(imitando il far dei littori)
Ora, se vi pare, fate silenzio, o Quiriti. Tribuno, esponi la causa.
Marzia(alzandosi)
Incomincio. Egli fu dopo la rotta di Canne, consoli Quinto Fabio Massimo e Tito Sempronio Gracco, che i padri nostri votarono la sciocca legge, proposta da Caio Oppio tribuno. Che dico sciocca? scellerata ed iniqua. «Niuna donna abbia ne' suoi ornamenti più che una mezz'oncia d'oro; nè usi vesti ricamate di varii colori; nè possa andare in cocchio per Roma, o per altre città, ovvero a mille passi in giro di quelle, se non per cagione di pubblici sacrifizii». E v'ebbero cittadini, che la diedero vinta a quel pazzo!..
FundanioPer non dirne altro!
MarziaLe madri nostre si comportarono degnamente. La patria era in pericolo. Rinunziarono agli ornamenti loro, non pure al superfluo, ma al necessario eziandio; certe che gli uomini non sarieno stati da meno di loro e che, rifiorite le sorti della patria, la legge sarebbe stata cassata. Vent'anni sono trascorsi, e questa bellezza di legge è viva pur sempre. E perchè, perchè si conserva, ora che le sorti di Roma sono di tanto cangiate? Vônno ricondurci ai vieti costumi dei pastori del Lazio; pretendono che i nostri ornamenti, il lusso nostro (se lusso può dirsi un limbello di porpora, due libre d'oro lavorato sulla persona e un cavalluccio da tiro, due alle più grave, per fare le nostre visite) guasterebbero, farieno tralignare questi forti Romani! Ma, per Quirino e per Venere genitrice, chi è che li fa, questi forti Romani?