In quel momento un fischio sonoro echeggiò al di fuori.
«Il mio Condor» disse il signor Holker. «Giunge in tempo!»
«Desiderate qualche cosa dal vostro macchinista?» domandò il notaio.
«Che porti una leva per aprire il sotterraneo. Ed ora occupiamoci del signor Brandok»,
Denudò il petto del giovane e ripeté su di lui le iniezioni fatte già al signor Toby.
Due minuti dopo, udì un lieve fremito nei polsi, e constatò per di più che la tinta giallastra tendeva a scomparire e che un lievissimo rossore compariva sulle gote delladdormentato.
«Quale miracolo!» ripeteva il signor Holker. «Domani questi uomini parleranno come noi.»
Il notaio era ritornato con un negro di statura imponente, un vero ercole, con spalle larghissime, braccia grosse e muscolose.
«Harry,» disse il signor Holker, rivolgendosi verso il gigante «prendi queste due persone, e portale sul Condor. Bada di non stringerle troppo.»
«Sì, padrone.»
«Sono pronti i materassi?»
«E anche la tenda.»
«Sbrigati, ragazzo mio.»
Il signor Holker spostò il letto e mise le mani su una piastra di ferro di forma circolare, munita dun anello.
«Deve essere qui sotto il sotterraneo contenente i milioni del mio antenato e del signor Brandok» disse.
«Vi saranno ancora?» chiese il notaio.
«Solo noi potevamo sapere che i due addormentati ve li avevano posti, e poi noi abbiamo veduto che tutto era in ordine qui dentro, quindi nessuno può esservi entrato.»
Passò la leva portata dal macchinista nellanello e alzò, non senza fatica, la piastra.
Essendo già calate le tenebre, accese una lampada elettrica e scorse una scaletta scavata nella viva roccia.
Scese giù, seguito dal notaio e dal sindaco e si trovò in una celletta di due metri quadrati contenente due casseforti dacciaio.
«Sono qui dentro i milioni» disse.
«Li fate portare sul vostro Condor?» chiese il notaio.
«Appartengono al mio antenato ed al signor Brandok. Essendo vivi, non ho più alcun diritto su queste ricchezze Harry!»
Il negro che era già tornato, dopo aver portato via Toby e Brandok, scese nel sotterraneo.
«Aiutami» gli disse Holker.
«Basto io, signore» rispose il gigante. «I miei muscoli sono solidi e le mie spalle larghe.»
Prese la cassa più grossa e la portò via.
«Signori,» disse Holker, quando anche la seconda fu levata «la vostra missione è finita. Il signor Brandok ed il mio avo sapranno ricompensarvi presto della vostra gentilezza.»
«Ce li condurrete un giorno?» chiese il notaio.
«Ve lo prometto.»
«Siete ormai certo che essi tornino in vita?» domandò il sindaco.
«Io lo spero, dopo un buon bagno nellacqua tiepida. Fra quattro ore io sarò a Nuova York e domani vi darò mie notizie.»
Uscirono dal sepolcreto e dalla cinta, chiudendo il cancello e si diressero verso il margine della rupe che si affacciava sulloceano, dove si vedeva vagamente e fra le tenebre, una massa nera che agitava sopra di sé delle ali mostruose.
«Accendi il fanale, Harry» disse il signor Holker.
Uno sprazzo di luce vivissima si sprigionò, illuminando tutta la cima della rupe e la massa che si agitava presso il margine.
Era una specie di macchina volante, fornita di quattro ali gigantesche e di eliche grandissime, collocate al di sopra di una piattaforma di metallo, lunga e stretta, difesa allintorno da una balaustra. Nel mezzo, collocati su un soffice materasso e riparati da una cortina, si trovavano il dottor Toby e Brandok, coricati luno presso laltro. Il negro stava invece allestremità della piattaforma, dietro ad una piccola macchina, munita di parecchi tubi.
«Arrivederci presto, signori» disse Holker, salendo sulla piattaforma e sedendosi presso i due risuscitati.
«Buon viaggio, signor Holker» risposero il notaio ed il sindaco. «Dateci domani notizie del dottore e del signor Brandok.»
