Al porto, rispose asciuttamente don Barrejo.
Si potrebbe assaggiarlo, prima che se lo bevano tutto i peruviani od i cileni?
È merce sigillata, ripose il guascone, continuando a spingere.
Carrai! esclamò un altro. Si fa un buco nel ventre della botte e si succhia. Credi che noi non abbiamo abbastanza piastre per pagarti?
Io non sono il padrone.
Cerchi dingannarci, poiché abbiamo riconosciuto benissimo in te il proprietario della taverna degli spettri.
Insomma, che volete? chiese il guascone, cui il sangue cominciava a muoversi piú rapido.
Bere, por dios! risposero i tre sconosciuti, mettendosi dinanzi a Rios per impedirgli di proseguire.
Che cosa bere?
Quello che sta lí dentro, caramba, rispose una dei tre.
Se vuoi, alzo il coperchio e ti lancio fra le gambe la bestia che vi è dentro. Vorrei vederti allora, bravaccio, che corsa prenderesti.
Non sai che lí dentro vi è un giaguaro?
Ah! Baie! esclamarono i tre uomini.
Accostate dunque i vostri orecchi dasino alla botte ed ascoltate, disse don Barrejo.
Il fiammingo russava, in quel momento, in modo tale da far tremare perfino le doghe dellenorme recipiente.
I tre sconosciuti, niente affatto persuasi di quanto aveva detto il padrone della taverna dEl Moro, saccostarono al carretto ed allungarono le teste verso la botte.
Udendo quel brontolio rauco, balzarono indietro spaventati.
Carrai! gridò uno. Il padrone porta via gli spettri che infestano la sua cantina! Gambe, amici!
E subito, o lancio il giaguaro, gridò don Barrejo. Vale meglio di tutti i satanelli dellinferno.
I tre uomini si erano slanciati ad una corsa disperata, scomparendo ben presto fra le tenebre.
Anche gli ubbriachi qualche volta servono a qualche cosa, è vero Rios? disse il guascone.
Se non la finivano però li randellavo per bene, rispose il castigliano, riprendendo la marcia.
Sai dove si trova la posada del Rio Verde?
Sí, cognato.
È là che dobbiamo fermarci per ora.
Dopo venti minuti giungevano, sempre sotto una pioggia dirotta che li bagnava fino alle ossa, dinanzi alla posada del Rio Verde.
Come don Barrejo si era immaginato, erano attesi da Mendoza, Buttafuoco e da Wandoe, i quali stavano chiacchierando sotto il piccolo patio.
Scambiarono appena poche parole, poi il bucaniere e il filibustiere portarono fuori un uomo che pareva non desse piú segno di vita.
È quello che deve tenere compagnia al Pfiffero? chiese il guascone, il quale si era affrettato a levare il coperchio alla botte.
Sí, rispose il basco.
Mi sembra morto.
Lo abbiamo fatto bere perché non gridi.
Un sistema pericoloso che non consiglierei mai per un uomo ferito.
Se anche muore, ci rimarrà sempre compare Arnoldo.
Alzarono il preteso figlio del grande di Spagna, lo calarono, colle dovute precauzioni, dentro la botte, stendendolo accanto al fiammingo.
Al porto ed in fretta, disse Buttafuoco. Noi scorteremo il carretto e Wandoe ci guiderà.
Che bella notte per far viaggiare le botti, disse don Barrejo, ridendo. Vorrei essere dentro anchio col Pfiffero, almeno sarei al coperto.
Sempre sotto la pioggia torrenziale, il carretto si mise quasi in corsa, perché spingeva anche Mendoza, mentre Wandoe segnava la via e Buttafuoco stava alla retroguardia.
Le vie erano deserte ed oscure. Nemmeno le ronde si lasciavano vedere, preferendo certamente qualche vecchio porticato dove potevano almeno ripararsi da quel furioso ed ostinato acquazzone.
