Straordinarie avventure di Testa di Pietra - Emilio Salgari


Emilio Salgari

STRAORDINARIE AVVENTURE DI TESTA DI PIETRA

1  Il tradimento di Davis

«Per tutti i campanili della Bretagna! Giù le armi o vi cacciamo tutti nel lago, miserabili!»

«No, mastro Testa di Pietra!»

«Come! Non obbedite? Siamo in quattro contro quattro ed io solo valgo per due uomini.»

«Noi non deporremo le armi. Consegnateci le due lettere che avete ricevuto dal generale Washington e dal baronetto Sir William Mac-Lellan, il comandante della famosa Tuonante.»

«Chi ti ha detto questo, mastro Davis?» urlò Testa di Pietra.

«Io lho saputo e quelle lettere non devono giungere al forte di Ticonderoga.»

«Ti hanno ingannato stupidamente, mastro Davis. Bella guida che avevamo preso con noi per giungere, da New York, sulle rive del Champlain!»

«Orsù, basta, per centomila corna di bisonte! Noi non siamo uomini da lasciarci abbattere da voi.»

«A me, Piccolo Flocco! A me, assiani Gettiamo nel lago questi traditori.»

«Mastro Testa di Pietra,» disse luomo che si chiamava Davis, «non vi consiglio dimpegnare la lotta, perché abbiamo bagnati i vostri fucili.»

«Abbiamo le scuri e poi non ti credo, canaglia.»

«Per maggior precauzione, finché dormivate, abbiamo tolte le selci dei vostri fucili. Potete assicurarvene subito.»

«Anche questa hai fatto! Vuoi la nostra morte?»

«No, solamente quelle due lettere che io devo consegnare al generale Burgoyne, poi vi lasceremo ritornare tranquillamente a New York.»

«Burgoyne! Chi è?»

«Il nuovo generale che ha preso il comando delle forze che aveva il generale Carcellon. Ma vi è specialmente una persona che desidera avere quei documenti.»

«Canta! Canta!» gridò Testa di Pietra, il quale aveva impugnato il fucile per la canna, dopo essersi assicurato che il traditore non avesse mentito affermando che le loro armi da fuoco erano ridotte ormai inservibili. «Non abbiamo affatto fretta.»

«Se volete saperlo, è il marchese dHalifax.»

«Il fratello del baronetto Mac-Lellan?»

«Precisamente.»

Testa di Pietra aveva mandato un vero ruggito ed aveva fatto due o tre passi innanzi roteando terribilmente il pesante fucile.

Il mastro della Tuonante, che tanta parte attiva aveva preso allassedio di Boston e in altri combattimenti contro glinglesi, guidando i corsari delle Bermude insieme al baronetto, era un uomo di forme massicce che poteva rivaleggiare, per sviluppo di muscoli, con un gorilla africano, con la barba brizzolata, irta come quella delle bestie feroci.

Ciò che soprattutto colpiva erano le enormi dimensioni del suo cranio. Non vi era da stupirsene poiché si sa che quasi tutti i bretoni, i figli delle pianure pietrose e delle coste quasi inospitali, hanno delle teste assai sviluppate e così dure che possono talvolta resistere persino ad un gran colpo di sciabola darrembaggio.

Dietro di lui venivano un giovane marinaio di ventidue o ventitré anni, bruno come un algerino, gli occhi nerissimi e i capelli pure, e due assiani, soldati mercenari che lInghilterra comperava dai principi della Germania, due bei giovanotti di alta statura, dalla pelle rosea, i capelli e i baffetti biondi e gli occhi azzurri come lacqua del mare.

Di fronte a loro però stavano altri quattro uomini. Mastro Davis, una famosa guida canadese che conosceva tutti i grandi e i piccoli laghi delle regioni nordiche e che era stato assoldato dal generale Washington, il quale lo aveva creduto un uomo onesto.

Era un uomo sulla quarantina, dalle forme quasi massicce come quelle di Testa di Pietra, enormemente barbuto.barbuto, assai brutto, ciò che faceva sospettare che fosse un meticcio con molte gocce di sangue irochese o algonchino nelle vene, piuttosto che un puro canadese.

