La favorita del Mahdi - Emilio Salgari 12 стр.


Udì un nuovo fischio poi una voce, quella del bandito Debbeud, gridare:

Olà! Saltate su, che Elenka è in vista!

Abd-el-Kerim gettò un ruggito dira; la benda gli cadde dagli occhi, comprese tutto. Egli si slanciò come una tigre verso la fessura, ma le forze gli vennero meno e cadde a terra sfinito, coi pugni minacciosamente chiusi e la schiuma alle labbra.

Proprio in quellistante la sorella di Notis arrivava alle ruine dEl-Garch.

CAPITOLO IX. Elenka

Elenka, chiamata la bella greca, era la più affascinante e nel medesimo tempo la più ardente creatura che potesse incontrare in tutta la regione dellalto Egitto. Poteva avere diciottanni a giudicarla dalle forme assai pronunciate; era di statura alta piuttosto che bassa, dalla vita flessuosa, dal portamento altero, superbo come era superba e altera nel gesto e nella parola. Aveva capelli nerissimi a riflessi metallici, che le cadevano come vellutato mantello sulle spalle, una fronte piccola come quella delle statue greche, due occhi scintillanti che parevano talvolta accendersi, ombreggiati da sopracciglia di un nero assoluto e di una regolarità perfetta, un naso insensibilmente aquilino le cui nari mobilissime, dilatavansi nelle collere e due labbra rosse come corallo che spesso aprivansi ad un sorriso strano, diabolico, ma sempre affascinante.

Appena era giunta a Chartum, due anni addietro, assieme a suo fratello Notis, reduce allora, dal Cairo, aveva fatto girare la testa a tutti gli Arabi, Egiziani e Turchi della città. Pascià, cadi, ufficiali e mercanti si erano subito messi a corteggiarla, ma strana e superba quale era, aveva disprezzato gli uni, deriso gli altri e scoraggiato in fin dei conti tutti. Uno solo fra tanti era rimasto al suo posto, irremovibile come una rupe, determinato a qualsiasi costo, ad aprire una breccia in quel cuore inaccessibile e questo uomo era larabo Abd-el-Kerim.

Una passione gigantesca era nata nel suo animo, passione che egli credeva non poterla spegnere nemmeno colla morte. La seguì ostinatamente per mesi, incrollabile fra gli sprezzi e le derisioni della bella greca e dei propri rivali, aspettando ansiosamente loccasione per vibrare la prima freccia. Un giorno la dahabiad che conduceva Elenka e Qualagla si rovesciò in causa di uno scontro con un battello a vapore; Abd-el-Kerim si gettò nel fiume e salvò la greca nel momento che annegavasi.

Non ebbe nemmeno un ringraziamento, nemmeno un sorriso, anzi neppure uno sguardo; ognuno avrebbe perduto ogni speranza di conquistare quella superba creatura, ma larabo non si scoraggiò ancora, anzi il suo amore crebbe sempre fino a toccare la pazzia.

Una sera che Elenka tornava dal villaggio dUndurmàn assieme al suo schiavo fu assalita da una banda di predoni Sennarèsi. Abd-el-Kerim, che come il solito la seguiva, accorse a difenderla, ammazzò mezzi assalitori e fugò gli altri. Riportò una ferita in mezzo al petto, ma che montava? La prima freccia aveva ormai colpito linaccessibile cuore della superba greca.

Essa cominciò ad ammirarlo, poi il suo cuore cominciò a battere con maggior violenza, scaturì una scintilla, la scintilla avvampò e scatenò un incendio.

Amò larabo, ma lamò furiosamente, tremendamente tanto che per lui si sarebbe gettata anche nel fuoco e lunione dei due cuori fu stabilita.

Sopraggiunse la guerra e Abd-el-Kerim partì col suo battaglione sotto il comando di Dhafar pascià. Elenka voleva seguirlo, le fu proibito e si rassegnò, dopo aver a lungo pianto, ad aspettare il suo ritorno. Quando Takir le portò la terribile notizia che Abd-el-Kerim sera gettato nelle braccia di Fathma credette impazzire dalla gelosia e dal furore. Poi una sete ardente di vendetta la prese e giurò in cuor suo di dilaniare coi propri denti il cuore dellabborrita rivale.

Partì subito anelante, furibonda, fuori di sè, quasi delirante. Non arrestò un sol minuto, neppure alla notte, fuorchè per cambiare i mahari che dilombava nelle continue e rapidissime corse e in meno di due giorni giunse in vista delle capanne di Hossanieh. I beduini vegliavano nella pianura e la condussero innanzi a El-Garch proprio nel momento che Notis svegliato di soprassalto dalla voce di Fit Debbeud, appariva sul piazzale.

Fratello e sorella, appena si scorsero si precipitarono nelle braccia lun dellaltra, stringendosi quasi con rabbia e si guardarono mutamente per alcuni minuti con gli occhi scintillanti di collera e di gioia. I loro volti si contrassero stranamente e un sorriso feroce agitò le loro labbra.

Vieni, Elenka, disse dun tratto Notis, prendendola per mano.

