È quello a un dipresso di tutte le marinerie europee. Lo ha portato Nelson, signorina.
E lasciatelo a Nelson, e vestitevi da cristiani. Guarda laggiù, quellussero di Piacenza. Che eleganza di vestiario! che armonia di tinte! e che aria marziale!
Ah sì, quello starebbe bene a bordo! notò Maurizio, allungando le labbra, con aria di sublime disprezzo.
A bordo, non so; ribattè la cugina, senza scomporsi. Noi siamo in terra; per la terra giudichiamo gli uomini.
Dagli uniformi; conchiuse Maurizio.
Erano rimasti grossi per tutto il tempo della passeggiata. Quel giorno si separarono freddi. La notte, quando fu solo nel suo letticciuolo di collegiale, Maurizio pianse a calde lagrime il suo bel sogno svanito; ma con quelle lagrime gli si prosciugò la vena delle tenerezze. La cugina era una civettuola e una sciocca, vana della sua bellezza, felice desser guardata, e più fatta per godere gli omaggi della cavalleria che quelli della marineria. Gli ultimi giorni che ella passò a Genova non furono niente migliori. Maurizio era imbronciato, ed ella stette molto sulla sua. Ella partì per Nizza con la famiglia, ed egli simbarcò per il suo primo viaggio. Così finiva il romanzetto, a mala pena imbastito, così lamor suo a mala pena sbozzato. Del resto, quella splendidissima e formosissima bionda, egli non aveva più avuto occasione di vederla. Quattro anni dopo, essendo egli di stazione a Montevideo, gli giungeva notizia che la cugina era andata a marito, passando anche a vivere in Francia. Buona fortuna, e figli maschi.
Strano ragazzo, quel Maurizio! aveva giurato di non lasciarsi più cogliere a certe lustre, ed era stato di parola: il primo amore era anche lultimo. Parliamo del grande amore, sintende, di quello che si crede veramente lamore, il forte, il solenne, il poema della vita. Episodii, sì, ad ogni crociera, ad ogni viaggio sui mari lontani, ad ogni fermata nei porti patrii: ma presto gliene era venuta la nausea. Tutti giuochi, superficialità, scioccherie, quando non erano indegnità; e queste e quelle erano poi sempre offese alla gran legge delluniverso. «Lamore è un atto religioso» diceva egli volentieri, quando ne cadeva il discorso cogli amici; «come atto religioso, non va preso a scherzo». Ed egli era religioso, come è sempre nel fondo dellanima il gentiluomo di mare. Chi vive meno nel consorzio degli uomini vive più intimamente con sè, e più spesso con Dio; con Dio, il cui spirito corre non visto sullacque, cavalca le nubi della tempesta, si libra sullarco delliride, si affaccia nella gloria del sole sorgente sulloceano, siede nella porpora accesa dal grande astro al tramonto.
Grandi cose, sul mare! Ed ora, abbandonato il vasto suo campo, sarebbe tornato alle cose piccine. Ma sì, così portava la necessità. Lo avevano voluto umiliare; aveva preferito spezzarsi. Non esagerava egli un poco? Forse; ma era fatto così. Obbedire gli piaceva, ma allintelligenza, o alla probità che ne tien luogo, quando tra chi comanda e chi obbedisce aleggia lidea del dovere morale. Altrimenti no; e per non dar scandalo brontolando, se ne andava via, spezzando la spada. Uno spiedo, dopo tutto; non glielo aveva detto quella formosissima bionda? Ed anche buttava la feluca a mare: galleggiasse a sua posta, e naufragasse al primo scoglio. Lassù, nella quiete della sua bicocca solitaria, avrebbe evocate le figure dei grandi ammiragli; buon metodo per dimenticare i piccini.
Capitolo II.
Alla terra dei padri
Maurizio di Vaussana cessò finalmente di vedersi il mare da fianco. Era giunto alla stazione di Ventimiglia. Sceso dal treno, prese la via dei monti, dopo aver fatte caricare le sue valigie in una vettura da nolo. Quanto ai suoi bauli, aveva dato lo scontrino del bagaglio ai signori Rolandi, buona gente, amici vecchi di casa sua, che sincaricarono volentieri di farglieli recapitare il giorno seguente a San Giorgio. E la vettura si mosse, partì con alto fragore di ruote, tintinnìo di sonagliere e scoppiettìo di frusta nellaria polverosa, ma soprattutto con la gloriosa velocità di tutte le vetture da nolo, quando incominciano la corsa.
