«Yara, vi ho detto.»
«Non scorderò questo nome.»
Le fece un gesto daddio e scese le scale preceduto da Moko e seguito da Carmaux e da Wan Stiller.
Giunti nel corridoio, si arrestarono un momento per armare i moschetti e le pistole, poi Moko aprì risolutamente la porta.
«Che Dio vi protegga, mio signore!» gridò Yara che si era fermata sul pianerottolo.
«Grazie, buona fanciulla,» rispose il Corsaro, slanciandosi nella via.
«Adagio, capitano,» disse Carmaux, arrestandolo. «Vedo delle ombre presso langolo di quella casa.»
Il Corsaro si era fermato. Loscurità era tale da non potersi distinguere una persona alla distanza di trenta passi e per di più pioveva a dirotto. I lampi erano cessati, non così il ventaccio, il quale continuava a ululare entro le strette viuzze e sugli abbaini. Tuttavia il Corsaro aveva scorte le ombre indicate da Carmaux. Era impossibile sapere quante fossero, poche però non dovevano essere.
«Ci aspettavo,» mormorò il Corsaro. «Il gobbo non ha perduto il suo tempo. Uomini del mare! Noi daremo battaglia!»
Si era gettato il grande mantello sul braccio sinistro e colla destra impugnava la spada, unarma terribile in mano sua. Non volendo tuttavia affrontare subito il nemico, ignorando ancora con quante persone doveva misurarsi, invece di muovere verso quelle ombre che stavano in agguato, si tenne contro il muro.
Aveva percorso dieci passi, quando si vide piombare addosso due uomini armati di spada e pistola. Si erano tenuti nascosti sotto un portone e vedendo apparire il formidabile Corsaro, si erano scagliati decisamente contro di lui, colla speranza forse di sorprenderlo.
Il cavaliere non era però uomo da lasciarsi cogliere allimprovviso. Con un balzo da tigre evitò le due stoccate, poi a sua volta caricò facendo fischiare la sua lama.
«A voi, prendete! gridò.
Con un colpo ben aggiustato mandò uno dei due assalitori a terra, poi saltando via il ferito, si precipitò addosso al secondo. Questi, vedendosi solo, volse le spalle e fuggì a rompicollo.
Mentre il Corsaro si sbarazzava di quei due, Carmaux, Wan Stiller e Moko si erano scagliati contro un gruppo di persone, che era sbucato da una viuzza vicina.
«Lasciateli andare! gridò il Corsaro.
Era troppo tardi per trattenere lo slancio dei filibustieri. Resi furiosi dallimminenza del pericolo, erano piombati addosso ai nemici con tale impeto, da sgominarli con pochi colpi di spada.
Invece di fermarsi, si erano slanciati dietro ai fuggiaschi urlando a squarciagola:
«Ammazza! Ammazza!
In quel momento un drappello sbucava da unaltra viuzza. Era composto di cinque uomini, tre armati di spada e due di moschetto.
Vedendo il Corsaro Nero solo, mandarono un urlo di gioia e gli si avventarono contro, gridando: «Arrenditi o sei morto!»
Il signor di Ventimiglia si guardò intorno e non potè trattenere una sorda imprecazione.
Si appoggiò al muro per non venire circondato e impugnò una delle due pistole che portava alla cintura, gridando con quanta voce aveva:
«A me, filibustieri!»
La sua voce fu soffocata da uno sparo. Uno dei cinque uomini aveva fatto fuoco, mentre gli altri sguainavano le spade. La palla si schiacciò contro il muro, a pochi pollici dalla testa del cavaliere.
Questi puntò la pistola e fece fuoco a sua volta. Uno dei due moschettieri, colpito in pieno petto, cadde fulminato, senza mandare un grido.
Ripose larma scarica ed impugnò la seconda, ma la polvere non saccese.
«Maledizione!» esclamò.
«Arrendetevi!» gridarono i quattro spagnuoli.
«Eccovi la risposta!» urlò il Corsaro.
Si staccò dal muro e con un salto fulmineo piombò addosso a loro, menando stoccate a destra ed a manca.
