Un fremito di paura corse per le membra di tutto luditorio a quella solenne affermazione del vecchio marinaio. I mozzi si strinsero attorno ai marinai, e i marinai addosso agli ufficiali. In quel momento si sarebbe udita volare una mosca, tanto era profondo il silenzio che regnava sulla nave, e si sentivano distinti i palpiti di tutti i cuori. Gli occhi di ciascuno erano fissi fissi sul mastro, che pareva assumesse proporzioni gigantesche e che diventasse di momento in momento più bianco, più diafano, e come uno dei paurosi fantasmi che popolavano la cala del Caronte.
Verso il tramonto, riprese papà Catrame con voce cupa, ecco apparire in lontananza il Capo Horn, il temuto promontorio dellAmerica meridionale. Parve allora che il mare raddoppiasse la sua ira, non altrimenti che quello del Capo di Buona Speranza, quando lolandese maledetto vendette lanima al diavolo, per superarlo malgrado la tempesta.
In cielo guizzavano lampi abbaglianti e il tuono rombava incessantemente, facendo tremare perfino gli alberi della nostra nave; fra le nubi sibilava e strideva il vento, e le onde si accavallavano con una rabbia tale che non vidi più mai dopo dallora, quantunque abbia affrontato di poi non so quanti uragani.
Lequipaggio, spaventato, smarrito, pregava; ma il capitano, no imprecava orrendamente contro il Cielo e invocava Satana per aiutarlo a superare il promontorio.
Ed ecco ad un tratto apparire sulle spumeggianti onde un punto nero che si avvicina a noi con fulminea rapidità: era la procellaria, quella stessa che era venuta a svolazzare tre volte sul ponte, dopo la morte del marinaio.
Girò ancora tre volte attorno a noi e si fermò sopra il nostro vento dellalbero di mezzana.
«È lanima del marinaio!» esclamarono tutti. «Sciagura! sciagura!»
«Ritorni allinferno!» urlò il capitano, e, puntato un fucile, fece fuoco due volte contro luccello, ma senza colpirlo, poiché volò via lentamente, fece tre giri ancora attorno al Caronte e sparve fra le onde.
Ci allontanammo dal capitano, inorriditi, esclamando:
«Sciagura! sciagura!»
Egli ci rispose con un uragano di imprecazioni orribili.
Il mastro dequipaggio, un vecchio dalla barba bianca, che credeva come me al ritorno delle anime, scese nella sua cabina, prese la croce e la piantò sulla prua del legno.
Quellatto rese più che mai furibondo il bestemmiatore. Slanciatosi giù dal ponte di comando, balzò sul castello di prua e gettò la croce in mare!
Quasi subito un lampo livido balenò fra le nubi, seguito da un rombo così spaventevole che cademmo tutti tramortiti sul ponte. Quando ci rialzammo la giustizia di Dio era compiuta: lempio giaceva ai piedi dellalbero maestro senza vita: un fulmine laveva ucciso!
Allora sulla linea fosca dellorizzonte vedemmo il mare alzarsi a prodigiosa altezza, mentre sulle alte rocce del Capo Horn lampeggiava; poi apparve fra una luce sanguigna un gran vascello tutto nero, colle vele pure nere sciolte al vento e guidato da un uomo di statura gigantesca. Era il vascello dellolandese maledetto, che veniva a reclamare lanima del bestemmiatore!
Correva con una velocità spaventevole, urtato da tutte le parti da onde mostruose e sulla cima dei suoi alberi brillavano tre fiamme azzurre. Percorse un tratto dellorizzonte, poi scomparve improvvisamente come se si fosse inabissato.
Voi mi direte che era una nave qualunque, ingrandita dalla nostra paura, poiché voi non credete al vascello fantasma; ma io lho veduto coi miei occhi, e gli occhi di papà Catrame erano buoni in quel tempo! Voi direte che ho creduto di vedere, ma io vi affermo che ho veduto bene e nessuno potrà mai farmi credere il contrario.
Volete sapere di più? Quando lindomani gettammo in mare il cadavere del bestemmiatore, lo vedemmo alzarsi tre volte sopra lacqua; poi le onde se lo presero e lo portarono lontano lontano, verso il luogo ove era scomparso il vascello fantasma.
