»Egli fugge! sclamarono. Egli fugge! il codardo, il fellone, fugge a guisa di lepre al cospetto del cacciatore, ed ha abbandonato il prode Burley in mezzo alla strage!»
»Non fuggo, no, gridò Morton; vengo anzi per condurvi dinanzi al nemico. Questo è l'istante di assalirlo con vantaggio. Seguitemi.»
»Non lo seguite, non lo seguite! si urlava per tutte le file. Costui vi ha venduti alle spade dei vostri oppressori.»
Ma intantochè Morton usava indarno le preci, la persuasione e le rimostranze per condur costoro nel proprio avviso, il tempo di fare un'utile diversione trascorrea. Burley col piccolo numero d'uomini rimastigli era stato respinto, e costretto ad unirsi egli pure al corpo principal dell'esercito, il quale certamente in contemplando tale ritratta non riacquistò quel coraggio che lo aveva già abbandonato.
In questo mezzo, l'esercito dei Reali passava il ponte senza contrasto e schieravasi in ordine di pugna. Claverhouse comandando la cavalleria fece impeto sul bel mezzo del più grosso corpo de' sollevati, la cui prima fila operò appena una scarica d'archibusi; d'indi in poi il campo di battaglia non offerse più che una scena d'orrore e di confusione. I Presbiteriani, rotti da ogni banda, non pensavano neanco alla difesa, e la maggior parte di essi gettava l'armi per essere più lesta alla fuga. Udiasi Claverhouse gridare a' suoi con una voce di tuono: »Uccidete, uccidete! Non si dia quartiere a nessuno! Ricordatevi di Riccardo Graham!» Eccittamento a vendetta del quale non abbisognavano quei dragoni, già memori assai della disfatta che sofferta avevano a Loudon-Hill; tanto più che non rimanea loro altra fatica se non se d'uccidere uomini i quali non sapeano più qual cosa fosse il difendersi; laonde ben presto fu coperta di cadaveri l'intera pianura.
Un corpo di mille dugento sollevati che trovavasi all'ala sinistra buttando via l'armi all'appressarsi del duca di Monmouth gli si rendè a discrezione. Ma questo generale, umanissimo quanto prode, concedè ad essi quartiere, ed accorgendosi che il potea con sicurezza, trascorse in lungo ed in largo il campo di battaglia per far cessare la strage. Giunto alla parte dell'ala destra di quegli infelici vi trovò il generale Dalzell, che esortava i suoi montanari a dar prove di zelo per la causa del re, cogli eccidj, e collo spegnere, così dicea, il fuoco della ribellione entro il sangue di chi avea ribellato.
»Generale, sclamò il duca, fate sonare a ritratta. Si è versato sangue a bastanza. È ora d'usar indulgenza ai sudditi traviati di una maestà.»
»Obbedisco ai vostri comandi, rispose Dalzell rimettendo in quell'istante la spada nel fodero: ma vi avverto che non abbiamo ancora intimoriti assai questi malvagi. Ignorate forse che Basilio Olifant ha levato una grossa banda d'uomini ed è già in cammino per unirsi a costoro?»
»Basilio Olifant! Chi è questo Basilio Olifant?»
»Un ricchissimo feudatario; l'ultimo erede maschio del defunto conte di Torwood. Egli armava dritti sull'eredità del padre di lady Margherita Bellenden, ed è mal contento del governo che ne ha invece posta in possesso la figlia. Spera, non v'ha dubbio all'ombra delle civiche turbolenze ottener dalla forza quanto la giustizia non gli ha conceduto.»
»Sieno quali si vogliono i motivi che guidano costui, non è più da temersi. Questo esercito è troppo sconfitto perchè altri possa adesso riordinarlo. Vel ripeto adunque; fate cessare ogni strage, ogni persecuzione.»
»Vostra altezza ha il diritto di dar comandi; riprese a dire Dalzell, e le conseguenze d'avergli eseguiti torneranno sopra di lei.» Nel tempo stesso dando i segni d'una manifestissima ripugnanza, fe' quanto doveasi per arrestare il furor de' soldati.
Ma Claverhouse, implacabile nelle concette idee di vendetta, trovavasi a troppa distanza per poter intendere il segnale della ritratta; laonde a capo del suo reggimento, inseguiva accanitamente i fuggitivi, e trucidava e faceva trucidare quanti ne raggiugnea.
