Nellina: Dramma in tre atti - Roberto Bracco 2 стр.


(come scandalizzato) Ma, dico: per chi mi prendete?

Nellina

(freddamente astiosa) Per una robaccia.

Don Candido

Per una robaccia?! Insomma, io sono perseguitato dalla calunnia! (Continua a guardare a terra.)

(Breve pausa.)

Nellina

(si accosta al tavolino, sceglie un bicchiere e vi versa il Whisky e l'acqua di soda.)

Don Candido

(levando gli occhi) Anche il Whisky?

Nellina

Il signor Cesare mi ci sta abituando.

Don Candido

E voi?..

Nellina

Perchè no?.. Mi piace. (Beve.)

Don Candido

Benissimo!

Nellina

(coi gomiti appoggiati al tavolino, ora lo osserva attentamente.) Siete tutto pulito, oggi!.. Che cosa avete lì, che vi spunta dal panciotto?

Don Candido

Oggi è la santissima domenica delle palme. Questo è un ramicello di ulivo benedetto.

Nellina

(gli mette la mano nel panciotto, e tira fuori il ramoscello.)

Don Candido

Ve lo pigliate?

Nellina

(senza rispondergli, lo guarda con una curiosità mista di disgusto.)

Don Candido

Adesso, diciamo così, siete voi che guardate me.

Nellina

Mi viene la voglia di cacciarvi il ramicello di ulivo in un occhio. (Gli sfiora, difatti, un occhio con la punta del ramoscello.)

Don Candido

(alzandosi) No!.. Che vi salta in mente?! Mi accecate!

Nellina

Robaccia!

Don Candido

(preso dalla stizza e da una repentina sensualità cattiva) Se non state tranquilla, io vi afferro.

Nellina

(sfidandolo con rabbioso disprezzo) Fatelo! Fatelo! Voglio vedere come lo fate!

Don Candido

(ghermendola forte per le spalle e stringendo i denti) Siete la più terribile delle birichine!

Cesare

(entra all'improvviso e, con austerità collerica, esclama:) Don Candido!

Don Candido

(scostandosi da Nellina con un soprassalto, e confondendosi un poco) Mi voleva mi voleva accecare Non dovevo difendermi, io?

Cesare

(a Nellina:) Lo volevi accecare!

Nellina

(mostrando il ramoscello, senza guardare nè Cesare, nè Don Candido) Già.

Cesare

(a Don Candido:) E voi, col pretesto di difendervi, facevate l'orangutango?

Don Candido

Ci siamo all'orangutango!

Cesare

(lo fissa, tentennando il capo in segno di rimprovero.)

Don Candido

(per darsi un'aria disinvolta, con una mano finge di spolverare una manica della redingote.)

Cesare

No, no! Lì non ce n'è polvere. Dovreste spolverare piuttosto la vostra coscienza!

Don Candido

È così spolverata!

Cesare

(gli si avvicina e gli consegna due buste: una chiusa, l'altra, più grande, imbottita di biglietti di banca; e gli dice sottovoce:) Questa è la lettera, e questo è

Don Candido

Ho capito.

Cesare

La cifra è scritta sulla busta.

Don Candido

(guardando la cifra, torce il muso ed alza le sopracciglia come per dire: «troppo poco, non ce la facciamo!»)

Cesare

Siate molto cortese, ma

Don Candido

laconico ed esauriente.

Cesare

Senza lavorarvi la piazza per conto vostro. Mi spiego?

Don Candido

Che castigo di Dio è la calunnia!

Cesare

Andate, andate, don Candido.

Don Candido

Benissimo. (Esce a destra.)

SCENA IIICESARE, NELLINA, poi GIACOMOCesare

(tenendo d'occhio Nellina, relativamente impacciato, in silenzio, si sdraia sopra una poltrona.)

Nellina

(tira fuori da una saccoccia un piccolo portasigarette di metallo bianco e una scatoletta di cerini; si caccia fra le labbra un'altra sigaretta, l'accende, e, affaticandosi a fumare come dianzi, lentamente, sciattamente, si avvia verso la destra.)

Cesare

Nellina!

Nellina

(si ferma senza voltarsi.)

Cesare

Mi fai il favore di non dare tanta confidenza a quell'imbecille?

Nellina

(alza le spalle con noncuranza.)

Cesare

Già, in generale, tratti con troppa familiarità anche i servi di casa.

Nellina

(voltandosi appena) Fino a poco tempo fa, mi lasciavate sempre in loro compagnia.

Cesare

T'ho tenuta, per altro, come una piccola parente! Se tu fossi rimasta nell'ospizio, dal quale ti ho tolta bambina, non saresti che una povera operaia. Io non mi vanto; ma tu mi potresti risparmiare questi rimproveri. Che dovevo fare, io? Dovevo condurti attorno con me?

