Di tratto in tratto, quando qualche rumore echeggiava per la vasta piazza, sarrestavano sotto la cupa ombra di qualche pianta o sotto loscura arcata di qualche porta, aspettando, con un certa ansietà, che il silenzio fosse tornato.
Erano già giunti a pochi passi dalla prima forca, dalla quale dondolava, mosso dalla brezza notturna, un povero diavolo quasi nudo, quando il Corsaro additò ai compagni una forma umana che si agitava sullangolo del palazzo del Governatore.
Per mille pescicani! borbottò Carmaux. Ecco la sentinella! Quelluomo verrà a guastarci il lavoro.
Ma Moko è forte, disse il negro. Io andrò a rapire quel soldato.
E ti farai bucare il ventre, compare.
Il negro sorrise, mostrando due file di denti bianchi come lavorio, e cosí acuti da fare invidia ad uno squalo, dicendo:
Moko è astuto e sa strisciare come i serpenti che incanta.
Va, gli disse il Corsaro. Prima di prenderti con me, voglio avere una prova della tua audacia.
Lavrete, padrone. Io prenderò quelluomo come un tempo prendevo gli jacaré della laguna.
Si tolse dai fianchi una corda sottile, di cuoio intrecciato e che terminava in un anello, un vero lazo, simile a quello usato dai vaqueros messicani per dare la caccia ai tori, e sallontanò silenziosamente, senza produrre il menomo rumore.
Il Corsaro, nascosto dietro il tronco duna palma, lo guardava attentamente, ammirando forse la risolutezza di quel negro che, quasi inerme, andava ad affrontare un uomo bene armato e certamente risoluto.
Ha del fegato il compare, disse Carmaux.
Il Corsaro fece un cenno affermativo col capo, ma non pronunciò una sola parola. Continuava a guardare lafricano il quale strisciava al suolo come un serpente avvicinandosi lentamente al palazzo del Governatore.
Il soldato si allontanava allora dallangolo, dirigendosi verso il portone, era armato di unalabarda ed al fianco portava anche una spada.
Vedendo che gli volgeva le spalle, Moko strisciava piú velocemente tenendo in mano il lazo. Quando giunse a dodici passi si alzò rapidamente, fece volteggiare in aria due o tre volte la corda, poi la lanciò con mano sicura. Sudí un leggero sibilo, poi un grido soffocato ed il soldato stramazzò al suolo, lasciando cadere lalabarda ed agitando pazzamente le gambe e le braccia.
Moko, con un balzo da leone, gli era piombato addosso. Imbavagliarlo strettamente colla fascia rossa che portava alla cintola, legarlo per bene e portarlo via come se fosse stato un fanciullo, fu laffare di pochi istanti.
Eccolo, disse, gettandolo ruvidamente ai piedi del capitano.
Sei un valente, rispose il Corsaro. Legalo a questo albero e seguimi.
Il negro obbedí aiutato da Carmaux, poi tutti e due raggiunsero il Corsaro, il quale esaminava gli appiccati dondolanti dalle forche.
Giunti in mezzo alla piazza, il capitano sarrestò dinanzi ad un giustiziato che indossava un costume rosso e che, per amara derisione, teneva fra le labbra un pezzo di sigaro.
Nel vederlo, il Corsaro aveva mandato un vero grido di orrore.
I maledetti! esclamò. Mancava a loro lultimo disprezzo!
La sua voce, che pareva il lontano ruggito duna fiera, terminò in uno straziante singhiozzo.
Signore, disse Carmaux, con voce commossa, siate forte!
Il Corsaro fece un gesto colla mano indicandogli lappiccato.
Subito, mio capitano, rispose Carmaux.
Il negro si era arrampicato sulla forca, tenendo fra le labbra il coltello del filibustiere. Recise con un colpo solo la fune, poi calò giú il cadavere, adagio, adagio.
Carmaux gli si era fatto sotto. Quantunque la putrefazione avesse cominciato a decomporre le carni del Corsaro Rosso, il filibustiere lo prese delicatamente fra le braccia e lavvolse nel mantello nero che il capitano gli porgeva.
