Sí, ha ereditato da un suo zio morto nel Perú, disse il filibustiere, ridendo.
Conducetemi subito da lui. Era già avvertito che oggi doveva avere luogo il mio matrimonio colla señorita Carmen di Vasconcellos. Ha bisogno di farsi pregare quel
La frase gli era stata bruscamente strozzata da una mano del negro piombatagli improvvisamente fra le due spalle. Il povero giovane, mezzo strangolato da una rapida stretta, cadde sulle ginocchia mentre gli occhi gli uscivano dalle orbite e la sua pelle diventava bruna.
Eh, adagio, compare, disse Carmaux. Se stringi ancora un pò me lo soffochi completamente. Bisogna essere un pò gentili coi clienti del notaio!
Non temere, compare bianco, rispose lincantatore di serpenti.
Il giovanotto, il quale daltronde era cosí spaventato da non pensare ad opporre la minima resistenza, fu portato nella stanza superiore, disarmato del pugnaletto, legato per bene e gettato a fianco del notaio.
Ecco fatto, capitano, disse Carmaux.
Questi approvò il colpo di mano del marinaio con un gesto del capo, poi avvicinatosi al giovanotto che lo guardava con due occhi smarriti gli chiese:
Voi siete?
È uno dei miei migliori clienti, signore, disse il notaio. Questo bravo giovane mi avrebbe fatto guadagnare questoggi almeno
Tacete voi, disse il Corsaro con accento secco.
Il notaio diventa un vero pappagallo! esclamò Carmaux. Se la continua cosí, bisognerà tagliargli un pezzo di lingua.
Il bel giovanotto si era voltato verso il Corsaro e dopo averlo guardato per alcuno istanti, con un certo stupore, rispose:
Io sono il figlio del giudice di Maracaybo, don Alonzo de Conxevio. Spero che ora mi spiegherete il motivo di questo sequestro personale.
È inutile che lo sappiate, però se starete tranquillo non vi sarà fatto alcun male, e domani, se non accadranno avvenimenti imprevisti, sarete libero.
Domani! esclamò il giovanotto, con doloroso stupore. Pensate, signore, che oggi io devo impalmare la figlia del capitano Vasconcellos.
Vi sposerete domani.
Badate! Mio padre è amico del Governatore e voi potreste pagare ben caro questo vostro misterioso procedere a mio riguardo. Qui a Maracaybo vi sono soldati e cannoni.
Un sorriso sdegnoso sfiorò le labbra delluomo di mare.
Non li temo, disse poi. Anchio ho uomini ben piú formidabili di quelli che vegliano in Maracaybo, ed anche dei cannoni.
Ma chi siete voi?
È inutile che lo sappiate.
Ciò detto il Corsaro gli volse bruscamente le spalle ed uscí, mettendosi di sentinella alla finestra, mentre Carmaux ed il negro frugavano la casa dalla cantina al solaio, per vedere se era possibile preparare una colazione e Wan Stiller si accomodava presso i due prigionieri onde impedire qualsiasi tentativo di fuga.
Il compare bianco ed il compare negro, dopo avere messo sotto sopra tutta labitazione, riuscirono a scoprire un prosciutto affumicato ed un certo formaggio assai piccante che doveva mettere tutti di buon umore e fare meglio gustare leccellente vino del notaio, almeno cosí assicurava lamabile filibustiere.
Già avevano avvertito il Corsaro che la colazione era pronta ed avevano stappate alcune bottiglie di Porto, quando udirono picchiare nuovamente alla porta.
Chi può essere? si chiese Carmaux. Un altro cliente che desidera andare a tenere compagnia al notaio?
Và a vedere, disse il Corsaro, che sera già assiso alla tavola improvvisata.
Il marinaio non si fece ripetere lordine due volte ed affacciatosi alla finestra, senza però alzare la persiana, vide dinanzi alla porta un uomo un po attempato e che pareva un servo od un usciere di tribunale.