Nellina

E, dunque, mi sono abituata a stare con i servi.

Cesare

Ma adesso che io comincio a preferire una vita più casalinga non c'è ragione che tu vada gironzolando fra le livree.

Nellina

Io ci trovo gusto.

Cesare

Malissimo!

Nellina

Almeno, ai servitori, posso dire tutte le insolenze che mi vengono alle labbra.

Cesare

A che proposito?

Nellina

Sono uomini anche quelli. (Con un'altra alzata di spalle, sta per dirigersi di nuovo verso la destra.)

Cesare

(dissimulando la sofferenza prodottagli dal contegno di lei, e cercando dei pretesti per trattenerla) Ma stammi a sentire, Nellina

Nellina

Cosa?

Cesare

Tu hai qui (indica a sinistra) la tua stanzetta graziosa. Io l'ho recentemente destinata a te perchè ho creduto necessario che tu avessi un cantuccio tutto tuo. Perchè non vuoi starci mai?

Nellina

Mi sembra una trappola. Non ci sto volentieri.

Cesare

E allora, va a trattenerti (indica il fondo) nelle stanze interne. È inutile che tu stia sempre in quelle dove passano tutti, o addirittura in cucina.

Nellina

(pigramente) Andrò a trattenermi nelle stanze interne. (S'avvia verso il fondo.)

Cesare

(quando Nellina è sul punto di uscire, irrefrenabilmente scatta in tono di comando:) Resta qui, Nellina!

Nellina

(si ferma. Indi, con una fisonomia di rabbia chiusa, le sovracciglia aggrottate, la fronte bassa, siede sul divano, ch'è accanto alla porta in fondo, e, raccogliendovi le gambe, si raggomitola tutta.)

(contenendosi e mutando tono) Con questo tuo caratterino dispettoso, mi obblighi ad essere brusco, e poi io stesso me ne dolgo. Certe volte, mi fuggi come se io fossi un tuo nemico. E, ieri sera, fosti così aspra così irritante che io dovetti fare uno sforzo per non punirti acerbamente!

Nellina

(fredda, d'una tranquillità acre) Voi stavate per baciarmi. Non voglio essere baciata da voi.

Cesare

(impallidisce, si confonde, si agita dentro; indi si leva, passeggia su e giù, siede presso il tavolino.)

Giacomo

(entrando dal fondo) Babbo!

Cesare

(sconcertato) Che c'è, Giacomo!

Giacomo

(si avanza un poco, senza accorgersi di Nellina. Appare cogitabondo, ma calmo e risoluto. Parla a suo padre con affettuoso rispetto.) Puoi darmi qualche minuto?

Cesare

Sùbito?

Giacomo

Sì, ho premura di parlarti.

Cesare

Abbi pazienza, Giacomo: in questo momento sono un po' turbato

Nellina

(per avvertire della sua presenza Giacomo, fa cadere a terra il suo piccolo portasigarette.)

Giacomo

(ode il rumore, si volta un istante e, nel vedere Nellina, intuisce di essere entrato in mal punto.)

Nellina

(senza scendere dal divano, raccoglie il portasigarette.)

Cesare

Appena rimessomi, sarò a tua disposizione.

Giacomo

Va bene, babbo. (Via dal fondo.)

Cesare

(nervosissimo, guarda i liquori, prende il suo bicchiere e osserva che ce n'è un altro adoperato.) Avete bevuto voi in quest'altro bicchiere?

Nellina

Sì.

Cesare

(con reticenza) Volete ancora?

Nellina

No.

Cesare

(Beve sino al fondo.)(Pausa.)(Poi, con la voce più tremula, più roca) Nessuna donna ha mai avuto ribrezzo di me. Ed è strano che ne abbiate proprio voi, a cui ho fatto un po' di bene. Non è pudore, no, perchè il pudore non vi consentirebbe certe vostre piccole audacie di sfrontatezza; e non è neppure quell'odio misterioso che voi v'immaginate di nudrire per tutti gli uomini. È bensì una speciale ribellione contro di me: una ribellione sorda e maligna, che mi rende ogni giorno più inquieto, più torbido, più sofferente più febbricitante!

Nellina

(ha gli occhi spalancati e biechi, fissi su lui in un misto di paura e di ferocia recondita.)

