Il diritto di vivere: Dramma in tre atti - Roberto Bracco


Roberto Bracco

Il diritto di vivere: Dramma in tre atti

PERSONAGGI:

Antonio Altieri

Michele, suo padre(a cui manca il braccio destro)

Maddalena

Petruccio, suo figlio

Martino Esposito, gobbo

Saverio Magliuolo

Salvatore Stile, detto Il Moro

Giuseppe Larossa

Francesco Giacobelli

Luigi Mangiulli

Gennaro Santini

Lorenzo Panunzio

Brigida

Nannina

Filomena, moglie di Martino Esposito

Raffaele, cocchiere da nolo, detto Il Butterato

Due ceffi misteriosi

Abatucci, delegato di polizia

Pasquale, bettoliere

Altri personaggi di sfondo.

Il primo atto, a Napoli, nei pressi di S. Giovanni a Teduccio.

Il secondo atto, a Genova.

Il terzo atto, a Napoli, nel Borgo Loreto.

ATTO PRIMO

Camera annessa all'officina della Cooperativa.  Un ambiente di semplicità e di lavoro.  Niente tappezzeria.  Alle pareti, qualche carta con disegni di macchine.  Sparsi qua e là, qualche tubo di ferro, qualche spranga, qualche ruota dentata.  Una scrivania.  Una cassaforte.  Seggiole di legno grezzo.  Una porta a destra, un'altra a sinistra, un'altra, sull'alto di tre o quattro gradini, nella parete di fondo, che è quasi tutta fatta di lastre di vetro. Attraverso di essa, si vede una specie di pianerottolo, il cui parapetto dà sulla sala maggiore dell'officina sottostante, alla quale si accede per una scaletta mezzo invisibile, che è a un lato del pianerottolo.

SCENA I

MICHELE e voci interne, tra cui quella di ANTONIO ALTIERI, di GIACOBELLI, di LAROSSA, di SANTINI, di MANGIULLIMichele

(È solo sul pianerottolo, dritto presso il parapetto, con la faccia volta verso la sala del lavoro guardando in giù.)

(Un vocìo di persone affaccendate si leva dall'officina senza altri rumori. Si distinguono poche parole:)

 Il freno a destra.

 No! no!

 A posto!

 Lascia passare

 La valvola numero 10.

 Il freno a sinistra.

La voce di Antonio

(chiamando:) Francesco Giacobelli, qui.

La voce di Giacobelli

Eccomi.

La voce di Larossa

Papà Michele, e voi ve ne state là sopra?

Michele

E dov'è che dovrei stare? Sono una sferra vecchia, io!

La voce di Larossa

Venite a basso, papà Michele.

La voce di Mangiulli

Scendi, santodio!

Alcune altre Voci

Scendi! scendi!

La voce di Santini

Vieni a baciarla prima che si muova!

La voce di Antonio

(più forte delle altre) Silenzio!

(Si fa un gran silenzio. Passa qualche istante.)

La voce di Antonio

(in tono di comando) Avanti!

(Si comincia a udire il rumore d'una grande macchina in moto. È un rumore lento, sordo, irregolare, quasi timido.)

Michele

(inquieto, a sè stesso:) Mi pare maledettamente accidiosa!.. (Il rumore diminuisce. Michele, spaventato, si curva sul parapetto, sempre parlando a sè stesso:) Dio mio, che cos'è questo! (Il rumore aumenta e si accelera, si accelera, in un ritmo regolare.)(Michele, animandosi) Sì, che va! Sì, che va!.. (Si anima maggiormente al crescendo del rumore, che dà l'impressione di un moto vertiginoso. Alza il braccio in segno di saluto festevole:) Va, va, va, va, va, va!..

(Un applauso prorompe con l'irruenza di uno scoppio e si unisce al rombo della macchina e ai gridi di esultanza in un clamore assordante:)

 Urrà! Urrà!

Michele

Ah! io non resisto!.. (La commozione lo invade. Discende i gradini dell'assito.) È un prodigio! È un prodigio!.. (Si lascia cadere su di una seggiola presso la scrivania.)

(Gli applausi e i gridi continuano, aumentano.)

 Oh! Oh! Oh!

La voce di Antonio

(di dentro, rintronante) Non voglio questi battimani! Non voglio questi urli! Non voglio!

(Cessano, a un tratto, gridi e battimani. Si ode soltanto il rombo della macchina in movimento.)

Michele

(Assorto come in estasi, parlando tra sè, pronunzia parole indistinguibili.)

