Il re del mare - Emilio Salgari 10 стр.


 Mio Dio, che cosa è successo? chiese la fanciulla.

 La mia Marianna deve essere saltata in aria, rispose Yanez con voce rotta. Poveri i miei uomini!

Un dolore intenso traspariva sul viso del portoghese, mentre qualche cosa di umido brillava nei suoi occhi.

 Yanez, disse Tremal-Naik, con voce affettuosa, noi non abbiamo ancora la certezza che la tua nave sia saltata.

 Questo rombo spaventevole non può essere stato prodotto che dallo scoppio della santabarbara, rispose il portoghese. Io che ne ho vedute saltare tante delle navi, non mi posso ingannare. Che la Marianna sia calata a fondo non me ne importa, avendo noi a Mompracem velieri in buon numero. Sono i miei uomini che rimpiango.

 Possono avere lasciata la nave prima che scoppiasse. Chissà, forse sono stati essi stessi a dar fuoco alle polveri onde non cadere nelle mani dei dayaki.

 Può essere vero, rispose Yanez, che aveva riacquistata la sua calma.

 Vi era qualcuno a bordo che sapesse dove si trova il mio kampong?

 Sì, il corriere che ti abbiamo mandato sei mesi fa.

 Quelluomo allora, se è sfuggito alla morte, potrebbe condurre qui i superstiti.

 E passare attraverso le file dei dayaki! Ecco unimpresa che sarà ben difficile per così pochi uomini. E poi, quandanche giungessero qui, la nostra situazione non migliorerebbe.

 È vero, rispose lindiano. Come potremo scendere il fiume senza la tua nave?

 Cercheremo dei canotti, padre, disse Darma.

 Per esporsi ad un fuoco incessante senza alcun riparo? Chi giungerebbe vivo alla foce del fiume?

 Guarda i dayaki, disse in quel momento Yanez.

Gli assedianti, che dovevano aver pure udito quello scoppio formidabile e anche quel vivo cannoneggiamento, avevano abbandonate le loro trincee mobili, ritirandosi verso le foreste che circondavano la pianura, come se avessero lintenzione di togliere il blocco.

 Se ne vanno, padre! esclamò Darma. Che abbiano compreso che era inutile ostinarsi contro questo kampong?

 Yanez, disse Tremal-Naik, che il pellegrino sia stato invece sconfitto e che abbia mandato qui qualche corriere per far ritirare gli assedianti?

 O che cerchino di trarci in qualche agguato? chiese invece il portoghese.

 In qual modo?

 Colla speranza che noi approfittiamo della loro ritirata per abbandonare il kampong e poi assalirci in piena foresta con tutte le loro forze. No, mio caro Tremal-Naik, non sarò così sciocco io, da abboccare allamo. Finchè non sapremo la sorte toccata alla mia Marianna, noi non lasceremo questa fattoria dove potremo difenderci lungamente, nel caso che il mio equipaggio sia stato distrutto. Mettiamo qui una sentinella e pel momento non preoccupiamoci delle manovre insidiose di quei furfanti.

 Signor Yanez, disse Darma. Venite a prendere un po di riposo, intanto, ed a far colazione.

Non udendo più alcun colpo di cannone, quantunque fossero tutti angosciati per la sorte che poteva essere toccata allequipaggio della Marianna, scesero nella sala pianterrena dove i servi del kampong avevano preparata unabbondante refezione allinglese, con carne fredda, burro e thè con biscotti.

Terminato il pasto e mandato il meticcio sulla torricella onde li avvertisse delle mosse degli assedianti, fecero una minuta ispezione alle cinte e alle opere di difesa, onde essere pronti a sostenere anche un lungo assedio.

Erano trascorse già tre ore dallo scoppio, quando udirono Tangusa gridare dallalto del minareto: Allarmi!

E subito dopo rimbombarono alcuni spari.

Yanez e Tremal-Naik si erano precipitati verso la piattaforma più alta della cinta, da cui potevano dominare buon tratto della pianura.

Vi erano appena giunti, quando videro un piccolo drappello duomini uscire dalla foresta a corsa sfrenata, sparando sui dayaki che accorrevano da tutte le parti come per tagliare loro il passo.

Due grida erano sfuggite alle labbra del portoghese e dellindiano:

 Le tigri di Mompracem! Sambigliong!

Poi lanciarono due grida tuonanti:

 Fuoco le spingarde!

 Alzate la saracinesca ai nostri amici!