Loceano Pacifico muggiva sempre rabbiosamente, con un crescendo talvolta spaventoso.
Già i cinque uomini cominciavano a scorgere i fanali delle navi ancorate nel porto, oscillanti sotto il battere e ribattere delle onde, e Wandoe aveva già annunciato che stavano per giungere alla casa affittata, quando udirono il rumore di persone lanciate a corsa disperata, che cercavano di raggiungerli.
Ferma, Rios! gridò don Barrejo, levando la draghinassa.
Il robusto castigliano arrestò il carretto e sarmò duno di quei nodosi bastoni che usano i contadini della Manica e che valgono talvolta meglio delle spade e delle draghinasse.
Siamo lontani dalla casa? chiese Buttafuoco a Wandoe.
Appena duecento passi, ma sarà meglio che quegli individui che ci danno la caccia non ci vedano entrare. Possono essere anche quelli agenti del marchese che ci hanno seguiti.
Tonnerre! Allora picchierò sodo, disse don Barrejo. È un po che ho una voglia pazza di sfogarmi su quei mascalzoni.
Ed io non meno di te, compare, aggiunse Mendoza. Questa botte non doveva giungere a posto senza qualche cattivo incontro.
Diamine! È visibile come un faro!
Otto o dieci uomini, coperti di ampi mantelli e cappellacci, si erano, dopo una lunga ed affannosa corsa, avvicinati al carro rimasto immobile in mezzo alla via sotto quel diluvio dacqua.
Chi siete e che cosa volete? Chiese Mendoza, avanzandosi verso di loro colla spada in mano.
Sapere a chi avete rubata quella magnifica botte, disse uno di quegli sconosciuti.
Marrano! Ci prendi per dei ladri!
Non si porta via del vino a questora e sotto questa pioggia.
Che cosa vuoi concludere?
Che noi abbiamo sete e che vi proponiamo di dare lassaggio al contenuto.
Sí, abbiamo sete! gridarono tutti gli altri, sbarazzandosi dei mantelli per mostrare che erano armati.
Ehi, tu che vuoi assaggiare di questo vinello, disse il guascone rivolgendosi al capo-banda, vieni a udire qui come borbotta. Poi mi dirai se sarà bevibile.
Se borbotta sarà vino nuovo e a noi piace molto perché è piú dolce, rispose lo sconosciuto, avanzandosi verso il carretto ed appoggiando un orecchio alla botte, mentre i suoi compagni ridevano a crepapelle.
Odi? chiese il guascone.
Carrai! Tu mi burli! Si direbbe che lí dentro vi sono delle bestie feroci che ringhiano.
Tinganni, amico: vi sono degli spettri che abbiamo presi in una cantina duna famosa taverna e che andiamo a gettare in mare.
Un grande scoppio di risa accolse quelle parole.
Camerati! gridò il capo-banda. Avete paura voi degli spiriti?
No! No! risposero gli altri ad una voce.
Fuori le spade e diamo battaglia a quei figli di Satana. Almeno vedremo come sono fatti. Rovesciate la botte!
Quale? chiese Mendoza, avanzandosi a sua volta, seguito da Buttafuoco e da Wandoe.
Quella che sta sul tuo carretto.
Lo scherzo è finito, mio caro, e ora si lavora a colpi di spada, se ci secchi ancora.
Oh! Il buffone che
Una terribile piattonata attraverso le labbra gli ruppe la frase e qualche dente insieme.
A te, canaglia! aveva gridato Mendoza.
I compagni del colpito, i quali parevano molto allegri, avevano estratte le spade e si erano gettati confusamente contro i quattro uomini, i quali li aspettavano a piè fermo, appoggiati al carretto. Rios aspettava il momento opportuno per far suonare il suo terribile bastone murcese sulle spalle degli assalitori, i quali vociavano in coro:
Prendiamo dassalto le botte!
