
Lo giuro da bere
Un momento ancora. Veglia qualcuno nel sotterraneo?
Due guardie.
A te.
Invece di prendere il bicchiere il ministro afferrò una delle due bottiglie e si mise a bere a garganella, come se non dovesse finire più.
La vuotò più che mezza, poi la lasciò bruscamente cadere e stramazzò, come fulminato, fra le braccia di Kammamuri che gli si era messo dietro.
Coricalo sul divano, gli disse Yanez. Per Giove, che droga infernale hai messo dentro quellintingolo? Mi assicuri che non morrà, è vero?
Non temete, signor Yanez, rispose il maharatto. Non ho messo che una foglia di serhar, una pianta che cresce nel mio paese.
Domani questuomo starà benissimo.
Tu lo sorveglierai e metterai due dei nostri alla porta. Se fugge siamo tutti perduti.
E noi dunque che cosa faremo? chiese Sandokan.
Aspetteremo questa sera e andremo ad impadronirci della famosa pietra di Salagraman e del non meno famoso capello di Visnù.
Ma perché ci tieni tanto ad avere quella conchiglia?
Lo saprai più tardi, fratellino. Fidati di me.
4. La pietra di Salagraman
Dodici o quattordici ore dopo la confessione del primo ministro del rajah dellAssam, un drappello bene armato lasciava la pagoda sotterranea, avanzandosi con profondo silenzio lungo la riva sinistra del Brahmaputra.
Era composto di Yanez, Sandokan, Tremal-Naik e di dieci uomini, per la maggior parte malesi e dayachi che, oltre le carabine e quei terribili pugnali colla lama serpeggiante chiamati kriss, portavano delle funi arrotolate intorno ai fianchi, delle torce e dei picconi.
Era composto di Yanez, Sandokan, Tremal-Naik e di dieci uomini, per la maggior parte malesi e dayachi che, oltre le carabine e quei terribili pugnali colla lama serpeggiante chiamati kriss, portavano delle funi arrotolate intorno ai fianchi, delle torce e dei picconi.
Essendo il sole tramontato già da quattro o cinque ore, nessun essere vivente passeggiava sotto i pipal, i fichi baniani e le palme, che coprivano la riva del fiume, proiettando una fitta ombra.
Il drappello, dopo aver percorso qualche miglio senza aver scambiata una parola, si era arrestato di fronte ad unisoletta che sorgeva quasi in mezzo al fiume, allaltezza dellestremità orientale del popoloso sobborgo di Siringar.
Alt! aveva comandato Yanez. Bindar non deve essere lontano.
È lindiano che tu hai assoldato? chiese Sandokan. Potremo fidarci di lui?
Surama mi ha detto che è il figlio duno dei servi di suo padre e che perciò non dobbiamo dubitare della sua lealtà.
Uhm! fece la Tigre crollando il capo. Io non mi fido che dei miei malesi e dei miei dayachi.
Lui conosce la pagoda anche internamente, mentre noi non labbiamo veduta che allesterno. Una guida ci era necessaria.
Saccostò ad una enorme macchia di bambù alti per lo meno quindici metri, che curvavano le loro cime sopra le acque del fiume, e mandò un debole fischio, ripetendolo poi tre volte ad intervalli diversi.
Non erano trascorsi dieci secondi quando fra quelle immense canne si udirono dei leggeri fruscii, poi un uomo sorse bruscamente dinanzi al portoghese, dicendogli:
Eccomi, sahib.
Era un giovane indiano di forse ventanni, bene sviluppato, dallaria intelligentissima ed i lineamenti piuttosto fini delle caste guerriere. Non aveva indosso che un semplice gonnellino un po lungo, il languti degli indù, stretto da una piccola fascia di cotone azzurro, entro cui era passato un pugnale dalla lama larghissima, in forma quasi dun ferro di lancia ed il corpo aveva interamente spalmato di cenere, probabilmente raccolta sul luogo dove si ardono i cadaveri, e che è il distintivo poco attraente dei seguaci di Siva.
Hai condotto la bangle? chiese Yanez.
Sì, padrone, rispose lindiano. È nascosta sotto i bambù.
Sei solo?
Tu non mi avevi detto, sahib, di condurre altri. Avrei avuto più piacere, perché la bangle è pesante a guidarsi.
I miei uomini sono gente di mare. Imbarchiamoci subito.
Devo avvertirti duna cosa però.
Parla e sii breve.
So che questa notte dinanzi alla pagoda devono bruciare il cadavere dun bramino.
Durerà molto la cerimonia?
Non credo.
Il nostro arrivo non desterà qualche sospetto?
E perché sahib? Le barche approdano sovente allisolotto, disse lindiano.
Andiamo allora.
Avrei però desiderato meglio che nessuno ci vedesse a sbarcare, disse Sandokan.
