Vuoi perderci tutti e due. Sono quaranta.
Hai ragione, Kammamuri. Li colpiremo tutti in una sola volta.
Riabbassò la carabina e tornò a coricarsi mordendosi le labbra per frenare la collera.
I due indiani avevano allora trascinato Hurti nel mezzo del circolo e lavevano lasciato cadere ai piedi del vecchio.
Kâlì! esclamò egli, alzando gli occhi verso il cielo.
Trasse il pugnale dalla cintura e lo cacciò nel petto di Hurti.
Miserabile! urlò Tremal-Naik. È troppo!
Egli sera slanciato fuori dal nascondiglio. Un lampo squarciò le tenebre seguito da una strepitosa detonazione ed il vecchio, colpito in pieno petto dalla palla del cacciatore di serpenti, cadde sul corpo di Hurti.
IV. Nella jungla
Allimprovvisa detonazione, glindiani erano balzati in piedi col laccio nella dritta e il pugnale nella sinistra. Vedendo il loro capo dibattersi per terra tutto imbrattato di sangue, dimenticarono per un istante luccisore, per accorrere in suo aiuto. Questo momento bastò perché Tremal-Naik e Kammamuri si dessero alla fuga, senza essere scorti.
La jungla coperta di fitti cespugli spinosi e di bambù giganteschi, che promettevano rifugi introvabili, era a pochi passi. I due indiani vi si precipitarono nel mezzo, correndo disperatamente per cinque o sei minuti, poi si lasciarono cadere sotto un gruppo assai folto di bambù, alti non meno di diciotto metri.
Se ti è cara la vita, disse rapidamente Tremal-Naik a Kammamuri, non muoverti.
Ah padrone! Cosa hai fatto! disse il povero maharatto. Li avremo tutti addosso e ci strangoleranno come il disgraziato Hurti.
Ho vendicato il mio compagno. Del resto non ci troveranno.
Sono spiriti, padrone.
Sono uomini. Taci e guardati ben dattorno.
In lontananza si udivano le urla dei terribili abitanti del banian.
Vendetta! Vendetta! gridavano.
Tre note acute, le note del ramsinga, echeggiarono nella jungla e sotto terra sudì cupo rimbombo di poco prima. I due cacciatori si aggomitolarono, facendosi più piccini e rattenendo persino il respiro. Sapevano che se venivano scoperti, sarebbero stati irremissibilmente strangolati dai lacci di seta di quei mostruosi individui, che avevano di già sacrificato tante vittime.
Non erano ancora trascorsi tre minuti che sudirono i bambù aprirsi violentemente e fra le tenebre fu scorto uno di quegli uomini. col laccio nella destra ed il pugnale nella sinistra, passare come una freccia dinanzi alla macchia e scomparire nel folto della jungla.
Lhai veduto, Kammamuri? chiese sottovoce Tremal-Naik.
Sì, padrone, rispose il maharatto.
Essi ci credono assai lontani e corrono, sperando di raggiungerci.
Fra pochi minuti non avremo un solo uomo alle spalle.
Diffidiamo, padrone. Quegli uomini mi fanno paura.
Non temere, che son qui io. Zitto e sta bene attento.
Un altro indiano, armato come il primo, passò correndo qualche istante dopo, e pur esso scomparve nel folto dei bambù.
In lontananza sudì ancora qualche grido, qualche fischio che pareva, che anzi doveva essere un segnale, poi tutto tacque.
Trascorse mezzora. Tutto indicava che gli indiani, lanciati forse su di una falsa traccia, erano assai lontani. Il momento non poteva essere più propizio per fare un giro sui talloni e fuggire in direzione della riva.
Kammamuri, disse Tremal-Naik, noi possiamo metterci in marcia.
Gli indiani, a mio parere, devono essere tutti dinanzi a noi e nel mezzo della jungla.
Sei proprio sicuro, padrone?
Non odo rumore alcuno.
E dove andremo? Al banian forse?
Sì, maharatto.