SCENA II

MICHELE e MARTINO ESPOSITO e la voce di ANTONIOMartino

(facendo capolino di dietro l'uscio a destra) È permesso?

Michele

(che ha le spalle volte a quella porta, non lo vede e non lo sente.)

Martino

(fra sè:) È sordo. (Avanzandosi, lo riconosce.) Papà Michele! (Martino ha fra le labbra una pipa corta e sudicia.)

Michele

Oh! Esposito! Che vieni a fare da queste parti?

Martino

Prima di tutto, a portarvi un po' di buona fortuna. La macchina nuova, inventata da vostro figlio, sarà l'ottava meraviglia del mondo, non ne dubito. Gli applausi si udivano di fuori, come passando innanzi a un teatro. Non dico che ma per i malocchi, ci vuol sempre qualche precauzione. (Indica la gobba e gliela presenta.) Toccate, toccate, e ve ne troverete bene.

Michele

Non ci fanno niente, a noi, i malocchi.

Martino

Beati voi! Intanto, l'intenzione di rendervi un servizio io l'ho avuta. Ho una gobba più degli altri, come voi avete un braccio meno degli altri. Potevate utilizzare quello che vi resta e profittare dell'occasione. Non vi garba? Pazienza!

(Il rumore della macchina va diminuendo gradatamente.)

Martino

So bene. Se tutte le macchine nuove avessero bisogno della mia gobba, a quest'ora io starei meglio di un Papa. Però non dico che ma le invenzioni sono una cosa e la fortuna ne è un'altra. Si fa presto a inventare. Chi è che non ve li dà tre numeri per un terno secco? E poi?.. Vederli uscire!.. Qui sta il busillis!

Michele

Mi pare che tu sia venuto a far la cornacchia, qui. Perchè non vai piuttosto a gracchiare sui tetti di chi crepa d'ozio?

La voce di Antonio

A te, Santini: togli completamente la comunicazione. Basta!

Martino

Ho da parlare con Antonio.

Michele

Adesso non si può.

Martino

Ah, già! Dirige le manovre! Comanda la flotta!

Ah, già! Dirige le manovre! Comanda la flotta!

Michele

Comanda il buffone che sei! Hai capito?.. E quando parli di quell'uomo, càvati il berretto.

Martino

(comicamente, si cava il berretto) Vi servo. Dovrei scontentarvi per così poco? E non vi arrabbiate, papà Michele, che vi guastate la digestione. Non dico che ma la Cooperativa, per ora, ve la riempie la pancia. Io invece, vedete, (toccandosi la pancia) non ci ho niente qui dentro. Non avrei niente da guastare Eppure, sto attento a non far bile. Un mozzicone nella pipa, e mi diverto. (Riaccende la pipa, che s'era smorzata.)

Michele

Quante chiacchiere che hai!

Martino

E voi non fumate, papà Michele?

Michele

No.

Martino

Vi compiango.

Michele

(un po' rabbonito) Dimmi: com'è che stai digiuno? Non lavori più da Salviati?

Martino

(accostandosi a lui) C'era una volta una scimmia, che se ne stava accanto al fuoco

Michele

Auff!..

Martino

Questa scimmia si chiamava (S'interrompe ascoltando.)

(Un altro tentativo d'applausi e di grida festose è represso dalle parole severe di Antonio.)

La voce di Antonio

(la quale si ode più da vicino man mano ch'egli parla) V'ho detto che i battimani e il chiasso non mi vanno a genio!

Michele

(s'alza e va verso il fondo, come per aspettare Antonio.)

La voce di Antonio

(continuando) Vi permetterò d'applaudirmi e ci applaudiremo scambievolmente il giorno in cui avremo consolidata la nostra posizione con un bilancio effettivamente attivo, senza debiti e senza impicci!

Martino

(a Michele:) Non so se mi spiego!

SCENA III

ANTONIO, MICHELE, MARTINO, GIACOBELLI, MANGIULLI altri operaiAntonio

(che è ora comparso sul pianerottolo, piegando un po' il corpo sul parapetto, parla in tono alto e fraterno ai compagni che sono giù:) Il nuovo strumento di produzione, di cui oggi abbiamo sperimentata la potenza con una prova vittoriosa, è sproporzionato alle nostre attuali forze finanziarie, e potrebbe riuscirci fatale se altre forze non sapessimo trarre dalla pazienza, dalla pertinacia e sopra tutto dai sacrifizi. Pel nostro avvenire e per affrontare ogni probabile lotta è stata necessaria l'audacia d'impiantarlo. Ma esso non comincerà ad essere remuneratore per noi che quando avrà pagato completamente sè stesso. Tutto ciò voi lo sapete, e sui vostri sacrifizi io ci conto.

