Queste cerimonie sono dettate dai libri sacri.
Scritti quando quei sacerdoti erano pieni di bâng.
La grossa barca in quel momento era giunta dinanzi al minuscolo seno, e Bindar aveva lasciata cadere lancora, arrestandola ad una quindicina di passi dalla riva.
Quindici o venti persone si erano radunate intorno ad una specie di palanchino formato di bambù intrecciati, su cui riposava un cadavere, che aveva indosso un ampio dootèe di seta gialla.
Dovevano essere tutti parenti ed amici del morto, però si vedevano in mezzo a loro alcuni pourohita ossia sacerdoti bramini accompagnati da tre o quattro gouron, specie di sagrestani incaricati dalla pulizia delle pagode e dei bassi servizi del culto.
Tutti avevano delle torce, sicché Yanez ed i suoi compagni potevano osservare benissimo quanto quegli uomini stavano per compiere.
Il primogenito del morto era uscito dal fiume, si era fatto già radere in fretta e si era accostato al genitore, seguìto dalla madre alla quale i parenti avevano levato il thaly, quel gioiello che è linsegna delle donne sposate e tagliati i capelli, che non doveva più mai lasciarsi crescere durante tutta la sua vedovanza.
Il primo gettò sul cadavere una manata di fiori, poi fece alzare la barella e la fece trasportare alcuni passi più lontano, dove era una buca lunga due metri e larga uno, circondata da pezzi di legna e da sterco disseccato di mucca e fece deporre vicino un vaso di terra entro cui bruciavano dei carboni.
Il morto fu privato della sua bella veste e dei gioielli, per non perdere inutilmente luna e gli altri, poi il primogenito mise sul petto nudo del bramino un pezzo di sterco acceso, vi versò sopra un po di burro sciolto e mise in bocca al cadavere una mezza rupia e alcuni granelli di riso che prima aveva bagnati con un po di saliva e si ritrasse, pronunciando una preghiera.
I parenti saccostarono a loro volta, accumulando sul bramino le legne e le mattonelle di sterco.
È finita la cerimonia? chiese Yanez a Tremal-Naik.
Aspetta un momento. Il figlio deve ancora compiere qualche cosa.
Il giovane infatti aveva preso un vaso di terra pieno dacqua e laveva spaccato con violenza sulla testa del defunto.
Ah! birbante! esclamò il portoghese.
Perché? Ora almeno è sicuro che suo padre è veramente morto.
Se fosse stato ancora agonizzante lavrebbe accoppato egualmente.
I parenti avevano fatto circolo accostando le torce al rogo.
Una gran fiamma si sprigionò subito rompendo bruscamente le tenebre e avvolgendo, con rapidità incredibile, il cadavere, che era tutto cosparso di burro.
Fra il crepitare del legname ben imbevuto di materie resinose ed il salmodiare del pourohita e dei suoi aiutanti, si udivano le urla disperate del figlio e della vedova, ed ai bagliori delle fiamme si vedevano i parenti a rotolarsi per terra ed a picchiarsi il petto con pugni tremendi.
Quegli stupidi vogliono sfondarsi le costole, diceva Yanez. Non mi stupirei che domani fossero tutti a letto.
Quella fiammata gigantesca non durò che un quarto dora, poi quando il cadavere fu consumato, i parenti con pale di ferro raccolsero la cenere e le ossa e le gettarono nel fiume, quindi si allontanarono tutti in silenzio, scomparendo ben presto sotto gli alberi, che coprivano buona parte dellisolotto.
Possiamo sbarcare ora? chiese Sandokan rivolgendosi a Bindar, che era rimasto sempre silenzioso.
Sì, sahib, rispose lindiano. A questora i gurum della pagoda devono dormire profondamente.
Andiamo dunque. Sono impaziente di condurre a termine questa avventura notturna.
E di menare possibilmente le mani, è vero, fratellino? disse Yanez.
Sì, se si può, rispose la Tigre della Malesia. Le mie braccia cominciano ad irrugginirsi.
