La chiesa parrocchiale era bella, assai più bella dentro che fuori: nuove le dorature, ed egualmente gli affreschi, frutto di risparmi dellopera, di limosine accumulate e di aiuti straordinarii di agiate persone. Aveva un bellissimo altar maggiore, tutto di marmi incrostati a fiorami di vario colore, imitanti un drappo di broccato antico. Quello era stato un dono fatto cento cinquantanni addietro alla chiesa da un Sospello di Balma. In una cappella laterale, dentro una gran nicchia protetta dalla sua invetriata, si vedeva una statua di san Giorgio a cavallo, in atto di piantar lasta nella gola spalancata del drago. Era una statua da portare in processione il 24 di aprile, ricorrendo la festa del santo onde aveva nome il paese; e quel buon saggio di scultura nel legno, del primo ventennio del secolo decimono, era dono di un Sospello di Vaussana, il nonno di Maurizio. In quella cappella, di patronato della famiglia, aveva la sua panca la contessa Albertina, che cera infallantemente ogni giorno a pregare, unora nei giorni di lavoro, due ore nei giorni di festa, e più, alloccorrenza, secondo la durata degli uffizi divini. Quante preghiere! direte. Ma sì, è ben necessario che qualcuno preghi per tutti coloro che ne han perso luso: se poi non è necessario, pensate che il pregare della contessa Albertina non ha mai fatto male a nessuno.
Sullaltar maggiore, di sopra al tabernacolo, sorgeva un gran crocifisso di legno. Quel crocifisso era la maraviglia del paese. Si diceva, tra quei terrazzani, che non ce ne fosse uno più bello al mondo, neanche a Roma; e si soggiungeva che certi inglesi avessero offerto di pagarlo a peso doro; la solita chiacchiera! Certo, era bello; più elegante che vero, aveva sentenziato uno scultore verista, che era passato di là. Ci si vedeva il modellato dellApollo del Belvedere, col risalto armonico dei muscoli, con la giusta gentilezza delle membra, con la soave finezza delle articolazioni; solo si notava negli occhi e nella bocca una espressione di dolore, ma niente più di quella che occorre negli occhi e nella bocca della Niobe di Scopa; non cera insomma laccasciamento di un corpo rifinito dallo spasimo della morte, nè lo stiracchiamento delle braccia, nè la torsione in avanti degli omeri, nè la uscita fuori di squadra delle due scapole, come sarebbe stato necessario, con tanto traboccare di una massa pesante.
Alle quali ragioni dottissime aveva risposto un collega della scuola idealista, che nella rappresentazione dei tipi consacrati dalla tradizione dellarte bisogna dare la parte sua alluso costante, allopinione ricevuta, al sentimento universale; che soprattutto non è da far vedere un Dio morente nella medesima condizione statica di un giovane facchino appiccato per due ore al giorno come modello nello studio di uno scultore. Il vero, sì, ma non tutto il vero; altrimenti, perchè non si crocifiggerebbe un uomo al giorno, per esporne con utilità di sensazioni estetiche la ineffabile angoscia alle turbe? Quello è infatti il vero, veramente vero. Ma ancora, in quel caso, si vedrebbe che non tutti gli organismi umani si diportano ad un modo, nellatteggiamento della persona, nellabbandono delle membra, nellespressione dellagonia. Così nella parrocchiale di San Giorgio le due scuole si erano bisticciate un tantino, ma persuadendosi ancora a vicenda che si può esser bravi artisti e farsi onore con ogni scuola; e avevano poi fatta allinsegna dei tre Re una pace temporanea, come la faranno un giorno definitiva, alla consumazione dei secoli.
I piedi del crocifisso sparivano quella mattina sotto una gran fioritura di rose, disposte a mazzo enorme, legato al tronco della croce. Belle rose di ogni forma e dogni grandezza, chiuse ancora od aperte, dogni profumo, dogni temperanza del rosso e dellincarnato, del pavonazzo e del cremisi, del salmonato e del giallo; davano tutte insieme a quellaugusto morente laspetto di un trionfatore.
