La favorita del Mahdi - Emilio Salgari 3 стр.


I mahari eccitati dalla correggia dei cavalieri, che serve nel medesimo tempo di frusta, in meno di quindici minuti attraversarono la foresta, la quale stendesi in lunghezza, sì a destra che a sinistra del Bahr-el-Abiad, da Chartum fino ad Machadat Abu Zet, su due miglia o poco più di larghezza. Sbucati nelle grandi e aride pianure di Gemaije, animate solo da qualche gruppo di palme, da qualche acacia tisica e da miserabili tugul o capanne, allungarono il passo filando come giganteschi e silenziosi fantasmi verso gli ondulati terreni del sud, in direzione dHossanieh.

Notis che galoppava a pochi passi di distanza da Abd-el-Kerim, savvide subito che questi dava segni strani dinquietudine della quale non sapeva ancora indovinare la cagione. Lo vedeva spesso rizzarsi in sella come volesse abbracciare maggiore orizzonte, spingere lo sguardo a destra, a manca e dinanzi, e talvolta fare un gesto quasi di scoraggiamento e di stizza. Più volte lo vide portare ambe le mani agli orecchi e piegarsi verso terra come uno che cerchi raccogliere qualche lontano rumore.

Che mai può avere? andava chiedendosi il greco tormentando la correggia del mahari e figgendo sempre gli occhi addosso al compagno. Si vede che ha qualcosa che lo preoccupa ma cerca di nascondermelo. Quegli occhi fissi sul villaggio, anzi sul caffè, proprio in quel medesimo luogo ove danzò.... Potrebbe essere vero?

Un terribile sospetto balenò nella mente di lui, sospetto che gli fe gelare il sangue nelle vene e montare, nel medesimo tempo, una fiamma in viso. Un truce e sinistro lampo animò i suoi occhi che saccesero come due carboni.

Ah! mormorò egli.

Trasse dalla sua borsa un pizzico di tabacco, lo arrotolò in un fogliolino di carta, ne formò una sigaretta che accese, malgrado la rapidità vertiginosa del mahari, mandò in aria tre o quattro boccate di fumo, e volgendosi verso Abd-el-Kerim:

A che pensi cognato mio? gli chiese, affettando la massima noncuranza.

A mille cose, rispose larabo.

Tu pensi a mia sorella Elenka, Abd-el-Kerim, te lo dirò io.

Larabo stette un momento muto, come non avesse capito.

Non puoi ingannarti, rispose di poi. La fiamma che nasce nel cuore, non si spegne neanche in sogno.

Ed io sai a chi penso?

Leggere il pensiero delluomo non è dato che ad Allah e al suo profeta.

Penso a quelladorabile almea che vidi danzare a Machmudiech.

Sulla bruna pelle dellarabo passò un fremito.

A Fathma, articolò sordamente egli.

Sì, a Fathma. Come la trovasti tu?

Mi pareva avere dinanzi

Voleva aggiungere una uri di Maometto, ma le parole gli morirono sulle labbra.

Una bella donna, vuoi dire.

Presso a poco. E come mai tu pensi a lei?

Perchè? Credo di non dir troppo, se ti confesso che i suoi occhi mi hanno affascinato e che la sua voce mi toccò il cuore.

Se fosse stato giorno Notis avrebbe potuto vedere le labbra dellarabo contrarsi e la sua faccia diventare cinerea.

Ah! si sforzò di dire Abd-el-Kerim.

«Quella creatura ti ha morso il cuore?

Di invece che vi ha gettato una scintilla dentro.

E questa scintilla sarebbe?

Damore.

Larabo diede un sì violento strappo alla correggia che il mahari fu forzato ad alzare la testa. Notis se ne accorse.

Che diavolo hai Abd-el-Kerim?

Nulla, ho sostenuto il cammello che stava per inciampare contro un sasso.

Uh! fe il greco. Non so come un sasso possa trovarsi fra questi terreni.

La conversazione finì li. I due mahari che avevano per un istante rallentata la corsa, la ripresero più velocemente salendo e discendendo le colline cosparse derbe spinose chiamate dagli indigeni alfèh, arse dai cocenti raggi del sole equatoriale

La pianura, rotta qua e là da radi ed intristiti palmizi e da qualche torrente pantanoso, andava allora allargandosi fiancheggiata allest dalle selve che seguono il Bahr-el-Abiad nel tortuoso suo corso e allovest da piccole catene di montagne, dietro le quali giganteggiavano i monti Arab, Mussa, Scemela e Mantara.

A mezza notte avevano già percorso più di mezza via, e stavano per rallentare la corsa per dare un po di riposo ai due animali, quando in lontananza scoppiò improvvisamente una detonazione.

Abd-el-Kerim a quello scoppio sussultò.

Hai udito, Notis? chiese egli, staccando dalla sella il remington.