Allentarono la fune dellancora e con pochi colpi di remo spinsero la bangle verso la riva.
Che due uomini rimangano a guardia della barca, disse Yanez. Dobbiamo assicurarci la ritirata.
Raccolsero le armi e scesero silenziosamente a terra, cacciandosi sotto un bosco, formato quasi esclusivamente di palmizi tara e dimmensi gruppi di bambù.
Bindar si era messo alla testa del drappello, fiancheggiato da Yanez, il quale voleva sorvegliarlo personalmente, non avendo, checché avesse detto a Sandokan, una completa fiducia di quellindiano, che da soli pochi giorni conosceva.
La pagoda non era lontana più di due tiri di carabina, quindi in una ventina di minuti e anche meno, il drappello poteva giungervi.
Tutti però si avanzavano con estrema prudenza onde non farsi scorgere. Era molto improbabile che a quellora così inoltrata qualche indiano passeggiasse per quelle boscaglie, nondimeno si tenevano in guardia.
Attraversata la zona dei palmizi e dei bambù, si trovarono improvvisamente dinanzi ad una vasta radura, interrotta solamente da gruppi di piccole piante.
Nel mezzo giganteggiava la pagoda di Karia.
Come abbiamo detto, quel tempio, veneratissimo da tutti gli assamesi, perché conteneva la famosa pietra di Salagraman col capello di Visnù, si componeva duna enorme piramide tronca; colle pareti abbellite da sculture che si succedevano senza interruzione dalla base alla cima e che rappresentavano in dimensioni più o meno grandiose, le ventuno incarnazioni del dio indiano.
Quindi, pesci colossali, testuggini, cinghiali, leoni, giganti, nani, cavalli, ecc.
Solo dinanzi alla porta dentrata si rizzava una torre piramidale più piccola, il cobrom, coronato da una cupola e colle muraglie pure adorne di figure per la maggior parte poco pulite, rappresentanti la vita, le vittorie e le disgrazie delle diverse divinità.
Ad una altezza di venti piedi sapriva una finestra sul cui davanzale ardeva una lampada.
È per di là che dovremo entrare, sahib, disse Bindar volgendosi verso Yanez, che aveva corrugata la fronte, scorgendo quel lume.
Temevo che qualcuno vegliasse nella pagoda, rispose il portoghese.
Non avere alcun timore: è uso mettere una lampada sulla prima finestra del cobrom.
Se fosse un giorno festivo, ve ne sarebbero quattro invece duna.
Dove troveremo la pietra di Salagraman? Nella pagoda o in questa specie di torre?
Nella pagoda di certo.
Yanez si volse verso i suoi uomini, chiedendo:
Chi saprà raggiungere quella finestra e gettarci una fune?
Se forzassimo la porta invece? chiese Sandokan.
Perderesti inutilmente il tuo tempo, disse Tremal-Naik. Tutte quelle dei nostri templi sono di bronzo e duno spessore enorme.
Daltronde i tuoi uomini non saranno troppo imbarazzati a giungere lassù. Sono come le scimmie del loro paese.
Lo so, rispose Yanez.
Indicò due dei più giovani del drappello e disse semplicemente loro:
In alto, fino alla finestra!
Non aveva ancora finito, che quei diavoli, un malese ed un dayaco, salivano già aggrappandosi alle divinità, ai giganti, ai trimurti indù rappresentanti lo sconcio lingam che riunisce Brahma, Siva e Visnù.
Per quei marinai, mezzi selvaggi, abituati a salire di corsa le alberature delle navi e camminare come fossero a terra sui leggeri pennoni dei loro prahos o inerpicarsi sugli altissimi durion delle loro foreste, non era che una semplice scalata quella manovra.
In meno di mezzo minuto si trovarono entrambi sul davanzale della finestra, da dove gettarono due funi, dopo di averle assicurate a due aste di ferro, che sostenevano due gabbie destinate a contenere dei batuffoli di cotone imbevuti dolio di cocco durante le straordinarie illuminazioni.