Sei stata tu, non è vero? bisbigliò Maurizio allorecchio di sua sorella, indicandole quel gran mazzo di rose.
Sì, rispose ella, arrossendo lievemente. Sono di quelle che ha piantate nostra madre. Il Castèu è sempre il primo ad averne; ed è stata veramente una fortuna che ce ne fossero tante, per festeggiare il tuo arrivo a casa.
Maurizio si sentì scorrere una lagrima giù per le guance. Anchegli, come la sua buona sorella Albertina, vide nel presente il ricordo del passato, e vassociò la promessa del futuro. Non voleva più andarsene da San Giorgio; dalla terra alpina dove dormivano i suoi maggiori; dal solitario Castèu, dove prima che altrove fiorivano così bene le rose.
Finita la messa, uscirono sulla piazza, per ritornare a casa; lentamente, per non aver aria di fuggire, ed anche allungando un tantino la strada, per abbondanza domenicale. Così videro sfilare in parata tutto quanto il paese; e da ogni parte erano inchini, sberrettate, scappellate, a cui bisognava rispondere. Maurizio notò sottovoce a sua sorella di non essersi provveduto abbastanza, alla Spezia, portando solamente due cappelli con sè.
Aspetta la prima fiera; gli rispose Albertina. Ci saranno cappelli dogni qualità: ed anche verrà la paglia di Nizza, che solevi ricordare nelle tue lettere.
Infatti, è strano; esclamò Maurizio. Non se ne trova più. E neanche paglia di Firenze, che la somiglia tanto. La moda, la moda! è una gran sciocchezza, la moda.
Ma sua sorella non la intendeva così, quantunque alla moda sacrificasse ben poco.
Bada di non far la ruggine, Maurizio; e soprattutto non ti far vecchio prima del tempo.
Rideva, la buona zittella; e ridendo, diventava più giovane. Rispondeva più ilare, più serena, più franca ai saluti che venivano dogni parte. A San Giorgio sicuramente, da dieci anni almeno, non lavevano più veduta così.
Vedrete che torna bella; dicevano alcuni.
Lo era tanto a ventanni! rispondevano altri. Ce nè rimasto qualche poco, per far festa al signor Maurizio.
Quello, poi, li ha sempre, ventanni. E dovrebbessere sui trentacinque.
No, non può averne che trentadue. Ricordate? è nato lo stesso giorno del figlio di Misa Margoton.
Misa Margoton, che serviva dindice cronologico ai terrazzani di San Giorgio, era una nizzarda, andata giovanissima lassù, a fare la ciambellaia. Erano famose per tutta la Vaussana la ciambelle di Misa Margoton, e facevano furori a tutte le fiere, a tutte le sagre dei dintorni.
Alla svolta di una strada, la coppia fraterna sincontrò ad angolo con tre persone, di aspetto assai signorile, una donna e due uomini: uno di statura giusta, piuttosto atticciato, con due gran baffi biondi largamente brizzolati di bianco, di bellaspetto, gli occhi cerulei, e una faccia di color sanguigno che forse aiutava a levargli otto o dieci dei sessantanni che gli davano a prima giunta i suoi baffi; laltro daspetto grigio, alto e magro, con due gambe di ragno, figura pulita di cavaliere malinconico; la donna giovane, elegantissima nella semplicità del vestimento, biondi i capelli e rosea la guancia, come la regina Isotta dei canti medievali.
Erano facce nuove per Maurizio, che pur dovette salutare, imitando la sorella, in risposta al primo saluto del signore dai baffi biancheggianti. Il quale, rinnovando il saluto, o piuttosto appoggiandolo con un cenno del capo, si voltava ancora un tratto a guardare, e sicuramente per veder meglio lui, che gli giungeva nuovo egualmente.
Villeggianti precoci! disse Maurizio alla sorella. Ma già, niente maraviglia, se ci son già le rose al Castèu.
Non villeggianti; vivono tutto lanno a San Giorgio. Non conosci più i proprietarii della Balma? rispose Albertina, sospirando.