Voci

Sì sì sì

Martino

(a Michele:) Dunque, questa scimmia si chiamava: Pigliabene

Michele

Va al diavolo!

Antonio

(continuando:) Resti dentro di noi, oggi, la festa che ci esalta. Non clamori e non baldorie. Sia frugale come al solito, oggi, il nostro desco; ma più dolce e più gaio sia il riposo, ma più saldo il proposito di arrivare, ma più libero il respiro, più libero l'animo, più libero il pensiero, più alta la fronte, e gli occhi al sole: al sole che offre a tutta quanta la natura il sacro beneficio della vita!

(Ancora un vocìo di compiacenza e di adesione.)

Michele

(col cuore riboccante di tenerezza e di giubilo) Antonio!

Antonio

(discende gli scalini e lo abbraccia.) Babbo mio caro, tu sei tanto contento, lo so.

Michele

E rimproveri a me non ne spettano. (Indicando il braccio mancante) Io non potevo batterti le mani.

Antonio

Hai visto? Il risultato è preciso quello che io calcolavo quando la mia macchina era soltanto un semplice schizzo sopra un pezzo di carta. In fondo, anche tu non eri sicuro.

Michele

E che conto io? Io fido ciecamente in te, e poi diffido un poco della sorte.

Martino

(che s'era tratto da canto) E allora non dovreste rifiutare i servigi di chi viene a portarvi fortuna.

Antonio

(voltandosi a lui) E di dove esci, tu?

Martino

Congratulazioni e augurii!

Antonio

Da parte del tuo padrone?

Martino

Il padrone è morto.

Antonio

Morto?!

Martino

Per me.

Antonio

Stupido!

Martino

Per lui, campa. Altro che campa!

Michele

Pare che il signor Guido Salviati lo abbia mandato a spasso.

Antonio

(a Martino:) E com'è accaduto?

Martino

L'amante gli faceva le corna.

Antonio

E tu che c'entri?

Martino

Gliele faceva col figlio, con l'ingegnere Franz Salviati, che è tornato dal Belgio con la barbetta a punta e il sangue in ebollizione.

Antonio

E che colpa ne avevi, tu?

Martino

Il padre ha creduto che io facessi da mezzano nella faccenda.

Antonio

(con un gesto di protesta fiduciosa) Non era vero!?

(Un silenzio.)Martino

Papà Michele, perchè non andate un po' a guardare la macchina portentosa del vostro figliuolo?

Michele

Ti disturbo?

Martino

Voi siete come una zitella. Certe cose non dovete sentirle.

Michele

(andandosene, con disgusto) E tanto meno vorrei dirle, io.

Martino

A rivederci, papà Michele.

Michele

(a Martino:) E non gli far perdere tanto tempo con questo luridume. Puah! (Esce per la porta a sinistra.)

(Qualche operaio attraversa in fretta il pianerottolo.)

Martino

(chiudendone pazientemente l'uscio di vetro, si rivolge ad Antonio con aria misteriosa) E seccature non ne vogliamo.

Antonio

Sicchè, non era vero?

Martino

A quattr'occhi: era vero!

Antonio

(con indignazione e ribrezzo) Sporcaccione! Un operaio onesto cade così in basso!

Martino

(siede presso la scrivania) Mettiamo le cose a posto. Onesto, non mi sono mai vantato di esserlo. Non dico che ma l'onestà è un oggetto di lusso, e io Parliamoci chiaro! (Pausa.) Dunque, il padre mi teneva a stecchetto come operaio, e il figlio mi pagava bene come uomo di mondo. Potevo immaginare che nel caso di essere scacciato dal padre, anche il figlio avrebbe avuto il prurito di lasciarmi in asso? E intanto, per San Gioacchino protettore dei gobbi, così è successo, capite!

Antonio

Ben ti sta. (Siede dall'altro lato della scrivania.)

Martino

È mala gente, credete a me; è gente che ha tanto di pelo sulla coscienza.

Antonio

Ma si lavora, mio caro, si lavora tranquillamente, e non si va a giuocare e a bere e a ubbriacarsi come hai fatto sempre tu. Con la vitaccia che hai menata, chi vuoi che ti compatisca, ora?

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