Distintamente, amico mio, rispose il greco senza scomporsi.

Può essere qualcuno che corre un pericolo.

E può essere stato anche un cacciatore.

È impossibile.

E perchè di grazia? Mhanno detto che in queste contrade amano cacciare il leone e tu sai meglio di me che questanimale non si caccia che di notte.

Tuttavia

Aggiungi che siamo in un paese sollevato a rivolta e che le spie dei ribelli non di rado vengono a ronzare attorno agli accampamenti egiziani. Lascia Abd-el-Kerim, che colui che tirò la moschettata si appicchi.

Larabo non rispose, però eccitò il mahari e si sollevò maggiormente guardando innanzi a sè. Fu appunto elevandosi che scorse unombra giallastra galoppare furiosamente per la pianura.

Oh! oh! Sta in guardia, Notis, che abbiamo un leone vicino, dissegli.

Quando è così, credo che faremo bene ad armare i remingtons. Spero che il signore del deserto non ardirà dassalirci. Eh!

Una seconda detonazione risuonò in lontananza, poi una terza un momento dopo.

Ah! Notis, non è un cacciatore! esclamò Abd-el-Kerim. Te lo dico io.

Hai delle idee strane, questoggi. Ti commuovi per due o tre fucilate!

Abbiamo dinanzi a noi un mahari, Notis.

Ebbene, e che vuol dir questo?

Non sai lo monta una donna, un uri

Chi? Chi?

È Fathma!

Il mio amore! Vola, Abd-el-Kerim! Accorriamo!

La faccia dellarabo si sconvolse trucemente a quelle esclamazioni, però non disse parola alcuna, Montò il remington e sferzò il cammello curvandosi in sella.

I due mahari partirono come il vento e salirono una collina che impediva di scorgere la sottostante pianura. Un quarto colpo di fucile ruppe il silenzio della notte e così vicino, da credere che colui che laveva esploso fosse appena a un cinquecento metri dalle alture.

Quasi subito sudì un terribile grido:

Aiuto! Aiuto!

Ah! qual voce! esclamò Abd-el-Kerim, Corri Notis, corri!

Giunsero sulla cima della collina, e di là videro rovesciati in mezzo alla pianura un cammello e un uomo che si dibattevano disperatamente fra le sabbie, e a pochi passi da loro una donna, la quale mirava un gigantesco leone che volteggiavale vertiginosamente attorno con salti mostruosi.

Il mio amore! Vola, Abd-el-Kerim! Accorriamo!

La faccia dellarabo si sconvolse trucemente a quelle esclamazioni, però non disse parola alcuna, Montò il remington e sferzò il cammello curvandosi in sella.

I due mahari partirono come il vento e salirono una collina che impediva di scorgere la sottostante pianura. Un quarto colpo di fucile ruppe il silenzio della notte e così vicino, da credere che colui che laveva esploso fosse appena a un cinquecento metri dalle alture.

Quasi subito sudì un terribile grido:

Aiuto! Aiuto!

Ah! qual voce! esclamò Abd-el-Kerim, Corri Notis, corri!

Giunsero sulla cima della collina, e di là videro rovesciati in mezzo alla pianura un cammello e un uomo che si dibattevano disperatamente fra le sabbie, e a pochi passi da loro una donna, la quale mirava un gigantesco leone che volteggiavale vertiginosamente attorno con salti mostruosi.

Notis! È Fathma! gridò Abd-el-Kerim.

Con un salto da tigre si precipitò di sella, singinocchiò e puntò il remington. Il colpo partì. Il leone ferito alla testa fece un balzo di quindici piedi, gettando uno spaventevole ruggito.

Sarrestò colla criniera irta che lo faceva parere due volte più grosso. Sfuggì alle moschettate di Notis e di Fathma e savventò contro larabo che aveva tratto ljatagan.

Lurto fu terribile. Uomo e leone caddero al suolo, luno gettando urla selvaggie e laltro ruggendo orrendamente.

Notis volò coraggiosamente in aiuto di Abd-el-Kerim, ma prima che potesse giungervi vicino, questi erasi già sollevato colljatagan lordo di sangue fino allimpugnatura, calmo, sorridente, e con un piede sul corpo del leone che era morto sul colpo.

Sei ferito? Tu mi fai paura!

Non aver timore, Notis, disse Abd-el-Kerim. Il leone è morto senza che abbia avuto il tempo di toccarmi le carni.

Tu sei stato pazzo assaltarlo colljatagan.

In questa notte e in questo posto avrei lottato con dieci leoni.

Afferrò il suo mahari per la correggia e si diresse a rapidi passi verso Fathma che si era inginocchiata accanto alluomo. Notis lo seguì.

Es-selàm-alekom (la salute sia con te) disse larabo allalmea.

Fathma alzò il capo, lo guardò per alcuni istanti con quei due occhi che fiammeggiavano, si rizzò in piedi e tendendo la sua piccola mano verso di lui.

