La regina dei Caraibi - Emilio Salgari 3 стр.


Il duca di Wan Guld, vostro signore, tagliato fuori dal grosso delle truppe franco-savoiarde, si era trincerato in una rocca situata presso una delle bocche della Schelda. Noi eravamo con lui guardiani fedeli della gloriosa bandiera delleroico duca Amedeo II. Tremila spagnuoli, con poderose artiglierie, avevano stretta la rocca dassedio, decisi ad espugnarla. Assalti disperati, mine, bombardamenti, scalate notturne, tutto avevano tentato, e sempre invano. Lo stendardo di Savoia non era stato mai ammainato. I signori di Roccabruna difendevano la fortezza e si sarebbero fatti uccidere sui loro pezzi, anzichè cederla.

Una notte, un traditore, comperato dalloro spagnuolo, apre la postierla al nemico. Il primogenito dei signori di Roccabruna si slancia per contrastare il passo agli invasori e cade, assassinato da un colpo di pistola sparatogli a tradimento. Sapete come si chiama luomo che aveva tradito le sue truppe e ucciso vilmente mio fratello? Era il duca di Wan Guld, il vostro signore!

«Cavaliere!» esclamò il vecchio.

«Tacete ed ascoltatemi,» proseguì il Corsaro con voce funebre. «Al traditore fu data, in compenso della sua infamia, una colonia del Golfo del Messico, quella di Venezuela, ma si era dimenticato che sopravvivevano ancora tre altri cavalieri di Roccabruna e che questi avevano solennemente giurato, sulla croce di Dio, di vendicare il fratello ed il tradimento.

Equipaggiati tre vascelli, erano salpati pel grande golfo: uno si chiamava il Corsaro Verde, laltro il Rosso, il terzo il Nero.

«Conosco la storia dei tre corsari,» disse il signor de Ribeira. «Il Rosso ed il Verde, caduti nelle mani del mio signore, vennero impiccati come volgari malfattori»

«Ed ebbero da me onorevole sepoltura, negli abissi del mare dei Caraibi,» disse il Corsaro Nero. «Ora ditemi: quale pena meriterebbe quelluomo che ha tradito la sua bandiera e che mi ha ucciso tre fratelli? Parlate!»

«Voi gli avete uccisa la figlia, cavaliere.»

«Tacete, per Iddio!» gridò il Corsaro. «Non risvegliate il dolore che mi morde ancora il cuore. Orsù, basta: dove si trova quelluomo?»

«Al sicuro dai vostri attacchi.»

«Lo vedremo: ditemi il luogo.»

Il vecchio esitò. Il Corsaro aveva alzata la spada. Un lampo terribile si sprigionava dai suoi occhi. Un ritardo di alcuni secondi e la punta scintillante dellarma scompariva forse nel petto dellintendente.

«A Vera-Cruz,» disse il vecchio, che si vedeva ormai perduto.

«Ah!» gridò il Corsaro.

Si era alzato di scatto per dirigersi verso la porta, quando vide irrompere nella stanza Carmaux.

Il filibustiere aveva il volto molto oscuro ed i suoi sguardi tradivano una viva inquietudine.

«Partiamo, Carmaux,» gli disse il Corsaro. «So quanto desideravo sapere.»

«Un momento, capitano.»

«Che vuoi?»

«La casa è circondata.

«Chi ci ha traditi?» chiese il Corsaro guardando minacciosamente don Pablo.

«Chi? Quel gobbo maledetto che lasciammo in libertà,» disse Carmaux. «Abbiamo commessa unimprudenza che forse pagheremo cara, capitano.»

«Sei certo che la via sia occupata dagli spagnuoli?»

«Ho veduto io, con questi occhi, due uomini nascondersi nel portone che sta di fronte a questa casa.»

«Bella forza contro di noi!» disse il Corsaro con disprezzo.

«Ve ne possono essere altri in agguato nelle viuzze vicine, signore,» disse Carmaux.

Il Corsaro stette un momento pensieroso poi volgendosi verso don Pablo, gli disse:

«Non vè in questa casa qualche uscita segreta?»

«Sì, signor cavaliere,» disse il vecchio, mentre un lampo gli balenava negli sguardi.

«Voi ci farete fuggire.»