Abituati però piú a vuotare boccali di vino che a maneggiare le spade, fino dal primo attacco si trovarono a mal partito. Ci voleva ben altro per tenere testa al guascone, a Mendoza ed al gentiluomo francese diventato bucaniere.
Fra un grandinare di colpi si udirono due o tre grida di dolore, poi due uomini abbandonarono precipitosamente il campo di battaglia, lasciando a terra mantelli e cappelli, segno evidente che se lerano già prese.
Gli altri però, incolleriti di essere tenuti in iscacco da quei quattro uomini che credevano dei semplici tavernieri, stavano per ritornare allattacco, quando il forte castigliano entrò in linea.
La faccenda fu breve. Gli aggressori, martellati sonoramente dal randello murcese, dopo una breve resistenza scapparono a gambe levate, lasciando sul terreno perfino delle spade spezzate.
Mentre lercole castigliano, aiutato da Buttafuoco, li inseguiva per qualche tratto per impedire un ritorno offensivo, don Barrejo, Mendoza e Wandoe spingevano il carretto a tutta corsa verso il porto, mettendolo al sicuro sotto un oscuro porticato che riparava una modesta casetta da pescatori, situata di fronte ad una delle calate.
Capitolo VI. LE IMPRESE DEL GUASCONE
Labitazione affittata da Wandoe, perché i suoi amici in caso di pericolo fossero piú pronti ad imbarcarsi, come abbiamo detto, era una modestissima casetta ad un solo piano, composta di tre sole stanze e di un porticato necessario a stendervi le reti.
Linterno era illuminato, la porta aperta, sicché Wandoe, il guascone ed il basco non ebbero da aspettare per entrare.
Un ruvido tipo duomo di mare, piuttosto attempato, li aspettava in una stanza che doveva servire ad un tempo da cucina e da tinello. Vedendoli entrare, si tolse dalla bocca la pipa, poi il berretto, dicendo:
Buena noche, caballeros: siete in casa vostra.
Strinse la mano a Wandoe e se ne andò senzaltro aggiungere, come per far meglio comprendere loro che erano realmente in casa propria.
Mendoza diede uno sguardo allintorno, visitò le altre due stanze occupate da quattro amache e da molti arnesi da pesca, e tornò verso i compagni, dicendo:
Ci staremo benissimo qui, finché le spie del marchese non verranno a scovarci. Quel gentiluomo tiene sotto di sé degli uomini che devono possedere un fiuto straordinario.
Lesti, amici, portiamo dentro il ferito ed il fiammingo. La botte la getteremo piú tardi in mare, perché non possa servire come di traccia.
Tornarono nel porticato portando un lume, levarono il coperchio e tirarono fuori, con precauzione, il Pfiffero ed il preteso figlio del grande di Spagna, mettendoli su due amache che occupavano la stanza vicina.
In quel momento Rios e Buttafuoco entrarono, luno armato del suo formidabile bastone e laltro sempre impugnando la spada.
Sono scappati? chiese Mendoza.
Io credo che corrano ancora, rispose Buttafuoco. La lezione è stata dura, ma lhanno cercata loro.
Mio caro don Barrejo, le vostre botti sono troppo pericolose, siano piene di buon vino o vuote.
Sono stregate, signor Buttafuoco, rispose il guascone, ridendo, e tali sono rimaste anche dopo tutte le benedizioni dei frati.
Come stanno i nostri prigionieri?
Russano come canne dorgano, rispose il basco.
Sarà meglio rimandare a domani linterrogatorio. Lasciamoli riposare e cerchiamo anche noi di schiacciare alla meglio un sonnellino.
Ne abbiamo bisogno.
Chiusero e sprangarono la porta, fecero una nuova visita alla casetta, poi Buttafuoco e Wandoe si gettarono sulle due altre amache, mentre Mendoza, il guascone e Rios si sdraiavano su un mucchio di vecchie reti.
