La tigre della Malesia - Emilio Salgari 14 стр.


 Forse la vostra presenza mi sarebbe di grande utilità disse egli, poi un lampo gli balenò in mente. Andiamo, milord, non nascondetemi che la vostra presenza a Varauni ha un significato.

 Infatti rispose lInglese accarezzandosi il mento, ha un importante significato. I pirati di Mompracem, amico mio, scorrazzano troppo arditamente questi mari. Crescono di audacia e di numero, e a dirla fra noi, minacciano seriamente le sorti della nostra colonia. Non abbiamo sufficienti forze per assaltare direttamente il loro covo e chiediamo il potente aiuto del sultano di Borneo.

 Ah! fe Sandokan quasi sardonicamente, ma in modo che il lupo di mare non potesse accorgersene. Questi pirati, di cui io ho fatto disgraziatamente la prova della loro audacia, sono veramente forti? Sarebbe mai vero, che Labuan avesse paura?

 Non si ha paura di Mompracem, ma di quel bravaccio che si appella la Tigre della Malesia. È un uomo che ha del sangue nelle vene, un uomo che mette i brividi a tutti i popoli delle coste. Non può essere un uomo quello là, ma uno spirito malefico uscito dallinferno; è un essere pieno di risorse e di coraggio.

 Vi crederò, lord James, ma quando andrò a Varauni non dimenticherò di raccomandarlo particolarmente al sultano. Lo faremo scomparire e io sarò della partita con tutti i miei prahos. La palla di moschetto lho sempre nel petto.

 Ecco ciò che io voleva, amico mio. Quando saremo a Varauni parleremo di più: là concerteremo il nostro attacco contro lisola maledetta della Tigre Malese.

Il lord trasse lorologio e guardò le ore, mentre Sandokan lo fissava con occhi di fuoco.

 Sono le quattro disse il lord. Devo recarmi presso alcuni amici onde concertare qualche bella partita di caccia per la domane. Voi che mi avete detto di essere forte come una colonna di ferro, potete fare un giro nel parco, dove sarà probabile che abbiate a trovare Marianna.

Sandokan sentì un fremito percorrergli le ossa. Una vampa gli salì in volto e sentì il cuore battere in maniera da credere che volesse spezzarsi. Era quello che aveva sognato, potersi trovare con lei, da solo a solo, per confessarle forse la gigantesca passione che lo divorava.

 Arrivederci, mio bravo amico disse il lord uscendo.

Il pirata non aspettò nemmeno che la porta si chiudesse del tutto. In un balzo fu dinanzi ai vetri della fenestra percorrendo con un solo sguardo da cima al fondo lintero parco.

Là, in mezzo ai fiori, allombra dei grandi alberi, accarezzata dal profumato soffio tropicale, vide lady Marianna seduta o meglio abbandonata su di un tronco di albero sradicato, muta, pensierosa, colle dita sulle corde della mandola.

Gli parve una celeste visione: tutto il sangue gli affluì in volto e rimase lì, immobile, come trasognato, cogli occhi fissi sulla giovanetta rattenendo persino il respiro. Dun tratto dette vivamente indietro come se un abisso si fosse aperto dinanzi.

Il suo volto soscurò improvvisamente prendendo una espressione truce, feroce. Un gran scoppio di riso satanico uscì dalle labbra: sentì per un istante che ridiventava la Tigre della Malesia.

 E che! esclamò egli con una voce che più nulla aveva dumano. Non sarei forse più io il pirata di Mompracem? Sono cangiato adunque io, per sentirmi attratto verso una fanciulla? Io! Io! Che non ho mai provato che gli stimoli del guerriero e della belva! Io, che porto il nome di Tigre della Malesia! Dimentico forse che la mia selvaggia Mompracem e che tutti i miei tigrotti maspettano per ricominciare le leggendarie imprese di Sandokan? Io, dimenticherei forse che questa fanciulla che mi affascina, è figlia di quella schiatta maledetta alla quale ho giurato odio e odio? Dimentico io che le forze umane di Varauni e di Labuan si preparano per ischiacciarmi? Via questa visione, via questi fremiti che non sono degni della Tigre. Spegniamo questo vulcano che arde nel mio cuore e facciamo sorgere cento e cento barriere insuperabili fra me e quella visione che mi mette il fuoco nelle vene, fra me e quella sirena che mi seduce, che mi affascina! Su, su, Tigre! fa udire il tuo ruggito, divora la riconoscenza che io devo a lei che ha alleviato i miei dolori e a lui che mi ha curato. Su, va, fuggi da questi luoghi, ritorna a quel mare che senza volerlo ti spinse su queste coste, ritorna ad essere Sandokan, il sanguinario e temuto pirata della terribile Mompracem!

