Ecco quello che mi occorreva mormorò il conte. Rimanete qui e non state in pensiero. La mia assenza non sarà lunga.
Saggrappò con precauzione ai bitorzoli, per non ferirsi le mani, e cominciò a salire, mentre Mendoza e Martin si sdraiavano alla base del tronco, nascondendosi quasi interamente tra le alte erbe che vi crescevano intorno.
Bastarono pochi secondi al robusto e agilissimo gentiluomo per raggiungere il grosso ramo che rasentava una delle due finestre illuminate.
Guardò attraverso i vetri socchiusi.
La finestra prospettava su un elegante gabinetto dalle pareti coperte di arazzi di Granata e ammobiliato elegantemente, quantunque tutti i mobili fossero pesantissimi, come si usava in quellepoca.
Un lampadario dargento, con parecchie candele, lo illuminava vivamente.
Non vi era però alcuna persona; tuttavia la mandola non aveva cessato di suonare.
Una cosa colpí subito il giovane conte. Era la veste di seta guernita di smeraldi, che la marchesa aveva indossata durante la festa, e che era stata gettata su un piccolo divano moresco scintillante di ricami doro e dargento.
Stava per spiccare il salto, quando udí Mendoza chiedere:
Chi vive?
Una voce, che il conte riconobbe subito, rispose:
A voi lo domando: che cosa fate qui, bricconi?
A noi, bricconi! gridò Martin.
Il conte di SantIago! mormorò il figlio del Corsaro Rosso, stringendo i denti.
Non trovandosi che ad unaltezza di quattro metri, lagile giovane si lasciò cadere dalla pianta. Mendoza e Martin stavano già con le spade in pugno di fronte al capitano degli alabardieri, il quale aveva pure sguainata la sua lama.
To! esclamò il signor di SantIago con voce beffarda. Il Conte de Miranda che cade dallalto! Siete andato a far provvista di frutti di bombax? Vi avverto che non sono mangiabili e servono soltanto a fare un pessimo cotone.
E voi siete venuto qui a fare raccolta di fiori, non è vero? chiese il conte di Ventimiglia, rosso di collera.
Può anche darsi; ma almeno io li raccolgo in terra, mentre voi cercate i frutti presso le finestre, senza pensare che se vi scivola un piede potreste rimanere zoppo tutta la vita; un vero peccato per un cosí bel giovane!
Mi pare che voi scherziate disse il conte di Ventimiglia.
E se cosí fosse? chiese il capitano.
Penso che questo non sarebbe il posto. Lassú le finestre sono illuminate e mi spiacerebbe che ci vedessero.
La marchesa di Montelimar? chiese il capitano ironicamente. Se quella signora può impressionarvi, possiamo cercare altrove un posto dove nessuno venga a disturbarci. Oh, lo conosco questo giardino e so anche dove si trova un bellissimo prato che sembra stato preparato appositamente per incrociare due spade!
È una sfida che voi mi lanciate?
Prendetela come volete; a me importa poco.
Dovè quel prato? chiese il conte di Ventimiglia con ira
Fretta di morire?
Sono ancora vivo, signor di SantIago; e se la vostra mano è lesta, la mia lo è altrettanto.
Cosí laccordo sarà perfetto rispose il capitano sempre ironico. Vi avverto però che io la scorsa settimana spacciai un rivale che mi dava noia.
Me lo avete già detto, e ciò non produce su di me alcun effetto. Ho battuto piú dun capitano, ed erano spagnuoli come voi!
Che cosa avete detto? chiese il conte.
Il figlio del Corsaro Rosso si morse le labbra, irato di essersi lasciato sfuggire quelle parole.
Signor conte, disse il capitano volete seguirmi fino a quel prato? Là potremo discorrere tranquillamente e anche divertirci.
Eccomi! disse il figlio del Corsaro Rosso.
E quegli uomini? chiese il signor di SantIago, indicando Mendoza e Martin. Non daranno qualche impiccio, se non a voi, almeno a me?