Andiamo disse il Corsaro, con un sospiro. La nostra missione è finita e loceano aspetta la salma del valoroso.
Il negro prese il cadavere, se lo accomodò fra le braccia, lo coprí per bene col mantello, e poi tutti e tre abbandonarono la piazza, tristi e taciturni. Quando però giunsero allestremità, il Corsaro si volse guardando unultima volta i quattordici appiccati, i cui corpi spiccavano lugubremente fra le tenebre, e disse con voce mesta:
Addio, valorosi disgraziati; addio compagni del Corsaro Rosso! La filibusteria vendicherà ben presto la vostra morte.
Poi, fissando con due occhi ardenti il palazzo del Governatore giganteggiante in fondo alla piazza, aggiunse con voce cupa:
Tra me e te, Wan Guld, sta la morte!
Si misero in cammino, frettolosi di uscire da Maracaybo e di giungere al mare per tornare a bordo della nave corsara. Ormai piú nulla avevano da fare in quella città, entro le cui vie non si sentivano piú sicuri, dopo lavventura della posada. Avevano già percorse tre o quattro viuzze deserte, quando Carmaux, che camminava dinanzi a tutti, credette di scorgere delle ombre umane, seminascoste sotto loscura arcata duna porta.
Adagio, mormorò, volgendosi verso i compagni. Se non sono diventato cieco, vi sono delle persone che mi pare ci attendano.
Dove? chiese il Corsaro.
Là sotto.
Forse ancora gli uomini della posada?
Mille pesci cani! Che siano i cinque baschi colle loro navaje?
Cinque non sono troppi per noi, e faremo pagare caro lagguato, disse il Corsaro sguainando la spada.
La mia sciabola darrembaggio avrà buon gioco sulle loro navaje! disse Carmaux.
Tre uomini avvolti in grandi mantelli fioccati, dei serapé senza dubbio, si erano staccati dallangolo dun portone occupando il marciapiede di destra, mentre due altri, che fino allora si erano tenuti celati dietro un carro abbandonato, chiudevano il passo sul marciapiede di sinistra.
Sono i cinque baschi, disse Carmaux. Vedo le navaje luccicare alle loro cintole.
Tu incaricati dei due di sinistra ed io dei tre di destra, disse il Corsaro, e tu, Moko, non occuparti di noi e prendi il largo col cadavere. Ci aspetterai sul margine della foresta.
I cinque baschi si erano sbarazzati dei mantelli piegandoli in quattro e ponendoseli sul braccio sinistro, poi avevano aperto i loro lunghi coltellacci dalla punta acuta come le lame delle spade:
Ah! Ah! disse colui che era stato respinto da Carmaux.
Pare che non ci siamo ingannati.
Largo! gridò il Corsaro, che si era messo dinanzi ai compagni.
Adagio, caballero, disse il basco, facendosi innanzi.
Che cosa vuoi tu?
Soddisfare una piccola curiosità che ci cruccia.
E quale?
Sapere chi siete voi, caballero.
Un uomo che uccide chi gli dà impiccio, rispose fieramente il Corsaro, avanzandosi colla spada in pugno.
Allora vi dirò, caballero, che noi siamo uomini che non hanno paura, e che non ci faremo uccidere come quel povero diavolo che avete inchiodato al muro. Il vostro nome ed i vostri titoli o non uscirete da Maracaybo. Siamo ai servizi del signor Governatore e dobbiamo rispondere delle persone che passeggiano per le vie ad unora cosí tarda.
Se volete saperlo, venite a chiedermi il mio nome, disse il Corsaro mettendosi rapidamente in guardia. A te i due di destra, Carmaux.
Il filibustiere aveva sguainata la sciabola darrembaggio e muoveva risolutamente contro i due avversari che impedivano il passo sul marciapiede opposto.
I cinque baschi non si erano mossi, aspettando lassalto dei due filibustieri. Fermi sulle gambe che tenevano un po aperte per essere piú pronti a tutte le evoluzioni, colla mano sinistra stretta contro la cintura e la destra attorno al manico della navaja, ma col pollice appoggiato sulla parte piú larga della lama, aspettavano il momento opportuno per scagliare i colpi mortali.