Sandokan così parlando si era rizzato dinanzi ai vetri coi pugni chiusi, tutto fremente, tutto fuoco. Gli parve essere diventato un gigante, gli parve vergogna daver un sol istante amato, e gli parve di udire le urla dei suoi tigrotti che lo chiamavano alla pugna e di fiutare odor di polvere. Volle dare indietro, volle fuggire, ma non fu capace di muovere un passo. Egli rimase là, inchiodato dinanzi la fenestra come che una forza sovrumana ve lo tenesse cogli occhi che parevano schizzare dalle orbite, fissi sulla giovanetta: il pirata, la Tigre, tornò a diventare uomo e per di più amante!

 Marianna! Marianna! esclamò egli e alla invocazione di quel nome tutta la sua ira per quella figlia dInghilterra svanì. Si era allontanato passo passo dalla fenestra nellistante che era ridiventato lantico pirata di Mompracem; egli tornò ad avvicinarsi cozzando il capo contro i vetri.

Le sue mani si portarono involontariamente sul bottone: esitò un momento senza fiatare, senza staccare gli occhi dalla giovanetta che non sospettava nemmeno di essere spiata, poi con rapido gesto, ma senza far rumore, aprì la fenestra e si sporse allinfuori.

Un buffo daria tiepida e profumata penetrò nella stanza. Respirando quegli effluvi provenienti dai fiori di lei, sentì inebbriarsi, sentì ridestarsi più forte che mai quella passione un momento prima soffocata, si sentì suo malgrado vinto.

Le sue labbra lanciarono avidamente un bacio nellimmensità dello spazio e i suoi occhi cercarono scorgere il bel volto di Marianna semi-nascosto fra le ombre dei grandi alberi.

Il pirata lammirò in silenzio, fremente, anelante, trasognato. La febbre lo assaliva, si sentiva il fuoco scorrere per le vene e guizzare in tutte le parti del corpo e fiammeggiare nel cuore; gli pareva che nubi di fuoco scorressero dinanzi ai suoi occhi, in mezzo alle quali brillava la divina figura di Marianna.

Una pazza idea simpadronì di lui. Misurò laltezza che lo separava dal giardino, come la tigre misura lo slancio per avventarsi sulla preda, e quantunque superasse i dodici piedi, guadagnò il davanzale e saltò fra le aiuole.

 Bisogna che la veda ancora una volta, una sola mormorò egli quasi fuori di sé. Voglio godere ancora quella felicità che io provavo presso di lei vederla ancora, poi me ne andrò. Fuggirò senza dirle una parola, come un ladro che ha paura di essere preso me ne ritornerò al luogo donde sono partito, alla mia Mompracem nella mia isola fra i miei pirati. Se rimanessi la febbre mi abbrucierebbe non sarei più io la Tigre, non sarei più libero Orsù, ancora una volta, poi seppellirò quel nome a me tanto caro e quei ricordi, e ritornerò Sandokan.

Il pirata, senza fare più rumore di un serpente si mise a strisciare verso lei che volgeva il capo. Si avanzava con gli occhi infuocati fissi su lei, aspirava colla voluttà di un orientale le emanazioni dei fiori che parevano lalito di lei, si inebbriava in mezzo a quelle piante, in mezzo a quelle aiuole.

Era allora a dieci passi dalla giovanetta, nascosto dietro a un albero, quando la vide muoversi, agitarsi, alzare il volto verso il cielo, poi nascondersi il volto fra le mani.

Ella rimase per qualche tempo così, come assorta in dolorosi pensieri, poi le sue mani si portarono sulle corde della mandola, e la sua voce vibrante, dolce, carezzevole, improntata di una viva tristezza risuonò sotto le grandi volte di verzura destando gli echi delle foreste, aleggiando al disopra dei fiori che parevan piegare gli steli.