Morton e Burley combattettero sino alla ultima estremità; nè risparmiarono sforzi per proteggere la ritratta del loro esercito, sintantochè non si videro abbandonati fin da que' pochi rimasti più costanti alle loro bandiere. In quel momento una palla colse il braccio destro e lo infranse a Burley.
»Non sono più in istato di battermi, diss'egli a Morton. Poi a che giova omai il resistere? Or non pensate che a serbare ad un miglior uopo la vostra vita. Addio. Udrete ancora parlare di me.»
Detto ciò, volse la briglia del suo cavallo, e si perdè in mezzo alla folla de' fuggitivi.
S'avvide allora Morton dell'inutilità di ogni sforzo ch'ei potesse tentar tuttavia, e spiacendogli del pari il sacrificarsi indarno per una causa vuota già di speranza e il cader prigioniero, s'appigliò al partito di abbandonare la battaglia, seguendolo nella ritratta il suo fedele Cuddy. Forti entrambi di buona cavalcatura si trovarono ben presto fuor del pericolo d'essere ulteriormente inseguiti.
Dalla prima eminenza che venne lor fatto d'aggiungnere diedero un'occhiata ai campi posti all'intorno, e videro da un lato l'esercito de' Reali che in ottimo ordine prendea campo di riposo in sulle sponde del Clyde, dall'altro, ma in lontananza, i fuggiaschi che correano per tutti i versi inseguiti dai dragoni di Claverhouse, le cui sciabole non la perdonavano alla minor celerità di quegli sfortunati pedoni.
»Questa giornata non somiglia a quella di Loudon-Hill, disse sospirando Cuddy. Oh qual terribil cosa è la guerra! Stimo bravo chi mi vi trappola un'altra volta. Ma per amor di Dio sig. Enrico! non istiamo a fermarci e prendiamo ancora un po' più di largo.»
»Vedo anch'io. È impossibile il tornarli ad unire» soggiunse Morton, che fe' galoppare il suo cavallo, e prese la dirittura delle montagne colla speranza di trovare colà qualche avanzo dell'esercito disperso, e di potere con questo opporre tuttavia alcuna resistenza ai vincitori, od ottenerne almeno patti più vantaggiosi.
CAPITOLO III
»Qual chi ottener dal ciel co' voti spera
»Un'alma pura, un mansueto core,
»Costor ne imploran d'orrida pantera,
»O di lion famelico, il furore.»
Già sopraggiunta la notte, erano trascorse due ore senza che nè Enrico nè il suo fido scudiere vedessero alcuno dei loro infelici fratelli d'armi. S'internavano allora in una valle paludosa posta fra mezzo a due montagne, e alle radici d'una collina scôrsero una grande casa, che parea disgiunta da ogn'altra abitazione.
»I nostri cavalli, disse Morton, stanchi e affamati non ci possono condurre più in là. Vediamo se ci volessero ricevere in questa casa.»
E s'accostò alla medesima, che parea, giusta ogn'indizio, abitata. Densissimo fumo uscia dal cammino, e vedeansi sul terreno orme recenti di zampe di cavallo. Tutte le finestre erano munite d'imposte esterne, state chiuse con grande accuratezza non men che la porta. Morton avvicinandosi udì molte voci che venivano dal pian terreno, picchiò, ma nessuno venne ad aprirgli o rispose. Fattosi con Cuddy a girare all'intorno di quell'abitazione per accertarsi se vi fosse più d'un ingresso, trovarono una scuderia, entro cui stavano dodici Cavalli. Dalla spossatezza, dal disordine delle selle, dalle ferite tuttavia grondanti d'alcuni di essi, giudicarono che dovessero appartener ad alcuni infelici fuggiaschi venuti al pari di Morton e di Cuddy a cercarsi ivi un ricovero.
Dopo avere posti i propri cavalli in quel luogo, ove trovavasi copia di paglia e di avena, ritornarono alla porta della ridetta casa, alla quale picchiando una seconda volta, si diedero a conoscere per individui dell'esercito presbiteriano.
»Chiunque siate, lor rispose una lugubre voce, non disturbate alcuni fedeli che si stanno piagnendo la desolazione e la cattività del popolo d'Israello, e indagando il perchè Dio gli abbia abbandonati a fine poi di far ricadere su quei che l'offesero la collera dell'Eterno.»