Gli altri tre erano anche loro dei pezzi grossi, larghi di spalle e ricchi di muscoli, tutti di alta statura e dai lineamenti poco rassicuranti. Non dovevano però avere nelle loro vene sangue indiano a giudicare dalla loro pelle assai bianca.

Erano certamente discendenti di vecchi coloni francesi, sperdutisi poi nelle immense foreste dellOvest dopo che glinglesi avevano espugnato ferocemente Quebec e Montreal.

Erano tutti armati di fucili che tenevano puntati verso i quattro avversari privi ormai di armi da fuoco, tentando di mantenersi saldi in gambe poiché la piccola nave andava alla deriva fra grosse ondate.

Quella navicella era una fusta, larga di fianchi, alta di bordo, con un solo albero altissimo che portava una sola vela di dimensioni straordinarie, di fortissima tela per resistere ai furiosi venti delle regioni nordiche. Navicella veramente non si poteva chiamare, poiché stazzava non meno di centocinquanta tonnellate ed era capace dimbarcare anche una trentina duomini.

«Mastro Davis!» gridò Testa di Pietra, la cui barba diventava sempre più arruffata. «Chi è che andrà a finire in fondo al lago? Noi non ne abbiamo nessun desiderio poiché lacqua è troppo fredda in questa stagione, e poi si dice che quelle del Champlain abbiano delle profondità straordinarie.»

«Può darsi,» rispose il meticcio canadese, tenendo sempre puntato larchibugio. «Ma mi pare che sia ora di finirla con le chiacchiere, mastro Testa di Pietra. Se ci scaldassimo un popò le mani ed in fretta?»

«A colpi dascia? Ci tengo sempre,» rispose il lupo di mare. «Di teste ne ho spaccate io non poche nei diversi arrembaggi che noi, corsari delle Bermude, davamo alle navi inglesi per aiutare gli americani.»

Davis scosse la testa.

«No,» disse poi. «Io non sono un vero marinaio e sarei certo di cadere subito sotto i vostri primi colpi. Finiamola: fuori le lettere.»

«Per tutti i campanili della Bretagna, io non le ho!» gridò Testa di Pietra facendo un altro passo avanti, seguito subito dai suoi tre compagni. «Tengo in tasca solamente la mia famosa pipa entro la quale hanno fumato quattro generazioni. Ah! Come tira ancora dopo due o trecentanni!»

«Basta con gli scherzi!»

In quel momento una grossa ondata si rovesciò sul tribordo della fusta, scotendola tutta e facendo retrocedere i canadesi.

«Lascia che qualcuno dei miei uomini prenda il timone!» gridò Davis che diventava sempre più furioso. «Non siamo che a un miglio dalla costa e finiremo per naufragare.»

«Che cosè un naufragio per un marinaio? Un bellissimo divertimento, mastro mio. Nessuno dei tuoi uomini passerà a poppa, alla barra.»

«Mettete allora uno dei vostri.»

«Allora resteremo in tre mentre voi, birbanti, siete in quattro. Il timoniere non potrebbe prender parte alla lotta.»

«Finitela!» gridò Davis mentre una seconda ondata, accompagnata da un colpo di vento freddissimo, si rovesciava sulla fusta.

«Si vede proprio che tu non sei mai stato marinaio ma solamente canottiere dei laghi. Ti spaventi per un po dacqua! Se il lago Champlain questa notte è di cattivo umore, lasciamolo fare.»

«Ma voi volete gettarci alla costa! Io ho indovinato ormai il vostro pensiero. Ricordatevi però che tutti i canadesi sono nuotatori abilissimi che possono dare dei punti ai castori.»

«Ne ho molto piacere. Così, se la fusta si spaccherà, nessuno andrà a finire in fondo al lago.»

Fu Davis questa volta che gettò un ruggito da belva feroce.

«Ah! Non volete cedere sapendovi privi darmi da fuoco?» gridò.gridò, digrignando i denti lunghi e gialli come quelli dun orso grigio. «Ora basta! Per lultima volta arrendetevi e datemi le lettere che il marchese dHalifax mi pagherà.»

«Con qualche sacco di sterline,» disse Testa di Pietra, ironicamente. «Diventeresti un signore se quelle lettere mi fossero state veramente consegnate.»