Il filibustiere aveva sguainata la sciabola darrembaggio e muoveva risolutamente contro i due avversari che impedivano il passo sul marciapiede opposto.
I cinque baschi non si erano mossi, aspettando lassalto dei due filibustieri. Fermi sulle gambe che tenevano un po aperte per essere piú pronti a tutte le evoluzioni, colla mano sinistra stretta contro la cintura e la destra attorno al manico della navaja, ma col pollice appoggiato sulla parte piú larga della lama, aspettavano il momento opportuno per scagliare i colpi mortali.
Dovevano essere cinque diestros, ossia valenti, ai quali non dovevano essere sconosciuti i colpi piú famosi, né il javeque, ferita ignominiosa che sfregia il viso, né il terribile desjarretazo che si avventa per di dietro, sotto lultima costola e che recide la colonna vertebrale.
Vedendo che non si decidevano, il Corsaro, impaziente di aprirsi il passo, piombò sui tre avversari che gli stavano di fronte, vibrando botte a destra ed a manca con velocità fulminea, mentre Carmaux caricava gli altri due sciabolando come un pazzo.
I cinque diestros non si erano per questo sgomentati. Dotati di una agilità prodigiosa, balzavano indietro parando i colpi ora colle larghe lame dei loro coltellacci ed ora coi serapé, che tenevano avvolti intorno al braccio sinistro.
I due filibustieri erano diventati prudenti, essendosi accorti di avere da fare con degli avversari pericolosi.
Quando però videro il negro allontanarsi col cadavere e perdersi fra loscurità della via tornarono furiosamente alla carica, frettolosi di sbrigarsela prima che qualche guardia, attirata da quel cozzare di ferri, potesse giungere in aiuto dei baschi.
Il Corsaro, la cui spada era ben piú lunga delle navaje e la cui abilità nella scherma era straordinaria, poteva avere buon gioco, mentre Carmaux era costretto a tenersi molto in guardia essendo la sua sciabola assai corta.
I sette uomini lottavano con furore, ma in silenzio, essendo tutti assorti nel parare e vibrare colpi. Savanzavano, indietreggiavano, balzavano ora a destra ed ora a manca, percuotendo forte i ferri.
Ad un tratto il Corsaro, vedendo uno dei tre avversari perdere lequilibrio e fare un passo falso, scoprendo per un istante il petto, si allungò con una mossa fulminea.
La lama toccò e luomo cadde senza mandare un gemito.
E uno, disse il Corsaro, rivolgendosi agli altri. Fra poco avrò la vostra pelle!
I due baschi, per nulla intimoriti, stettero fermi dinanzi a lui, senza fare un passo indietro; dimprovviso però il piú agile gli si precipitò addosso curvandosi verso terra e spingendo dinanzi il serapé che gli riparava il braccio, come se volesse portare il colpo della parte baja, che se riesce squarcia il ventre, ma poi si rialzò e scartandosi bruscamente tentò di vibrare la botta mortale, il desjarretazo.
Il Corsaro fu lesto a gettarsi da un lato e partí a fondo, però la sua lama simbarazzò nel serapé del valiente.
Tentò di rimettersi in guardia per parare i colpi che gli vibrava laltro basco e quasi subito mandò un grido di rabbia.
La lama era stata spezzata a metà dal braccio delluomo che stava per vibrargli il desjarretazo.
Balzò indietro agitando il pezzo di spada, e urlando:
A me, Carmaux!
Il filibustiere che non era ancora riuscito a sbrigarsi dei suoi due avversari, quantunque li avesse costretti a indietreggiare fino allangolo della via, in tre salti gli fu presso.
Per mille pescicani! tuonò, eccoci in un bellimpiccio!Saremo bravi se riusciremo a levarci dattorno questa muta di cani arrabbiati.
Teniamo la vita di due di quei bricconi, rispose il Corsaro, armando precipitosamente la pistola che teneva alla cintola.