I pirati che avevano scortato Yanez, vedendo i loro compagni alle prese cogli assedianti, si erano gettati sulle tre spingarde che difendevano la cinta dalla parte meridionale, scaricando quasi contemporaneamente.

I dayaki, udendo quegli spari e vedendo cadere parecchi compagni, avevano aperte le file rifugiandosi precipitosamente nella foresta.

Sambigliong e il suo drappello, trovando il passo libero, si erano slanciati verso il kampong a tutta corsa, non cessando di sparare.

La saracinesca era stata alzata e parte della guarnigione era mossa incontro a loro per sostenerli nel caso che i dayaki tornassero alla riscossa e anche per guidarli attraverso il boschetto spinoso.

I superstiti della Marianna non erano che una mezza dozzina. Erano neri di polvere, madidi di sudore, ansanti, colle vesti stracciate e insanguinate ed avevano la schiuma alle labbra per la lunga corsa che doveva essere durata non meno di tre ore. Il corriere, che conosceva la via, per fortuna era insieme a loro.

 La mia nave? gridò Yanez, correndo incontro a Sambigliong.

 Saltata, capitano, rispose il mastro con voce rantolante.

 Da chi?

 Da noi non potevamo più resistere erano centinaia e centinaia di selvaggi che ci piombavano addosso tutti i nostri compagni sono stati uccisi anche i feriti ho preferito dar fuoco alle polveri

 Sei un valoroso, gli disse Yanez, con voce profondamente commossa.

 Capitano vengono sono molti preparatevi alla resistenza.

 Ah! vengono! esclamò Yanez con voce terribile. Vendicheremo i nostri morti!

9. La prova del fuoco

Le orde dei dayaki sbucavano in quel momento dalle foreste a gruppi, a drappelli, senza ordine alcuno, lanciati tutti a corsa sfrenata.

Ululavano come belve feroci, agitando forsennatamente i loro pesanti kampilang dacciaio lucentissimo e sparando in aria qualche colpo di fucile.

Parevano furibondi e probabilmente lo erano per non aver potuto raggiungere e decapitare gli ultimi difensori della Marianna, che più riposati e forsanche più lesti, erano riusciti a rifugiarsi nella fattoria prima di lasciarsi prendere.

 Per Giove! esclamò Yanez che li osservava attentamente dallalto della cinta, sono in buon numero quei bricconi e quantunque la loro istruzione militare lasci molto a desiderare, ci daranno dei gravi grattacapi.

 Non sono meno di quattrocento, disse Tremal-Naik.

 Là! Hanno anche un parco dassedio, aggiunse il portoghese, vedendo uscire dalla boscaglia un grosso drappello che trascinava una dozzina di lilà ed un mirim. Canaglia dun pellegrino! Pare che se ne intenda di cose di guerra e che abbia dedicate tutte le sue cure alla sua artiglieria. Non marciano mica male, gli artiglieri! Manovrano come coscritti di tre mesi!

 E non tirano male, ve lo assicuro, capitano, disse Sambigliong. Battevano la Marianna per bene, prendendola dinfilata da prora a poppa.

 Che quel dannato pellegrino sia stato prima soldato? si chiese Yanez. Chi diavolo può essere quelluomo misterioso?

 Yanez, disse Tremal-Naik, guardandolo con una certa espressione, credi tu che noi potremo resistere a lungo?

 Come artiglieria siamo debolucci in confronto a loro, rispose il portoghese, ora che non abbiamo più i nostri due pezzi da caccia, ma prima che gli assedianti montino allassalto, ci vorrà del tempo e decimeremo per bene le loro colonne, se vorranno tentare di espugnare a viva forza la nostra fortezza. Basta che i viveri e le munizioni non ci vengano a mancare.

 Ti ho già detto che siamo ben forniti, specialmente dei primi. Tutte le tettoie ne sono piene.

 Allora terremo duro fino a che tornerà Kammamuri. Sapendoci in pericolo, Sandokan non indugerà a mandarci altri soccorsi. Quanto avrà impiegato a raggiungere la costa?

 Non meno duna settimana.

 Sicchè a questora dovrebbe essere a Mompracem.

 Lo spero, se i dayaki non lo hanno ucciso, rispose Tremal-Naik.

 Uhm! Assalire un uomo che è scortato da una tigre! Nessuno avrebbe osato attaccarlo. Quindi, a conti fatti, fra una quindicina di giorni potrebbe essere qui. Terremo duro fino allora e intanto cercheremo di divertire i dayaki facendoli ballare a colpi di mitraglia.

 E se Sandokan non ci mandasse soccorsi?

 In tal caso, mio caro amico, ce ne andremo, rispose Yanez, colla sua calma abituale.