Alla svolta di una strada, la coppia fraterna sincontrò ad angolo con tre persone, di aspetto assai signorile, una donna e due uomini: uno di statura giusta, piuttosto atticciato, con due gran baffi biondi largamente brizzolati di bianco, di bellaspetto, gli occhi cerulei, e una faccia di color sanguigno che forse aiutava a levargli otto o dieci dei sessantanni che gli davano a prima giunta i suoi baffi; laltro daspetto grigio, alto e magro, con due gambe di ragno, figura pulita di cavaliere malinconico; la donna giovane, elegantissima nella semplicità del vestimento, biondi i capelli e rosea la guancia, come la regina Isotta dei canti medievali.
Erano facce nuove per Maurizio, che pur dovette salutare, imitando la sorella, in risposta al primo saluto del signore dai baffi biancheggianti. Il quale, rinnovando il saluto, o piuttosto appoggiandolo con un cenno del capo, si voltava ancora un tratto a guardare, e sicuramente per veder meglio lui, che gli giungeva nuovo egualmente.
Villeggianti precoci! disse Maurizio alla sorella. Ma già, niente maraviglia, se ci son già le rose al Castèu.
Non villeggianti; vivono tutto lanno a San Giorgio. Non conosci più i proprietarii della Balma? rispose Albertina, sospirando.
Povera Balma! ripigliò il giovane, che aveva colto a volo il sospiro. Ma non è dunque più dei Matignon della Bourdigue?
Lo è sempre. E quel signore dei baffi bianchi è il generale, il cadetto della famiglia.
Come? come? il capitano, quello? così smilzo allora, e così biondo, che lo chiamavano lArcangelo Gabriele?
Lo hai lasciato capitano, biondo, smilzo, ed ora è complesso, bianco e generale; rispose Albertina, ridendo. Pensa, caro mio, che son passati venti anni.
È vero; conchiuse Maurizio, chinando la testa. Il capitano della Bourdigue, nizzardo, che aveva optato nel 61 per la Francia. E come è passato ora a vivere di qua dal confine?
Il fratello maggiore è morto cinque anni fa. Rimasto unico dei Matignon, ha preso il suo ritiro, ed è venuto a vivere alla Balma.
E quella signora è sua figlia?
No, sua moglie.
Come? ma se ha laria di una ragazza! O figlia, o nipote, avrei detto.
Ed è sua nipote, infatti.
Ah, ora ci sono; gridò Maurizio. La figlia del signor Camillo il miscredente.
Il volto della contessa Albertina si rabbruscò, a quella scappata del fratello Maurizio.
Perchè miscredente? dissella con accento di mite rimprovero.
Lo dicevano, allora, ed io ripeto quel che ho sentito.
Avrebbe voluto soggiungere: lo diceva perfino nostro padre. Ma capì di aver abbastanza amareggiato lanimo della sua dolce sorella, senza bisogno di metterlo ancora in angustia colla testimonianza del babbo.
Sarà stato uno scherzo; dissella ripigliando. Del resto, tu sai che il mondo singanna facilmente a certe apparenze, per discorsi male intesi e peggio riferiti. Comunque sia, il meglio che si possa fare
È di non credere alla miscredenza; interruppe Maurizio, compiendo a suo modo la frase impacciata di sua sorella Albertina. Hai ragione, sai? nel caso particolare e nel caso generale, hai ragione. È bene di non ripetere certe cose, neanche a sè stesso. Ed ecco, soggiunse egli, che cosa vuol dire andar via da casa, per ritornarci dopo ventanni, con tanto viatico desperienza. Io ho lasciata qua la mia buona filosofia, che mi sarebbe stata tanto utile laggiù. Per fortuna, la ritrovo ora, messa ad interessi composti, sotto il tetto paterno.
Eh via, non ti far così brutto, ora; disse di rimando Albertina. Ti ho veduto pocanzi in chiesa, e non mi sei parso niente diverso da quello di venti anni fa. Eri serio, composto e divoto.
Ma sì, come bisogna essere in chiesa. O non ci si va, o ci si sta come si deve. Dopo tutto, non è la casa del nostro superiore? del grande ammiraglio, di quello, io voglio dire, che non commette ingiustizie?
