Tra cielo e terra: Romanzo - Anton Barrili 7 стр.


 Non mi spaventano i nomi;  replicò il generale.

 Ebbene,  ripetè Maurizio,  non vi spaventino dunque le mie povere argomentazioni.

 No davvero, sentiamole.

Qui fu una piccola interruzione nel dialogo. Dallalto della gradinata, appariva la contessa Gisella, col suo cappellino di paglia in capo, lombrello da sole in mano e una borsa ad armacollo, che le dava unaria graziosissima di pellegrina. La bella signora dagli occhi fosforescenti vide Maurizio, e scese lesta i gradini per venirlo a salutare.

 Vado per affari,  dissella, porgendogli la mano.  Spero di ritrovarvi ancora al ritorno.

 Oh, lo troverai;  gridò il generale.  Siamo affondati in una disputa che non finirà tanto presto.

 Di che si tratta?  chiese ella, nellatto di aprire il suo ombrellino.

 Dellantropopitèco;  rispose Maurizio, che in verità lo masticava male.  Mimmagino che vi sarà noto, questo grazioso tipo di progenitore.

 Ah sì,  dissella, sorridendo,  lunica cosa brutta nella teorica di mio marito.

 Ma necessaria;  soggiunse il generale;  necessaria come un anello nella catena. Se tu mi levi quellanello, dovè la continuità dellevoluzione? dovè la dottrina?

Maurizio non aveva da rispondere ad una argomentazione che non pareva fatta per lui. Nondimeno, ne prese appiglio per rivolgere una frase alla contessa Gisella.

 Fortunatamente,  dissegli,  nessuna dottrina mi farà credere che la contessa derivi da un antropopitèco. Passi per noi ominacci!

 Ed ecco, ora puoi andare, bambina;  ripigliò il generale, mezzo burbero e mezzo faceto.  Il vicino è cavaliere, e il tuo complimento lhai avuto. Accettalo come premio anticipato allopera buona che fai.

 Vado, vado;  rispose la bella signora, avviandosi.  E voi, conte, lasciatevi persuadere. La teorica della evoluzione richiede quellanello. Ammasso quello, tutto il resto va da sè.

Ciò detto, si mosse leggera, lasciando la luce del suo sguardo celestiale e la fragranza della sua maravigliosa persona nellaria. Un istante dopo, era sparita alla svolta del sentiero campestre, per cui soleva venire ogni giorno il signor di Vaussana.

 Vedete quella donna, Maurizio;  disse il generale, continuando ad alta voce un discorso che era venuto facendo tra sè.  Ella è tutta bontà, tutta previdenza per la povera gente. Non cè tugurio per queste montagne, dovella non porti una buona parola, e qualcosa di più, se bisogna. Ha sentito questoggi dal prete che è ammalata la moglie del pastore, lassù al Martinetto; e sùbito ha deciso di mettersi in campagna. Il prete non è andato; non andrà che chiamato, per portare tantolio quanto ne sta sul polpastrello dellindice, o del medio. Lei porta dellaltro; se le riesce, farà risparmiare al prete la sua trottata, alla chiesa la sua ditata dolio. E notate, non crede alla morale dei vostri uomini neri.

Quel «vostri» non era un po troppo? Maurizio si sentì toccato sul vivo.

 Che importa?  dissegli, contenendosi ancora.  Crede alla santità del dovere, alla divinità della compassione, alla immortalità dellanima umana.

 No, sapete, crede semplicemente alla bontà della vita; obbedisce ad una legge di natura, intendendola un po meglio di tanti e tanti. E notate chio non ho avuto da istruirla. Era così, quando divenne mia moglie. È una testa forte.

 Permettete ad una testa debole dinchinarsi;  replicò Maurizio, facendo latto per lappunto.

Ma il generale era avviato, e non voleva fermarsi così presto.

 Ecco,  dissegli,  ora vinalberate.

 No, generale.

 Allora, perchè vi tirate da banda, come se voleste uscire dal giuoco? Mi avevate pure promesso una argomentazione serrata!

 Vero, ma siamo stati fortunatamente interrotti; ed ora che ho perso il filo Nondimeno, per non parervi battuto e contento, vi dirò brevemente ciò che penso. Voi considerate la morale come leffetto di una convenzione. Ora la morale per convenzione, dato che possano giungere a stabilirne una dei figli o nipoti di antropopitèchi, sarebbe una morale senza ragione in sè stessa. Vedetene la conseguenza. Se io so che la legge morale non ha nessuna sanzione, che non cè nessun premio a chi segue, nessun castigo a chi viola la legge, non me ne farò più nè di qua nè di là, baderò al mio interesse, e buona notte al prossimaccio mio.

 Signor Maurizio, i miei complimenti. Fate voi dunque il bene per un premio che ne sperate? vi astenete dal male per un castigo che ne temete?