 Con tutti questi assedianti?!

 Vedremo se fra quindici giorni saranno così numerosi. Non caricheremo già le spingarde con patate e le carabine con uova di passeri. Terminiamo la nostra ispezione, mio caro Tremal-Naik, e vediamo di fortificare i punti più deboli. Dobbiamo resistere e resisteremo.

Mentre riprendevano il loro giro, i dayaki si erano accampati intorno alla fattoria, tenendosi fuori di portata dai tiri delle spingarde, costruendo rapidamente, con rami e con foglie di banano, delle capannuccie per ripararsi dagli ardenti raggi del sole, mentre i loro artiglieri innalzavano senza indugio delle piccole trincee formate di terra e sassi e piazzavano i loro pezzi in modo da poter battere la fattoria tutta allintorno. Quei cannoni non potevano recare quindi danno alle massiccie tavole che formavano la cinta, essendo il tek un legno durissimo che offre una grande resistenza, tuttavia quando Yanez, terminata lispezione, salì sulla torricella con Tremal-Naik e Sambigliong, per dominare tutta la pianura, non potè frenare un gesto di stizza.

 Quel pellegrino deve essere stato un soldato, ripetè. I dayaki non avrebbero mai pensato innalzare delle trincee, nè a scavare dei fossati per ripararsi dai tiri degli avversari.

 Lo vedi? chiese in quel momento Tremal-Naik.

 Chi?

 Il pellegrino.

 Come! Osa mostrarsi?

 Guardalo là, in piedi su quel tronco dalbero che gli artiglieri hanno fatto rotolare dinanzi al mirim per rinforzare la trincea.

Yanez guardò attentamente nella direzione indicata, poi, tratto da una tasca un binoccolo di marina, lo puntò.

Sul tronco stava un uomo molto alto e molto secco, vestito tutto di bianco, con alamari doro, con scarpe rosse a punta rialzata come usano i ricchi bornesi di Bruni ed il capo difeso da un ampio turbante di seta verde che gli calava fino sugli occhi.

Pareva che avesse cinquanta o sessanta anni. La sua pelle era assai abbronzata, ma non così oscura nè opaca come quella dei malesi e dei dayaki e anche i suoi lineamenti, che Yanez distingueva benissimo, erano molto più fini e più perfetti di quelli delle due razze dominanti le grandi isole malesi.

 Parrebbe un arabo o un birmano, disse Yanez, dopo di averlo osservato a lungo. Un dayako no di certo e nemmeno un malese. Da dove sarà piombato costui?

 Non lo hai mai veduto? chiese Tremal-Naik.

 Frugo e rifrugo nella mia memoria e mi convinco sempre più di non aver mai avuto a che fare con quelluomo, rispose il portoghese.

 Eppure in qualche luogo dobbiamo averlo veduto. Il suo odio contro di me e anche contro di voi, avendo udito narrare che dopo di me si sarebbe anche occupato delle tigri di Mompracem, deve essere stato motivato da qualche cosa.

 Ah! Vorrebbe prendersela anche con Mompracem, disse Yanez, sorridendo. Si capisce che non conosce ancora quanto valgono i nostri Tigrotti.

 Si provi a rovesciare le sue orde sulle coste della nostra isola! Vedrà quanti dayaki torneranno alle loro natie foreste. Ah! La danza di guerra! Brutto indizio.

 Che cosa vuol dire, Yanez?

 Che i dayaki si preparano alla pugna. Si esaltano prima colla danza quando mettono mano ai kampilang. Sambigliong, va ad avvertire i nostri uomini di tenersi pronti e fa portare le spingarde ai quattro angoli della fattoria, onde possano battere tutti i punti dellorizzonte. Quando i dayaki si muoveranno, verremo noi a dirigere la difesa.

Un centinaio e mezzo di guerrieri, che tenevano in ambo le mani una sciabola, si erano staccati dal grosso su quattro colonne avanzandosi verso il kampong, per eseguire la danza di guerra.

Giunti a cinquecento passi dalla cinta, mandarono un urlo altissimo, un urlo di sfida, poi formarono quattro circoli, mettendosi a ballare disordinatamente.

Nel centro avevano deposto i loro kampilang, incrociando luno collaltro in modo da occupare un vasto spazio, poi alcuni avevano tratto dai panieri che portavano appesi al fianco, alcune teste umane che parevano recise di recente, collocandole fra i gruppi formati dalle sciabole.

Vedendo quelle teste, Yanez aveva fatto un gesto dira, a malapena represso.

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