«Sì, per Arnold, il comandante del forte di Ticonderoga.Ticonderoga, o per Saint-Clair, il nuovo comandante che Washington ha mandato con tremila uomini a rinforzare la guarnigione del forte.»

«To! to!«Tò! tò! quante cose sai tu! Ed io che non ho mai udito nominare quei generali americani!»

«Voi mentite! Arnold è troppo popolare in America e perfino i negri saprebbero dirmi chi è.»

«Eppure, mastro Davis,» disse Testa di Pietra, facendo intanto un altro passo avanti, «ti assicuro che non lo conosco.»

Il meticcio sembrava sconcertato dalla grande calma del bretone e lanciava delle fugaci occhiate ai suoi uomini come per chiedere loro un pronto aiuto.

«Quando la finiremo con questa conversazione?» disse finalmente. «Di chiacchiere ne abbiamo fatte già troppe.»

«Niente affatto,» rispose il bretone, il quale si preparava ad un furioso attacco. «Sono appena sonate le dodici allorologio di Piccolo Flocco, il quale possiede una magnifica macchina a ripetizione. La notte è abbastanza chiara, il lago non è poi tanto cattivo da spaventarci, nessuno, almeno per il momento, ci minaccia, quindi possiamo»

Con un salto da orso nero il bretone si era gettato improvvisamente sul traditore tentando di rompergli il cranio con il calcio del fucile.

Rimbombò uno sparo proprio nel momento in cui una terza ondata, più alta delle altre, si rovesciava sulla fusta mandando a gambe levate i canadesi i quali non avevano i piedi dei marinai.

Davis aveva fatto fuoco nel momento in cui cadeva e la palla si era perduta lontana.

«Arrendetevi!» urlò Testa di Pietra. «Siete in nostro potere!»

I tre canadesi che seguivano Davis si erano provati a sparare, ma le loro armi, bagnate da quellondata, non avevano preso fuoco ed essi erano fuggiti sulla prua della fusta, impugnando rapidamente le asce.

Già Testa di Pietra credeva di tenere il bandito, quando questi, per la seconda volta, gli sfuggì slanciandosi sulle sartie e spingendosi fino alla cima del grande albero, sopra la crocetta.

«Per centomila balene sventrate!» gridò il bretone. «Mi è scappato e non abbiamo niente per fucilarlo. Quelluomo è più agile di certe scimmie che ho veduto nei miei numerosi viaggi sulle coste africane. Ehi, Piccolo Flocco, che cosa ne dici tu di questa bella sorpresa?»

«Bada ai canadesi, Testa di Pietra,» rispose il giovanotto. «Hanno gettato i fucili per impugnare le asce darrembaggio e sembra che aspettino qualche comando dal loro capo.»

«Ma quella gente non oserà nemmeno avvicinarci,» rispose il bretone, il quale si era pure armato di unascia. «Attaccare noi marinai! Ah! Ah! Questi uomini ci avevano proprio presi per dei veri merli.»

«Guarda di non fare la fine di un merlo o di qualche uccello marino,» disse Piccolo Flocco. «Mentre tu chiacchieri come le pescatrici di Batz, quel brigante che si è rifugiato sullalbero sta cambiando la carica del suo archibugio.»

«Quel pappagallo?»

«È un canadese e tu sai che le genti che abitano questi laghi sono sempre stati famosi cacciatori.»

«Corpo di una balena! Che io invecchi davvero?»

Poi, alzandosi tutto, gridò con voce tonante:

«In ritirata sul castello di poppa! Improvvisate una barricata coi barili pieni di farina e di lardo che ci sono nella stiva. Su, desti!»

«Ora comandi come un ammiraglio.»

«Ora lo sono,» rispose il bretone, serio serio. «Non è questo il momento di commettere delle imprudenze. Sgombrate!»

Balzarono attraverso il ponte, lesti ancora come scoiattoli, e si rifugiarono a poppa, la quale si alzava di più della prora.

I due assiani che, se parlavano poco, agivano molto, si precipitarono nel quadro e cominciarono a portare in coperta dei barili che contenevano dei viveri, improvvisando rapidamente una barricata.