A me pel primo, disse Sandokan. A te laltra fune, Tremal-Naik.
Tu Yanez, alla retroguardia.
A me, che devo conquistare il trono di Surama! esclamò il portoghese.
Ragione di più per conservare la preziosissima persona dun futuro rajah, rispose Tremal-Naik, sorridendo. I pezzi grossi non devono esporsi ai gravi pericoli che allultimo momento.
Andate al diavolo!
Niente affatto, saliremo verso il cielo invece.
Va a trovare Brahma adunque!
Sandokan e Tremal-Naik si issarono rapidamente, scomparendo fra le tenebre. Quando i malesi ed i dayachi videro la fune a scuotersi, a loro volta cominciarono la salita, mentre il portoghese ne regolava lascensione.
Frattanto la Tigre della Malesia e lindiano avevano raggiunto il davanzale, dove si tenevano a cavalcioni il malese ed il dayaco, i quali si erano già affrettati a spegnere il lume onde non si potessero scorgere le persone che salivano.
Avete udito nulla? aveva chiesto subito Sandokan.
No, padrone.
Vediamo se qui vi è un passaggio.
Lo troveremo di certo, disse Tremal-Naik. Tutti i cobrom comunicano colla pagoda centrale.
Accendete una torcia.
Il malese, che ne aveva due passate nella fascia, fu pronto a obbedire.
Sandokan la prese, sabbassò fino quasi a terra onde la luce non si espandesse troppo e fece qualche passo innanzi.
Si trovavano in una minuscola stanza, la quale aveva una porta di bronzo assai bassa e che era solamente socchiusa.
Suppongo che metterà su una scala, mormorò.
La spinse, cercando di non produrre alcun rumore e si trovò dinanzi ad un pianerottolo pure minuscolo. Sotto sallungava una stretta gradinata che pareva girasse su se stessa.
Finché gli altri salgono, esploriamo, disse Tremal-Naik.
Lasciate che vi preceda, disse una voce.
Era Bindar, il quale aveva preceduto tutti gli altri.
Conosci il passaggio? gli chiese Sandokan.
Sì, sahib.
Passa dinanzi a noi e bada che noi non staccheremo un solo istante i nostri sguardi da te.
Il seguace di Siva ebbe un sorriso, ma non rispose affatto.
La scala era strettissima, tanto da permettere a malapena il passaggio a due uomini situati luno a fianco dellaltro.
Sandokan e Tremal-Naik, seguìti dagli altri, che raggiungevano a poco a poco la finestra, si trovarono ben presto in un corridoio, che pareva si avanzasse verso il centro della pagoda e che scendeva molto rapidamente.
Ci siete tutti? chiese il pirata, arrestandosi.
Ci sono anchio, rispose Yanez, facendosi innanzi. Le funi sono state ritirate.
La Tigre della Malesia sfoderò la scimitarra che gli pendeva dal fianco e che scintillò, alla luce della torcia, come se fosse dargento, essendo formata di quellimpareggiabile acciaio naturale che non si trova che nelle miniere del Borneo; poi disse con voce risoluta:
Avanti! Lantico pirata di Mompracem vi guida!
Percorso il corridoio e trovata unaltra scala, entrarono, dopo averla discesa, in una immensa sala, in mezzo alla quale si rizzava, su un enorme quadro di pietra, una statua rappresentante un pesce colossale.
Era quella la prima incarnazione del dio conservatore, così tramutato per salvare dal diluvio il re Sattiaviraden e la moglie di lui, servendo sotto quella forma di timone alla nave che aveva loro mandato per sottrarli al diluvio universale.
Narrano poi le leggende indiane, che dopo quel fatto, Visnù sdegnato contro i giganti Canagascien e Aycriben perché avevano rubati i quattro vedam onde il nuovo popolo fondato da Sattiaviraden non avesse più religione, li uccise per restituirli a Brahma.
