Buttafuoco ed il conte li avevano subito imitati, cercando di rendersi invisibili. Attraverso la cupa e tenebrosa foresta si udí un frastuono di latrati acuti che si perdettero subito in lontananza.
Sono passati! disse il bucaniere al conte. Ora attenti alla cinquantina. Non deve essere molto lontana; ne sono sicuro.
Che si avanzi? chiese sottovoce il signor di Ventimiglia.
Segue sempre i cani. Ascoltate attentamente: udite?
Sí, un leggiero fruscio.
Sono gli spagnuoli che marciano attraverso il bosco.
Che ci scoprano?
Per Bacco! Non hanno già gli occhi dun giaguaro, rispose Buttafuoco. E poi il fogliame ci copre interamente.
E se fossero archibugieri?
Non ve ne sono fra le cinquantine, rispose Buttafuoco. Nessuno sparerà contro di noi un colpo di fucile, ve lassicuro io. Zitti tutti! Può essere lavanguardia della cinquantina che perlustra.
Il fruscio aumentava, mentre i latrati dei cani diventavano sempre piú fiochi. Probabilmente i terribili mastini avevano trovata una vecchia traccia e la seguivano colla loro abituale ostinazione.
Un momento dopo, cinque uomini armati di alabarde saprivano il passo attraverso i folti cespugli, fermandosi quasi sotto lenorme albero.
Carrai! esclamò uno. Dove sono scappati quei maledetti perros?
Saranno vicini ai fuggiaschi, Alonzo rispose un altro.
Possono strangolarli sul colpo! Erano tre, non è vero?
Almeno io non ne ho veduti altri, quando hanno ucciso il nostro Cid.
Che gambe avevano quegli uomini per percorrere una tale distanza? Scommetterei che erano bucanieri.
Tinganni, Diaz. Sono gli uomini usciti da San Domingo e che hanno ucciso quel povero Barrejo.
Caramba! Noi lo vendicheremo.
Taci! I cani ritornano.
Ed infatti i latrati che poco prima erano diventati fiochi si facevano udire ora piú distinti.
La terribile muta, accortasi di correre su una vecchia traccia, ritornava a corsa sfrenata, latrando rabbiosamente.
Passò un minuto, poi venticinque o trenta cani, enormi, col pelame ispido, le teste grosse e le mascelle assai sporgenti, somiglianti molto ai cani americani che vengono chiamati dai piantatori della Virginia e della Luisiana blood hound, balzarono addosso ai cinque soldati con tale impeto che per poco non li gettarono a terra.
Una corsa inutile, è vero, miei piccini? disse colui che chiamavano Diaz. Non vi scoraggiate. Quei bricconi non avevano le ali e quindi sapremo ritrovarli.
Tu sei un vero imbecille che non conosci i cani cubani.
Sarò anche un cretino, ma intanto sono ritornati con gli orecchi bassi e senza le prede.
Uno scoppio di risa salutò quella risposta.
Voi siete dei triplici cretini! gridò Diaz furioso. Da dove venite?
Dai presidios forse? O dalla via dellAlcalà di Madrid?
Caramba! urlò Alonzo. Siamo dinanzi al nemico e urlate piú forte dei nostri mastini! È cosí che voi preparate le imboscate? Vi denuncerò tutti al governatore di San Domingo e vi farò disarmare. Il sergente sono io!
Portategli dellaguardiente e non si ricorderà piú di avere dei galloni disse un altro soldato con voce ironica.
Se parli ancora ti uccido, miserabile!
Seguí un profondo silenzio, poi la voce del sergente si fece ancora udire:
Via, piccini! Quei birbanti non devono essere molto lontani.
I cani a quellordine si slanciarono in tutte le direzioni, cacciandosi in mezzo alle macchie.
Savanzavano e retrocedevano fiutando rumorosamente laria, poi tornavano ostinatamente verso il drappello, abbaiando sordamente.
Ci sentono disse Buttafuoco, accostando le labbra ad un orecchio del signor di Ventimiglia.
Che ci scoprano? chiese il conte.
Sarà un po difficile. Tuttavia teniamoci pronti ad annientare con una scarica lavanguardia delle cinquantine rispose il bucaniere. Il mio archibugio è pronto.
Ed anche il mio.
Non fate però fuoco se prima non vi do il comando.
Le ricerche dei cani durarono un buon quarto dora, poi essi ripresero la corsa, seguendo la traccia di prima. Non avendone trovate altre piú recenti, si ostinavano su quella vecchia lasciata forse da qualche negro fuggiasco.
Lavanguardia della cinquantina, dopo una breve discussione, prese il partito di seguirli, e scomparve ben presto attraverso la foresta.
Finalmente possiamo respirare liberamente! esclamò il guascone. Mi pareva di sentirmi i denti di quei cagnacci nelle gambe.
Avrebbero trovato ben poco da rosicchiare, signor soldato disse Mendoza ironicamente. E per questo forse se ne sono andati a cercare dei polpacci piú rotondi.