Piccolo Flocco si era intanto gettato sulla barra del timone poiché la fusta andava alla deriva rapidamente, come se fosse trasportata da qualche corrente, e le onde si succedevano alle onde sempre più impetuose, mentre un vento freddissimo si scatenava, cacciando dinanzi enormi ammassi di nebbia assai folta.

Una tempesta pareva che fosse lì lì per scoppiare e mettere a soqquadro le acque del Champlain.

Testa di Pietra aveva rovesciato labitacolo di poppa, sradicandolo con una poderosa strappata, e vi si era nascosto dietro per sorvegliare il suo «pappagallo».

Il «pappagallo», si capisce, era Davis il quale era luomo più pericoloso per tutti, avendo potuto mettere in salvo il suo grosso archibugio prima che londata glielo bagnasse.

Il miserabile, con le gambe ben strette intorno alla crocetta, onde resistere ai colpi di rollio e di beccheggio che si alternavano, stava appunto ricaricando la sua arma.

Non era unoperazione facile da compiersi lassù, a dodici metri di altezza, con le grandi oscillazioni che descriveva lalbero, la cui vela era stata sventrata da un colpo di coltello.

Però non poteva tardare a riuscirvi e, essendo un canadese, ossia un abilissimo tiratore, poteva ammazzare qualcuno.

Testa di Pietra fece spingere tre o quattro barili dietro la ribolla del timone per mettere al coperto Piccolo Flocco che aveva preso, per il momento, la direzione della fusta, e si rannicchiò dietro la seconda barricata che era stata pure rinforzata con rapidità prodigiosa dai due robustissimi tedeschi.

«Mastro Davis!» gridò allora. «Hai finito di caricare il tuo catenaccio?»

«È quasi pronto,» grugnì il bandito.

«E chi vuoi ammazzare prima di tutti?»

«Voi, per prendervi le lettere.»

«Tu sei diventato pazzo.»

«No, mastro, il mio cervello è ben solido e chiuso con sessanta chiavarde.»

«Bum! Trombone! Ma tu devi avere indosso una le le le aiutami, Piccolo Flocco, che hai studiato più di me. Come si direbbe?»

«Una letterite acuta,» rispose il giovane dando un colpo di barra alla fusta per portarla fuori da un grosso cavallone che veniva dal largo.

«Bravo, per tutti i campanili della Bretagna! I curati di Pontiguen dovevano essere ben più istruiti di quelli di Batz. Ti farò dare un dieci quando torneremo laggiù, un giorno, dal tuo insegnante se sarà ancora vivo.»

«Uhm! Era troppo vecchio.»

«Mastro Testa di Pietra!» gridò Davis il quale aveva finito di caricare il suo archibugio. «Vi siete deciso ad arrendervi?»

«Era la domanda che stavo per rivolgere a te,» disse il bretone.

«Come! Col fucile che ho fra le mani?»

«Caricato troppo tardi, mio caro. Ormai siamo dietro due barricate che saranno sufficienti ad arrestare le tue palle di mollica di pane. Stai lassù, in alto, come un pappagallo e non ti sei accorto che noi ormai ci siamo protetti.»

«Siete stati troppo lesti.»

«Sfido io! Siamo marinai e non già canottieri dei laghi o camminatori dei boschi.»

«Vi ucciderò egualmente!» urlò Davis, il quale si agitava furiosamente sopra la crocetta, puntando e ripuntando il suo vecchio fucile. «Io ne ho abbastanza!»

«E io più di te, amico.»

«Sparo!»

«Spara.»

«Poi vi prenderò le lettere.»

«Letterite acuta! Letterite acuta!»

«Badate che avrete da fare i conti coi miei canadesi, uomini che non hanno mai avuto paura di misurarsi anche in un corpo a corpo.»

«Corpo della taverna delle <Trenta Corna di Bisonte>, di Boston. Quel pappagallo, se continua così, diventerà meraviglioso, vero, Piccolo Flocco?»

«Diventerà un canarino,» rispose il giovane timoniere, il quale teneva pure lui docchio il fucile del meticcio.

«Sparo! Sparo! Sparo!» urlò Davis al colmo della collera.

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