Stava per far fuoco sul piú vicino, quando vide precipitarsi addosso ai quattro baschi, che si erano radunati, credendosi ormai certi della vittoria, unombra gigantesca. Quelluomo, giunto in cosí buon punto, teneva in mano un grosso randello.
Moko! esclamarono il Corsaro e Carmaux.
Il negro invece di rispondere alzò il bastone e si mise a tempestare gli avversari con tale furia, che quei disgraziati in un baleno furono tutti a terra, chi colla testa rotta e chi colle costole sfondate.
Grazie compare! gridò Carmaux. Mille fulmini! che grandinata!
Fuggiamo, disse il Corsaro. Qui piú nulla abbiamo da fare.
Alcuni abitanti, svegliati dalle grida dei feriti, cominciavano ad aprire le finestre per vedere di che cosa si trattava.
I due filibustieri ed il negro, sbarazzatisi dei cinque assalitori, svoltarono precipitosamente langolo della via.
Dove hai lasciato il cadavere? chiese il Corsaro allafricano.
È già fuori della città rispose il negro.
Grazie del tuo soccorso.
Avevo pensato che il mio intervento poteva esservi utile e mi sono affrettato a ritornare.
Vi è nessuno allestremità del borgo?
Non ho veduto alcuno.
Allora affrettiamoci a battere in ritirata, prima che giungano altri avversari, disse il Corsaro.
Stavano per mettersi in marcia, quando Carmaux, che sera spinto innanzi per perlustrare una via laterale, tornò rapidamente indietro, dicendo:
Capitano, sta per giungere una pattuglia!
Da dove?
Da quella viuzza.
Ne prenderemo unaltra. Le armi in mano, miei prodi, e avanti!
Va a disarmare il biscaglino che ho ucciso; in mancanza di altro è buona anche una navaja.
Col vostro permesso voffro la mia sciabola, capitano; io so adoperare quei lunghi coltelli.
Il bravo marinaio porse al Corsaro la propria sciabola, poi tornò indietro e andò a raccogliere la navaja di uno dei biscaglini, arma formidabile anche in mano sua.
Il drappello savvicinava a grandi passi. Forse aveva udito le grida dei combattenti ed il cozzare delle armi e saffrettava ad accorrere.
I filibustieri, preceduti da Moko, si misero a correre tenendosi presso i muri delle case; percorsi circa centocinquanta passi, udirono il passo cadenzato di un altra pattuglia.
Tuoni! esclamò Carmaux. Stiamo per essere presi in mezzo.
Il Corsaro Nero sera arrestato, impugnando la corta sciabola del filibustiere.
Che siamo stati traditi? mormorò.
Capitano, disse lafricano. Vedo otto uomini armati di alabarde e di moschettoni avanzarsi verso di noi.
Amici, disse il Corsaro, qui si tratta di vendere cara la vita.
Comandate che cosa si deve fare e noi siamo pronti risposero il filibustiere ed il negro, con voce decisa.
Moko!
Padrone!
Affido a te lincarico di portare a bordo il cadavere di mio fratello. Sei capace di farlo? Troverai la nostra scialuppa sulla spiaggia e ti porrai in salvo con Wan Stiller.
Sí, padrone.
Noi faremo il possibile per sbarazzarci dei nostri avversari, ma se dovessimo venire sopraffatti, Morgan sa cosa dovrà fare. Va, porta il cadavere a bordo, poi verrai qui a vedere se siamo ancora vivi o morti.
Non so decidermi a lasciarvi, padrone; io sono forte e posso esservi di molta utilità.
Mi preme che mio fratello sia sepolto in mare come il Corsaro Verde e poi tu puoi renderci maggiori servigi recandoti a bordo della mia Folgore, che qui.
Ritornerò con dei rinforzi, signore.
Morgan verrà, sono certo di questo. Vattene: ecco la pattuglia.
Il negro non se lo fece ripetere due volte. Essendo però la via sbarrata dalle due pattuglie, si cacciò in una via laterale mettendo capo ad una muraglia che serviva di riparo ad un giardino.