Papà Catrame è qui ancora, ma il capitano del Caronte è a bordo dellolandese, dannato anche lui a navigare eternamente sul mare tempestoso fra il Capo Horn e quello di Buona Speranza!
Un silenzio glaciale accolse la sinistra chiusa del vecchio marinaio. Nessuno fiatava, allinfuori del capitano, che sorrideva sempre: si sarebbe detto che tutti avevano paura di volgersi per la tema di scorgere il vascello maledetto solcare lorizzonte. Su tutti i volti si leggeva un superstizioso terrore e i mozzi specialmente erano pallidissimi.
Papà Catrame centellinò un altro bicchiere di Cipro, si mise la bottiglia sotto il braccio, ci augurò la buona notte con tono canzonatorio e discese dal barile per tornare nella cala, quando il nostro capitano, che non aveva cessato di sorridere durante la intera narrazione, gli fe cenno di arrestarsi:
È questa la tua storia? gli chiese con voce beffarda.
Sì, rispose il mastro, stupito per quella interrogazione.
Dunque tu credi allesistenza del vascello fantasma?
Se credo! Lho veduto coi miei propri occhi!
O hai creduto di vederlo?
Mastro Catrame lo guardò con certi occhi che pareva volessero dire: «Ma voi impazzite?»
Catrame, disse il capitano, diventato serio. Non ti è mai passato pel capo il dubbio di aver veduto male o di essere stato ingannato da qualche fenomeno?
Mai, signore, rispose il mastro, sempre più stupito.
Dimmi allora: hai mai udito parlare del miraggio, o, se meglio ti piace, della fata morgana?
Non so cosa volete dire.
Allora ti spiegherò io. Sul mare, come sugli ampi deserti, specialmente sul Sahara, per esempio, avviene talvolta un fenomeno strano, ma spiegabilissimo.
Quando gli strati dellaria, dilatati pel contatto caldo col suolo o con una distesa dacqua che ha una certa temperatura ed aventi una densità differente, non si mescolano a quelli soprastanti, fanno vedere delle curiosissime illusioni dottica: di una semplice roccia ti fanno vedere unisola verdeggiante, di un canotto un vascello, di un vascello un naviglio mostruoso, di un uomo un gigante, eccetera. Ora cosa pensi tu dellapparizione del preteso olandese?
Che gli scienziati hanno inventato delle belle frottole, signore.
No, Catrame: la frottola ce lhai data da bere tu, o meglio sei stato corbellato da un semplice miraggio. Il grande vascello che tu hai veduto e che credevi appartenesse allolandese maledetto, il quale, se non lo sai, non è mai esistito, era una nave qualunque che passava allorizzonte, ingrandita e trasformata dalla fata morgana. Ah, Catrame, come sei credulo!
Il mastro lo guardava trasognato. Stette parecchi minuti immobile fissando il capitano, poi si allontanò a lenti passi e sparve pel boccaporto. Benché quella spiegazione scientifica fosse giusta, fu poco persuasiva pel nostro equipaggio, ed io scommetterei che quella notte più dun marinaio non dormì e che gli uomini di guardia aguzzarono più volte gli occhi per vedere se allorizzonte appariva il legno dellolandese maledetto.
Il passaggio della linea
Per tutto il giorno seguente papà Catrame non comparve sul ponte della nave. Rintanato nella cala, aveva dormito come un ghiro, russando come una trottola dAllemagna. Svegliatosi, sorseggiò ciò che era rimasto nella bottiglia e divorò con un appetito da pescecane la razione recatagli dai mozzi.
Del resto, la sua presenza in coperta non era necessaria, poiché il tempo si manteneva tranquillo, loceano era liscio come uno specchio, e il vento debole.
Quando però il sole scomparve allorizzonte e la luna si alzò in cielo, riflettendosi vagamente nellazzurra e limpida superficie del mare, si udì la scala del boccaporto maestro scricchiolare, e poco dopo si vide apparire il vecchio marinaio.
Del resto, la sua presenza in coperta non era necessaria, poiché il tempo si manteneva tranquillo, loceano era liscio come uno specchio, e il vento debole.