Qualunque cosa debba succedere, questi miei marinai non daranno fastidio a nessuno; vi do la mia parola donore.
Mi basta: venite, signori. Forse serviranno a qualche cosa aggiunse poi col suo solito accento beffardo.
Il capitano si cacciò sotto un boschetto di palme, lo attraversò sempre seguito dal Corsaro e dai due marinai, e sbucò in una piccola prateria coperta da unerba piuttosto folta e circondata da ogni parte da splendidi palmizi.
Ecco un bel posto per parlare liberamente disse volgendosi verso il conte di Ventimiglia.
E anche per uccidersi senza che nessuno intervenga, non è vero, capitano? chiese il figlio del Corsaro Rosso.
Il conte di Ventimiglia incrociò le braccia e, guardando il conte di SantIago il quale si era esposto ai raggi della luna che allora sorgeva, gli chiese con voce secca:
Che cosa volete ora? Ditemelo subito, perché ho molta fretta.
Carrai! Correte molto presto incontro alla morte, voi!
Caramba! Pare che voi vi siate dimenticato duna cosa, signor capitano!
Volete dire?
Che il quattordici ha vinto il tredici.
Credete di spaventarmi?
Niente affatto: mi hanno detto che siete coraggioso.
Tagliamo corto, conte.
Che cosa desiderate?
Darvi un buon colpo di spada rispose il capitano, con voce rauca.
Quando un rivale mi attraversa la via o mi dà ombra, io lo mando a riposare nel cimitero di San Domingo.
Siete terribile!
Lo proverete fra poco, se non scapperete.
Che cosa dite, capitano? Io fuggire dinanzi alla vostra spada? Sono un gentiluomo ed un uomo di guerra, mio caro spaccamonti!
Rajo de Sol! Mi avete insultato! urlò il conte di SantIago.
Pare anche a me.
Vi ucciderò al primo attacco!
O al ventesimo?
Vi burlate di me?
Cosí pare rispose il figlio del Corsaro Rosso, snudando la spada e mettendosi rapidamente in guardia.
Lampi e folgori!
Folgori e cannonate!
È troppo, conte de Miranda.
E la luna è splendida! Ci batteremo magnificamente senza aver bisogno né di torce, né di fanali. Signor capitano degli alabardieri di Granata, vi aspetto.
Il conte di SantIago aveva a sua volta snudato la lunga spada; ma tutto ad un tratto ruppe la guardia, dicendo:
Vi siete fatto annunciare col titolo di conte de Miranda: lo siete davvero?
Sono un gentiluomo e vi basti questo.
Spagnuolo?
Che io sia o non sia spagnuolo, non vi deve interessare. Daltronde se vorrete sapere il mio nome, lo troverete inciso sulla lama della mia spada Ed ora basta, capitano: ho fretta.
Entrambi si rimisero in guardia, mentre Mendoza e Martin si erano un po scostati, per lasciare ai due rivali la maggiore libertà possibile. Il conte di Ventimiglia volgeva le spalle alla luna che si mostrava maestosa al di sopra delle alte palme del giardino: il capitano invece era interamente illuminato.
Si guardarono lun laltro, fissandosi intensamente con ira: poi il capitano, che pareva il piú impaziente, malgrado letà, fece tre o quattro finte per vedere se lavversario si smascherava o se tradiva il suo giuoco.
Il giovane capitano della Nuova Castiglia non si mosse. Stava saldo come una rupe, con la spada in linea, lo sguardo attento.
Carrai! esclamò lalabardiere. Vi giudico già di una buona lama, ma vedremo in seguito se parerete queste botte che sembrano finte.
Il signor di Ventimiglia non rispose. Non doveva essere certamente alle sue prime armi, a giudicare dalla sua calma.
Sfonderò quel muro dacciaio e di carne disse il capitano, il quale perdeva la sua calma. Ecco una buona stoccata! Paratela!