Il secondo moschettiere cadde. Gli altri però si gettarono dinanzi al Corsaro chiudendogli nuovamente il passo.
«A me filibustieri!» gridò ancora il cavaliere.
Gli risposero invece alcuni spari. Pareva che allestremità della viuzza i suoi uomini avessero impegnato un disperato combattimento, poichè si udivano urla, bestemmie, gemiti e uno scrosciare di ferri. Potendo venire circondato, si mise a retrocedere a passi lesti, per appoggiarsi nuovamente al muro. I tre spadaccini lo incalzavano vivamente vibrandogli stoccate su stoccate, premurosi di finirla prima del ritorno dei filibustieri.
Dopo quindici passi, il cavaliere sentì dietro di sè un ostacolo. Allungando la sinistra si accorse di trovarsi dinanzi ad una porta.
In quel momento udì in alto un grido di donna.
«Colima! Lo uccidono!»
«La fanciulla indiana!» esclamò il Corsaro, continuando a difendersi. «Benissimo! Posso sperare in qualche aiuto!»
Abilissimo spadaccino, parava le botte con prontezza fulminea, e ne vibrava altrettante. Tuttavia aveva molto da fare a far fronte a quelle tre spade che cercavano di giungergli al cuore, anzi due puntate lo avevano già raggiunto stracciandogli il giustacuore e toccandogli le carni.
Ad un tratto ricevette una stoccata sotto il fianco destro, in direzione del cuore. La parò in parte col braccio sinistro, ma non potè impedire alla lama di penetrargli nelle carni.
«Ah! Cane! urlò scartando bruscamente a sinistra.
Prima che il suo feritore avesse potuto liberare la punta della spada imbrogliatasi fra le pieghe del mantello, vibrò un colpo disperato. La lama colpì lavversario in mezzo alla gola, troncandogli la carotide.
«E tre!» gridò il Corsaro, parando una nuova stoccata.
«Prendi allora questa!» disse uno dei due spadaccini.
Il Corsaro aveva fatto un salto indietro mandando un grido di dolore.
«Toccato,» disse.
«Addosso, Juan!» gridò il feritore, volgendosi verso il compagno. «Una nuova stoccata e lo finiremo!»
«Non ancora!» urlò il Corsaro, scagliandosi impetuosamente sui due assalitori. «Prendete queste.»
Con due terribili stoccate rovesciò, un dietro laltro, i due spadaccini, ma quasi subito si sentì mancare le forze mentre dinanzi agli occhi gli si stendeva come un velo sanguigno.
«Carmaux! Wan Stiller! Aiuto!» mormorò con voce semispenta.
Si portò una mano al petto e la ritrasse bagnata di sangue.
Retrocesse fino alla porta contro la quale si appoggiò. La testa gli girava e sentiva negli orecchi un sordo ronzìo.
«Carmaux!» mormorò unultima volta.
Gli parve di udire dei passi precipitati, poi le voci dei suoi fedeli corsari, quindi una porta aprirsi. Vide confusamente unombra dinanzi a sè e gli parve che due braccia lo stringessero, poi non seppe più nulla.
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Quando tornò in sè, non si trovava più nella strada ove aveva sostenuto quel sanguinosissimo combattimento. Era invece adagiato su di un comodo letto, adorno di cortine di seta azzurra, frangiate in oro, con dei guanciali candidissimi abbelliti da trine di valore.
Un visino grazioso stava curvo su di lui, spiando ansiosamente i suoi più piccoli movimenti. Lo riconobbe subito.
«Yara!» disse.
La giovane indiana si era alzata precipitosamente. I grandi, e dolci occhi di quella creatura erano ancora umidi come se avessero pianto.
«Cosa fai qui, fanciulla?» le chiese il Corsaro. «Chi mi ha portato in questa stanza? Ed i miei uomini dove sono?»
«Non muovetevi, signore,» disse la giovane.
«Dimmi dove sono i miei uomini,» ripetè il Corsaro. «Odo un fragor darmi giù nella via.»
«I vostri uomini sono qui, ma»
«Continua,» disse il Corsaro vedendola esitante.»
«Guardano la scala, signore.»
«Guardano la scala, signore.»
«Perchè?»