Ella rimase per qualche tempo così, come assorta in dolorosi pensieri, poi le sue mani si portarono sulle corde della mandola, e la sua voce vibrante, dolce, carezzevole, improntata di una viva tristezza risuonò sotto le grandi volte di verzura destando gli echi delle foreste, aleggiando al disopra dei fiori che parevan piegare gli steli.

Il pirata, nelludirla, credette essere in preda a un sogno. Tutti i suoi progetti di fuga sfumarono come per incanto, e rimase come inchiodato dietro lalbero, spiando i più lievi movimenti, porgendo attento ascolto a quella voce che scuoteva le sue fibre, che lo trasportava in un nuovo mondo.

 Resterò! esclamò egli. Resterò! Dovessi sacrificare il mio nome e la mia potenza!

Poi, senza aspettar altro, delirante, si mise a fuggire attraverso i viali con passo rapido.

Giunse sotto la fenestra e con un balzo guadagnò il davanzale. Aveva paura di non sapersi più padroneggiare, aveva paura di fuggire abbandonando quei luoghi che cominciava ad amare.

Era appena entrato che lord James capitò. Era più sorridente del solito.

 Amico mio, sapete cacciare la tigre? domandò egli al pirata.

 La tigre! esclamò Sandokan come non comprendesse il significato di quella domanda.

 E che, non usate cacciare la tigre voi, nella Malacca?

 Sì sì, è la mia passione rispose il pirata.

 Benone, amico mio. Domani caccieremo la tigre!

CAPITOLO IX. La caccia alla tigre

Durante tutta la sera Sandokan non si era fatto vedere, né da lei, né dal lord, accusando di provare un po di sfinimento e una violenta emicrania, il che non gli avrebbe impedito alla domani di trovarsi fra i primi a cacciare la tigre. Non era che una scusa per trovarsi solo; non vi erano emicranie di sorta per lui che non le aveva mai provate, né sfinimenti; sentivasi più forte che mai. Voleva esser solo, per prepararsi per la caccia cui egli riguardava ben sotto altro scopo. Era turbato dopo gli avvenimenti della giornata, che gli avevano aperto un nuovo avvenire, che lavevano spinto su di una nuova via, che avevano cangiato la Tigre della Malesia, forse prossima a lasciare per sempre quei mari che aveva bagnati di tanto sangue.

Aveva il fuoco nelle vene, non sapeva dominarsi più. Arrischiava lultima carta prima di precipitarsi perdutamente in mezzo a una nuova avventura, che per lui era la vita.

Egli girò e rigirò attorno la stanza come una belva rinchiusa nella sua gabbia, cercando allontanare quella visione che lo seguiva passo passo nellombra, che gli sussurrava nuove parole, che lo affascinava suo malgrado: poi si arrestò, come poche ore prima, dinanzi alla fenestra che guardava sul giardino come in preda a un sogno, e guardò senza sapere il perché al di fuori.

 Guarda mormorò egli cercando rompere le tenebre che avvolgevano il parco. Guarda! Qua la felicità, qua una vita nuova, qua lei e laggiù Mompracem, una vita davventuriere, una tempesta di ferro, del sangue, i miei uomini, il Portoghese! Quale di queste due vie? Tutto il mio sangue bolle, quando penso a quella fanciulla che non ho mai veduto nei miei sogni; il fuoco mi serpeggia nelle vene, entro le quali scorre piombo fuso! Si direbbe chio lamo, che lantepongo alla mia vita di uomo sanguinario. Il mio cuore rugge al sol pensiero che è figlia delle giacche rosse, ma sanguina al pensiero che io dovessi dimenticarla! Prima era il terror dei mari, prima non aveva mai provato emozioni, non aveva gustato che sangue e sangue e ora, non gusto che lei, non respiro che lalito di lei, non provo che emozioni per lei. Il mio mondo è lei!

Il pirata aprì la fenestra, aspirò laria fresca della notte. La notte era magnifica, stellata, una notte tropicale; egli sentì il sangue rimescolarsi, turbinargli, il cuore fiammeggiare. Con un balzo precipitò nel giardino ancor prima che potesse rendersi conto di quella mossa.