Era partito a fondo con velocità fulminea, ma il conte con una parata di seconda, altrettanto rapida, aveva scartato la lama del capitano.
Carrai! Che braccio solido, signor de Miranda. Non mi aspettavo una simile resistenza. Il giuoco però è appena cominciato e la luna non tramonterà prima dellalba.
Anche questa volta il figlio del Corsaro Rosso non rispose.
Guardava intensamente la punta della spada del capitano che lastro notturno faceva scintillare sinistramente.
Non siete cortese, conte disse il signor di SantIago, rimettendosi in guardia. Sapete che oggi usa battersi, scambiandosi frasi gentili?
Un colpo di spada, che per poco non lo sorprese, fu la risposta del signor di Ventimiglia, colpo appena parato di terza, con solo un secondo di vantaggio.
Diavolo! brontolò il capitano. Qui non ci vogliono chiacchiere!
Fece un passo indietro, tastando prima il terreno col piede sinistro per non scivolare, poi prese una guardia di seconda, dicendo:
Vi aspetto, conte!
Il figlio del Corsaro Rosso, messo un po in sospetto da quella mossa, si guardò bene dallattaccare e rimase fermo, con la spada in linea, sempre minacciando il petto del capitano con un colpo darresto.
Non assalite dunque, signor conte de Miranda?
Non ho mai fretta, capitano.
Vaspetto da un mezzo minuto.
Potete aspettarmi anche mezzo secolo, se cosí vi piace.
Ah, per le corna del diavolo!
Per la terza volta il conte di Ventimiglia stette zitto. Ratto come un lampo si era allungato tutto, facendo due salti innanzi ed era piombato sullavversario, portandogli un colpo in mezzo al petto. Fu un grande miracolo se anche quella stoccata venne parata dallo schermitore spagnuolo; nondimeno la casacca di seta rimase tagliata per un bel tratto.
Caramba! Vi slanciate, signor conte, e cercate anche di sorprendermi, mentre io vi dico delle galanterie. Due centimetri piú innanzi, e mi toccavate. Unaltra volta ricordatevi che bisogna allungarsi
Un grido gli spezzò la frase. La spada del signor di Ventimiglia era nuovamente scattata e la lama era entrata piú di mezza nel petto del capitano. Egli rimase un momento in piedi, trattenendo la lama del conte con la mano sinistra; poi si rovesciò pesantemente a terra, spezzandola. Cinque pollici di acciaio della spada spezzata rimasero conficcati nel suo stomaco, allaltezza della quarta costola di sinistra.
Morto? chiesero ad una voce Mendoza e Martin facendosi innanzi.
Il conte gettò a terra il troncone della spada e si curvò sul capitano che si contorceva fra gli spasimi dunatroce agonia.
Forse non siete ferito gravemente, signor di SantIago gli disse. Possiamo ancora salvarvi.
Credo daver avuto il mio conto rispose il capitano. Per bacco! Avete la mano piú lesta della mia! Morirò presto e ciò mi rincresce per una sola cosa.
Quale?
Per non aver avuto il tempo di mandarvi a bordo le mille e cento piastre che mi avete vinto.
Non ve ne date pensiero; ditemi invece che cosa possiamo fare per voi.
Chiamate i servi della marchesa di Montelimar. Almeno morrò sotto il tetto della donna che amo e per la quale muoio.
Lasciate che cerchi di togliervi prima il pezzo di lama che vi è rimasta nel petto.
Mi uccidereste piú presto. No no i servi mandate correte.
Mendoza! Martin! chiamate gente al palazzo!
I due marinai partirono di corsa; mentre il signor di Ventimiglia, piú commosso di quel che volesse sembrare, teneva alzata la testa del capitano, affinché il sangue non lo soffocasse. Era appena trascorso un minuto, quando si videro dei lumi e degli uomini avanzare attraverso i viali.
Signor conte, disse il figlio del Corsaro Rosso sono obbligato a lasciarvi. Non voglio che si sappia che sono stato io a ferirvi.