Malgrado la gravità della situazione tutti si erano messi a ridere, perfino Buttafuoco.
Che cosa facciamo dunque? chiese il conte. Scendiamo?
Sarebbe una grave imprudenza rispose il bucaniere. I cani possono ritornare, scoprire le nostre orme e darci la caccia. Avete fretta di giungere a San Josè?
Nessuna: la mia fregata non lascerà i paraggi del capo Tiburon, se io non mi farò vedere, ed il mio luogotenente è troppo furbo per lasciarsi sorprendere e battere dai galeoni spagnuoli.
Allora vi consiglio di passare la notte qui.
Cosí diventeremo dei volatili! disse Mendoza. Purché non giungano i cacciatori!
Vi ho detto che le cinquantine non hanno armi da fuoco disse il bucaniere. Dei cacciatori con le alabarde ne parleremo! Accettate, signor conte?
Giacché non si può far di meglio e la prudenza lo esige, passiamo la notte quassú rispose il signor di Ventimiglia. Ed il vostro arruolato non verrà scoperto? La capanna non è molto lontana.
Non si lascerà sorprendere, ve lo assicuro io. Ha dei buoni cani che lavvertiranno in tempo dellavvicinarsi delle cinquantine. Sono perfettamente tranquillo per lui. Ah, me lo ero immaginato! Che brutta faccenda se avessimo lasciato questo asilo Le vedete, signor conte?
Chi?
Le cinquantine: sbucano ora dal bosco e avanzano a catena. Gli spagnuoli vi considerano persone pericolosissime, perché vi fanno lonore di mandarvi dietro due colonne.
Potevano risparmiarsi questonore brontolò Mendoza. Io non lo desideravo affatto.
Il conte si era alzato sul ramo che gli stava sotto e guardava attentamente nella direzione che il bucaniere gli indicava.
Lalbero che serviva loro dasilo si trovava a poche decine di metri dal margine del bosco, sicché essendo la notte abbastanza chiara, i filibustieri potevano scorgere benissimo le persone che fossero avanzate nella vicina pianura terminante verso gli stagni e le paludi.
Emilio Salgari
IL FIGLIO DEL CORSARO ROSSO
PARTE PRIMA
CAPITOLO I. LA MARCHESA DI MONTELIMAR
Il signor conte de Miranda!
Quel nome, gridato forte da un servo gallonato con la pelle nera come il carbone, vestito di seta azzurra a larghi fiori gialli, aveva prodotto una profonda impressione fra i moltissimi invitati che ingombravano le sfarzose sale della marchesa di Montelimar, la bellissima signora, celebrata da tutti gli avventurieri e da tutti gli ufficiali di terra e di mare di San Domingo.
Le danze, animatissime fino a quel momento, erano state subito interrotte, perché cavalieri e dame si erano precipitati verso la porta del grande salone, come attratti da unirresistibile curiosità di vedere da vicino quel conte che si diceva avesse fatto girare molte teste nelle poche ore che si era mostrato per le vie di San Domingo.
Il portiere negro aveva appena sollevata la ricca tenda di damasco con lunghe frange doro, quando il personaggio annunziato comparve.
Era un bellissimo giovane di ventotto o trentanni, di statura alta, di forme elegantissime che palesavano il gran signore, con gli occhi nerissimi e ardenti, i baffi neri e la pelle bianchissima, cosa affatto insolita per un comandante di fregata, abituato a navigare sotto il sole bruciante del Golfo del Messico.
Quello strano ed interessante personaggio, chi sa per quale bizzarria, vestiva tutto di seta rossa.
Rossa era la casacca, rossi gli alamari, rossi i calzoni, rosso lampio feltro adorno duna lunga piuma e cosí pure i merletti, i guanti e perfino gli alti stivali; anche la guaina della spada era di cuoio rosso.
Il conte, vedendosi dinanzi tutte quelle persone che lo osservavano attentamente, corrugò un po la fronte, guardando arditamente gli uomini, come seccato di quella curiosità, poi si levò garbatamente il cappello, strisciando con un moto grazioso sul tappeto la lunghissima piuma e fece un leggero inchino, tenendo sempre la sinistra sulla guardia della spada.
La marchesa di Montelimar si era affrettata a farsi largo fra gli invitati e ad accostarsi premurosamente al conte.
Non a torto la chiamavano la bella vedova di S. Domingo! Era una splendida castigliana, giovane ancora, perché non doveva toccare le venticinque primavere, alta, slanciata, col corpo flessuoso, gli occhi sfolgoranti, tagliati a mandorla, la capigliatura nerissima e la pelle alabastrina; la vera tinta delle creole del Golfo messicano.