Sei un eroe! gli disse.

Grazie, Fathma.

Lalmea gli si avvicinò ancor più.

Ah! tu sei quello che vidi a Machmudiech.

Non tinganni. Ecco qui il mio compagno.

Allàh vi compensi del bene che mi avete fatto. Senza di voi sarei a questora morta.

E della tua morte non me ne sarei giammai consolato, adorabile creatura, disse galantemente Notis.

Lalmea crollò il capo e un sorriso sfiorò le sue labbra, ma parve un sorriso amaro, forzato e forse anche ironico.

Dove ti rechi? le chiese larabo.

Al campo dHossanieh.

Come noi. Mi pare che il tuo mahari e il tuo schiavo sieno morti,

Il leone li ha uccisi.

Vuoi salire sul mio mahari? È un animale forte e le mie braccia sono capaci di sostenere il leggero tuo corpo. Vi starai come in un angareb.

E perchè no sul mio? domandò Notis.

Leroe è sempre più forte, disse lalmea.

Il greco aggrottò la fronte e strinse le pugna con dispetto.

Ah! mormorò egli. Eroe! Lo vedremo, Abd-el-Kerim!

Larabo salì sul mahari, allungò le braccia allalmea e la trasse in groppa, facendola sedere sulle proprie ginocchia e circondandola delicatamente colle braccia. Notis da canto suo saccomodò sulla sella del suo animale.

Va, mio nobile amico, disse Abd-el-Kerim, prendendo la correggia a facendola fischiare nellaria. Tu sei abbastanza forte per portarci entrambi.

I mahari ripigliarono la disordinata loro corsa in mezzo alla pianura, divorando la via con crescente rapidità.

Fathma, abbandonata fra le braccia dellarabo che talvolta se laccostava al petto in modo da sentire i battiti del suo picciol cuore, non diceva parola. Solo di tratto in tratto girava la testa verso colui che la reggeva, figgeva i suoi neri e grandi occhi sul di lui volto, e le sue labbra coralline aprivansi a un sorriso affascinante.

Abd-el-Kerim, nel sentirla appoggiata così mollemente sulle ginocchia, nel sentire la lunga e nera capigliatura sferzargli il volto, e talvolta circondare e arrestarsi intorno al suo collo, nel respirare lardente alito di lei, nel guardarla, provava delle emozioni così strane, così voluttuose, così dolci, che parevagli talvolta di sognare. Il sangue gli montava alla testa e gli circolava più rapido nelle vene, il cuore battevagli febbrilmente, i suoi occhi si fissarono involontariamente su lei, e, per quanto facesse, non riusciva a staccarneli.

In mezzo a quelle emozioni che a poco a poco facevansi più forti, limmagine abbagliante della fiera Elenka soscurava, sfumava, scompariva. Persino limmagine di Notis sabbuiava e cancellavasi, e a segno che larabo credevasi di essere solo con Fathma a percorrere la pianura.

Fathma, disse dun tratto egli, con una voce nella quale suonava un accento infinitamente accarezzevole.

Lalmea, nelludirsi chiamare, si scosse e volse il capo verso di lui.

Fathma, dove andrai quando saremo a Hossanieh?

Perchè? chiese ella.

Perchè? Ma

Ti interesserebbe forse il saperlo?

Larabo sussultò e ammutolì.

Rimarrò in Hossanieh.

Abd-el-Kerim la trasse vivamente sul petto. Egli si chinò verso di lei, come volesse dirle qualche cosa, ma non ne ebbe il tempo.

Abd-el-Kerim! gridò Notis in quellistante.

Larabo tremò e si volse indietro come se una vipera lavesse morso.

Siamo in vista del campo!

Un profondo sospiro uscì dalle sue labbra.

CAPITOLO III. I due rivali

Il campo egiziano era piantato in una pianura aridissima, solcata però qua e là da piccoli ruscelli e sparsa di antichi bir o pozzi, a pochi passi dalle ultime capanne o tugul del villaggio dHossanieh. Si componeva di un trecento tende, disposte su tre ordini, che si piegavano cingendo la gran tenda del pascià sulla quale sventolava la bandiera egiziana, e quelle inferiori ma non meno elevate, degli ufficiali.

Ottocento uomini, la maggior parte dei quali nubiani e sennaresi, con pochi pezzi dartiglieria e una compagnia di basci-bozuk a cavallo, erano tutti quelli che occupavano il campo, sotto il comando di Dhafar pascia, uomo agguerrito ed intrepido che conosceva a menadito e lHossanieh e il Sudan, e che si era proposto di raggiungere, nonostante che il paese fosse battuto da numerose orde del Mahdi, lesercito di Hicks e di Aladin pascià che operava verso El-Obeid, la capitale del Kordofan.

Назад Дальше