Vi ringrazio rispose il capitano con voce fioca. Se guarirò, spero che mi accorderete la rivincita.
Quando vorrete.
Si alzò e si allontanò rapidamente, avviandosi verso la cancellata.
Mendoza e Martin, dopo aver avvertiti i servi della marchesa, si erano a loro volta allontanati, scavalcando i ripari. Quando i valletti giunsero sul prato, il capitano era svenuto, ma teneva le mani serrate strettamente sul pezzo di lama.
Il capitano degli alabardieri di Granata! esclamò il maggiordomo della marchesa, il quale guidava i servi. È un amico della padrona! Presto, portiamolo al palazzo!
Quattro servi sollevarono con precauzione il ferito e lo trasportarono in una stanza a pianterreno, adagiandolo su di un letto, mentre un quinto correva a cercare il medico di famiglia. La bella marchesa di Montelimar, avvolta in una vestaglia di seta azzurra, era subito scesa, e chiedeva al maggiordomo con voce angosciata:
Mio Dio, che cosa è successo, Pedro?
Hanno ferito gravemente
Il conte de Miranda? gridò la marchesa impallidendo.
No, Signora, il conte di SantIago.
Il capitano degli alabardieri?
Precisamente
Con qualche pistolettata?
Con un terribile colpo di spada; ha ancora mezza lama conficcata nel petto.
Un duello?
Cosí pare.
Ed il feritore?
Scomparso, signora.
E dove si sono battuti?
Nel vostro giardino.
Quelluomo cercava sempre di uccidere ed ha avuto il suo conto. Chi può aver vinto la migliore lama del reggimento di Granata? Chi? Non è morto, è vero?
Solamente svenuto, ma io credo che non se la caverà.
Lascia che lo veda.
Il maggiordomo si trasse da una parte, ed essa entrò nella stanza dove si trovavano alcuni servi affaccendati a bagnare le labbra e le narici del ferito con aceto, per cercare di farlo rinvenire.
Il capitano giaceva sul letto con le braccia aperte, il volto cadaverico, la fronte ancora corrugata. Un sibilo, piuttosto che un respiro, gli usciva dalla bocca semiaperta.
Aveva sempre il pezzo di lama piantato in mezzo al petto, presso il cuore, non avendo nessuno osato levarlo, per timore di provocare una violentissima emorragia.
Il giubbetto di seta a righe azzurre e rosse, con grandi alamari dargento, era squarciato per una lunghezza di parecchi pollici, ma nessuna goccia di sangue aveva macchiato la camicia.
La lama serviva da tampone.
Disgraziato! mormorò la marchesa con voce commossa. Lo spadaccino che lo ha cosí terribilmente ferito non può essere di San Domingo, poiché tutti avevano pura della spada di questuomo È stato avvertito il medico, Pedro?
Sí, signora marchesa rispose il maggiordomo. Non tarderà a giungere.
Se non viene subito, questo povero conte muore.
Eccolo: odo della gente entrare.
La porta si era aperta ed un vecchio, vestito interamente di seta nera, seguito da un giovane che portava una cassetta, erano comparsi. Erano il medico e il suo aiutante.
Signor Escobedo disse la marchesa, andando incontro al vecchio Vi raccomando quel signore: è il conte di SantIago. Fate il possibile per strapparlo alla morte.
Oh! È il terribile spadaccino, marchesa? chiese il medico. Quando si tratta di colpi di lama, laffare è sempre serio. Vediamo.
Saccostò al letto, mentre il suo aiutante apriva la cassetta contenente parecchi ferri chirurgici, e diede un lungo sguardo al ferito, il quale non aveva ancora ripreso i sensi.
Ferita grave, è vero, signor Escobedo? chiese la marchesa.
Una stoccata terribile, marchesa rispose il medico, facendo una smorfia e tentennando il capo. Il suo avversario doveva avere un pugno ben solido.