»Chiunque siate, lor rispose una lugubre voce, non disturbate alcuni fedeli che si stanno piagnendo la desolazione e la cattività del popolo d'Israello, e indagando il perchè Dio gli abbia abbandonati a fine poi di far ricadere su quei che l'offesero la collera dell'Eterno.»
»Ah: sono Puritani di que' più indiavolati, disse Cuddy, li conosco al loro gergo. Faremmo pur bene a tirar diritto, sig. Enrico!»
Ma in questo intervallo Morton avea fatto forza ad un'imposta, e aprendo la finestra saltò entro la sala d'onde provenia quella voce. Cuddy gli tenne dietro, e rammentando che lo scalar le finestre non gli portava fortuna borbottò tra i denti: »Purchè anche qui una pentola di minestra bollente non sia al fuoco! »
Allora si trovarono in mezzo ad una brigata di dodici uomini armati, e seduti tutti attorno ad un grande fuoco, ove stava cocendosi la carne preparata per la loro cena.
Benchè niun lume di candela rischiarasse allor quella stanza, la luce che venia del camino aiutò pur troppo Morton a ravvisare ne' sinistri lineamenti de' compagni in cui s'era incappato molti di que' fanatici, mostratisi nimici a morte d'ogni moderato temperamento; e fra costoro Efraim Macbriar e l'energumeno Abacucco Mucklewrath.
Questi parimente riconobbero Enrico, ma nessun di loro gli tendea la mano, nessun volgeagli la parola; e il solo segno che davano d'essersi accorti di lui stava nel lanciar sovr'esso a quando a quando occhiate di mal augurio. Macbriar continuava la sua prece al cielo implorando una pioggia di fuoco e zolfo su le teste dei persecutori della sua congrega e de' falsi fratelli che l'aveano tradita.
Vedutosi da Morton che la brigata, in mezzo alla quale s'era introdotto, assai fuor di proposito per vero dire, non dava a divedere propensioni molto amichevoli verso di lui, incominciava a pensare alla ritirata, ma l'osservar tosto che due uomini vennero non a caso collocati come di guardia alla finestra d'onde fece il suo ingresso, gli fece comprendere di non esser più in tempo, e come il partito meno insalubre, se pur ve n'erano in tal frangente, fosse quello di non lasciare scorgere nè timore nè diffidenza.
Una di queste scolte del mal presagio, avvicinatasi a Cuddy, gli disse sotto voce: »Figlio della rispettabile Mausa, tu corri al tuo precipizio, se rimani più lungo tempo con un reprobo di Babilonia, i cui giorni son numerati. Scostati prontamente; o temi che la punizione dovuta al colpevole non ricada sovra il tuo capo.»
E ciò dicendo additavagli la finestra; del qual salutare avviso profittando Cuddy uscì della stanza per quella strada, ma con maggiore prestezza che non la fece in entrandovi.
»L'ho detto che le finestre mi portan malanno;» sclamò egli appena trovatosi all'aria aperta. Ma la successiva considerazione del contadino al suo signore fu volta. »Que' cialtroni lo ammazzeranno. Oh, non v'è punto di dubbio! l'ammazzeranno, e poi anche si daran merito d'aver fatta una buon'opera! Si corra tosto dalla parte di Hamilton. Chi sa? Posso trovarvi qualcuno de' nostri che venga meco e mi aiuti a soccorrerlo. Solo non basto.» Pensar ciò, correre nella scuderia, impadronirsi del cavallo miglior che vi fosse, furono un tempo stesso per lui; e prese galoppando la strada di Hamilton.
Macbriar intanto avea terminata la sua preghiera, e Morton che vedea continuare il silenzio circa quanto a lui riferivasi, mentre gli sguardi d'ognuno stavano fissi sovr'esso, deliberò indagare per la via più corta le costoro intenzioni.
»Signori miei, lor diss'egli, voi accogliete in una guisa assai strana un vostro fratello d'armi. Ignoro il come io mi sia meritato un tale ricevimento.»
»Meschino te! gridò Abacucco. Meschino te! Tu se' il capro espiatore, che devi col tuo sangue riscattare il sangue dei figli di Abramo. La spada che tu volevi infrangere è serbata dal cielo a trafiggerti il fianco. A voi amici! Prendetelo, legatelo, immolate la vittima.»