Quando però il sole scomparve allorizzonte e la luna si alzò in cielo, riflettendosi vagamente nellazzurra e limpida superficie del mare, si udì la scala del boccaporto maestro scricchiolare, e poco dopo si vide apparire il vecchio marinaio.
Aspirò avidamente una boccata daria marina, percorse il legno da prua a poppa, con quel suo dondolamento che lo faceva rassomigliare a un orso bianco, diede una sbirciata alle vele senza guardare in viso nessuno, caricò flemmaticamente la sua corta pipa, nera come la camicia di uno spazzacamino, poi andò a sedersi con tutta gravità sul barile e parve immerso in profondi pensieri.
Tosto i marinai, a due, a tre alla volta, i più coraggiosi prima, i paurosi poi, ed i superstiziosi ultimi, savvicinarono silenziosamente al vecchio marinaio, circondandolo. Il capitano fu lultimo a giungere, tenendo in mano unaltra bottiglia.
Tutti rispettavano il raccoglimento del vecchio, e certo nessuno avrebbe osato strapparlo alle sue meditazioni; ma la pazienza non era la virtù del capitano.
Olà, papà Catrame, sei morto? gli chiese.
II vecchio alzò il capo e, fissando il comandante, gli domandò a bruciapelo: Credete al re del mare, voi?
Il capitano scoppiò in una risata fragorosa, ma nessun marinaio lo imitò. Bensì tutti lo guardarono con stupore, come se fossero meravigliati che egli non prestasse fede a ciò che narrava papà Catrame.
Il lupo di mare non mostrò tuttavia di offendersi, però la sua fronte si corrugò, e, battendo con quelle mani callose e irte di nodi i bordi del barile, esclamò: Me lo direte poi!
Ricadde nelle sue meditazioni, ma per pochi istanti, poiché ad un tratto si scosse, come se avesse trovato quello che cercava nei suoi lontani ricordi, e disse: Oggi non si costuma più; i lodevoli usi degli antichi marinai sono messi da un lato come ferravecchi inservibili, e non si crede che valga la pena di rendere omaggio a Nettuno, il re degli abissi marini. Che importa se le navi affondano più spesso che una volta? Sono casi, dicono gli scettici; sono accidenti, affermano gli spregiudicati. Al diavolo le superstizioni dei vecchi marinai! Lasciamo da parte le leggende, distruggiamo tutto, ché il mondo deve rifarsi. Non è cosi?
Papà Catrame fece udire un riso stridulo, beffardo, che aveva un non so che di strano, e che parve si ripetesse fino in fondo alla stiva.
La linea! riprese poi. Chi oggi, passando la linea, rende omaggio al re del mare? Peuh! Hanno altro pel capo i marinai moderni, che di pensare a Nettuno! Ma quale vendetta si prende talora questo re del mare! Oh che! credete forse che gli antichi marinai abbiano inventato la cerimonia per far ridere voi, spregiudicati? O credete che un tempo pensassero a divertirsi frammezzo alle onde incalzanti e ai sibili diabolici del vento? No, no; e papà Catrame, se così vi parla, ne ha il motivo.
Voi siete giovani, e nulla sapete sul passaggio della linea, che oggi si celebra al più con una innaffiata del ponte; ma un tempo era una cerimonia importante, e nessun marinaio, per quanto audace, avrebbe osato passarvi sopra, poiché la vendetta di Nettuno presto o tardi lo avrebbe infallantemente colpito.
Ora ve lo proverò.
Papà Catrame rattizzò la pipa col suo pollice incombustibile, sorseggiò un buon bicchiere che gli offriva il capitano, reclamò con un gesto maestoso il più assoluto silenzio, e dopo di essersi accomodato sul barile, principiò la sua seconda e non meno interessante narrazione.
Un destino strano, incomprensibile, mi spinse sempre a prendere imbarco sulle peggiori navi della nostra marina; e io non le cercavo, veh! Quasi tutti i capitani che ho servito nella mia lunga, lunghissima carriera marinaresca, erano bestemmiatori o scredenti. Non badavano alle nostre tradizioni, non badavano ai nostri vecchi usi, non credevano né alle sirene, né alle figlie della spuma, né ai mostri marini, a nulla insomma.