Cesare

(si leva e continua affannosamente:) Io lo so, io lo so, che non dovrei tormentarvi. La coscienza me lo grida. Io mi sdoppio e chiedo a me stesso per quale triste fenomeno io abbia sentite, ad un tratto, le più ossessionanti attrattive della donna nella fanciulla che mi spetterebbe di proteggere E, forse, chi sa, avrei potuto a tempo contenere i miei istinti se avessi scorta in voi una certa bontà per me. Sì, in tal caso, forse avrei potuto ragionare, avrei potuto sorvegliarmi. Ma, invece, il vedervi perennemente con quella faccia solcata dai segni del rancore e della ostilità, il vedervi sempre tutta pronta a difendervi ingiuriando la mia persona, mi dà le vertigini, mi dà dei brividi che mi fanno temere di trascendere fino a una violenza, di cui io stesso non saprei sopportare la vergogna. (Acceso in volto, col corpo oscillante, sorreggendosi alla spalliera di una sedia) Badate, Nellina!.. Io ve lo avverto Io ve lo avverto Non vi ostinate ad avvilirmi, non vi ostinate a difendervi troppo, se volete che io vi lasci in pace!

Nellina

(con le labbra livide di rabbia rattenuta, con le braccia incrociate e strette al petto fino ad afferrarsi le spalle, tutta tremante, quasi rimpicciolendosi e sogguardandolo, scende dal divano. Vorrebbe scappare, ma, pur vedendolo come disfatto, teme la sua ira. Col passo pauroso, sempre coi vigili sguardi fissi su lui, raggiunge, a poco a poco, la porta a destra, e, dopo averlo ancora sogguardato, esce di corsa.)

Cesare

(cadendo sopra una sedia, e covrendosi il volto con le mani) Dio!.. Dio!.. Che cosa faccio!?..

SCENA IVCESARE, DON CANDIDO, GIGETTA, poi NELLINADon Candido

(entra affaccendatissimo, ansimando) Signor Cesare

Cesare

(padroneggiandosi) Già di ritorno, don Candido?

Don Candido

L'ho incontrata l'ho incontrata per istrada. Era in carrozza Impensierita alquanto della vostra assenza più prolungata del solito, stava per venire da voi. Io ho cercato di evitarvi questo incomodo Le ho consegnato la lettera, le ho consegnato i quattrini, le ho detto il fatto suo e sono stato laconico ed esauriente. Ma, viceversa, non ho esaurito nulla. La Gigetta mi ha preso, diciamo così, per il collo, mi ha messo in carrozza con lei, e, cucita al mio soprabito, è venuta fin qui.

Cesare

(bruscamente) Ditele che sono uscito.

Gigetta

(comparisce dalla prima porta a destra: è elegantissima, ha il volto sapientemente truccato: entra con disinvoltura, senza gravità, quasi graziosamente) Ma no Sta' tranquillo Io non vengo nè per cavarti gli occhi, nè per cavarti altri quattrini

Cesare

(alzandosi con cortese deferenza) Io, non volevo ricevervi soltanto perchè c'è in casa mio figlio. Vi ho sempre ricevuta nell'epoca in cui egli era in collegio o in viaggio; ma adesso che abita con me

Gigetta

Si scandalizza vostro figlio?

Cesare

È superfluo che vi occupiate di ciò. Lasciate che ognuno pensi come vuole.

Gigetta

(sedendo, chiama con graziosa familiarità:) Don Candido!

Don Candido

(servizievole) Ai vostri ordini!

Gigetta

Privateci della vostra presenza, perchè debbo, «diciamo così», restar sola col signor Cesare.

Don Candido

Benissimo.

Cesare

(a Don Candido:) Ma aspettate in anticamera. Potrò ancora aver bisogno di voi.

Don Candido

Benissimo. (Esce velocemente per la destra.)

Gigetta

Mi fai il piacere di dirmi a che proposito hai voluto questa separazione solenne? Avevo io forse delle pretese nella mia funzione di amante onoraria? Da un pezzo, sapevo bene di essere per te come quell'abito vecchio che si continua a tenere lì in guardaroba perchè, nuovo, lo si portò molto volentieri. Ciò mi sembrava naturalissimo; e io non facevo che fornirmi di un po' di canfora di un po' di naftalina per non mostrarmiti, all'occasione, troppo tarlata. Io sarei curiosa di sapere che ragione hai di destinarmi al cenciaiuolo. Che fastidi ti davo?

Cesare

Nessun fastidio. Ma tutto ciò che ha avuto un principio deve pure avere una fine. D'altronde, di tanto in tanto, per un avanzo di abitudine, si ricascava nella palude stagnante del passato senza trovarci nemmeno una reminiscenza delle sensazioni di una volta, e se ne usciva, poi, tutti e due, pentiti, disgustati. Non è meglio eliminare questo strascico così miserevole?.. Ho anche considerato che, adesso, tu sei ancora abbastanza giovane E giacchè hai una casa ben montata, dei gioielli, delle toilettes

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