Capitolo III.
Cortesie di buon vicinato
Passarono tre giorni, che Maurizio occupò degnamente in cento piccole cure. Prima di tutto aveva da riconoscer la casa, dopo tanti anni dassenza, da vedere tutte le novità che cerano state fatte in quel lungo intervallo, il parco, il giardino, lorto, il frutteto, la fagianaia, il pollaio, insomma tutto ciò che sua sorella Albertina aveva ordinato, o condotto a termine, o perfezionato, affinchè il Castèu, comella diceva, bastasse a sè stesso.
Egregiamente; notava Maurizio, approvando. Credo che si potrebbe sostenere anche un anno dassedio.
Capisco che tu ci avresti tempo di annoiarti; rispondeva Albertina.
No, sai; tu coi tuoi polli e coi tuoi fagiani; io coi miei libri, le mie carte, i miei strumenti; si passerà il tempo benissimo, e il peggiore dei nemici non avrà modo di penetrare qua dentro.
Maurizio aveva ricevuti da Ventimiglia i suoi bauli e le sue casse. Tutto era già stato aperto, schiodato, sciorinato; libri, carte geografiche, idrografiche, bussole, cannocchiali, seste, sestanti, cronometri, tutto il bagaglio scientifico dellufficiale di marina. Il legnaiuolo della casa era stato chiamato, e sotto la direzione di Maurizio lavorava ad aggiustare, ed aggiungere scaffali, a piantar chiodi e bullette, ad appender quadri, stampe, fotografie, armi, stoffe, amuleti, stoviglie, tutto il museo dellufficiale di marina che era stato anche un viaggiatore intelligente e curioso. Era quello un lavoro faticoso, ma gaio; e lo rendeva più gaio il pensiero della quiete futura, in cui Maurizio avrebbe potuto finalmente metter mano alla sua Storia delle Guerre marittime. Quella, davvero, non gli usciva di mente.
La mattina del quarto giorno, mentre era in maniche di camicia su duna scala di legno appoggiata alla parete, gli fu portata da Giaume una lettera.
Già la posta a dar noia! esclamò egli, seccato.
Non era della posta; era una lettera del paese.
Mettila là, su quella tavola. Chi lha portata?
Il fattore della Balma.
Ah! disse Maurizio; e più non disse.
Comebbe finita loperazione per cui si era inerpicato lassù, scese tranquillamente e andò a prender la lettera, che portava scritto sulla busta: «Al signor conte Maurizio Sospello di Vaussana; Sue mani», e sul rovescio un gran suggello di ceralacca, con lo stemma dei Matignon della Bourdigue. Maurizio prese con molta flemma una spatola davorio, ne introdusse delicatamente la punta sotto la piega della busta, ne tagliò tutto il lato superiore, trasse il foglio che cera dentro ripiegato in due, lo spiegò lentamente e lesse ciò che gli scriveva il castellano della Balma:
Signor Maurizio,
«Quando un ufficiale va in un paese e sa che cè un altro ufficiale a lui superiore di grado, va a fargli una visita, non vi pare? Sarebbe prescritta luniforme; ma io non la esigo; anzi ve ne dispenso. Non vi dispenso però dalla visita. Andrei contro la legge, venendo io stesso da voi, se nella mia condizione di ospite non avessi qui cura danime. Vi ho conosciuto bambino, e credo anche di avervi in quei tempi consegnato qualche amorevole scappellotto. Non vi dispiacerà il ricordo, poichè desidero di mutarlo in una buona stretta di mano.
«Conoscete la via della Balma. Dieci minuti di salita, per gambe come le vostre, e al piè delle scale un vecchio amico a braccia aperte.
Bourdigue.Maurizio lesse e sorrise; ripiegò il foglio, dopo avergli data ancora una rapida scorsa, lo rimise nella sua busta, e depose questa sulla tavola; dopo di che ritornò al suo lavoro. Alle dodici il legnaiuolo si congedò, per andarsene a desinare.