«Avete dimenticato gli spagnuoli?»
«Ah! Stordito! Sono qui gli spagnuoli?»
«Hanno circondato la casa, signore,» rispose la giovane con voce angosciata.
«Mille tuoni! Ed io sono a letto!»
Il Corsaro fece atto di gettarsi giù; un dolore acuto lo trattenne.
«Sono ferito,» esclamò. «Ah! Ora mi ricordo tutto!»
Solo in quel momento si accorse di avere il petto fasciato da un lino candidissimo e daver le mani lorde di sangue.
Non ostante il suo coraggio, impallidì.
«Sarei forse impossibilitato a difendermi?» si chiese con ansietà. «Io ferito e gli spagnuoli che ci assediano e che forse minacciano anche la mia Folgore! Yara, fanciulla mia, cosè accaduto dopo che io smarrii i sensi?»
«Vi ho fatto portare qui dai due paggi del mio padrone e da Colima,» rispose la giovane indiana. «Io avevo supplicato il negro di accorrere in vostro aiuto, ma egli non aveva osato uscire finchè vi erano degli spagnuoli sulla via.»
«Chi mi ha fasciato?»
«Io ed uno dei vostri uomini.»
«Sono tornati tutti?
«Sì, signore. Uno di loro aveva numerose scalfitture ed anche il negro perdeva sangue da un braccio.»
«E perchè non sono qui?»
«I due bianchi vegliano sulla scala, il negro si è posto a guardia del passaggio segreto.»
«Vi son molti nemici nei dintorni?»
«Lo ignoro, mio signore. Colima ed i due valletti sono fuggiti prima che i soldati giungessero ed io non ho lasciato un solo istante il vostro letto.»
«Grazie della tua affezione e delle tue cure, mia brava fanciulla,» disse il Corsaro, posando una mano sul capo della giovane indiana. «Il Corsaro Nero non ti scorderà.»
«Allora mi vendicherà!» esclamò lindiana mentre un cupo lampo balenava nei suoi grandi occhi neri.
«Cosa vuoi dire?»
In quellistante si udì al di fuori rimbombare un colpo di moschetto, poi la voce di Carmaux a tuonare:
«Badate! Vi è una bomba dietro alla porta!»
Il Corsaro Nero vedendo la sua spada appoggiata ad una sedia vicina, lafferrò e fece nuovamente atto di gettarsi giù. La giovane indiana lo trattenne, cingendolo con ambe le braccia.
«No, mio signore,» gridò ella, «vi ucciderete!»
«Lasciami andare!»
«No, capitano, voi non lascerete il letto,» disse Carmaux entrando. «Gli spagnuoli non ci tengono ancora.»
«Ah! Sei tu, mio bravo?» disse il Corsaro. «Siete tutti valorosi, lo so, eppure troppo pochi per difendervi da un assalto generale. Non voglio mancare al momento opportuno.»
«E le vostre ferite?»
«Mi sembra di potermi ancora reggere, Carmaux. Le hai esaminate?»
«Sì, capitano. Vhanno dato una stoccata superba un po sotto al cuore. Se la lama non avesse incontrata una costola vi avrebbe attraversato il corpo.»
«Non è grave però.»
«Questo è vero, signore, rispose Carmaux. Io credo che in una dozzina di giorni potrete ricominciare a dare stoccate.»
«Dodici giorni! Sei pazzo, Carmaux?»
«Vi sono due buche da turare. Un po più sotto vi hanno fatto un secondo occhiello, molto meno profondo del primo forse, però più doloroso. Quelle due stoccate le avete pagate con usura perchè ho veduto giù, presso il portone, tre morti e due feriti.
«E voi ne avete date? chiese il Corsaro.
«Abbiamo gettato a terra una mezza dozzina duomini, non ricevendo in cambio che poche graffiature. Noi eravamo convinti che voi ci aveste seguiti, per ciò avevamo continuata la carica per sbarazzarvi la via. Quando ci accorgemmo che voi invece eravate rimasto indietro, cercammo di tornare sui nostri passi. Gli spagnuoli, che avevano fatto il loro piano per isolarvi, ci diedero addosso per impedirci di accorrere in vostro aiuto.»