Quantunque vedova da pochi anni dun vecchio marchese, morto combattendo contro i filibustieri della Tortue, indossava un magnifico vestito di damasco di seta bianca, adorno sul dinanzi di piccoli smeraldi raccolti qua e là in gruppetti artistici, e intorno al niveo collo portava una doppia fila di perle di California, di un valore inestimabile. Si fermò dinanzi al conte, facendo un grazioso inchino, accompagnato da un delizioso sorriso, poi, stendendogli la destra, gli disse:
Sono lieta che voi, signor conte, abbiate accettato il mio invito.
Gli uomini di mare son ruvidi, marchesa; ma non rifiutano mai un invito, specialmente quando vien fatto da una signora bella come voi.
Quelle parole fecero corrugare piú di una fronte e sollevarono fra gli adoratori della marchesa qualche mormorio.
Il Conte de Miranda si voltò vivamente, con la sinistra appoggiata fieramente sullelsa della spada e la destra sul fianco, e disse con voce chiara:
Pare che a qualcuno non sia piaciuto quel che ho detto: si sappia che noi, figli delloceano, sappiamo guidare le navi, ma regalare anche una buona stoccata.
Vi siete ingannato, signor conte disse la marchesa. Qui tutti hanno molta stima per gli uomini che, sfidando tempeste e pericoli, ci difendono dai filibustieri della Tortue.
Nessuno aveva osato fiatare e le fronti si erano spianate. Solamente un capitano degli alabardieri di Granata, un pezzo duomo alto un palmo piú del giovane conte, era ancora molto corrucciato.
Signor conte, disse la marchesa di Montelimar volete offrirmi il vostro braccio? Sarò orgogliosa di appoggiarmi ad un forte uomo di mare.
Che metterà la sua spada e la sua vita sempre a vostra disposizione, marchesa rispose il bel giovane, guardando insolentemente gli invitati che manifestavano un po di malumore per la preferenza accordata dalla bella vedova a quel capitano sconosciuto a tutti.
Non chiedo tanto conte. Danzate?
Sí, marchesa; alla francese però, perché sono stato educato in Provenza.
Come mai? Non siete spagnuolo? I de Miranda, se non minganno, sono castigliani.
Puro sangue; ma mio padre aveva sposato una francese, e mi affidò ancora bambino ai parenti di mia madre.
Infatti mi accorgo che voi avete un accento diverso dal nostro.
Gli uomini di mare visitando tanti paesi, perdono laccento della madre lingua; poi ho soggiornato molto anche in Italia.
Ecco perché voi parlate cosí dolcemente. Ah, lItalia! Anchio lho visitata E venite ora?
Da Vera-Cruz, marchesa.
Dopo aver incontrato chi sa quante avventure!
No, marchesa: una tempesta ed un paio dabbordaggi con due navi filibustiere.
Che avrete affondato, immagino.
Rimorchiate, marchesa, dopo aver imprigionato i loro equipaggi.
Ed ora andavate?
Mi fermo qui per difendere San Domingo.
Siamo minacciati?
Si dice che i bucanieri, daccordo con i filibustieri, si preparino per un colpo di mano contro questa città, ma troveranno sul loro cammino i quaranta cannoni della mia Nuova Castiglia, e vi giuro, marchesa, che li farò
Il conte si interruppe bruscamente e si voltò di fianco.
Un capitano degli alabardieri, lo stesso che poco prima aveva borbottato piú degli altri, un belluomo sulla quarantina, alto come un granatiere, con due immensi baffi cadenti alla chinese, gli si era fermato a pochi passi come se cercasse di sorprendere le sue parole.
Alla fermata improvvisa del giovane capitano, aveva girato sollecitamente sui talloni, battendo impazientemente la sinistra sulla guardia della sua lunga spada e abbordando una signora che in quel momento attraversava la sala.
Chi è quel signore? chiese il conte alla marchesa, aggrottando la fronte.
Il conte di SantIago, capitano degli alabardieri del reggimento di Granata rispose la marchesa di Montelimar, sorridendo. Vi interessa?
Niente affatto, signora. Mi pareva che ci seguisse, per ascoltare ciò che noi dicevamo.
È un mio adoratore.
Ad una cosí bella signora non possono mancare.
Oh, conte! esclamò la marchesa, battendogli su una mano il suo ricco ventaglio dalle stecche doro.
Vi ama?
Alla follia. La settimana scorsa uccise un luogotenente di marina con un terribile colpo di spada, perché credeva che io avessi per quel disgraziato qualche preferenza.
Ah! Il capitano è geloso?
E un buon spadaccino, a quel che si dice aggiunse la marchesa.
Vorrei provare un po la sua abilità disse il conte con voce ironica.
Guardatevene, signor de Miranda!
E che, marchesa; mi credereste voi tal uomo da aver paura di quel capitano?
No, conte, ma mi rincrescerebbe
Che cosa?
Che vi toccasse qualche disgrazia rispose la marchesa, alla quale pareva che unimprovvisa commozione avesse alterato laccento.
Il giovane capitano si staccò dal suo braccio e la guardò con sorpresa:
A voi, che mi conoscete appena da cinque minuti, disse a voi spiacerebbe se mi succedesse qualche disgrazia?