Rimase incerto, ascoltando lo stormir delle fronde e il sibilar del sangue negli orecchi.

 Se io fuggissi? si chiese egli. Se io frapponessi fra me e quella visione divina la foresta, poi il mare, poi poi dellodio, perché ha del sangue di loro! Ritornerei libero laggiù senza nulla rimpiangere senza farle conoscere che io lamo di già, ancor prima che lei abbia ad amarmi!

Sandokan fece alcuni passi come avesse preso una risoluzione movendo verso le mura del parco, poi sarrestò come lo spavento lavesse inchiodato al suolo. Gettò uno sguardo attorno, vide i grandi alberi che parevano messi là per spiarlo, vide quei fiori il cui profumo lo inebbriava, vide il tronco atterrato dove poco prima era seduta lei, vide su di esso la mandola poi qualche cosa di bianco. Fece un passo, due, poi dieci dirigendosi verso quel luogo col passo furtivo di un ladro.

 Era là mormorò egli con voce commossa. Era là, quella giovanetta affascinante, era là che cantava ed io ero laggiù a udirla, ebbro, trasognato! Se io non la vedessi mai più? Se io non la udissi mai più? Se fuggissi?

Egli girò nuovamente attorno lo sguardo e lo fermò sulla mandola, presso la quale vide un oggetto bianco. Egli si avvicinò come spintovi da una forza sopranaturale, senzessere capace di staccare da esso gli occhi, e lafferrò con mano convulsa.

Era un fiore, una rosa dei boschi che la giovanetta sera dimenticata. Il pirata lammirò a lungo come si ammira una cosa sacra, fiutò più volte il delicato profumo che esalava, la portò alle labbra, la baciò con appassionato trasporto. Stette un minuto, due, forse tre, così col fiore attaccato alle ardenti labbra, poi lo nascose nel petto e marciò dritto alle palizzate.

 Andiamo rantolò egli. Tutto sarà finito.

Egli si arrestò nel momento che stava per pigliare lo slancio e varcarle. Un singulto gli serrò la gola, un tremore lo prese. Egli nascose il volto fra le mani mugolando come una belva.

 Ma no! Ma no! esclamò egli. Non posso varcare questa cinta, non posso allontarmi da questi luoghi, nol posso, no, nol posso. Che sinabissi Mompracem e i pirati, io resterò!

Egli si era allora messo a correre pel parco volgendo le spalle alle palizzate, quasi avesse paura di dover varcarle, e come avesse paura di pentirsi di quelle parole uscitegli dalle labbra, che erano per lui una sentenza.

Rientrò nella stanza due ore dopo, trafelato per la corsa, affranto, tutto in sudore, più cupo che mai. Quando, dopo di aver a lungo esitato, si trovò ancora in quella stanza dalla quale era fuggito collintenzione di non rivederla mai più, un profondo singhiozzo gli uscì dalle frementi labbra.

 Ah! esclamò egli con tono di rimpianto. La Tigre della Malesia tramonta!

Egli passò la notte senza sapere il come, senzessere capace di chiudere occhio. Solo verso il mattino poté addormentarsi, ma fu un dormire di poche ore, poiché fu improvvisamente svegliato da un nitrire di cavalli, da un abbaiar di cani e da un vociare duomini.

Si vestì in un lampo, aprì la fenestra con precauzione per non essere visto, e guardò.

Sei o sette cavalieri, armati di fucili, di pistole e di coltelli a doppio taglio, erano entrati nel parco accompagnati da un branco di grossi cani. Sei, a giudicarli dalle vesti e dal fare, erano coloni dei dintorni, il settimo era un bello ed elegante ufficiale di marina, dal portamento altero e aristocratico. Sandokan guardò questultimo con particolare attenzione, e senza sapere il perché, provò una puntura al cuore, provò un sentimento quasi direi di gelosia e dinvidia.

La sua fronte nellammirarlo saggrottò a più riprese e le labbra si sporsero sdegnosamente. Ma non aprì bocca e rientrò proprio nel momento che il lord bussava alla porta gridando:

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