 No, generale, per dovere; per un dovere che la mia coscienza intuisce. Del resto, ecco già un certo numero di volte che voi mi venite dicendo: il bene. Il vocabolo induce la cosa; la cosa induce lidea. Perchè si dice il bene? che cosa sintende di dire, dicendo: il bene? chi mi assicura, se non cè sanzione alla legge del bene e del male, chi mi assicura che il bene non è il male, e il male non è il bene?

 Il bene è un concetto ereditario;  sentenziò il generale.  Si è visto e riconosciuto a poco a poco lutile generale, e questo è stato chiamato il bene.

 Sia pure; ma quanto più leggero, sulla bilancia del nostro raziocinio, quanto più debole dellutile particolare! Infatti, il bene degli altri, ne sia pure ereditario quanto si vuole il concetto, non è in molti casi il mio bene, è spesso il mio danno, il mio pericolo, il mio sacrifizio: e di questo sacrifizio, di questo pericolo, di questo danno io non vorrò a nessun patto saperne.

Il generale stette un istante sopra pensiero.

 Sentite,  dissegli poscia,  io non la intendo così: senza badare a questi danni, a questi pericoli, io ho sempre fatto il mio dovere.

 Lo credo, e lo so,  si affrettò a rispondere Maurizio.  Ma questo, con vostra buona pace, non lo avrete fatto per omaggio alla morale indipendente.

 E per che cosa, secondo voi?

 Per avanzo di vecchie idee, generale. Qui davvero il principio di eredità vi soccorre. Avete infatti la eredità di un complesso di conseguenze legittime che lumanità ha tratte via via da parecchie religioni e da parecchi sistemi filosofici, di cui è vissuta, con cui e per cui è progredita. Ecco perchè uno spirito forte dei nostri giorni può andare avanti, più avanti di molti altri nel sentiero della filantropia, del disinteresse, del sacrificio di sè, immaginando di aver spogliata per sempre la morale della sua antica sanzione. Ma non si andrà molto lontano, io ve ne avverto, non si andrà molto lontano, con questo piccolo viatico. Anche le eredità più vistose si consumano. E la morale indipendente andrà fin che potrà senza Dio; poi, di attrito in attrito, vi sfumerà tra le mani. Temete, mio generale, temete che quando ne avranno assai meno le classi civili, non ne abbiano più affatto le rozze.

 Già, largomento politico! Ma non è filosofico.

 Lo so; mè venuto alla mente, e lho aggiunto alla mia dimostrazione. Dopo tutto, la vostra doppia massima del non fare e del fare, è frutto della morale allantica, non già della morale indipendente che oggi si predica. Tutte le religioni lhanno per canone indiscusso.

 È di tutte, e perciò non appartiene in proprio a nessuna;  osservò il generale.

 Che importa? Le religioni son sante.

 Tutte? Da parte vostra è una dichiarazione ben grave, signor Maurizio. Per caso, le ammettereste voi tutte per buone?

 Storicamente, perchè no? Nella vicenda delle cose umane sono i varii modi di cercar Dio; e come io credo fermamente che il progresso umano sia a questa condizione di cercar Dio nella vita, così credo che Dio si sia in tutte riconosciuto.

Il generale diede in uno scoppio così fragoroso di risa da far rizzare la testa al capitano Dutolet, che involontariamente cominciava ad appisolarsi sul canapeino di ferro.

 Che larghezza di comprensione! Lasciatevi ammirare, caro mio. Vi avverto per altro che larciprete di San Giorgio non vi assolverebbe.

 Lui no, forse; ma un altro, di qui a centanni, sicuramente.

 Possiate voi campar tanto! E credete poi che quellarciprete del ventesimo secolo riconoscerà lelemento del divino anche nella religione di Moloch?

 No, egli troverà che quella non era una religione, ma un pervertimento di religione. Le religioni, tra i popoli rozzi, girano facilmente alla superstizione, e la superstizione alla ferocia o alla stupidità sua compagna. Ma questi pervertimenti uccidono una religione nel tempo, come ledera sgretola il muro a cui si abbarbica; Dio si allontana, e passa in unaltra.

 Chi può saper quando, e come?  esclamò il generale.  Io dico invece: fare il bene, qualunque cosa ne avvenga.

 È da stoici;  rispose Maurizio.  Ma presuppone almeno limperativo morale. Perchè faccio io il bene? Per appagare la mia coscienza. Perchè la mia coscienza sceglie la sua felicità nel bene? Per averne un piacere. Ma è un piacere ideale, se il più delle volte porta danno, sofferenza, pericolo, sacrificio e morte. È dunque un ideale. Lideale suppone lidea, lidea suppone un mondo intellettuale che non è quello della cieca natura. Cercate, generale, indagate, troverete Dio necessario.

 Dove? non si è mai visto, chio sappia. Nel roveto, forse?

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