Il drappello si era fermato, temendo che vi fosse qualche sacerdote in quellampia sala, poi, rassicurato dal profondo silenzio che regnava là dentro, mosse risolutamente verso il gigantesco pesce.
Se il ministro non ci ha ingannati, lanello deve trovarsi dinanzi a quellacquatico, aveva detto Yanez.
Se non avrà detto il vero lo getteremo nel fiume con una buona pietra al collo, aveva risposto Sandokan.
Stavano per giungere presso il dio, quando parve loro di udire come il cigolìo duna porta che sapriva.
Tutti si erano arrestati, poi i dayachi ed i malesi con una mossa fulminea rinserravano come entro un cerchio Sandokan, Yanez e Tremal-Naik, puntando le carabine in tutte le direzioni.
Attesero per qualche minuto, senza parlare, anzi quasi senza respirare, poi Yanez ruppe pel primo il silenzio.
Possiamo esserci ingannati, disse. Se qualche sacerdote fosse entrato, a questora avrebbe dato lallarme. Che cosa dici tu, Bindar?
Penso che quel rumore sia stato prodotto dallo scricchiolìo di qualche trave.
Cerchiamo lanello, disse Sandokan. Se verranno a sorprenderci sapremo accoglierli per bene.
Fecero il giro del mostruoso dado di pietra reggente lincarnazione di Visnù e trovarono subito un massiccio anello di bronzo su cui si scorgeva un alto rilievo rappresentante una conchiglia: la pietra di Salagraman.
Unesclamazione di gioia a mala pena soffocata, era sfuggita dalle labbra del portoghese.
Ecco quella che mi aiuterà a conquistare il trono, disse. Purché si trovi realmente sotto i nostri piedi.
Se non la troveremo, ti accontenterai di quella che è disegnata su questo anello, disse Sandokan.
Ah no! voglio la vera conchiglia! rispose Yanez.
Non so perché ci tieni tanto.
Il portoghese, invece di rispondere, disse, volgendosi verso i suoi uomini:
Alzate.
Due dayachi, i più robusti del drappello, afferrarono lanello e con uno sforzo non lieve alzarono la pietra la quale misurava quasi un metro quadrato.
Yanez e Sandokan si curvarono subito sul foro e scorsero una stretta gradinata che scendeva in forma di chiocciola.
Quel carissimo Kaksa Pharaum è stato duna esattezza meravigliosa! Che spaventi producono talvolta certe colazioni! Scommetto che non ne farà più una in vita sua e che si accontenterà di sole colazioni.
Così dicendo Yanez prese ad un dayaco una torcia, armò una pistola e scese coraggiosamente nei sotterranei del tempio.
Tutti gli altri, uno ad uno lavevano seguìto, preparando le carabine. Nessuno aveva pensato allimprudenza che stavano per commettere.
Scesi diciotto o venti gradini si trovarono in una spaziosa sala sotterranea che probabilmente, migliaia danni prima aveva servito da tempio a giudicarlo dalla rozzezza delle sculture, appena segnate sulle pareti rocciose, rappresentanti le solite incarnazioni del dio conservatore.
Gli occhi di Yanez si erano subito fissati su un dado di pietra sormontato da una piccola statua di terracotta, raffigurante un bramino nano.
La pietra deve essere nascosta lì sotto, disse.
Con un calcio atterrò quel mostro, mandandolo in pezzi e subito un grido di gioia gli sfuggì.
In mezzo al masso coperto dal basamento della statua, aveva veduto un cofano di metallo, con altirilievi di squisita fattura.
Ecco la pietra famosa! esclamò trionfante. La corona dellAssam è ormai di Surama.
Senza chiedere aiuto a nessuno, tolse il cofano dal suo nascondiglio, e vedendovi dinanzi un bottone al posto dove avrebbe dovuto trovarsi la serratura, lo premette con forza.
Il coperchio saprì di colpo e agli sguardi di tutti comparve una conchiglia pietrificata, di colore nerastro.
Era la tanto venerata pietra di Salagraman contenente il famoso capello di Visnù.