«A cento miglia allora, ragazzo mio» disse Holker al negro. «Ho molta fretta.»
Le ali e le eliche si misero in movimento e la macchina volante partì con velocità fulminea, passando sopra lisola di Nantucket e tenendo la prora verso il sud-ovest. Il signor Holker esaminava intanto il dottore Toby ed il suo compagno, appoggiando spesso la mano sui loro petti e tastando di quando in quando anche i polsi.
La vitalità tornava lentamente nei due addormentati. Il loro polso cominciava già a battere, assai debolmente però, ma ancora non respiravano ed il cuore rimaneva muto.
«Vedremo dopo il bagno» mormorava il signor Holker. «Morti non sono, quindi non devo disperare. Quale sorpresa per loro quando riapriranno gli occhi! Rivivere dopo centanni! Quale meraviglioso filtro ha scoperto il mio antenato! E, cosa inesplicabile, non sono invecchiati!»
Il Condor intanto continuava la sua corsa fulminea. Aveva passato lisola e correva sopra loceano, mantenendosi ad unaltezza di centocinquanta metri.
La sua lampada mandava sempre un lungo sprazzo di luce che si rifletteva sulle onde.
A mezzanotte, verso ovest, si scorsero a un tratto delle ondate di luce bianca che salivano a grande altezza.
«Nuova York, padrone» disse il negro.
«Di già?» rispose Holker. «Hai superato le cento miglia allora, mio buon Harry. Sbrighiamoci, e bada di non urtare qualcuno.»
Si era alzato e guardava verso quelle luci.
«Arriveremo presto» mormorò.
Venti minuti dopo il Condor correva sopra un raggruppamento di case immense, di torri e di campanili.
Descrisse alcuni giri in aria, proiettando il fascio di luce sui tetti delle case, poi calò su una vasta terrazza di metallo, situata sulla cima dun palazzo di venti piani.
«Siamo giunti, padrone» disse il negro.
«Prendi i due addormentati e portali nella mia camera. E silenzio con tutti!»
LE PRIME MERAVIGLIE DEL DUEMILA
Erano trascorse altre due ore, quando il dottor Toby pel primo aperse finalmente gli occhi, dopo centanni che li aveva tenuti chiusi.
Dopo una immersione durata un quarto dora, in una vasca piena di acqua tiepida, aveva già cominciato a dare qualche segno di vita e a perdere la tinta giallastra, nondimeno era stata necessaria una nuova iniezione del filtro misterioso perché il cuore riprendesse finalmente le sue funzioni.
La rigidità dei muscoli era rapidamente scomparsa ed il colorito roseo era tornato sul suo volto in seguito alla ripresa della circolazione del sangue.
Appena aperti gli occhi, il suo sguardo si fissò sul signor Holker che gli stava presso, occupato a soffregar il petto di Brandok.
«Buongiorno» gli disse il pronipote, accostandoglisi rapidamente.
Toby era rimasto muto; nondimeno i suoi occhi parlavano per lui.
Vi era nel suo sguardo dello stupore, dellansietà, forsanche della paura.
«Mi udite?» chiese Holker.
Il dottore fece col capo un segno affermativo, poi mosse le labbra a più riprese, senza che potesse emettere alcun suono. Certo la lingua non aveva ancora riacquistata la sua elasticità dopo essere stata per tanti anni immobilizzata.
«Come vi sentite? Male forse?»
Toby fece un gesto negativo, poi alzò le mani facendo dei segni assolutamente incomprensibili pel signor Holker. Ad un tratto le abbassò puntandole verso il signor Brandok, che stava coricato in un letto vicino.
«Mi chiedete se il vostro compagno è vivo o morto, è vero?»
Il dottore accennò di sì.
«Non temete signor zio, se non vi rincresce che vi chiami con questo titolo di parentela, poiché appartengo alla vostra famiglia come discendente di vostra sorella Non temete, anche il vostro compagno sta per tornare alla vita e fra poco riaprirà gli occhi. Provate molta difficoltà a muovere la lingua? Vediamo, zio sono dottore anchio al pari di voi.»