Mi ero imbarcato in qualità di gabbiere su di una vecchia corvetta, di cui ora non ricordo il nome, poiché sono passati da quellepoca lunghi anni. Era una gran nave però, buona veliera, un po vecchia, sì, ma colle costole ancora robuste, destinata ai lunghi viaggi dellOceano Atlantico e dellIndiano, e perciò costretta a passare sovente la linea equatoriale.
Il capitano aveva sempre, fino allora, conservato lusanza di rendere il dovuto omaggio al re del mare, quando dallemisfero settentrionale passava nellemisfero australe, e mai aveva avuto a pentirsene. Anzi soleva dire che, appunto per quello, la sua corvetta godeva una buona protezione; ed infatti mai una tempesta fatale laveva sorpresa, e quelle ordinarie le aveva facilmente vinte.
Ma gli uomini purtroppo cambiano, e anche il nostro capitano, seguendo landazzo dei tempi, a poco a poco si era mutato, diventando uno spregiudicato.
Avvenne or dunque che la nostra corvetta si trovò un giorno nei pressi della linea equatoriale. Voi già sapete che questa linea è puramente geografica, e perciò invisibile: è un semplice parallelo, egualmente distante dai due poli.
Lequipaggio, fedele alle tradizioni marinaresche, cominciò a fare i preparativi onde procedere al battesimo, e rendere quindi il dovuto omaggio a Nettuno, il quale si dice abiti in prossimità della linea.
Oh, allora erano bei tempi! Voi siete giovani, e non potete avere che una pallida idea di quella cerimonia che faceva battere il cuore del marinaio, perché sapeva di compiere un dovere che lo metteva al coperto dal furore degli oceani.
Quando echeggiava sul ponte di comando: «Ecco la linea!» una viva emozione simpadroniva di tutti: ufficiali, marinai e mozzi, eccoli tutti in movimento per prepararsi alla festa.
La gran gala, formata dalle bandiere di tutti gli Stati del mondo e dalle bandiere dei segnali, saliva maestosamente in aria, distendendosi fra lalbero di mezzana e la punta del bompresso, e il vessillo nazionale sinnalzava maestosamente sul picco della randa, salutato da un colpo di cannone.
Si frugavano e rifrugavano le casse di tutti, si spogliavano le cabine dellufficialità e dei passeggeri per ornare lopera morta, e dappertutto si stendevano tappeti, arazzi e scialli variopinti, tramutando la nave in unimmensa sala, sfolgorante pei lucenti metalli dellattrezzatura e per le tinte vivaci di tutto quel pandemonio di bandiere svolazzanti e di stoffe spiegate al vento.
Il mastro dequipaggio e una dozzina dei più robusti marinai scomparivano, mentre gli altri preparavano le pompe e i mastelli pel battesimo, tanto più gradito al re del mare quanto più era abbondante
Nel momento preciso che il vascello passava la linea, ecco giungere sotto lanca di tribordo o di babordo unimbarcazione adorna di arazzi e di bandiere, montata da una dozzina di tritoni e da un vecchio che raffigurava Nettuno. Una voce grossa grossa si alzava dal mare, chiedendo:
«È battezzato il vascello?»
«No!» rispondeva lequipaggio.
«Ammainate la scala, dunque!» comandava la voce grossa.
La scala donore veniva tosto calata: i marinai si schieravano a prua coi mastelli pieni dacqua, dinanzi e attorno alle pompe; gli ufficiali e i passeggeri a poppa.
Il re del mare saliva gravemente sul ponte. Era un vecchio dalla lunga barba, adorno di conchiglie, recante in capo una corona di metallo e nella sinistra un tridente. Lo seguivano dodici marinai camuffati da tritoni, carichi di conchiglie e di alghe marine.
Il re, che era rappresentato dal mastro, si avanzava verso il capitano, seguito da tutto il suo stato maggiore, e dopo di aver ricevuto un lungo inchino da parte dellintera ufficialità, chiedeva al comandante: «Hai pagato il tuo tributo al re del mare?»