«Ad una condizione però.»

«Quale?»

«Di abbandonare i vostri progetti di vendetta contro il mio signore.»

«Volete scherzare, signor de Ribeira?» chiese il Corsaro con tono beffardo.

«No, cavaliere.»

«Il signor di Roccabruna non accetterà mai tali condizioni.»

«Vi sono centocinquanta soldati in Puerto Limon.»

«Non mi fanno paura. Io ho a bordo del mio legno centoventi lupi di mare capaci di affrontare un reggimento intero.»

«La vostra Folgore non è ancorata dinanzi a questa casa, cavaliere.»

«La raggiungeremo egualmente, signor mio.»

«Voi non conoscete il passaggio segreto.»

«Lo sapete bene voi.»

«Non ve lo indicherò se prima non mi avrete giurato di lasciare in pace il duca di Wan Guld.»

«Ebbene, vediamo, disse il Corsaro con voce stridula.

Armò rapidamente una pistola e puntandola sul vecchio, gridò:

«O tu ci guidi al passaggio segreto od io ti uccido: scegli!»

CAPITOLO III. IL TRADIMENTO DELLINTENDENTE

Don Pablo de Ribeira, dinanzi a quella minaccia, era diventato pallidissimo. Istintivamente la sua destra era corsa allimpugnatura della spada, essendo stato in altri tempi un valorosissimo uomo di guerra, ma vedendo Carmaux avanzarsi pure, credette inutile opporre qualsiasi resistenza.

Daltro canto era certo di lasciare la vita, anche se avesse avuto di fronte il Corsaro solo, non ignorando con quale formidabile spadaccino avrebbe avuto da fare.

«Cavaliere,» disse, «sono nelle vostre mani.»

«Mi condurrete al passaggio segreto?»

«Cedo alla violenza.»

«Precedeteci.»

Il vecchio prese un doppiere che stava su di un cassettone, lo accese, poi fece cenno al Corsaro di seguirlo.

Carmaux aveva già chiamati i suoi due compagni.

«Dove si va?» chiese Wan Stiller.

«Pare che si fugga,» rispose Carmaux.

Intanto don Pablo era uscito dalla stanza e si era inoltrato in un lungo corridoio sulle cui pareti si vedevano dei grandi quadri rappresentanti degli episodi della sanguinosa campagna di Fiandra e dei ritratti che dovevano forse raffigurare degli antenati del duca Wan Guld.

Il Corsaro lo aveva seguito tenendo la spada sguainata e la sinistra appoggiata al calcio duna delle sue due pistole. Diffidava già del vecchio.

Giunti allestremità della galleria, don Pablo si arrestò dinanzi ad un quadro più grande degli altri, poi appoggiò un dito sulla cornice, e per qualche istante, lo fece scorrere lungo una scanalatura.

Ad un tratto il quadro si staccò, abbassandosi fino al suolo, lasciando vedere unapertura tenebrosa, capace di lasciar passare due persone insieme. Un buffo di vento umido uscì, facendo vacillare le candele del doppiere.

«Ecco il passaggio,» disse il vecchio.

«Dove conduce?» chiese il Corsaro con tono diffidente.

«Gira intorno alla casa e finisce in un giardino.»

«Lontano?»

«Cinque o seicento passi.»

«Passate.»

Il vecchio esitò.

«Perchè devo seguirvi ancora?» chiese. «Non vi basta che vi abbia condotti fino qui?»

«Chi ci assicura che voi ci avete messi sulla buona via?»

Il vecchio corrugò la fronte, guardando sospettosamente il Corsaro, poi si cacciò nel tenebroso passaggio. I quattro filibustieri lo seguirono in silenzio, senza abbandonare le loro armi. Una scala che scendeva tortuosamente, si trovava al di là del passaggio. Era strettissima e pareva che fosse stata costruita nello spessore duna muraglia.

Il vecchio scese lentamente, tenendo una mano sulle candele, onde il vento che saliva non le spegnesse, poi sarrestò dinanzi ad una galleria sotterranea.

«Siamo a livello della strada,» disse. «Non avete da fare altro che camminare sempre dritti.»

«Sarà vero quello che voi dite, ma noi non vi lasceremo. Siete pregato di andare innanzi,» disse il Corsaro.