Vuoi cacciarti là dentro, forse?
No per ora, ma domani notte ritorneremo qui e sveleremo il mistero.
Ma chi supponi che sieno quegli uomini?
Non lo so, ma lo saprò, Kammamuri, come pure saprò chi sia quella donna che veglia nella pagoda della loro terribile dea. Hai udito tu, ciò che disse quel vecchio?
Sì, padrone.
Non so, ma mi parve che parlasse di me ed ho il sospetto che quella Vergine sia
Chi mai?
La donna che mha stregato, Kammamuri. Allorché quel vecchio parlò di lei, ho sentito il cuore battermi con veemenza strana e ciò mi succede tutte le volte che
Zitto, padrone! mormorò Kammamuri, con voce soffocata.
Coshai udito?
Un bambù sè mosso.
Dove?
Laggiù a trenta passi da noi. Zitto!
Tremal-Naik alzò il capo e lo girò allintorno, scrutando con attenzione la nera massa dei bambù, ma non scorse alcuno. Tese gli orecchi, rattenendo il respiro e trasalì. Un fruscìo appena distinto si udiva nella direzione indicata dal maharatto, si avrebbe detto che una mano scostava con somma precauzione le larghe e cuoriformi foglie delle gigantesche piante.
Qualcuno savvicina, mormorò egli. Non muoverti, Kammamuri.
Il fruscio cresceva e savvicinava, ma assai lentamente. Di lì a poco videro due bambù piegarsi e comparire un indiano il quale si curvò verso terra, portando una mano allorecchio. Stette un minuto così, poi si rialzò e parve che fiutasse laria.
Gary! bisbigliò egli.
Un secondo indiano uscì da quei bambù, a sei passi di distanza dal primo.
Odi nulla? domandò il nuovo venuto.
Assolutamente nulla. Eppure, mi parve che qualcuno bisbigliasse.
Ti sarai ingannato. Sono cinque minuti che me ne sto qui, cogli orecchi ben tesi. Siamo su di una falsa via.
Dove sono gli altri?
Tutti dinanzi a noi, Gary. Si teme che gli uomini che hanno ardito qui sbarcare, tentino un colpo di mano sulla pagoda.
A quale scopo?
Quindici giorni fa, la vergine della pagoda incontrò un uomo. Furono scorti da uno dei nostri a scambiarsi dei segnali.
E perché?
Si crede che luomo voglia liberare la Vergine.
Oh! Lorrendo delitto! esclamò lindiano che chiamavasi Gary.
Questa notte un indiano, compagno del miserabile che osò alzare gli occhi sulla Vergine della nostra venerabile dea, è sbarcato. Senza dubbio veniva a spiare.
Ma quellindiano fu strangolato.
Sì, ma dietro di lui sono sbarcati altri uomini, uno dei quali assassinò il nostro sacerdote.
E chi è questuomo che mirò in volto la Vergine?
Un uomo formidabiie, Gary, e capace di tutto: è il cacciatore di serpenti della jungla nera.
Bisogna che muoia.
Morrà, Gary. Per quanto corra, noi lo raggiungeremo ed i nostri lacci lo strangoleranno. Ora tu parti e cammina dritto fino a che giungi sulla riva del fiume: io mi reco alla pagoda a vegliare sulla Vergine. Addio, e che la nostra dea ti protegga.
I due indiani si separarono prendendo due vie differenti. Appena il rumore cessò, Tremal-Naik che tutto aveva udito, balzò in piedi
Kammamuri, dissegli con viva emozione, bisogna che ci separiamo. Tu li hai uditi: essi sanno che io sono sbarcato e mi cercano.
Ho udito tutto, padrone.
Tu seguirai lindiano che si dirige verso il fiume e appena lo potrai guadagnerai la riva opposta. Io seguo laltro.
Tu mi nascondi qualche cosa, padrone. Perché non vieni anche tu alla riva?
Devo recarmi alla pagoda.
Tu mi nascondi qualche cosa, padrone. Perché non vieni anche tu alla riva?