Rimarremo a bordo, finché tutti si saranno allontanati, rispose Yanez. Non faranno troppa attenzione a noi.
Seguirono il giovane indiano, aprendosi faticosamente il passo fra quelle durissime canne giganti, che alla base avevano la circonferenza duna coscia di fanciullo, e giunsero sulla riva del fiume.
Sotto le ultime canne che, curvandosi verso lacqua, formavano delle superbe arcate, stava nascosto uno di quei pesanti battelli, che glindiani adoperano sui loro fiumi per trasportare il riso, privo però degli alberi, ma provvisto invece duna tettoia di stoppie destinata a riparare lequipaggio dalle ingiurie del tempo.
Yanez ed i suoi compagni simbarcarono; i malesi ed i dayachi afferrarono i lunghi remi e la bangle lasciò il nascondiglio dirigendosi verso lisolotto, nel cui mezzo giganteggiava fra le tenebre una enorme costruzione in forma di piramide tronca.
Lindiano aveva detto il vero annunciando un funerale. La massiccia barca non aveva percorsa ancora mezza distanza, quando sulla riva dellisolotto si videro comparire numerose torce e raggrupparsi intorno ad una minuscola cala che doveva servire dapprodo alle barche del fiume.
Ecco dei guasta affari, disse Yanez a Tremal-Naik. Ci faranno perdere un tempo prezioso.
Sono appena le dieci, rispose lindiano e per la mezzanotte tutto sarà finito.
Trattandosi dun bramino, la cerimonia sarà più lunga delle altre, avendo diritto a speciali riguardi anche dopo morte.
Se il morto fosse un povero diavolo qualunque la faccenda sarebbe spiccia.
Una tavola di legno per coricarvi il cadavere, una lampadina accesa da mettergli in fondo ai piedi, una spinta e buona notte.
La corrente sincarica di portare il morto nel sacro Gange, quando i coccodrilli e i marabù lo risparmiano.
Ciò che accadrà di rado, disse Sandokan, che stava seduto sul bordo della bangle.
Puoi contarlo come un caso miracoloso, rispose Tremal-Naik. Appena oltrepassata la città, sauriani e volatili vanno a gara per far sparire carne ed ossa.
E di quel bramino che cosa faranno invece? chiese Sandokan.
Il funerale sarà un po lungo, esigendo certe formalità speciali. Innanzi a tutto quando un bramino entra in agonia non si trasporta semplicemente sulla riva del fiume, perché spiri al dolce mormorìo dellacqua, che lo trasporterà nel cailasson, ossia nel paradiso; bensì in un luogo speciale, che prima sarà stato accuratamente cosparso di sterco di mucca e su un pezzo di cotone mai prima di allora usato.
Uscito poco prima dal cotonificio, disse Yanez, ridendo. Ah! Siete dei bei matti voi indiani.
Oh! Aspetta un po, disse Tremal-Naik. Giunge allora un sacerdote bramino accompagnato dal suo primogenito onde procedere alla cerimonia chiamata sarva prayasibrit.
Che cosa vuol dire?
La purificazione dei peccati.
Toh! Credevo che i bramini non ne commettessero mai!
Ed in che consiste? chiese Sandokan che pareva sinteressasse vivamente di quegli strani particolari.
Nel versare in bocca al moribondo un liquore speciale dei bramini, che si pretende sacro, mentre ai seguaci di Visnù si somministra un po dacqua dove fu messa una pietra di Salagraman qualunque.
Per soffocarli più presto è vero? disse Yanez. Infatti non è certamente un bel divertimento assistere allagonia dun moribondo.
È meglio spedirlo presto allaltro mondo.
Ma no, rispose Tremal-Naik si lascia morire in pace cioè, veramente no, perché il moribondo deve aggrapparsi alla coda duna mucca e lasciarsi trascinare per un certo tratto di via onde egli sia ben sicuro di ritrovarne una di simile che lo aiuterà a passare il fiume di fuoco che gira intorno al Yama-lacca, dove abita il dio dellinferno.
Così la finiscono più presto, disse lincorreggibile Yanez. Un po di galoppo dietro una mucca non deve far male ad un povero moribondo che sta per vomitare la sua anima. E poi?
Lo vedremo quando avremo affondata lancora, rispose Tremal-Naik. Vedo una donna che gira sulla riva alzando disperatamente le braccia. Deve essere la sposa del morto.
E questo tonfo nel fiume lo hai udito?
È il figlio primogenito del bramino, che si è gettato nel fiume, dopo daver indossato i suoi più bei vestiti, prima di farsi tagliare accuratamente la barba, se ne ha, ed i capelli.
Se io fossi il viceré dellIndia farei rinchiudere in un ospedale di pazzi tutti i bramini del reame. Parola di Yanez.
Queste cerimonie sono dettate dai libri sacri.