Diavolo! mormorò. Verrà a cercare il giovanotto. La sparizione misteriosa del fidanzato avrà preoccupato sposa, padrini e gli invitati. Uhm! La faccenda comincia ad imbrogliarsi!
Il servo intanto, non ricevendo risposta, continuava a martellare con crescente lena facendo un fracasso tale, da attirare alle finestre tutti gli abitanti delle case vicine.
Bisognava assolutamente aprire ed impadronirsi anche di quellimportuno prima che i vicini, messi in sospetto, non accorressero ad abbattere porta o mandassero a chiamare i soldati.
Carmaux ed il negro si affrettarono quindi a scendere e ad aprire, non appena quel servo od usciere che fosse si trovò nel corridoio fu preso per la gola onde non potesse gridare, legato, imbavagliato, quindi portato nella camera superiore a tenere compagnia al disgraziato padroncino ed al non meno sfortunato notaio.
Il diavolo se li porti tutti! esclamò Carmaux. Noi faremo prigioniera lintera popolazione di Maracaybo, se continua ancora per qualche tempo.
CAPITOLO VII. UN DUELLO FRA GENTILUOMINI
La colazione, contrariamente alle previsioni di Carmaux, fu poco allegra ed il buon umore mancò, non ostante quelleccellente prosciutto, il formaggio piccante e le bottiglie del povero notaio.
Tutti cominciavano a diventare inquieti per la brutta piega che prendevano gli avvenimenti, a causa di quel disgraziato giovanotto e del suo matrimonio. La sua sparizione misteriosa, unitamente a quella del servo, non avrebbe di certo mancato di spaventare i parenti ed erano da aspettarsi presto delle nuove visite di servi o di amici, o, peggio ancora, di soldati o di qualche giudice o di qualche alguazil.
Quello stato di cose non poteva assolutamente durare a lungo. I filibustieri avrebbero fatto ancora altri prigionieri, ma poi sarebbero certamente venuti i soldati, e non uno alla volta per farsi prendere.
Il Corsaro ed i suoi due marinai avevano ventilati parecchi progetti, ma nemmeno uno era sembrato buono. La fuga per il momento era assolutamente impossibile; sarebbero stati di certo riconosciuti, arrestati e senzaltro appiccati come il povero Corsaro Rosso ed i suoi sventurati compagni. Bisognava attendere la notte; era però poco probabile che i parenti del giovanotto dovessero lasciarli tranquilli.
I tre filibustieri, ordinariamente cosí fecondi di trovate e di astuzie al pari di tutti i loro compagni della Tortue, si trovavano in quel momento completamente imbarazzati.
Carmaux aveva suggerita lidea di indossare le vesti dei prigionieri e di uscire audacemente, ma si era subito accorto dellimpossibilità di realizzare il suo piano, non potendosi utilizzare il costume del giovanotto, perché nessuno avrebbe potuto indossarlo, e poi la cosa era stata giudicata troppo pericolosa, coi soldati che battevano le campagne vicine. Il negro era invece tornato alla sua prima idea, cioé di recarsi ad acquistare delle divise di alabardieri o di moschettieri; anche questo per il momento era stato scartato, essendo costretti ad aspettare la notte per poterla effettuare con qualche successo.
Stavano pensando e ripensando per scovare qualche nuovo progetto, che fornisse loro il mezzo di uscire da quella situazione, che diveniva di minuto in minuto piú imbarazzante e pericolosa, quando un terzo individuo venne a battere alla porta del notaio.
Questa volta non si trattava di un servo, bensí dun gentiluomo castigliano, armato di spada e di pugnale, qualche parente forse del giovanotto o qualcuno dei padrini.
Tuoni! esclamò Carmaux. È una processione di gente che viene a questa dannata casa! Prima il giovanotto, poi un servo, ora un gentiluomo, piú tardi sarà il padre dello sposo, poi i padrini, gli amici eccetera. Finiremo per fare il matrimonio qui!
Il castigliano, vedendo che nessuno si era affrettato ad aprire, aveva cominciato a raddoppiare i colpi, alzando e lasciando cadere senza posa il pesante battente di ferro. Quelluomo doveva essere certo poco paziente e probabilmente ben piú pericoloso del giovanotto e del servo.