«Il vecchio trama qualche cosa,» mormorò Carmaux. «È già la terza volta che cerca di piantarci.»

«Sarà vero quello che voi dite, ma noi non vi lasceremo. Siete pregato di andare innanzi,» disse il Corsaro.

«Il vecchio trama qualche cosa,» mormorò Carmaux. «È già la terza volta che cerca di piantarci.»

Il signor de Ribeira, quantunque di malavoglia, si era inoltrato in un sotterraneo basso e stretto.

Lumidità era copiosissima. Dalle vôlte cadevano dei goccioloni e le pareti erano tutte bagnate. Si sarebbe detto che sopra scorreva qualche torrente o qualche fiumicello; buffi daria giungevano dalloscurità, minacciando ad ogni istante di spegnere le candele.

Don Pablo si avanzò per circa cinquanta passi, poi sarrestò bruscamente, mandando un grido. Quasi nellistesso momento le candele si spensero e loscurità piombò nella galleria.

«Il Corsaro si era slanciato per impedire a don Pablo di allontanarsi. Con suo grande stupore non trovò nessuno dinanzi a sè.

«Dove siete?» gridò. «Rispondete o faccio fuoco!»

Un colpo sordo che pareva fosse stato prodotto da una porta massiccia che si chiudeva, rimbombò a pochi passi.

«Tradimento!» gridò Carmaux.

Il Corsaro aveva puntata una pistola. Un lampo ruppe le tenebre, seguito da uno sparo.

«Il vecchio è scomparso!» gridò il signor di Ventimiglia. «Questo tradimento dovevo aspettarmelo.»

Alla luce della polvere accesa, aveva veduto a pochi passi una porta la quale sbarrava la galleria. Lintendente del duca, approfittando delloscurità, doveva averla chiusa dopo averla varcata.

«Accendete un lume, una miccia, un pezzo desca, qualche cosa insomma.» disse il Corsaro.

«Ho trovato una candela, padrone,» disse il negro. «Deve essere caduta dal doppiere.»

Wan Stiller estrasse lacciarino ed un pezzo desca ed accese la candela.

«Vediamo» disse il Corsaro.

Saccostò alla porta e la esaminò attentamente. Savvide subito che da quella parte non vera alcuna speranza duscita. Era massiccia, coperta da grosse lastre di bronzo, una vera porta corazzata. Per sfondarla ci sarebbe voluto un pezzo dartiglieria.

«Il vecchio ci ha rinchiusi nel sotterraneo, disse Carmaux. Nemmeno la scure di compare sacco di carbone potrebbe sfondarla.

«La ritirata non cè forse ancora stata tagliata, disse il Corsaro. Affrettiamoci a ritornare nella casa del traditore.

Rifecero la via percorsa, salirono la scala a chiocciola e giunsero alluscita del passaggio segreto. Colà però li attendeva una brutta sorpresa.

Il quadro era stato ricollocato a posto ed avendolo il Corsaro percosso colla lama della spada, aveva dato un suono metallico.

«Una parete di ferro anche qui!» mormorò egli. «La faccenda comincia a diventare inquietante.»

Stava per volgersi verso Moko onde dargli il comando di assalire il quadro a colpi di scure, quando udì delle voci.

Alcune persone parlavano dietro il quadro.

«I soldati?» chiese Carmaux. «Per le corna di Belzebù!»

«Taci,» disse il Corsaro.

Due voci si udivano: una pareva duna giovane donna, laltra quella dun uomo.

«Chi sono costoro?» si chiese il Corsaro.

Accostò un orecchio alla parete metallica e si pose in ascolto.

«Ti dico che il padrone ha rinchiuso qui dentro il gentiluomo,» diceva una voce di donna.

«È un gentiluomo terribile, Yara,» rispose la voce delluomo. «Esso si chiama il Corsaro Nero.»

«Non lo lasceremo perire.»

«Se noi aprissimo, il padrone sarebbe capace ducciderci.»

«Non sai che i soldati sono giunti?»

«So che occupano le viuzze vicine.»

«Lasceremo noi assassinare quel bel gentiluomo?»

«Vi ho detto che è un filibustiere della Tortue.»

«Io non voglio che muoia, Colima.»

«Quale capriccio!»