Devo recarmi alla pagoda.
Oh! Non farlo, padrone!
Sono irremovibile. Nella pagoda si nasconde la donna che mi ha stregato.
E se ti assassinano?
Mi uccideranno a fianco di lei e morrò felice. Parti, Kammamuri, parti ché comincia a prendermi la febbre.
Kammamuri emise un profondo respiro che pareva un gemito, e si alzò.
Padrone, disse con voce commossa. Dove ci rivedremo?
Alla capanna, se sfuggo alla morte: vattene.
Il maharatto si cacciò nella jungla dietro le traccie dellindiano, in direzione della riva. Tremal-Naik stette lì a guardarlo. colle braccia incrociate sul petto e la fronte abbuiata.
Ed ora, dissegli rialzando con fierezza il capo, quando il maharatto scomparve ai suoi occhi, sfidiamo la morte!
Si gettò la carabina ad armacollo, diede un ultimo sguardo allintorno e si allontanò a passi rapidi e silenziosi, seguendo le traccie del secondo indiano il quale non doveva essere molto discosto.
La via era difficile ed intricatissima. Il terreno era coperto, fin dove poteva giungere locchio, da una rete fitta fitta di bambù che si rizzavano ad unaltezza veramente straordinaria.
Verano colà i cosiddetti bans tulda, coperti di foglie grandissime, i quali, in meno di trenta giorni, acquistano unaltezza che sorpassa i venti metri ed una grossezza di trenta centimetri.
I behar bans, alti appena un metro, col fusto vuoto ma forte ed armato di lunghe spine, ed una varietà numerosa di altri bambù conosciuti comunemente nelle Sunderbunds col nome generico di bans, i quali si stringevano così davvicino, che era duopo servirsi del coltello per aprirsi un passaggio.
Un uomo non pratico di quei luoghi si sarebbe senza dubbio smarrito in mezzo a quei giganteschi vegetali e si sarebbe trovato nellimpossibilità di fare un passo innanzi senza far rumore, ma Tremal-Naik, che era nato e cresciuto nella jungla, movevasi là sotto con sorprendente rapidità e sicurezza, senza produrre il menomo fruscìo. Non camminava, poiché ciò sarebbe stato assolutamente impossibile, ma strisciava simile ad un rettile, guizzando fra pianta e pianta, senza mai arrestarsi, senza mai esitare sulla via da scegliere. Ogni qual tratto egli appoggiava lorecchio a terra ed era sicuro di non perdere le traccie dellindiano che lo precedeva, trasmettendo il terreno, il passo di lui, per quanto fosse leggiero.
Aveva già percorso più dun miglio, quando saccorse che lindiano erasi improvvisamente arrestato. Appoggiò tre o quattro volte lorecchio, ma il terreno non trasmetteva alcun rumore, si alzò ascoltando con profonda attenzione, ma nessun fruscìo gli pervenne. Tremal-Naik cominciò a diventare inquieto.
Cosa è succeduto? mormorò egli, guardandosi dattorno. Che si sia accorto che io lo seguo? Stiamo in guardia!
Percorse ancora tre o quattro metri strisciando, poi alzò il capo, ma lo riabbassò quasi subito. Aveva urtato contro un corpo tenero che pendeva dallalto e che erasi subito ritirato.
Oh! fe egli.
Un pensiero terribile gli attraversò il cervello. Si gettò prontamente da un lato sguainando il coltello e guardo in aria.
Nulla vide o almeno nulla gli parve di vedere. Eppure era sicuro di aver urtato contro qualche cosa, che non doveva essere una foglia di bambù.
Stette alcuni minuti immobile come una statua.
Un pitone! esclamo ad un tratto, senza però sgomentarsi.