Il castigliano, vedendo che nessuno si era affrettato ad aprire, aveva cominciato a raddoppiare i colpi, alzando e lasciando cadere senza posa il pesante battente di ferro. Quelluomo doveva essere certo poco paziente e probabilmente ben piú pericoloso del giovanotto e del servo.
Và, Carmaux, disse il Corsaro.
Temo però, comandante, che non sia cosa facile prenderlo e legarlo Quelluomo è solido, ve lo assicuro, ed opporrà una resistenza disperata.
Ci sarò anchio e tu sai che le mie braccia sono robuste.
Il Corsaro, avendo visto in un angolo della stanza una spada, qualche vecchia arma di famiglia che il notaio aveva conservata, laveva presa e dopo avere provata lelasticità della lama se lera appesa al fianco, mormorando:
Acciaio di Toledo: darà da fare al castigliano.
Carmaux ed il negro avevano in quel frattempo aperta la porta che minacciava di venire sfondata sotto i furiosi ed incessanti colpi del battente ed il gentiluomo era entrato collo sguardo crucciato, la fronte aggrottata e la sinistra sulla guardia della spada, dicendo con voce collerica:
Occorre il cannone qui, per farsi aprire?
Il nuovo venuto era un belluomo sulla quarantina, alto di statura, robusto, dal tipo maschio ed altero, con due occhi nerissimi ed una folta barba pure nera, che gli dava un aspetto marziale.
Indossava un elegante costume spagnuolo di seta nera e calzava alti stivali di pelle gialla, colle trombe dentellate, e speroni.
Perdonate signore, se abbiamo tardato, rispose Carmaux, inchinandosi grottescamente dinanzi a lui, ma eravamo occupatissimi.
A fare che cosa? chiese il castigliano.
A curare il signor notaio.
È ammalato forse?
È stato preso da una potentissima febbre, signore.
Chiamatemi conte, furfante.
Scusatemi signor conte; io non avevo lonore di conoscervi.
Andatevene al diavolo! Dovè mio nipote? Sono due ore che è venuto qui.
Noi non abbiamo veduto nessuno.
Tu vuoi burlarti di me! Dovè il notaio?
È a letto, signore.
Conducimi subito da lui.
Carmaux che voleva attirarlo in fondo al corridoio prima di fare segno al negro di porre in opera la sua prodigiosa forza muscolare, si mise innanzi al castigliano; poi, appena giunse alla base della scala, si volse bruscamente, dicendo:
A te, compare!
Il negro si gettò rapidamente sul castigliano; questi, che si teneva probabilmente in guardia e che possedeva unagilità da dare dei punti ad un marinaio, con un solo salto varcò i tre primi gradini, scartando Carmaux con un urto violento e snudò risolutamente la spada gridando:
Ah! Mariuoli! Che cosa significa questo attacco? Ora vi taglierò gli orecchi!
Se volete sapere che cosa significa questo attacco, ve lo spiegherò io, signore, disse una voce.
Il Corsaro Nero era comparso improvvisamente sul pianerottolo, colla spada in pugno, ed aveva cominciato a scendere i primi gradini.
Il castigliano si era voltato senza però perdere di vista Carmaux ed il negro, i quali si erano ritirati in fondo al corridoio, mettendosi di guardia dinanzi alla porta. Il primo aveva impugnata la lunga navaja ed il secondo sera armato di una traversa di legno, arma formidabile nelle sue mani.
Chi siete voi, signore? chiese il castigliano senza manifestare il minimo timore. Dalle vesti che indossate vi si potrebbe credere un gentiluomo, ma labito non fa sempre il monaco o potreste esser anche qualche bandito.
Ecco una parola che potrebbe costarvi cara, mio gentiluomo, rispose il Corsaro.
Bah! Lo si vedrà piú tardi.
Siete coraggioso, signore; tanto meglio. Vi consiglierei però di deporre la spada e di arrendervi.
A chi?
A me.