Sentirai la nostalgia del mare anche tu aveva detto il tenente Maurizio al marinaio Susini. Per intanto, non doveva sentirla lui così presto. Laria fine dei monti natali carezzava le guance del viaggiatore, ancora dorate dai soli africani. Quante balze conosciute gli occhieggiavano dallalto, lungo la via serpeggiante! Le eriche, i pini, i ginepri, i roveri, i lecci, tutti conosceva Maurizio, a tutti sorrideva, come ad una brigata di vecchi amici, ritrovati dopo tanti anni di assenza. Ad una certa voltata ci doveva essere una macchia di fràssini, nascosta dietro il ciglio dun poggio. I suoi ricordi non lo avevano tradito: vide, riconobbe i suoi fràssini, non molto cresciuti da quelli di prima, sempre eleganti, svelti, pieghevoli, che stendevano verso la strada i rami sottili, vestiti di foglie tenere, luccicanti al sole pomeridiano. E le ginestre del pian del Termine? Il piano, per fallire al suo nome, era una eminenza, e finiva in un dirupo; ma le ginestre erano sempre là, facendo siepe al ciglione, contente del galestro in cui avevano messo radice, portando fieramente levati i loro pennacchi verdi cupi, in attesa di vestirne le vette con tanti bei grappoli di quei fiori gialli che ogni anno solevano dare (o lasciarsi prendere, che è tuttuno) per linfiorata del Corpus domini, nel paesello di San Giorgio.
Alla vista di quelle ginestre, uno strano sentimento lo prese; un vivo e pungente ricordo, un aspro, impaziente desiderio di quelle feste lontane, di quelle solenni riconciliazioni con Dio che la Chiesa ha seminate accortamente lungo il corso dellanno; tutti giorni a cui corrispondono fragranze e suoni ed immagini particolari, vapori dincenso, frescura di cose tenere e dolci, sorrisi di cielo, suoni di zufoli allegri, tagliati nelle cortecce dei rami di castagno, uccellini gorgheggianti la canzone del natale divino dalle gravi canne di un organo. Come tutti i sensi rivivevano in lui di gioconda vita infantile! e quanta adolescenza gli veniva incontro da quelle gole ospitali!
Sei tu, non è vero? sei qua finalmente? Buon figliuolo di salda memoria, vieni alla dimora dei padri. La vedi lassù, quella montagna, che appare per la sua sommità, dietro a due ordini di colline? Ci vorrà ancora un paio dore, prima di giungerci; frattanto si affaccia a noi, pare che stia spiando il nostro arrivo, come una scolta di fortezza. Era lassù, la ròcca dei tuoi antenati; quelli del ramo primogenito, estinto oramai, il ramo dei Sospelli di Balma. Buon seme di forti castellani, rigidi al dovere e così fermi alla consegna! Finirono, come tutto finisce; ora dormono col Signore, in fila, lun dopo laltro, come guerrieri caduti sul campo, al posto loro assegnato. Anche i Sospelli di Vaussana rischiano di finire con te. Vieni, giovanotto; prendi il tuo posto accanto alla tua squadra; mettiti in fila anche tu. Il mare è bello, attraente, e perfido; la montagna è severa, ma sana e fedele. Questa è la patria, salda, immobile, di granito; qui, dove le eriche e i rovi non muoiono mai, aggavignati al terreno. Si succedono i virgulti, e son sempre gli stessi. Senti il profumo agreste della macchia? È la stessa virtù che si trasmette di generazione in generazione. Anche di lassù si vede qualche volta, il tuo mare: son belle le cose vedute dallalto, e da una giusta distanza. La varietà dei particolari si perde, e la patria grande, tanto più grande quanta più se ne abbraccia col pensiero, trascurando la minutezza delle parti, si ama anche meglio. Quando cè bisogno di difenderla, quando ci chiama alle bandiere la voce del re, i gentiluomini calano come falchi dalla rupe, seguiti dai loro vassalli No, non più vassalli, ora: tutti fratelli in Dio e nella patria; è più bello così, ci ravvicina meglio al Vangelo. E i forti, i buoni, gli intelligenti, salgono sempre, dovunque sian nati, facendo stipite di nuova grandezza. Chi era il bisnonno di Carlomagno? Pipino dHéristal. Ma chi il bisnonno di Pipino? un ignoto guerriero, un servo di palazzo dei re Merovingi. Così tutti i degni, i valenti, i buoni, posson salire; i fannulloni, i fiacchi, i cattivi, discendere. La montagna resta, produce i suoi virgulti, i suoi fiori, i suoi frutti. Tu, povera pianta, ritorni alla tua terra natale. Più presto che non ci fosse dato sperare, in verità! È stata uningiustizia, tu dici; meglio così. Partivi fidente, ritorni disingannato, ma anche educato dalla sventura, agguerrito alle pugne dellesistenza. Farai il tuo dovere, qui, come altrove; servirai alla gran legge di Dio, che è progresso infinito, dovunque si vada, di dovunque si muova.