Gli aprì la bocca e tirò parecchie volte quellorgano, che pareva si fosse atrofizzato, ripiegandolo poi in tutti i sensi, per fargli riacquistare la perduta agilità.
«Agisce ora?»
Un suono dapprima confuso uscì dalle labbra del dottor Toby, poi un grido:
«La vita! La vita!».
«Mercé il vostro filtro, zio.»
«Centanni?»
«Sì, dopo centanni di sonno» rispose Holker «non credevate certo di poter tornare vivo.»
«Sì! Sì!» borbottò il dottore.
In quellistante una voce fioca chiese:
«Toby? Toby?».
Il signor Brandok aveva aperto gli occhi e guardava il suo vecchio amico con uno stupore facile a comprendersi.
«Toby!» ripeté per la terza volta, tentando di rizzarsi sul guanciale.
«Non vi movete, signor Brandok» disse Holker. «Sono lieto di darvi il buongiorno e di udirvi anche parlare. Rimanete coricati; vi è necessario un buon sonno, del vero sonno.»
Savvicinò ad un tavolino su cui stavano parecchie fiale, ne prese una e versò il contenuto in due tazze dargento.
«Bevete questo cordiale» disse, porgendo ad entrambi le tazze. «Vi darà forza ah! mi scordavo di dirvi che i vostri milioni sono al sicuro, qui in casa mia Ricoricatevi, fate una buona dormita e questa sera pranzeremo insieme, ne sono certo.»
Il dottor Toby aveva mormorato:
«Grazie, mio lontano parente».
Poi aveva quasi subito chiusi nuovamente gli occhi. Il signor Brandok dormiva di già, russando sonoramente.
Il signor Holker rimase nella stanza parecchi minuti, curvandosi ora sulluno ora sullaltro dei risuscitati, e ripetendo con visibile soddisfazione:
«Ecco il vero sonno che farà ricuperare loro le forze. Meraviglioso filtro! Ecco un segreto che, se divulgato, renderà il mio antenato luomo più famoso del mondo. Lasciamoli riposare. Credo che ormai siano salvi».
Otto ore dopo il dottor Toby veniva svegliato da un sibilo leggero, che pareva venisse dal disotto del guanciale.
Assai sorpreso, sera alzato a sedere, gettando intorno a sé uno sguardo meravigliato. Nella stanza non vi era nessuno e Brandok continuava a russare nellaltro letto.
«Chi mi ha fischiato agli orecchi?» si chiese. «Che io abbia sognato?»
Stava per chiamare Brandok, quando udì una voce che pareva umana, sussurrargli agli orecchi:
«Gravi avvenimenti sono avvenuti ieri nella città di Cadice. Gli anarchici della città sottomarina di Bressak, impadronitisi della nave Hollendorf, sono sbarcati nella notte, facendo saltare parecchie case, con bombe. La popolazione è fuggita e gli anarchici hanno saccheggiata la città. Si chiamano sotto le armi i volontari di Malaga e di Alicante che verranno trasportati sul luogo dellinvasione con flotte aeree. Si dice che Bressak sia stata distrutta e che molte famiglie anarchiche siano rimaste annegate».
Il dottore aveva ascoltato, con uno stupore facile ad indovinarsi, quella voce che annunziava uno spaventevole disastro, poi aveva sollevato rapidamente il guanciale, poiché la voce sera fatta udire più precisamente dietro la sponda del letto, e scorse una specie di tubo sul cui orlo era scritto: «Abbonamento al World».
«Una meraviglia del Duemila!» esclamò. «I giornali comunicano direttamente le notizie a casa degli abbonati. Che abbiano soppressa la carta e le macchine per stamparla? Ai nostri tempi queste comodità non si conoscevano ancora. Come è progredito il mondo!»
Stava per chiamare lamico, che non si decideva ad aprire gli occhi, quando udì uscire dal tubo un altro fischio, poi la medesima voce che diceva:
«Guardate la scena».
Nel medesimo istante il dottore vide illuminarsi un gran quadro che occupava la parete di fronte al letto e svolgersi una scena orribile e duna verità straordinaria.
Degli uomini erano comparsi in mezzo a delle case e correvano allimpazzata, lanciando delle bombe che scoppiavano con lampi vivissimi.