Ad un bandito che tende un agguato per assassinare a tradimento le persone?
No, al cavaliere Emilio di Roccanera, signore di Ventimiglia.
Ah! Voi siete un gentiluomo! Vorrei almeno sapere allora perché il signore di Ventimiglia cerca di farmi assassinare dai suoi servi.
È una supposizione affatto vostra, signore; nessuno ha mai pensato ad assassinarvi. Si voleva disarmarvi e tenervi prigioniero per qualche giorno e nientaltro.
E per quale motivo?
Onde impedirvi di avvertire le autorità di Maracaybo che qui mi trovo io, rispose il Corsaro.
Forse che il signor di Ventimiglia ha dei conti da regolare colle autorità di Maracaybo?
Non sono troppo amato da loro o meglio da Wan Guld, il quale sarebbe troppo felice di avermi in sua mano, come io sarei ben lieto di averlo in mio potere.
Non vi comprendo signore, disse il castigliano.
Ciò non vi interessa. Orsú, volete arrendervi?
Oh! E voi lo pensate! Un uomo di spada cedere senza difendersi?
Allora mi costringete ad uccidervi. Non posso permettervi di andarvene, o io ed i miei compagni saremmo perduti.
Ma chi siete voi infine?
Dovreste ormai averlo indovinato: noi siamo filibustieri della Tortue. Signore, difendetevi, perché ora vi ucciderò.
Lo credo dovendo fare fronte a tre avversari.
Non preoccupatevi di loro, disse il Corsaro, indicando Carmaux ed il negro. Quando il loro comandante si batte hanno labitudine di non immischiarsene.
In tal caso spero di mettervi presto fuori di combattimento. Voi non conoscete ancora il braccio del conte di Lerma.
Come voi non conoscete quello del signore di Ventimiglia. Conte, difendetevi!
Una parola se me lo permettete. Che cosa avete fatto di mio nipote e del suo domestico?
Sono prigionieri assieme al notaio, ma non inquietatevi per loro. Domani saranno liberi e vostro nipote potrà impalmare la sua bella.
Grazie, cavaliere.
Il Corsaro Nero sinchinò lievemente, poi scese rapidamente i gradini ed incalzò il castigliano con tanta furia, che questi fu costretto a retrocedere di due passi.
Per alcuni istanti nellangusto corridoio si udí solo lo stridore dei ferri. Carmaux ed il negro, appoggiati contro la porta, colle braccia incrociate assistevano al duello senza parlare, cercando di seguire cogli sguardi il fulmineo guizzare delle lame. Il castigliano si batteva splendidamente, da spadaccino valente, parando con grande sangue freddo e vibrando stoccate bene dirette; dovette ben presto convincersi però davere dinanzi un avversario dei piú terribili e che possedeva dei muscoli dacciaio.
Dopo le prime botte, il Corsaro Nero aveva riacquistata la sua calma. Non attaccava che di rado, limitandosi a difendersi come se volesse prima stancare lavversario e studiare il suo gioco. Fermo sulle sue gambe nervose, col corpo diritto, la mano sinistra avanzata orizzontalmente, gli occhi lampeggianti, pareva che giocasse.
Invano il castigliano aveva cercato di spingerlo verso la scala colla segreta speranza di farlo cadere, vibrandogli una tempesta di stoccate. Il Corsaro non aveva fatto un solo passo indietro ed era rimasto irremovibile fra quello scintillio della lama, ribattendo i colpi con una rapidità prodigiosa, senza uscire di linea.
Dimprovviso però si slanciò a fondo. Battere di terza la lama dellavversario con un colpo secco, legarla di seconda e fargliela cadere al suolo, fu un colpo solo.
Il castigliano, trovandosi inerme, era diventato pallido e si era lasciato sfuggire un grido. La punta scintillante della lama del Corsaro rimase un istante tesa, minacciandogli il petto, poi subito si rialzò.
Voi siete un valoroso, disse, salutando lavversario. Voi non volevate cedere la vostra arma: ora io me la prendo, ma vi lascio la vita.