Il paesello di San Giorgio incominciava ad apparire. Peccato che fosse già tardi! Le ombre della sera cadono troppo rapidamente, nelle gole delle Alpi. Ma nella scarsa luce del crepuscolo, i ceppi delle case biancheggiavano ancora abbastanza: poi, quando la vettura fu allentrata del borgo, incominciavano ad accendersi i lampioni. Un po radi, secondo luso dei piccoli paesi e la poca «elasticità» dei bilanci comunali; ma supplivano qua e là i lanternini appesi a qualche tabernacolo di santo, negli angoli delle vie. A quella scarsa luce Maurizio vide i ciottoli enormi onde era lastricata la strada maggiore; sempre quelli, con le loro gibbosità, coi loro alti e bassi continui, sempre quelli, eternamente rugosi e rossastri nella corteccia inattaccabile della quarzite, che sè arrotondata così, colorata così, nella mota millenaria del periodo glaciale. Poveri cavalli, costretti a lavorare di zampe ferrate in quel letto di torrente!
Ma ecco, finalmente, un po di strada da cristiani; ecco il battuto della piazza maggiore; ecco la chiesa, la parrocchiale di San Giorgio; e più su, in capo ad una piazza, che scende larga in pendìo, la mèta del suo viaggio, il suo palazzo, il «Castèu». Meritava il nome con cui era stata battezzata, e sotto cui era comunemente riconosciuta, la vecchia casa dei Sospelli di Vaussana; castello del Trecento, o giù di lì, con la sua torre da un lato, con le sue logge alte al secondo piano, forsanche coi merli e le caditoie; restaurato quindi a palazzo signorile, nel corso del Secento, gran colpevole un po da per tutto di simili trasformazioni architettoniche. E veramente allora erano state chiuse le grandi finestre a sesto acuto, per ricavarne di più piccole, a stipiti quadrati, nel mezzo; ma ancora da certe screpolature sindovinava lalzata dellarco primitivo, e da qualche sfaldatura dellintonaco ne trasparivano le elegantissime linee di cotto. Un nuovo restauro, dei principii del secolo presente, aveva aggiunte le persiane; ed erano queste, per lappunto, che avevano persuaso il padre di Maurizio di non appagare un desiderio della moglie, a cui sarebbe piaciuto di veder ritornate alla luce e alla gloria antica le ogive del Trecento.
Cara mia, le aveva detto il buon conte di Vaussana, per contentare il tuo gusto medievale bisognerebbe rinunziare a questa benedetta invenzione delle persiane. Levate queste, ed anche ingrandite le finestre, immagina tu come si starebbe freschi. Che idea, quella dei nostri antenati, di voler morire dal freddo! È vero, soggiungeva il degno gentiluomo, temperando lasprezza del suo troppo moderno giudizio, che gli antichi lo sentivano meno, il freddo; ed è forse per questo che durarono tanto.
Giaume, il vecchio castaldo dei Vaussana, aspettava Maurizio ai piedi dellerta, e fu il primo a dargli il bentornato. La sorella Albertina lo accolse a braccia aperte, sulla soglia del portone; benedetto portone, sormontato dallo scudo dei Sospelli, di rosso, al libro aperto dargento, caricato duna spada in palo, del medesimo, col motto «tout droict Sospel», continuo tema di pazze congetture agli eruditi mandamentali.
La contessa Albertina aveva fatto preparare per suo fratello lappartamento dei vecchi al primo piano. Non era egli oramai il signore del castello? Ma il nuovo arrivato, in omaggio ai ricordi, amò meglio di ritornare nel quartierino della torre, in quelle due camerette che aveva ancora occupate la notte prima di andare a Genova, per entrare nel collegio di Marina. Si sentì giovane, anzi ragazzo, là dentro; e la mattina seguente, aprendo gli occhi e rivedendo il suo nido alla luce dellaurora, gli parve di non essersi mosso mai da quel luogo. Tutte le cose intorno a lui sorridevano, con quellaria domestica che è data ai mobili di casa dalla loro istessa vecchiaia. Maurizio stette unora buona a guardar tutto attentamente, incominciando dal suo letto di legno dipinto di celeste a fiorami; passando poi allo specchio dalla cornice barocca indorata, con una luce di Venezia tutta sfiorita dagli anni, al canapeino di legno, dipinto nello stile del letto, allarmadio, al tavolino, alla piccola libreria, doverano ancora i suoi libri di scuola.