La condusse lontana dalle tende, vicina ad una gran sfinge e la fece sedere sopra di un gigantesco tarbusch di pietra che altre volte doveva essere stato un cippo mortuario.

Ebbene chiese Elenka con voce che sibilava fra i denti stretti.

Abd-el-Kerim ti ha tradita, rispose Notis.

È proprio vero adunque, che dopo di avermi tanto amata ha infranto lamore che ci univa?

Vero, Elenka, ti ha lasciata per correre dietro ad unalmea.

La greca salzò come una iena furibonda, e le sue mani si chiusero come se avessero voluto stritolare qualche cosa. Chiuse gli occhi e li riaprì più scintillanti di prima fissando in istrana guisa Notis:

Io soffoco dallira e muoio di sete, ma ho sete di sangue, dissella con selvaggio trasporto. Dimmi dovè questa mia rivale, ondio vada a strapparle il cuore colle mie unghie; dimmi dovo posso vederla. Mi sentirei capace di avvelenarla col solo mio sguardo!

Calma, Elenka, disse Notis. In queste faccende bisogna essere freddi.

Nelle mie ire non so dominarmi, tu lo sai, Notis. Sono quattro giorni che ho il cuore straziato da una terribile gelosia, sono quattro giorni che mi sento presa da una smania feroce di uccidere o di essere uccisa. Dammi questa rivale e tu mi vedrai diventare più crudele della iena, la più sanguinaria che sia vissuta nei deserti dellAfrica.

E Abd-el-Kerim, lhai dimenticato?

Abd-el-Kerim! esclamò Elenka con aria cupa.

Che faresti di questo traditore se lo avessi in tua mano?

Non lo so Dove si trova egli?

In un posto sicuro.

Elenka lo guardò con sorpresa.

È forse vicino? domandò con viva emozione.

Sta sotto i nostri piedi.

Morto forse! esclamò ella, dando indietro, spaventata. Notis!

Non ancora.

Dovè, dimmi Notis, dovè?

Chiuso in un sotterraneo.

Conducimi da lui, voglio vederlo! disse Elenka, scattando in piedi.

Notis si mise a ridere, lisciandosi tranquillamente la nera barba.

Lameresti ancora? domandò egli beffardamente.

Non so se lodio o lo ami, so solamente che voglio trovarmi dinanzi a lui per dirgli che la sua rivale la calpesterò, la farò a brani, la polverizzerò come fosse di creta.

Non la toccherai! Io amo la tua rivale e voglio farla mia, dovesse andar di mezzo la mia e la tua vita.

Tu! tu ami la mia rivale!

Sì, io lamo, io ladoro e tanto che senza di lei non potrei vivere.

Tu! tu ami la mia rivale!

Sì, io lamo, io ladoro e tanto che senza di lei non potrei vivere.

Tu ami una spregevole almea!

È bella come un urì del paradiso di Maometto e più superba di te.

Elenka si slanciò su di lui e lafferrò per le braccia con tal forza da strappargli un grido di dolore.

Ma io lodio, lodio, la esecro questa almea! urlò ella.

E io lamo, ladoro! urlò Notis.

Vuoi adunque che ci facciamo la guerra? Io sarò senza pietà.

Il greco le mostrò i beduini che stavano osservandoli appoggiati indolentemente ai loro moschettoni.

Basterebbe un mio cenno per fiaccare Abd-el-Kerim, le disse. Tu sei pazza, Elenka, e io più pazzo di te per suscitare simili questioni inutili. Tu vuoi Abd-el-Kerim e io te lo cedo; io voglio Fathma e io lavrò.

Hai ragione, rispose Elenka, sforzandosi a sorridere, noi siamo pazzi. Che devo fare ora? Io voglio vedere Abd-el-Kerim, conducimi da lui adunque e lascia a me la cura daffascinarlo come laffascinai a Chartum.

Adagio, sorella, andiamo adagio, disse Notis con un fare misterioso. Tu sai già in qual modo Abd-el-Kerim fu rapito e come egli mi creda morto da un bel pezzo. Lo sceicco Fit Debbeut lo rinchiuse nel sotterraneo fingendosi un amante di Fathma e dicendogli che lavrebbe fatto morire di fame. È giusto quindi che tu sii capitata fra queste ruine per puro caso o dietro ad un semplice indizio e che assumi laria di una liberatrice anzichè di una affascinatrice. Ti pare?

Satana stesso non sarebbe stato capace darchitettare un piano migliore.

Grazie, sorella, rispose Notis ridendo. Tu adunque scenderai nel sotterraneo in compagnia di due dongolesi e lo libererai dopo di avergli parlato dellantico vostro amore e daverlo persuaso a dimenticare Fathma.

Bene e della mia rivale che accadrà?

Bisogna che tu estirpi dal tuo cuore ogni idea di vendetta poichè lalmea diverrà mia moglie.

Sei pazzo, cento volte più pazzo di Abd-el-Kerim. Non so cosa darei per tuffare le mie mani nel sangue caldo della mia rivale.