I muri si sfasciavano, i tetti crollavano; uomini, donne e fanciulli precipitavano nelle vie, mentre larghe lingue di fuoco si alzavano sopra quegli ammassi di macerie, tingendo tutto il quadro di rosso.
Gli anarchici continuavano intanto la loro opera di distruzione, e le scene si succedevano alle scene con vertiginosa rapidità e senza la minima interruzione. Era una specie di cinematografo, duna perfezione straordinaria, veramente stupefacente, che riproduceva con meravigliosa esattezza la terribile strage annunciata poco prima dal giornale.
Per dieci minuti quel rovinio continuò, poi finì con una fuga disordinata di gente, che si rovesciava verso una spiaggia, mentre il cielo rifletteva la luce degli incendi.
«Straordinario» ripeteva il dottore, quando la parete tornò bianca. «Che progresso ha fatto il giornalismo in questi cento anni! E chissà quante meraviglie dovremo vedere ancora. Brandok, hai finito il tuo sonno?»
Udendo quella chiamata, il giovane aprì finalmente gli occhi, sbadigliando come un orso che si sveglia dopo il lungo sonno invernale.
«Come ti senti, amico mio?» chiese Toby.
«Benissimo.»
«Il tuo spleen?»
«Per ora non maccorgo che mi tormenti. E dimmi, Toby, abbiamo sognato, o è proprio vero che noi abbiamo dormito un secolo?»
«La prova labbiamo nelle nostre casseforti, che hanno portato qui mentre ci riposavamo.»
«Chi potrà credere che noi siamo risuscitati?»
«Il mio parente di certo, poiché è venuto lui a toglierci dal sepolcreto.»
«E dove ci troviamo noi? Ancora a Nantucket?»
«Non lo saprei davvero.»
«E tu come stai?»
«Provo un turbamento che non so spiegarmi e mi pare di essere molto debole.»
«Sfido io, dopo un così lungo digiuno?» disse Brandok, ridendo. «Non senti appetito? Io mangerei volentieri una bistecca, per esempio.»
«Adagio, mio caro. Non sappiamo ancora come funzioneranno i nostri organi interni.»
«Se il cuore, ed i polmoni non danno segno daver sofferto, dopo una così lunga fermata, suppongo che anche gli intestini riprenderanno il loro lavoro.»
«Eppure temevo che si atrofizzassero» disse Toby.
In quel momento la porta si aprì ed il signor Holker comparve, seguito dal gigantesco negro che portava dei vestiti simili a quelli che indossava il suo padrone e della biancheria candidissima.
«Come state, zio? Mi permettete di chiamarvi così, dora innanzi?»
«Certo, mio caro tardo nipote» rispose il dottore. «Mi trovo abbastanza bene.»
«Anche voi, signor Brandok?»
«Ho solamente un po di fame.»
«Buon segno; vestitevi e poi andremo a pranzare. Le vesti saranno un po diverse da quelle che si portavano centanni fa, però sono più comode e dal lato igienico nulla lasciano a desiderare, essendo disinfettate perfettamente.»
«E anche la stoffa mi sembra diversa.»
«Stoffa vegetale. Già da sessantanni abbiamo rinunciato a quella animale, troppo costosa e poco pulita in paragone a questa. Ah! Troverete il mondo ben cambiato; per ora non vi dico altro per non scemare la vostra curiosità. Vi aspetto nella sala da pranzo.»
Il dottor Toby e Brandok si cambiarono, fecero un po di toeletta, poi lasciarono la stanza, inoltrandosi in un corridoio le cui pareti lucidissime avevano degli strani splendori, come se sotto la vernice che le copriva vi fosse qualche strato di materia fosforescente, ed entrarono in un salotto abbastanza ampio, illuminato da due finestre larghe e alte fino al soffitto, che permettevano allaria di entrare liberamente.
Era ammobiliato con semplicità, non esente da una certa eleganza. Le sedie, la credenziera, gli scaffali situati negli angoli e perfino la tavola che occupava il centro, erano formati di un metallo bianco e lucentissimo che assomigliava allalluminio.