Poco lontano di là, al secondo piano del palazzo, era una libreria ben più ricca, quella del babbo, che era stata anche di due generazioni anteriori: libri vecchi, ma in gran numero, quasi tutti di storia, e di erudizione. Il fatto suo, non vi pare? Ed egli per lappunto aveva contato su ciò. Il suo primo pensiero fu di riordinare in quindici o venti giorni quella libreria, da tanti anni dimenticata; avrebbe veduto frattanto che cosa ci fosse di utile per sè, nella compilazione dellopera che aveva disegnato di scrivere. Voleva seguitare a dormire nella sua cameretta di adolescente; lattigua gli sarebbe servita come spogliatoio; tutte le altre del secondo piano, che venivano in fila, le voleva ridurre a stanze da lavoro, coi libri, le carte murali, gli atlanti, e tutto laltro che gli bisognasse.
Del resto, si stava molto bene lassù, con una vista impagabile. Dalla finestra della sua camera da letto vedeva anche meglio la montagna vicina, col castello della Balma, da cui lo separava una boscaglia tutta nera e folta, assai pittoresca, ottima per andarci a passeggio nellestate, corsa comera da sentieri solitarii e tagliata per mezzo da una valletta, con una bella cascata, bianca come il latte, rumorosa come il mare, quando viene a frangere in una caverna a fior dacqua. La chiamavano lAiga, e qualche volta anche la cascata del Martinetto. Egli la sentiva per lappunto rumoreggiare, come ventanni addietro, quando si addormentava alla sua nenia dolcemente monotona.
Albertina approvò tutti i disegni di Maurizio. Approvava ogni cosa, felice di riavere il fratello, e di ritrovarlo lo stesso di prima, nel modo di pensare, di sentire, di essere. Egli, del resto, era sempre giovane. Lei, piuttosto, immutata nellanimo, era tuttaltra oramai nellaspetto, invecchiata parecchio, sebbene non avesse che un anno più di lui. Ma le donne, si sa, invecchiano a star sole, più che non facciano gli uomini. Ebbene, che importava ciò? Sarebbe stata anche meglio una madre, per lui, con la precoce autorità delle rughe. Hanno questo spirito di sacrifizio, le vecchie zittelle buone. Quanti fili dargento nei cappelli neri della contessa Albertina! Ma diritta ancora, diritta sempre, come la spada in palo, nello scudo dei Sospelli; o meglio, diritta come la propria coscienza, e sorridente, serena, luminosa come una santa sullaltare.
Quella mattina, essendo giorno di festa, fratello e sorella uscirono insieme, per andare alla chiesa. Maurizio vide per la strada e sulla piazza maggiore molti visi maravigliati: ne riconobbe parecchi, e con tutti andò subito allabbordaggio. Non era mai stato superbo, e non faceva consistere la nobiltà nella mutria. Erano compagni di scuola, rimasti nel borgo, quasi tutti della classe media, tra povera ed agiata: a vicenda agricoltori, industriali e meccanici, come spesso occorre nei paesi di montagna; piccoli intelletti, nei quali la istruzione primaria e la secondaria non avevano fatto miracoli, ma nei quali la educazione sana e la vita ristretta agli esempi domestici avevano conservato ottimi i cuori. Restavano naturalmente un po timidi; ma la timidità rende gli uomini facilmente più amabili. Tutti quei vecchi compagni di scuola e di giuochi infantili erano tanto più amabili con Maurizio, in quanto che niente era intervenuto a turbare la cortesia delle relazioni, niente ad inasprire gli animi, fosse pure per una settimana, o solamente a intiepidire le amicizie, come avviene pur troppo nella convivenza di tutti i giorni, per gli attriti inevitabili dei piccoli interessi offesi, o delle piccolissime questioni del comune, della fabbriceria, dellasilo. Furono tutti felici di stringer la mano al contino (così lo chiamavano ancora, come lo avevano chiamato da ragazzo, vivente il signor Vittorio suo padre); felicissimi quando seppero che era stanco del servizio, che non lo avrebbe ripreso, e che sarebbe rimasto a lungo tra loro.