E io darei dieci anni della mia vita per vedere il mio rivale agonizzante ai miei piedi. Siamo in pari condizioni, lasciamo adunque che scampino. Vattene a trovare adunque il traditore e che Allàh ti assista.

Il greco gettò un fischio prolungato; tutti i beduini gettarono gli archibusi ad armacollo, piegarono le tende, caricarono i loro utensili sui mahari e sui cammelli e sinternarono nella foresta. Fit Debbeud li seguì dopo dessersi assicurato che ogni traccia dellaccampamento era scomparsa e di aver comandato a due dongolesi di andare a mettersi presso la galleria.

Quando avrai finito, manda un fischio e io apparirò, disse il greco a sua sorella, dopo di che si allontanò a rapidi passi nella direzione presa dalla banda.

Elenka se ne rimase lì, ritta, colle braccia abbandonate lungo il corpo, le ciglia aggrottate e come in preda a un profondo pensiero. Si guardò lentamente dattorno quasi sorpresa di vedersi sola, poi si rizzò fieramente con un gesto risoluto e savvicinò ai due dongolesi che laspettavano immobili come due statue allentrata delloscuro corridoio.

Conducetemi dal prigioniero, dissella con una emozione che invano cercava di nascondere.

I dongolesi accesero le torcie e sinoltrarono nel corridoio camminando con somma precauzione, per la tema di calpestare sulla coda di qualche aspide che poteva tenersi celata in fra i rottami. Elenka li seguì in silenzio, guardandosi attorno con crescente curiosità.

Man mano che procedeva sentiva il cuore battere con maggior violenza e vaghi timori lagitavano. Si avrebbe detto che aveva paura di trovarsi di fronte al fidanzato, al traditore, là, sotto quelle cupe ed umide vôlte e in presenza di due selvaggi, e guardava con orrore il fondo del corridoio e le umide pareti sulle quali strisciavano con un ronzìo lugubre migliaia di scorpioni grigi, di vermi, di lucertole e di spaventevoli tarantole. Le pareva di essere in preda ad uno spaventevole sogno.

Gran Dio! andava mormorando. Così terribilmente lodiava Notis per seppellirlo in questorrida tomba?

Dun tratto uno dei dongolesi sarrestò e si volse verso di lei con un crudele sorriso sulle labbra.

Udite? chiese con una voce che leco rendeva sepolcrale.

Elenka rabbrividì e tese lorecchio. Dal fondo del corridoio venivano dei gemiti interrotti, del mormorii vaghi che andavano man mano crescendo per poi morire improvvisamente come se colui che li avesse emessi fosse dun sol colpo morto.

Chi è? chiese ella spaventata.

Il prigioniero che muore di fame, rispose il dongolese.

Miserabili!

Il greco così ha voluto.

Tira innanzi, disse Elenka con aria minacciosa.

I dongolesi ubbidirono e poco dopo si arrestavano dinanzi alla porticina ferrata sulla quale scorgevansi delle sculture rappresentanti degli ibis, uccelli tenuti per sacri dagli antichi Egizi e Nubi cui dedicavano spesso dei templi. Elenka tremò tutta nelludire i lamenti e le sorde imprecazioni dello sventurato Abd-el-Kerim, che contorcevasi fra gli spasimi della fame.

La porta venne con gran fatica aperta. Ella strappò una torcia dalle mani dei dongolesi, fe a loro cenno di aspettarla alluscita del corridoio ed entrò risolutamente nel sotterraneo umido e freddo.

In sulle prime non fu capace di vedere che dei pipistrelli che svolazzavano mandando strida di spavento allapparire di quella improvvisa luce, poi scorse in un angolo, sdraiato a terra, colla testa fra le mani, lArabo Abd-el-Kerim. Tutta la sua collera che ancora rimanevagli in fondo al cuore svanì come la nebbia al sole: una profonda compassione generata dallimmenso amore che nutriva ancora pel traditore, la prese e rimase ritta sulla porta senzessere capace di dir verbo.

Chi è lassassino che viene ad assistere alla mia agonia? chiese con voce rauca larabo fissando due occhi stravolti su Elenka.

Quella voce ferì il cuore di Elenka.

Abd-el-Kerim, dissella.

Chi mi chiama? Chi mi cerca quaggiù in questa tomba? continuò larabo con trasporto feroce che la eco rendeva doppiamente cupo.

Non mi riconosci più adunque?

Vi rispose un brontolio lungo simile a quello di una belva irritata.

Guardami in volto, Abd-el-Kerim, guardami bene.

Chi sei? domandò larabo facendo uno sforzo per alzarsi.

Elenka, la tua fidanzata, che viene a salvarti.

Tu! Tu! ruggì larabo con indefinibile accento dodio.

Saggrappò ai muri come un pazzo, si alzò, si spinse innanzi barcollando, poi retrocesse come se avesse visto una spaventevole apparizione.

Ah! esclamò egli ironicamente. Sei tu, Elenka, la bella e buona Elenka che diceva di amarmi tanto e che mi fece cacciare in questorrida tomba perchè morissi di fame e di gelosia. Vattene orribile creatura, vattene!....

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