Molti di que' circostanti sursero per secondare questo furibondo, e Morton sentiva tatto il rincrescimento d'essersi con tanta imprudenza avventurato in mezzo a tal razza di gente. Sola arme eragli la sua sciabola, avendo lasciate le pistole attaccate alla sella del cavallo; e di due pistole intanto vedea armato ciascun Puritano; tal che non gli rimaneva nè manco la speranza di sottrarsi, a furia di resistere, dalle loro mani.
Gli fu soccorrevole per un istante, chi 'l crederebbe? la mediazione di Macbriar.
»Un momento, o miei fratelli! un momento! esclamò. Non v'affrettate di troppo nello sguainare le vostre sciabole. Dice il Signore Iddio: Guardate che non ricada su i vostri capi il sangue dell'innocente. Convien prima verificare che costui non lo è. Accostati, e rispondimi o Morton. Noi vogliamo far teco i conti pria di vendicare la causa che tu hai tradita. Non è egli vero, che resistesti con fronte di bronzo alla parola della verità, quando ti fu pronunziata nelle assemblee del consiglio?»
»Sì, sì» gridavano tutte le voci di quei giudici carnefici in una volta.
»Volea consiliarne a far pace co' reprobi» sclamava un d'essi.
»Ha predicato l'indulgenza e la tolleranza» un altro allor soggiugnea.
»Ha venduto l'esercito a Monmouth, rincalzava un terzo. Fu il primo a lasciar nelle peste il valoroso Burley che resistea tuttavia. Io lo vidi fuggendo per la pianura assai tempo prima che la battaglia al ponte fosse finita.»
»Signori, si fe' intendere Morton quando il potè; se avete decretata la mia condanna innanzi ascoltarmi, forse la mia vita è in vostro potere, ma renderete conto a Dio e agli uomini»
Nuove grida gl'impedirono il continuare.
»Lasciate ch'ei parli; imperò Macbriar. Lo sa il cielo se le nostre viscere si erano commosse a favor di costui. Noi volevamo far brillare ai suoi sguardi la luce del cielo. Chiuse gli occhi per non vederla! Insegnargli la verità. Si turò le orecchie per non ascoltarla! Parla, o giovane. Che puoi tu addurre per tua discolpa?»
Dopo avere finalmente ottenuto che essi tacessero, Morton enumerò i motivi che lo aveano condotto al campo del duca di Monmouth, rendè conto del parlamento avuto con questo generalissimo, giustificò la condotta che ei tenne durante l'azione »e se ognuno, ei conchiuse, avesse voluto seguirmi alla pugna, l'esercito presbiteriano anzichè trovarsi in uno stato di sconfitta e di dispersione, sarebbe or trionfante, o per lo meno in essere di negoziare per favorevoli condizioni di pace.»
»Lo udite? sclamò Abacucco; non parla che di vie umane; egli ha per nulla il soccorso che viene dall'alto. Ch'ei muoia di morte!»
»Silenzio! tornò in campo Macbriar. Non ho per anche finito d'interrogarlo. Non fu, o Morton, il tuo aiuto che sottrasse il reprobo Evandale alla prigione ed alla morte? Negherai che salvasti dal fendente delle nostre sciabole Miles Bellenden e quella sua guernigione di rompicolli?»
»Se non avete altri delitti da rampognarmi, questi mi glorio di confessarli.»
»Avete udito? riprese a dir Macbriar. Rispondimi ancora. Non è egli vero che tradisti la causa d'Israello per una femmina madianita, per amore di Editta Bellenden?»
»Voi non siete gente fatta per dar giusto prezzo ai sensi; che questa giovane abbia potuto inspirarmi; rispose Enrico rafforzando il tuon della voce. Ma quand'anche ella non fosse mai stata su questa terra, mi sarei comportato nel modo medesimo.»
»Già tu sei un ribelle indurato contro la verità. Però dinne. Quando salvasti la vecchia Margherita Bellenden e quella sua pronipote, non ti prefigesti di far andare a male i savi divisamenti di Burley, inteso con Basilio Olifant, con quel Basilio Olifant che avea promesso di unirsi a noi, e insieme a lui tutto il nerbo de' suoi vassalli, se gli venivano assicurati i beni posseduti da queste due femmine?»