Al di fuori intanto luragano continuava ad infuriare ed il Pacifico scaraventava, dentro il porto di Panama, le sue formidabili ondate, mettendo a dura prova le âncore e le catene dei numerosi velieri che lo ingombravano.
Per Buttafuoco ed il basco fu forse quella la prima notte veramente tranquilla che trascorsero da quando erano giunti nella grande città spagnuola, che allora godeva la fama, come oggi S. Francisco di California, di essere la regina del Pacifico.
Il guascone, abituato ad alzarsi molto per tempo nella sua qualità di taverniere, fu il primo ad aprire gli occhi.
Suo primo pensiero fu quello di fare una visita ai due prigionieri.
Il preteso figlio del grande di Spagna russava ancora; il fiammingo invece si dibatteva come un disperato dentro lamaca che gli era stata chiusa addosso perché non scappasse, brontolando e facendo delle smorfie cosí ridicole da far scoppiare dalle risa il feroce guascone.
Compare Arnoldo, mi sembrate un bel pesce dentro la rete, disse don Barrejo, allentando subito le corde. Come va dunque la salute, dopo una cosí lunga dormita? Che pessimo soldato sareste voi in guerra!
Da pere, chiese il disgraziato, dopo daver dimenata dieci volte la lingua, che doveva essere stata arrostita da quellabbondante bevuta daguardiente.
Pere qui non ne abbiamo, compare Arnoldo, però vi darò qualche cosa di meglio.
Prese una ciotola di terra, della capacità di un litro, la riempí in un grande vaso poroso che si trovava in un angolo e la porse al povero diavolo, il quale la vuotò senza staccarla un solo istante dalle labbra.
La va un po meglio ora, compare Arnoldo? Chiese ironicamente il feroce guascone.
Testa malata, rispose il fiammingo.
Bevete e dormite troppo voi, mio caro. Avete delle pessime abitudini e io, se fossi il marchese di Montelimar, non vi perdonerei.
Montelimar borbottò il fiammingo, passandosi una mano sulla fronte.
In quel momento, svegliati da quel chiacchierio, entrarono Mendoza, Buttafuoco, Wandoe e Rios.
Lavete spedita al Perú la sbornia, signor Arnoldo Pfiffer ecc.? Chiese Mendoza. Sono ben lieto di vedervi finalmente in ottima salute.
Il fiammingo, vedendo tutte quelle persone, aggrottò la fronte e divenne pallidissimo.
Svegliate laltro, don Barrejo, disse Buttafuoco.
Perché? chiese sotto voce Mendoza.
Per accertarmi se si conoscono.
Lo sospettate?
Scommetterei il mio vecchio e fedele archibugio, che mi ha salvato cento volte la vita, contro una navaja da due piastre.
Lasciate fare a me, allora, signor Buttafuoco.
Si avvicinò al ferito e cominciò a fargli il solletico sotto la gola, provocandogli subito il singhiozzo.
Il preteso figlio del grande di Spagna era stato un po ubbriacato, affinché si mantenesse tranquillo dentro la botte, però non aveva preso la solenne sbornia del fiammingo, sicché dopo tre o quattro sbadigli e molti singhiozzi, si decise finalmente ad aprire gli occhi.
Mendoza, che lo spiava attentamente, lo sollevò, perché potesse vedere il fiammingo che stava seduto nellamaca vicina.
I due spioni del marchese di Montelimar si guardarono un momento, stupiti di trovarsi insieme; poi dopo daver fatta una brutta smorfia, non poterono frenare due imprudenti esclamazioni:
Aramejo!
Stiffel!
Datevi il buon giorno, dunque, disse Buttafuoco. Siete vecchie conoscenze, a quanto pare.
Il fiammingo e il preteso figlio del grande di Spagna masticarono fra le labbra qualche cosa. Certo non dovevano essere contenti di essere caduti nella trappola cosí abilmente tesa da Buttafuoco.
Chi è che si chiama Aramejo? chiese il bucaniere, ridendo.