«Come avete saputo che io mi trovavo qui?»
«Fu questa brava fanciulla ad avvertirci.»
«Ed ora?»
«Siamo assediati, capitano.»
«Sono molti i nemici?»
«Loscurità non mi ha permesso ancora di valutare il loro numero,» disse Carmaux. «Sono convinto che siano in molti.»
«Sicchè la nostra situazione è grave.»
«Non lo nego, tanto più che dobbiamo difenderci anche entro la casa. Gli spagnuoli possono entrare servendosi del passaggio segreto.»
«Il pericolo maggiore sta precisamente in quel passaggio,» disse la giovane indiana. «Don Pablo ha la chiave della porta di ferro.»
«Mille balene!» esclamò Carmaux. «Se i nemici ci assalgono dambo le parti non so se potremo resistere a lungo.»
«Ci basterebbe peròpoter resistere otto o dieci ore. Il signor Morgan, non vedendoci tornare a bordo, simmaginerà che qualche cosa di grave è avvenuto e manderà a terra un forte drappello per venirci a cercare.
«Potrete resistere fino allalba? Gli spagnuoli possono scalare le finestre e forzare contemporaneamente il passaggio segreto.»
«Signore,» disse la giovane indiana che non aveva perduta una sola sillaba di quella conversazione. «Vi è un luogo dove potreste resistere a lungo.»
«Qualche cantina?» chiese Carmaux.
«No, nella torricella.»
«Mille balene! Vi è una torricella in questa casa? Allora noi siamo salvi! Se è molto alta noi potremo fare dei segnali allequipaggio della Folgore.»
CAPITOLO IV. ASSEDIATI NELLA TORRICELLA
Cinque minuti dopo il Corsaro Nero, portato a braccia dai suoi fidi marinai, si trovava nella torricella della casa del signor de Ribeira. Anche la giovane indiana aveva voluto seguirlo, non ostante i consigli di Carmaux, a cui spiaceva molto esporre quella brava giovane ai pericoli dun assedio. Quella torricella era una piccola costruzione, non molto alta e non molto resistente, divisa in due stanzette circolari e comunicanti, per mezzo duna scala di legno, coi solai della casa. Quantunque non si elevasse molto, dalle finestre del piano superiore si dominava non solo tutta la cittadella, bensì anche il porto, in mezzo al quale si trovava ancorata la Folgore.
Carmaux, fatto adagiare il suo capitano su di un vecchio letto fuori duso, si era affrettato ad affacciarsi alla finestrina che guardava verso il porto. Vedendo i fanali della Folgore, non potè trattenere un grido di gioia.
«Per centomila balene!» esclamò. «Da questa fortezza noi potremo scambiare dei segnali colla nostra nave. Ah! miei cari signori spagnuoli, noi vi daremo ancora molto filo da torcere.»
«Lhai veduta la mia nave?» gli chiese il Corsaro, non senza una certa commozione.
«Sì, capitano,» rispose Carmaux che era rientrato.
«Allora bisogna cercare di resistere fino allarrivo dei rinforzi che ci manderà Morgan.»
«Questa piccola fortezza non mi pare in cattivo stato.»
«Occupatevi della scala.
«Compare sacco di carbone e Wan Stiller stanno già spezzandola. Anzi ho raccomandato loro di portar qui i rottami.
«Cosa vuoi farne Carmaux?»
«Ci servirà per accendere un bel fuoco sulla torricella. Il signor Morgan comprenderà il segnale, spero.»
«Basterà accenderlo tre volte con un intervallo di cinque minuti,» disse il Corsaro. «Morgan saprà subito che noi siamo in pericolo e che abbiamo bisogno di aiuti.»
In quel momento udirono, giù nella via, un fracasso indemoniato. Pareva che delle persone cercassero di sfondare qualche porta o qualche finestra.
«Sono i nostri uomini che demoliscono la scala?» chiese il Corsaro.
«No, capitano,» rispose Carmaux che si era affacciato alla finestrina della torre. «Sono gli spagnuoli.»
«Forzano lentrata?
«Sfondano la porta servendosi duna trave.»
«Allora fra poco saranno qui.»