Un fruscìo repentino erasi udito in mezzo ai bambù, poi un corpo oscuro, lungo, flessuoso, discese ondeggiando per una di quelle piante. Era un mostruoso serpente pitone, lungo più di venticinque piedi, il quale allungavasi verso il cacciatore di serpenti sperando di allacciarlo fra le sue viscose spire e stritolarlo con una di quelle terribili strette alle quali nulla resiste. Aveva la bocca aperta colla mascella inferiore divisa in due branche come i ferri duna tenaglia, la forcuta lingua tesa e gli occhi accesi, che brillavano sinistramente fra la profonda oscurità.
Tremal-Naik sera lasciato cadere per terra per non venire afferrato dal mostruoso rettile e ridotto in un ammasso dossa infrante e di carni sanguinolenti.
Se mi muovo sono perduto, mormorò egli con straordinario sangue freddo. Se lindiano che mi precede non saccorge di nulla, sono salvo.
Il rettile era disceso tanto, che colla testa toccava la terra. Egli si allungò verso il cacciatore di serpenti che conservava la rigidezza dun cadavere, ondeggiò per qualche tratto su di lui lambendolo colla fredda lingua, poi cercò di farglisi sotto per avvolgerlo. Tre volte tornò alla carica sibilando di rabbia e tre volte si ritirò contorcendosi in mille guise, salendo e ridiscendendo il bambù attorno il quale erasi avvinghiato. Tremal-Naik fremente, inorridito, continuava a rimanere immobile facendo sforzi sovrumani per padroneggiarsi, ma appena vide il rettile alzarsi arrotolandosi in parte su se stesso, affrettossi a strisciare cinque o sei metri lontano. Credendosi ormai fuori di pericolo, sera voltato per rialzarsi, quando udì una voce minacciosa a gridare:
Cosa fai qui?
Tremal-Naik sera prontamente alzato col coltello in pugno. A sette od otto metri di distanza, assai vicino al posto occupato dal rettile, era improvvisamente sorto un indiano di alta statura, estremamente magro, armato dun pugnale e di una specie di laccio che finiva in una palla di piombo.
Sul petto portava tatuato il misterioso serpente colla testa di donna, contornato da alcune lettere del sanscrito.
Cosa fai qui? ripeté quellindiano con tono minaccioso.
E tu cosa fai? ribatté Tremal-Naik, con calma glaciale. Sei forse uno di quei miserabili che si divertono ad assassinare le persone che qui sbarcano?
Sì, e sappi che ora farò altrettanto con te.
Tremal-Naik si mise a ridere, guardando il rettile il quale cominciava a svolgere gli anelli, ondeggiando quasi sulla testa dellindiano.
Tu credi di uccidermi, disse il cacciatore, e la morte invece ti sfiora.
Ma prima morrai tu! gridò lindiano, facendo fischiare attorno al capo la corda di seta.
Un sibilo lamentevole emesso dal rettile, lo arrestò nel momento che lanciava la palla di piombo.
Oh! esclamò, manifestando un profondo terrore.
Aveva alzata la testa e sera trovato dinanzi al rettile. Volle fuggire e fece un salto indietro, ma incespicò in un bambù mozzato e capitombolò fra le erbe.
Aiuto! aiuto! urlò egli disperatamente.
Lenorme rettile sera lasciato cadere a terra ed in un baleno aveva afferrato lindiano fra le sue spire, stringendolo in modo tale da togliergli il respiro e da fargli crocchiar tutte le ossa del corpo.
Aiuto! aiuto! ripeté lo sventurato, sbarrando spaventosamente gli occhi. Tremal-Naik con un moto spontaneo sera slanciato verso il gruppo. Con un terribile colpo di coltello tagliò in due il pitone, il quale sibilava rabbiosamente, coprendo di bava sanguigna la vittima. Stava per ricominciare, quando udì i bambù agitarsi furiosamente in parecchi luoghi.
Eccolo! tuonò una voce.
Erano altri indiani che correvano sul luogo, compagni dellinfelice che il rettile, quantunque spezzato in due, stritolava, facendogli schizzare il sangue dalle carni. Comprese il pericolo che correva, e senza aspettar altro si diede a precipitosa fuga attraverso la jungla.