«Yara così vuole.»

«Pensate al padrone.»

«Io non lho mai temuto. Obbedisci, Colima.»

«Chi sono costoro?» si chiese il Corsaro che non aveva perduta una sillaba di quella conversazione. «Pare che vi sia qualcuno che sinteressa di me e»

Non proseguì. La molla esterna era scattata con un stridìo prolungato e la piastra metallica che corazzava il quadro era discesa, lasciando libero il passaggio.

Il Corsaro si era spinto innanzi colla spada tesa, pronto a ferire, ma subito si trattenne facendo un gesto di stupore.

Dinanzi a lui stava una bellissima fanciulla indiana, ed un giovane negro il quale reggeva un pesante candeliere dargento.

Quella giovanetta poteva avere sedici anni e come si disse era bellissima, quantunque la sua pelle avesse una tinta leggermente ramigna.

La sua corporatura era elegantissima, con una vitina così stretta che due mani sarebbero bastate a stringerla. Aveva due occhi splendidi e neri come carbonchi, ombreggiati da due ciglia foltissime e lunghe; il nasino diritto, quasi greco, le labbra piccine, vermiglie, che mostravano dei denti più brillanti delle perle; dei capelli lunghissimi, neri come le ali dei corvi, gli scendevano, in pittoresco disordine, sulle spalle, formando come un mantello di velluto.

Anche il costume che indossava era graziosissimo. La sua gonnellina di stoffa rossa era ricamata con pagliuzze dargento e adorna di piccole perle; la sua camicia, assai attillata ed abbellita da pizzi, era pure cosparsa di pagliuzze doro e alla cintura aveva una grande sciarpa a smaglianti colori, terminante in una quantità di fiocchetti di seta. I suoi piedi, piccoli forse come quelli delle cinesi, sparivano entro delle graziose babbucce di pelle gialla pure ricamate in oro, e agli orecchi portava due grandi anelli di metallo ed al collo numerosi monili di grande valore.

Il suo compagno invece, un negro di diciotto o ventanni, aveva le labbra molto tumide, gli occhi grandissimi che parevano di porcellana e una capigliatura assai cresputa.

Con una mano reggeva il candeliere, collaltra invece impugnava una specie di coltellaccio ricurvo, arma usata dai piantatori.

Vedendo il Corsaro in quellattitudine minacciosa, la giovane indiana aveva fatto due passi indietro, mandando un grido di sorpresa ed insieme di gioia.

«Il bel gentiluomo!» aveva esclamato.

«Chi siete voi?» chiese il Corsaro balzando a terra.

«Yara,» rispose la giovane indiana con un tono di voce argentino.

«Non ne so più di prima; daltronde non mi preme avere maggiori spiegazioni. Ditemi invece se la casa è assediata.»

«Sì, signore.»

«E don Pablo de Ribeira, dovè?»

«Non labbiamo più veduto.»

Il Corsaro si volse verso i suoi uomini, dicendo:

«Non abbiamo un istante da perdere. Forse siamo ancora in tempo.

Senza nemmeno occuparsi del negro e dellindiana aveva infilato il corridoio per giungere alla scala, quando si sentì prendere dolcemente per la falda dellabito.

Si volse e vide lindiana. Il bel volto della giovane tradiva unangoscia così profonda, che ne fu stupito.

«Che cosa desideri?» le chiese.

«Non voglio che vi uccidano, signore,» rispose Yara con voce tremante.

«Cosa importa a te?» chiese il Corsaro, con accento meno duro.»

«Gli uomini che sono in agguato nelle vie vicine, non vi risparmierebbero.»

«E nemmeno noi risparmieremo loro.»

«Sono molti, mio signore.»

«Pure bisogna che esca da qui. La mia nave maspetta alla bocca del porto.»

«Invece di andare incontro a quei soldati, fuggite.»

«Sarei ben lieto di poter andarmene senza impegnare battaglia, ma vedo che non vi è che questa scala. Il sotterraneo è stato chiuso da don Pablo.»

«Vi è un solaio; potete nascondervi.»

«Io, il Corsaro Nero! Oh! Mai, mia fanciulla. Tuttavia grazie del tuo consiglio; ti sarò sempre riconoscente. Ti chiami?»

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